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www.ildialogo.org Mettersi al servizio,di Padre Aldo Bergamaschi

Mettersi al servizio

di Padre Aldo Bergamaschi

2 agosto 2016
Pronunciata il 2 Settembre 2001
Luca 14,1,7-14
Vedete questi vangeli che punzecchiano continuamente il sistema e potremmo essere delle brave persone, ma non è vero se guardiamo le cose con il microscopio, in ogni caso siamo sempre dentro a un sistema sbagliato. Il sistema è sbagliato in sé perché è sbagliato dentro alla coscienza di tutti coloro che a quel sistema appartengono, fa eccezione soltanto il "cristiano" ed ecco che Gesù è il cristiano che fa eccezione. Vediamo di fare una piccola analisi, direi che questo passo non è un puro racconto di ciò che Gesù ha fatto nella sua vita mortale, ma è un racconto che si inserisce nel dibattito culturale in atto tra lui e la classe che detiene il potere etico e politico, dico etico e potrei dire religioso. Gesù è invitato da uno dei capi dei farisei, Luca dice che la gente stava ad osservarlo ma, lasciatemi essere pignolo nell'analisi filologica, non dice lo osservava, non c'è un imperfetto, c'è una forma che chiamiamo perifrastica, stava ad osservarlo, perché costoro facevano finta di parlare fra loro e con la coda dell'occhio lo osservavano.
Credo che il capo fariseo avesse chiamato Gesù con la stessa sfida: Volete che ve lo inviti, così lo vedete da vicino questo signore, ecco il motivo per cui c'è questa forma di osservazione. Ad un certo punto Gesù da osservato diventa l'osservatore, la sua non è una nota di costume, come si suol dire, ma un'indicazione salvifica. La prima analisi riguarda dunque tutto questo movimento che poi è anche tra gli animali della collocazione gerarchica di ognuno di noi, ecco c'è un pranzo e tutti vogliono arrivare al primo è posto e uno traffica di qui e uno di là, queste cose, loro osservavano Gesù con la coda dell'occhio e Lui osservava, ed ecco la parabola.
Attenzione, dunque un poco di umiltà nei rapporti sociali, non credersi perché ti hanno fatto onorevole, o perché sei vescovo perché sei prete, e no, Gesù questo lo dice a chi crede il Lui, ma qui lo dice a coloro che per la prima volta odono la sua visione del mondo, allora ecco la lezione sull'umiltà. L'umiltà deve andare d’accordo con la verità: io ho una bella voce, non posso dire che non ho una bella voce; il problema per il cristiano è che tu quella bella voce la metti al servizio della comunità, uno ha una bella intelligenza e l'umiltà consiste non nel negare di avere quella intelligenza, ma di metterla al servizio perché quella intelligenza gli è stata data, quella voce gli è stata data, non è tua e tu non puoi farci sopra delle speculazioni.
Secondo, dopo aver analizzato i singoli individui che ruotano nel sistema, qui abbiamo il caso del pranzo ce ne sono tanti altri, una riunione, un convegno e così via. Gesù non la perdona a colui che lo ha invitato: quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, voi capite qui è preso per il collo colui che lo aveva invitato ed ecco perché c'è tutto questo ruotare di pavoni intorno ai primi posti allora tu il pranzo lo hai fatto perché gli amici ti ricambieranno e tuoi amici, fratelli, vicini, ma quando tu decidi di essere munifico non c'è via di scampo, tu lo devi fare con chi è povero, storpio, zoppo cieco, come mai poveri zoppi storpi cechi, per coloro cioè che non sono colpevoli.
Vi racconterò due episodi che vi ricorderete: quando io ho detto la prima messa, potete capire oramai il mio carattere, paesino di duecento abitanti ho invitato i poveri del paese che se ben ricordo erano sette o otto, io avevo uno zio che aveva fatto un certo percorso politico ed era arrivato a taluni primi posti. Quando seppe che io alla mia prima messa volevo i poveri del paese che erano otto: uno zoppo, l'altro cieco, poveri non per colpa loro, questo mio zio disse io non vengo se tu inviti questi signori, rimasi non tanto di stucco perché conoscevo la sua mentalità, che era quella di allora sto parlando di quasi cinquant'anni fa. Andò a finire che questi poveri li chiamai al mio pranzo e li avevo vicini alla mia sinistra e poi tutti gli altri che avevano aderito. Questo mio zio dentro questo tipo di mentalità, ebbe pure il coraggio di dirmi: guarda che quelli sono così perché non hanno voglia di lavorare, avete capito perché Gesù ha sottolineato zoppi, storpi, ciechi, perché non hanno colpa di questa loro povertà. Se tu vuoi essere munifico lo devi fare con queste persone che hanno veramente bisogno, diversamente tu vai ad incrementare il sistema. Poi è ovvio che la mia vita, mi scuso se faccio l'elogio di me stesso, ma a partire proprio da quel momento non ne ho più voluto sapere di compleanni, di venticinquesimi, non condanno chi le fa, ma a casa mia queste cose neanche nell'anticamera del cervello, proprio in relazione a quell'episodio e alla frequenza che ho con il passo evangelico.
Ora chiudo con un passo che prendo dai Promessi Sposi del Manzoni, voi conoscete la vicenda, chi vuole controllare il passo prenda l'ultimo capitolo, il trentottesimo. Don Rodrigo è morto, finalmente viene fuori un marchese che aveva avuto dei legami con Don Rodrigo e quindi anche lui si sentiva colpevole e viene ad offrire la sua prestazione per aiutare questi due sposi Renzo e Lucia i quali dopo tutte le burrasche sono riusciti a sposarsi, Don Abbondio con tutte le sue paure finalmente si adegua e va finire che decidono di fare il pranzo proprio nel palazzotto di Don Rodrigo. Ecco come si svolse il pranzo, vi lego le sette righe del Manzoni che valgono più delle mie sintesi: "Il Marchese fese loro una gran festa, li condusse in un bel tinello, mise a tavola gli sposi, con Agnese, la madre di Lucia, con la Mercantessa che si era data da fare - vedete le pie donne ci sono sempre in tutti i periodi - e prima di ritirarsi a pranzare altrove con Don Abbondio, volle stare lì un poco a fare compagnia agli invitati, anzi aiutò a servirli. A nessuno verrà, spero in testa, di dire che sarebbe stata cosa più semplice, fare addirittura una tavola sola, ve l'ho detto, ve l'ho dato per un brav'uomo questo Marhese, ma non per un'originale come si direbbe ora, ho detto che era umile non già un portento di umiltà (quella di cui parla Gesù nel testo) ne aveva quanta ne bisognava per mettersi al di sotto di quella buona gente, ma non per stare loro in pari. I commentatori qui perdono le staffe e cominciano a dire che era la religiosità del seicento dove prima di tutto c'era il rango, però si dimenticano di dire che Manzoni intende fare una critica a un cristianesimo che aveva costruito un tipo di società in cui il rango valeva più dell'uomo, dove l'uomo era sottoposto al sabato per parlare col linguaggio evangelico. Se voi ricordate il mio pensare che vi ho sintetizzato e quello qui del Manzoni.
I Promessi Sposi sono una critica più spassionata, più tranquilla, più profonda del cristianesimo reale ed è per questo che lo considero sotto un certo profilo un santo, che si guarderanno bene dal portarlo sugli altari perché allora bisognerà andare a rivedere tutte le problematiche che egli tratta in quel romanzo.



Sabato 27 Agosto,2016 Ore: 17:03
 
 
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