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www.ildialogo.org Riflessioni sulla morte,di p. Aldo Bergamaschi

Riflessioni sulla morte

di p. Aldo Bergamaschi

1° novembre 2015
marxismo, cristianesimo e nichilismo
Omelia storica, incompleta
 
Pronunciata il 1° novembre 1980

Matteo 5, 1-12

In quel tempo, Gesù vedendo le folle, salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: 
Beati i poveri in spirito, perché di essi é il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore perché, vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi é il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande é la vostra ricompensa nei cieli.
…. che sono guardati con un certo sospetto anche dall’area cristiana, ma siccome i teorici del partito hanno tutta una concezione globale dell’esistenza da presentare, certamente dovranno rifiutare questa concezione. Come ben vedete la vita per la morte la concezione di Freud è rifiutata anche dalla teorica marxista, come è rifiutata naturalmente dal cristianesimo per una motivazione diversa.
Adesso è da spiegare perché l’occidente ha reso ipertrofico il senso tragico della morte. Perché l’essere per la morte dovrebbe – secondo questa diagnosi – familiarizzare gli uomini con il pensiero della distruzione e prepararli ad una nuova guerra atomica. La visione cristiana del mondo che vede nella morte tutta la catastrofe della storia e salva soltanto l’individuo, verrebbe a congelare nell’uomo l’entusiasmo della costruzione della città terrena.
L’altra concezione, sempre occidentale che vede la vita in funzione della morte, avrebbe in maniera surrettizia questo strano contenuto pedagogico: preparare gli uomini ad una nuova guerra. Posso concordare con questa sottigliezza e anche con questa acuta diagnosi, può darsi benissimo che alla fine Freud, che vuole dare un senso alla vita togliendo agli uomini tutti gli entusiasmi, dicendo che alla fine poi si va alla morte, cioè la vita è per la morte. È ovvio che questa concezione esclude colui che ha dato la vita e non ci si interroga sull’origine della vita, questa concezione potrebbe portare probabilmente a questa strana pedagogia, cioè che prepara gli uomini ad una nuova guerra atomica.
Ora, per le guide spirituali del marxismo chi ha riempito la propria vita di valori di bene di opere - salvo poi a non sapere di preciso quali siano queste opere – per es…. mi dispiace di dover fare questa polemica subito inizialmente. Noi cristiani a un giovane che è partito per la guerra e alla madre che riceveva la notizia della morte, che cosa dicevamo per consolarla: ti sei sacrificato per la patria…
Poi nella componente laica troviamo Foscolo – non il Foscolo dei Sepolcri per i quali bisognerebbe fare una analisi tutta particolare – ma il Foscolo che invita gli italiani “alla storia”, in fondo cosa voleva dire, voleva dire che, cito a memoria: voi ai giovani che partono per la guerra di indipendenza e che moriranno, quale consolazione darete se non coltivando le storie non avendo qualcuno che descrivendo le loro gesta le tramanderà ai posteri lasciando così memoria della loro persona. Voi vedete che la salvezza della persona si risolveva in questa memoria che lo storico, traendo le gesta dal nulla, traendola dalla dimenticanza eterna dei fatti, le riportava alla coscienza della nazione, perché le generazioni si ricordassero che nel tale anno, nel tale giorno, il tal signore era morto per una guerra di indipendenza.
Noi dicevamo che la fedeltà alla patria dava una ricompensa in cielo. Se dovessi guardare globalmente la teorica che… non ha preso tutta la concezione della chiesa. Questo tipo di predicazione della salvezza dell’individuo che muore per la patria è stata una corruzione, il cristianesimo guarda ben più lontano, la salvezza dell’individuo in sé in quanto è costruttore di valori e non distruttore di valori. Ecco che cosa si diceva. Ma io vorrei dire ai teorici marxisti: che cosa direte ai giovani che vanno – mi scuso se cito l’attualità, non sembri ad alcuni riferimento politico, parliamo dei fatti – cosa direte ai giovani che vanno a morire nell’Afganistan, che cosa direte alle madri che ricevono le cartoline della morte, cosa direte a costoro?
