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www.ildialogo.org Il dover essere,di padre Aldo Bergamaschi

29 gennaio 2017
Il dover essere

di padre Aldo Bergamaschi

Pronunciata il 29 gennaio 1984
Matteo 5, 1-12

Siamo di fronte al testo fondamentale, come si suol dire alla “magna charta” della proclamazione evangelica: le beatitudini. Anzitutto un riferimento alle traduzioni che in questi ultimi tempi si susseguono a ritmo febbrile e vedere se queste traduzioni vanno a toccare il punto, cioè la parola “poveri”, che crea le difficoltà. Alcuni non sanno bene il significato di questa parola e l'attribuiscono ai poveri storici, altri ne approfittano per avvallare la lotta di classe.

Vi leggo la traduzione ufficiale della CEI: Beati i poveri in ispirito perché di essi è il regno dei cieli. La traduzione interconfessionale invece dice: Beati quelli che sono poveri, perché Dio offre loro il suo regno. Un’altra traduzione: Beati quelli che sono poveri a causa dello spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

A proposito di traduzione, mi sono rivolto a un valido professore di greco, che non aveva nessun interesse a tradurre in un modo piuttosto che in un altro. La traduzione esatta sarebbe: Beati i mendicanti dello Spirito o ricercatori di valori Spirituali. È sparita la parola poveri che crea un equivoco alla nostra convivenza. Abbiamo invece la parola “Ptocoi” da cui deriva la parola italiana “pitocchio” che sarebbe colui che va in giro a chiedere l’elemosina; ma Gesù parla di “pitocchio dello spirito” cioè dei valori spirituali, che non ha nulla a che fare con il povero storico e qui si annida tutto l’equivoco.

I poveri storici, come singoli o come classe, sono generati dai “ricchi storici” e sono dunque una loro emanazione. Gli uni e gli altri, vale a dire poveri storici e ricchi storici fanno parte del sistema. In una giungla c'è il leone e c'è la gazzella, c'è il lupo e c'è l'agnello, l'uno mangia l'altro. In questo caso, sociologicamente parlando, gli uni sono effetto degli altri. Gesù non avrebbe potuto consacrare i poveri storici, avrebbe consacrato lo status quo. Ovvero, avrebbe fatto una scelta di classe, mentre Gesù è salvatore totale, definitivo, quindi, non può entrare in uno schieramento alla maniera di un condottiero che si mette con gli uni contro gli altri. Si potrebbe dire che, mentre fino a cinquant’anni or sono, la Chiesa stava con i ricchi, adesso si schiera dalla parte dei poveri. Ha fatto male prima, farebbe male adesso, perché sarebbe in ogni caso una scelta, uno schieramento, non più una salvezza, Gesù non sarebbe salvatore.

Nella misura in cui non si coglie il significato della beatitudine, si cade nella tentazione di utilizzarla. C'è diversità tra l'essere praticata e l'essere utilizzata. É stata utilizzata dalla predicazione cristiana per mantenere lo status quo. Lettura storicizzata: anche Gesù elogia la povertà dunque, dovete accettare volentieri la vostra condizione, perché Dio in questo modo vi dà il suo regno. Mi sto domandando se fossi vissuto qualche secolo fa, se anche io non avessi fatto la predica che vi ho detto. Se veramente fossimo convinti che quello è un ideale, tutti, dal papa, ai vescovi, ai sacerdoti e giù giù, mettete tutta la piramide, avrebbero dovuto farsi mendicanti, il che non è accaduto. Ecco in che cosa eventualmente consiste la ipocrisia del nostro linguaggio.

San Francesco forse credeva che la beatitudine si riferisse ai poveri storici, e infatti lui è l'unico santo che lo ha fatto in modo radicale, è inutile che io ricordi la sua vita. Indubbiamente c'è una diversità enorme fra lui e un povero storico, non v'è dubbio perché lui sarà il povero in ispirito, ma nella sua testa probabilmente c'era questa idea. Fu uno scossone, fu elogiato dalla gerarchia, fu fatto santo, però tutti si sono ben guardati dall'imitarlo. Quindi l'interpretazione profonda, quella che noi abbiamo nella nostra testa è un'altra, per la predicazione serve, serve per stabilire lo status quo, ma in quanto all'attuazione, no, non è vero, non ci crediamo, non crediamo che i poveri siano i poveri storici anche se noi li gabelliamo come tali.

