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www.ildialogo.org S. Francesco d’Assisi,di p. Aldo Bergamaschi

S. Francesco d’Assisi

di p. Aldo Bergamaschi

4 ottobre 2015
 
Pronunciata il 4 Ottobre 2003
Marco 10,2-16
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
Quando parlo di Francesco di Assisi non debbo assolutamente lasciarmi trascinare dal cuore, perché altrimenti piangerei in ogni istante della mia predica. A titolo di premessa, ricordo che Francesco è insieme con S. Benedetto e con qualche altro martire, l’unico santo della chiesa Cattolica che si è proposto di attuare il Vangelo e non di divulgare il cristianesimo così come è, così come era.
Lo so che questa affermazione può fare male a qualcuno, ma questa è la nostra storia occidentale.
Dopo mille anni di cristianesimo, Gioacchino da Fiore un abate, disse che la venuta di Cristo era stata inutile e anziché portare la Salvezza al mondo aveva portato la confusione. Egli ipotizzava una terza era dello Spirito Santo in cui, finalmente gli uomini si sarebbero amati così come prevede il Vangelo. Francesco è proprio nato in quel periodo e ha per altra strada attuato quello che Dante chiamava “spirito profetico”, per quanto riguarda Gioacchino da Fiore.
Le mediazioni di Francesco sono fondamentalmente tre, le cito e poi mi fermerò su una: Francesco è colui che riesce a mediare il rapporto fra le autorità civili e le autorità ecclesiastiche, senza essere schierato né da una parte, né dall’altra; la sua posizione è evangelica.
É l’unico santo della Chiesa Cattolica che tenta il dialogo con chi è fuori della propria religione e qui dovrei raccontavi questa mediazione, ma vi racconterò, invece, la mediazione sociale, vale a dire il caso del “lupo di Gubbio”. Il lupo di Gubbio è una parabola, non c’è un lupo con le zampe, c’è il lupo uomo; il dissidio è quello sociale, dissidio che ci trasciniamo dietro da venti secoli e ho paura che nemmeno nel terzo millennio riusciremo a chiarire questo rapporto.
A Gubbio c’è da una parte una città soddisfatta delle proprie conquiste sociali e dall’altra parte c’è la rivolta sociale, c’è il capitalismo distruttore. Il lupo buono mangia a orario e si adonta se il lupo cattivo vuole partecipare al banchetto. Vi racconto l’episodio in chiave sociale. Francesco si trovava ad Agobbio – cito dai fioretti - e nel contado parve un lupo grandissimo, il quale divorava non solo le bestie, ma divorava gli uomini, i bambini e le donne. Francesco è chiamato dagli abitanti di Agobbio a fare la mediazione, egli non vuole essere accompagnato dalla croce della conquista: vado solo al lupo. Due suoi confratelli lo accompagnano, ma entrando nella foresta questi prendono paura e ritornano indietro nella sicurezza delle mura.
Francesco, solo, disarmato, senza neanche il crocifisso in mano - quello lo portavano i crociati – va al lupo. Il lupo appena lo vede si alza, apre la bocca ed è pronto all’aggressione. Francesco lo chiama: frate lupo vieni qua. Ma è la prima volta che il lupo si sente chiamare “fratello”. Prima la voce degli abitanti di Gubbio era: te lo facciamo vedere noi lupo fetente! E ogni giorno erano battaglie.
Francesco: vieni qua frate lupo. Il lupo si ferma, chiude la bocca, Francesco prosegue: fratello tu sei un delinquente, tu sei meritevole delle forche, perché vai attorno alle creature di Dio. Il lupo resta sorpreso Francesco ha riconosciuto i suoi torti, poco dopo Francesco soggiunge: tu fai questo per la fame, tu vai attorno alle creature di Dio e distruggi le opere del Signore, tu sei colpevole davanti a
Gesù Cristo e al suo Vangelo, non rispetto al codice degli abitanti di Gubbio. Non sei in torto perché stai violando il codice -la struttura etica di quella città - ma perché calpesti il Vangelo.
A questo punto il lupo sommessamente fa capire che finalmente vengono riconosciuti i torti e degli altri e i suoi, che sono tali rispetto agli insegnamenti di Gesù Cristo, non rispetto al loro codice.