Fintanto che poi parliamo di valori, di beni, di opere, di risultati di civiltà, sono perfettamente d’accordo, possiamo sottoscrivere, ma quando poi dobbiamo cominciare a stabilire se queste azioni, se la guerra costituisce un valore, sia pure per affermare una indipendenza nazionale o per affermare taluni principi di difesa di una civiltà e così via, dico, se questo è sufficiente per dare una pacificazione alla ricerca di aspirazioni di eternità che ogni individuo porta dentro di sé. Mi domando se questo può rientrare nel concetto di opere di bene, di opera costruttiva in positivo. Il pensiero della morte può essere una spinta a fare di più, a fare meglio, dicono i teorici del marxismo a produrre fortezza e a produrre coraggio.
Domanda: e l’idea della immortalità individuale? … questa idea drammatica, è una illusione, dobbiamo togliercela dalla testa, l’uomo nato e vissuto in una società esiste per mezzo degli altri e degli altri e in funzione degli altri e continuerà ad esistere per gli altri. Gli uomini ricordano e nel ricordo continuano la loro esistenza, perché vivono del lavoro e dei risultati di coloro che li hanno preceduti. Ma questi discorsi eludono il discorso della soggettività. A questo punto anche nel marxismo troviamo un ripensamento, alcuni di questi teorici, fuori dall’area sovietica, strettamente inteso, o paesi satelliti, per es. in Cecoslovacchia o Iugoslavia, troviamo dei marxisti che si pongono il problema della singolarità dell’individuo.
Qui inizia un’altra lunga elaborazione, intanto la coscienza del divenire che fugge, viene accentuata, la coscienza individuale, però è un lumicino che si è acceso per un attimo nel buio dei secoli. Si c’è questo lumicino, ma è nel buio dei secoli, viene inquadrato ancora dentro alla collettività, dentro all’ambito storico, insomma infine alla domanda: questo lumicino ha una vita eterna, continuerà ad esistere? La risposta è drammatica, si e no, si e no… eppure tuttavia… ecco come si risponde in ultima analisi.
Il genere umano ha raggiunto successi inauditi, ma che cosa resta del singolo? Oppure che cosa è, che cosa ne sarà del singolo? Qui gli autori, stranamente rilanciano la speranza e dicono: se uscendo dalla terra entrando nel cosmo si trovasse un solo angolo con delle condizioni di vita simili alle nostre, il termine della scomparsa della umanità potrebbe essere differito indefinitivamente. E per il singolo? Forse ci sarà un salto di qualità nella evoluzione dell’uomo. Esempio, come miliardi di anni fa, grazie ad una nuova variante sulle forme interiori di vita, con un salto di qualità è nato l’uomo, così potrebbe sorgere una nuova variante necessaria per un salto di qualità ad un altro grado di vita. Oppure, estrema ipotesi, nel cosmo potrebbe essere trovata già pronta questa nuova variante di vita cosmica di lunghissima durata. Ed io, nella mia morte scompare il mio nome, scompare la coscienza del mio io, ma anche della miseria personale, ma non scompare la capacità stessa della realtà di vivere in nome di un non-io che pure riassorbe l’io e salva in definitiva l’io.
Se sono nel tempo, sono nell’eternità, oppure se sono stato vuol dire che io sono. Vedete come i discorsi diventano raffinati, drammatici, però un punto è chiaro: nella continuità delle generazioni che include tutto ciò che l’umanità ha realizzato, nella partecipazione all’essere nel cosmo e nemmeno la comparsa del tempo eterno, significa la salvezza dell’io individuale cosciente e libero. Se l’io va a finire nel nulla con la morte per il soggetto tutto è finito. Di fronte a queste considerazioni, molti - ed è questa la diagnosi dei teorici del marxismo – entrano in disperazione, altri scoprono i valori spirituali. Ma, lo scoprire i valori spirituali e religiosi secondo loro è una diminuzione. Fermiamoci qui nella diagnosi.
Ciò che fa stupore è il fatto di trovare tanto impegno anche senza il sostegno di certezze assolute. La speranza cristiana, allora, non deve però essere confusa con interessi egoistici perché all’atto pratico troviamo che in Russia gli uomini si danno all’alcol. In occidente troviamo gli individui che accendono le candeline. Probabilmente siamo fuori strada tutti e due. Ecco la conclusione di questa diagnosi.
Adesso portiamo il discorso nella soggettività mia. Primo punto, la vera paura non era la morte per me, la vera paura è stato il nulla e per esorcizzare il terrore del nulla occorre allungare la mano al Dio di Abramo, riconoscere che la vita l’abbiamo ricevuta. Questo è il primo passo. Nella misura in cui la Sua presenza, dico del Dio di Abramo, si dilegua dalla coscienza o dal pensiero, la paura del nulla trascina con se la paura della morte. Contro la paura della morte si può schierare il piccolo serbatoio di stoicismo che ognuno di noi si porta nelle fibre, ma contro la paura del nulla, non ci sono difese umane sufficienti a salvarci, perché l’idea del nulla è tragica perché ci colpisce nell’orgoglio dell’esistenza e nell’affermazione dell’io.
