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www.ildialogo.org Libero è chi conosce la Verità e la attua,di P. Aldo Bergamaschi

Libero è chi conosce la Verità e la attua

di P. Aldo Bergamaschi

20 marzo 2016
 
Pronunciata il 27 Marzo 1983
Luca 22,14-23,56
Prima di leggere la passione di Cristo diciamo due parole di introduzione.
Qualcuno ha detto: Se noi vedessimo il bene in assoluto o anche il male, non saremmo più liberi. Se lo vedessimo, il bene in assoluto o il male, restando ciò che siamo, saremmo forse buoni per costrizione e in questo caso la nostra bontà sarebbe una nevrosi. Ma se noi vedessimo il bene in assoluto o il male per trasformazione e per crescita interiore allora saremmo veramente liberi, perché ci saremmo collocati nella verità e faremmo soltanto il bene esattamente come Dio, il quale è libero perché non può fare il male, identificandosi Egli con la verità.
Libero allora è chi conosce la verità e la attua, schiavo chi non la conosce e non si applica a conoscerla. Facciamo il male perché non abbiamo conquistato la verità con tutta l'anima e agiamo senza conoscerla, e senza preoccuparci di conoscerla. In ciò il primo grado della colpevolezza.
“Padre - saranno le parole di Gesù - perdonali perché non sanno quello che fanno”.
Dunque non sono colpevoli? Il male, secondo la tesi Platonica e Socratica, è soltanto ignoranza?
Forse Gesù vuol dire questo: Avete compiuto un misfatto che non ha riscontro nel codice, che non ha un nome nel codice, senza tuttavia sapere tutto ciò che voi avete fatto. Si è colpevoli di non sapere e ciò nonostante si sceglie. E la maggior parte delle nostre scelte è esattamente fatta in queste condizioni disastrose. Né vediamo la verità, né ci preoccupiamo di cercarla e ciò nonostante agiamo. Si sceglie senza conoscere, si crede di essere liberi e si è schiavi.
Ma il perdono suppone un delitto. Si chiede il perdono perché si è colpevoli, o si chiede il perdono per chi è colpevole. Il buon ladrone si riconosce colpevole e chiede un posto nel regno della verità, dopo averla riconosciuta ai suoi primi indizi. Gesù allora spiega il perché della richiesta del perdono: "Padre perdonali perché, perché non sanno quello che fanno": non sanno fino in fondo. Sanno quello che vogliono, la mia morte, ma non sanno ciò che essa significa, ciò che essa significa fino in fondo, da qui lo spazio per la richiesta del perdono.
Beati noi se siamo ancora in queste condizioni. Se abbiamo fallito la condizione del buon ladrone, beati noi se siamo ancora in queste condizioni. Ma il dramma della passione narra anche il pensiero di Gesù nei confronti di chi agisce con piena cognizione di causa come Giuda. E allora, se costui non chiede perdono lui stesso, nessuno al mondo può chiedere perdono per lui. Neanche Gesù Cristo può chiedere perdono per lui. Sarebbe stato meglio che non fosse mai nato. Vale a dire, meglio per lui che non fosse mai nato, perché la vita in sé è un bene.
La passione di Cristo ricorda allora al credente prima, a noi, e poi a tutti gli uomini, quali sono i risultati storici di una libertà che ha perduto ogni relazione con la verità. Se il peccato in tutte le sue ramificazioni uccide Dio, dobbiamo parlare qui per paradossi e per verità assolute, se il peccato uccide Dio, si spiega perché Dio abbia sofferta la passione per liberarci da un tanto male, dal vero unico male.
Beati noi, se pur non essendo ancora nelle condizioni del buon ladrone, apriamo gli occhi sulla impossibilità di costruire quaggiù l'immagine del regno, senza riconoscerci colpevoli nei confronti della verità. Alla luce di queste premesse vi chiedo di seguire ora la lettura della passione di Cristo secondo Luca.



Venerdì 18 Marzo,2016 Ore: 21:57
 
 
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