Poi, la beatitudine continua ad essere utilizzata ancora oggi, ma per giustificare la lotta di classe. Allora c'è chi accetta la lotta di classe in senso marxista puro e semplice, conosciamo dei cattolici che si sono messi su questa strada. Chi argomenta nel giustificare questa scelta dice più o meno che la lotta di classe è la constatazione della divisione dell'umanità in classi di interessi opposti, fra sfruttatori e sfruttati, ed è la constatazione che non ci potrà essere vera fraternità umana fino a quando vi saranno quelle classi.

La Bibbia lo riconosce che vi potrà essere pace fra la iena e il cane, fra il ricco e il povero. No certo a queste condizioni, fin che il mondo sarà diviso fra sfruttatori e sfruttati, allora noi dovremo inevitabilmente fare la scelta. La Bibbia ha fatto la scelta, per esempio il 'Magnificat' è un bel canto di lotta di classe, in quanto afferma che i poveri saranno coperti di beni e i ricchi ne saranno spogliati. Tra coloro che utilizzano il messaggio per lo status quo e coloro che lo utilizzano per avallare la lotta di classe c'è, diciamolo chiaramente, il linguaggio strisciante del mondo cattolico.

Si dice che la Chiesa deve stare con i poveri, dobbiamo scegliere i poveri. Certo non è lotta di classe, ma certamente è una condizione dualistica: c'è la Chiesa, ci sono i ricchi, ci sono i poveri. La Chiesa deve essere una Chiesa dei poveri, ma poi non si stabilisce di quali poveri, se i poveri storici o altri, perché questa sarebbe la caduta di tutto il messaggio evangelico: Amatevi come io ho amato voi. Questo certamente non funziona, non è evangelico e ammette il dualismo, quando invece Gesù é venuto proprio per eliminare il dualismo: e questo dualismo suppone la perpetua esistenza del povero perché si attui il testo evangelico.

E adesso domandiamoci, quale è la posizione di Cristo relativamente a questo problema. Gesù Cristo si pone come salvatore al di là di tutti i dualismi esistenti, cioè di tutti i dualismi che dividono o che alienano l'uomo da sé stesso, allora Gesù non può schierarsi o affiancarsi ad un polo di questa divisione, quindi le beatitudini non possono riferirsi a ciò che è, a ciò che esiste, perché sono un dover essere. Le beatitudini, il discorso della montagna non riguarda ciò che è ma ciò che deve essere e ciò che deve essere non è ancora.

Vediamo adesso di dare a questo concetto un'immagine. Gesù si presenta sulla scena del mondo, trova una realtà storica in cui ci sono ricchi e poveri, miti e prepotenti, sofferenti e gaudenti, pacifici e violenti, dissoluti e puri di cuore. Egli non dichiara beata nessuna di queste categorie, perché anche il più giusto degli uomini deve essere redento. Ciò non toglie che esistano le differenziazioni antropologiche, nego che Gesù ne avalli qualcuna e dica questa è su misura del regno. Cristo allora annuncia un nuovo tipo d'uomo, ne traccia in termine tecnico la essenza, perché non esiste, e se non esiste dobbiamo tracciarne la essenza, vale a dire la definizione: questo nuovo tipo d'uomo è un ricercatore di valori spirituali, un mendicante di verità assoluta. Questo tipo d'uomo può accogliere a farne parte, sia il povero storico sia il ricco storico, ma dentro alla metanoia, ma dentro alla Chiesa.

Adesso capite il significato della Chiesa, la Ecclesia di cui parla Gesù è proprio questo, lasciatemi usare una parola latina “locus”, il luogo entro cui deve sparire il dualismo che tanto ci affligge, in cui devono sparire il ricco storico e il povero storico, perché è nato il ricercatore di valori spirituali in assoluto. Ora vi propongo una lettura nuova. A tutte le altre beatitudini mettete questo cappello: Beati i ricercatori di valori spirituali e vedrete quanto tutte vi ritorneranno chiare.
 

 



Sabato 28 Gennaio,2017 Ore: 10:39
 
 
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