Ora permettete che parli di ciò che è accaduto a me. Avevo una malattia tale per cui il giorno, come di martedì credo, un giovane medico, guardandomi in faccia disse: con lei si può parlare chiaro, le probabilità che lei esca da questa operazione vivo sono del 30%. Non so quale faccia sia riuscito a fare in quel momento, so che mi son messo a ridere e ho detto: bene, la ringrazio della notizia. Il primo giorno vi confesso che ho pianto, l’esame era semplice: allora bisogna proprio andare, cinquant’anni, ho fatto quello che ho fatto, questo è un aspetto che non posso raccontare, cioè fino a che punto ho riconfermato la validità di talune scelte, fino a che punto ho lasciato cadere, io stesso ho sconfessato talune cose. Progetti, basta, si chiude, però si piangeva, di lì ho capito quale fosse il tremore e il sudore di sangue di Gesù, il quale a 37 anni e io ne avevo 51. Ha dovuto lasciare progetti previsti dal Padre, se ha pianto sangue Lui, potevo piangere io qualche lacrima.
Secondo giorno. Mi sono ricomposto, è cessata ogni voglia di fare delle polemiche, che tra l’atro non avevo fatto nemmeno il primo giorno, lungi da me di fare delle polemiche con Dio se ci credo. Il prendere atto del fatto produce anche le lacrime. Poi si esamina la situazione: bene chiudiamo e preghiamo. In questo secondo giorno ho scritto le lettere a chi dovevo scrivere, ai miei genitori, al gruppo, molti di voi saranno qui e ai miei superiori. Dove in maniera molto breve ho fatto il bilancio della mia esistenza . Ringraziavo per es. mia madre di avermi dato la vita. Mi ero ricomposto bene. Poi con immagine consueta ho preso la valigetta e sono partito, partito con la certezza di non dovere tornare. Ciò è facile a raccontarsi, però guai a me se ci fosse il tentativo apologetico di dire: vedete cosa vuol dire credere in Dio, questo resta sottinteso. Vi racconto l’esperienza di uno che crede in Dio, ma può darsi che uno che non crede in Dio ripercorra il medesimo cammino, buon per lui.
Prima vi ho detto quale fu la vera paura, la paura del nulla, esorcizzata ricordo che tiravo fuori la mano dalle coperte, era l’allungare la mano al Dio di Abramo perché mi tenesse su. Perché credevo nel Dio di Abramo. Poi, ripeto, si chiude la valigia e si parte. Senonché il quinto, sesto, settimo giorno, stranamente apro gli occhi, l’operazione era andata bene e mi ritrovo in termine filosofico sulle sponde del divenire. Quale era ora la lotta, la lotta era contro il nichilismo, tentazione tremenda, perché non auguro a nessuno, mi ritrovo qui vittima della critica marxista.
Mi sono ritrovato all’analisi che sto facendo oggi nella critica marxista dell’uomo religioso. La tentazione fu esattamente questa, di essere un uomo religioso e non essere più un cristiano.
In che cosa consisteva questa tentazione, nel vedere passare le macchine dalla mia finestra e nel pensare: ma dove vanno costoro? Se dietro a quella curva c’è la morte giacché la vita ormai per me altro non era che un segmento molto piccolo 50 anni cosa volete che siano, nulla. Dove vanno questi folli, dove corrono? Poi giacché ero uomo di cultura – confessione mai fatta a nessuno in privato – ho rivisto tutta la storia. Mi scuso se questo sembrerà storicismo eccessivo, ho rivisto tutte le campagne di Alessandro Magno, quelle di Cesare, di Napoleone, non so perché questa cosa strana dello storicismo, eppure li ho visti tutti andare nel nulla, soltanto mi restava ferma qualche figura nel buio dei secoli come San Francesco, ma lo vedevo traballare anche lui e questa è la tentazione del nichilismo.
A che cosa serve la vita dunque… adesso cosa farò, meglio ritornare nel nulla. Voi capite quale tragica tentazione, ecco qui allora la diagnosi marxista è giusta. Io non ero un cristiano io ero un uomo religioso e fino a qui la religione naturale può vedere la finalità dell’esistenza. Il nulla, la fragilità assoluta dell’esistenza. A questo punto ho dovuto allungare lentamente la mano al Dio di Abramo. Allora ho ragionato molto semplicemente, mi ci è voluta una settimana. Questa vita l’ho ricevuta o non l’ho ricevuta? É un dono, ma la sua dissoluzione è qui dietro l’angolo, non importa, dal momento che ho ricevuto l’esistenza ho ricevuto un patrimonio, non dipende da me che esso continui per un giorno o per secoli, non ha importanza, io da questo momento devo progettare questa esistenza in nome di Colui che me l’ha data.



Sabato 31 Ottobre,2015 Ore: 16:32
 
 
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