Dovrei fare le applicazioni per quanto ci riguarda, ma le lascio alla vostra intelligenza. A questo punto – dice il testo – il lupo dopo aver capito che Francesco lo chiama su di un territorio in cui ha torto, con segni della coda, delle zampe e con il muso, fa capire che accetta la mediazione. Francesco lo prende con se come se fosse un agnello e in realtà aveva un lupo che era diventato agnello e lo porta alla città.
Gli abitanti di Gubbio erano con il naso fuori delle feritoie, con in mano gli strumenti di morte e pensavano: finalmente il cattivo è riportato all’ovile, ma non fu così. Francesco porta il lupo con se e quando arriva nella piazza non va in chiesa, perché non poteva predicare - non aveva la predicazione dogmatica - aveva solo la predicazione morale – così a Roma era stato stabilito -. In piazza può parlare e chiama a raccolta gli abitanti di Gubbio: signori – dice – fratelli, queste cose accadono perché noi siamo in peccato di fronte a Dio e cominciano a guardarsi l’un l’altro.
Poi riprende: voi avete una chiesa nella vostra città, dentro c’è un tabernacolo, voi lo avete formalmente Cristo, ma i vostri comportamenti sono ben lungi dall’essere quelli che Cristo ci ha insegnati: dovete fare penitenza. Il discorso è chiaro: il lupo era fuori Vangelo come erano fuori Vangelo gli abitanti di Gubbio, nonostante che il clero tutte le domeniche promettesse di sistemare le cose. Ecco la mediazione di una persona che si mette sull’onda evangelica. Continua Francesco: fratelli, la bocca del lupo è piccola, ma la bocca dell’inferno è molto più grande e voi ci siete dentro e voi andate a frotte dentro a questa bocca se non riprendete contatto con il Vangelo.
A questo punto, Francesco non ha riportato uno sbandato a casa degli onesti, ha riportato due sbandati sul terreno della verità Cristiana. Adesso è possibile il dialogo, la lotta di classe è finita.
Dice il testo che fu l’unico caso in cui un lupo morì di vecchiaia. Dopo il patto, il lupo tutte le mattine - è linguaggio metaforico – veniva in città, giocava con i bambini come se fosse un cane addomesticato, gli davano un pezzo di pane e se ne tornava nella foresta.
Conclusione: un lupo morì di vecchiaia perché si era perfettamente integrato con l’etica della città, perché l’etica della città si era trasformata nell’etica del Vangelo. Questa è la mediazione di Francesco di Assisi. Capisco, molti vorrebbero farmi la domanda diretta: ma allora questo Francesco, cattolico è veramente da considerarsi parte integrale di una chiesa che non è in ordine col Vangelo? Domanda che circola in molti spiriti. Francesco è la “coscienza critica del cristianesimo”, è celebrato, ma non è molto amato dalle istituzioni ecclesiastiche proprio per questo motivo.
Il Padre vicario vi leggerà poi il “transito” (come è morto S. Francesco); ci sono le allodole, ha cantato il Cantico con i suoi frati e ci sono quelle parole che come suo seguace mi tormentano ogni giorno. Francesco morente sulla nuda terra pronuncia queste parole: “Io ho fatto la mia parte: la vostra ve la insegni Gesù Cristo”. Analizzate questa frase fino in fondo: “io ho fatto la mia parte” e vi ho narrato solo un episodio della sua parte. “La vostra – che è poi anche la mia – ve la insegni
Gesù Cristo”; nessun altro. Mettete voi i soggetti.
Questo, fratelli è Francesco di Assisi. A voi autorità soprattutto i laici, che siete venuti per un obbligo sociale non dovete vergognarvi. É vero che siete venuti anche perché Francesco è stato dichiarato patrono d’Italia - preferirei patrono degli italiani - anche se il titolo è molto restrittivo: Francesco è la coscienza critica di tutto il cristianesimo a partire dal secondo millennio. Non siete venuti a celebrare la festa di un santo che poi magari si è battuto per la difesa dei nostri piccoli valori clericali, ma a celebrare la festa di un uomo che è Cattolico in senso non solo formale, ma reale, vale a dire: quest’uomo riassume e incarna tutti i nostri desideri di bene, al di fuori di ogni religione e contesto politico.



Sabato 03 Ottobre,2015 Ore: 23:09
 
 
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