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www.ildialogo.org L'Omelia del 23 agosto 2015,di p. Aldo Bergamaschi

L'Omelia del 23 agosto 2015

Pronunciata il 24 agosto 2003


di p. Aldo Bergamaschi

Giovanni 6,61-70

Signore, da chi andremo?
Mi soffermo sulla lettera di s. Paolo agli Efesini, (5,21-32) dove ci sono parole che meritano di essere analizzate una per una, per quanto riguarda la concezione del matrimonio cristiano e il rapporto tra l'uomo e la donna. Si afferma che da un lato la donna è soggetta all'uomo, però si para il colpo dicendo che questo rapporto è paragonabile a quello esistente tra Cristo e la Chiesa, chiamando in campo Gesù Cristo si trova l'elemento che calibra e rimette a posto le cose, dunque sottomesse ai mariti come al Signore, non come a un padrone.
Partendo dalle scritture la creazione, in sintesi, sarebbe avvenuta così: Dio crea direttamente Adamo, pupazzetto, poi soffio dell’anima, Eva da dove viene fuori? Vedete che c’è qualcosa che non funziona del tutto. La donna è presa da una costola di Adamo fatto addormentare e anche qui c’è qualcosa che non funziona. L’interpretazione buona dovrebbe essere questa: la donna è uguale all’uomo perché viene dalla stessa sostanza, ma altro è dire che la donna è stata fatta da Dio come Adamo e altro è dire che viene dalla costola di Adamo.
Oggi siamo tutti d’accordo che il racconto biblico va preso con le pinze e voglio farvi un piccolo paragone con la teoria di Platone. Voi sapete che Platone formula la sua teoria della derivazione delle cose dal mondo delle idee, per cui l’uomo non è padrone di nulla, c’è una mente che domina il mondo delle idee e Platone dice – lo dico in parole molto povere – il cavallo è così perché lassù c’è un cavallo d’oro che dà origine a questo, lassù c’è una cavalla d’oro che da origine a questa. Vedete come la mente umana cerca di trovare il minimo di disparità, rapportando tutto a una medesima idea, a un medesimo cervello per cui, se la donna veramente deriva da un archetipo che si trova lassù, prima di offenderla bisogna pensarci due volte. In questo caso si verrebbe a correggere quella concezione del vecchio testamento dove si dice che la donna deriva dalla costola dell’uomo. Ecco dove sarebbe la diversità tra una concezione della ragione e una concezione della religione. Questo fatto di trovare il momento fondante in tutte le cose fa sì che anche s. Paolo si dibatta all’interno di cose che non può negare, giacché Gesù Cristo è venuto a sanare tutte le situazioni e quindi anche quella.
Andiamo subito al passo evangelico, che riassume il punto centrale del dibattito religioso di tutte le epoche: Gesù è Dio o no? Questo è un esame di coscienza che tutti dobbiamo fare, perché da lì si decidono tutti i comportamenti successivi. Se Gesù è uomo, uomo puro, non hanno senso affermazioni come questa che abbiamo letto: “E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?”, il riferimento è probabilmente alla Risurrezione. Oppure l'altra frase: “Nessuno può venire a me se non gli è concesso dal Padre mio”. Se invece Egli è Dio, allora tutto torna e l'alternativa è senza sfumature. Per vedere in Lui Dio bisogna credere fermamente in Dio e fare un rapporto dovuto. Gesù presenta se stesso come un punto di riferimento assoluto, cioè non dice: con me o andatevene, come ha fatto Giosuè nella prima lettura. Egli dice: "Chi mangia la mia carne…", è questo il punto centrale di cui parla: l'uomo ha bisogno di nutrire il suo cervello con dei pensieri che siano di salvezza e non di perdizione, la carne e il sangue per nutrire quella parte sublime di noi sono i pensieri, i concetti che Gesù ha rivelato agli uomini.
Vediamo ora la questione dell'educazione e prendiamo Giuda che resta l'osso che non riesce a passare nella gola. Abbiamo letto: “Alcuni non credono”, Gesù sa già quello che avrebbe fatto Giuda, quindi dal punto vista pedagogico il passo denuncia l'affanno di una comunità dentro alla quale c'è l'anticomunità, cioè Giuda. S. Giovanni è il più critico nei confronti di questo apostolo, in altri scritti dice che rubava e si comportava male all'interno della comunità e mette in evidenza la sua condotta ambigua.
Forse il passo evidenzia il tentativo – uno dei tanti – di Gesù di far cadere la mela marcia. Ma Gesù non interviene con una pedagogia repressiva, vuole che sia l'individuo a scegliere liberamente una strada diversa da quella intrapresa. Egli sa da principio, leggo dal Vangelo: “Nessuno può venire a me se non gli è concesso dal Padre mio” – Giuda è lì e sta zitto – “Volete andarvene anche voi” – e Giuda sta zitto –. Pietro rompe le uova nel paniere e risponde apparentemente per tutti, così il colpo di setaccio non raggiunge il suo fine, perché gli apostoli avrebbero dovuto rispondere singolarmente e Giuda sarebbe stato messo alle strette. Ecco la lettura che faccio: è il tentativo da parte di Gesù di mettere alle strette questa libertà male condotta da Giuda e tentare di allontanarlo, come molti si sono allontanati da Lui perché non capivano questo linguaggio duro, il passaggio dal cibo materiale al cibo del pensiero. Giuda doveva essere un monito per tutte le pedagogie e tutte le esperienze educative.
Vi cito la frase di un pedagogista di un secolo fa, fondatore di una corrente che si chiama Behaviorismo (comportamentismo) e sentite come costui, che si chiama Watson, aveva consacrato il principio: “Datemi una dozzina di ragazzi dai dodici a quindici anni, maschi o femmine e io farò di essi quello che voglio: un politico, un gangster, un militare, un prete”.
Gesù sceglie dodici uomini, non ragazzi e non si può supporre che Egli non abbia rispettato i tempi e i metodi della evoluzione psicologica, né si può supporre che Lui non sia un modello degno. Però si scandalizzano di Lui per quei discorsi, anche nel rapporto educativo più perfetto c'è una carenza ineliminabile che è ridotta da uno a dodici. Tutto questo sarebbe dovuto alla libertà, a quel briciolo di libertà, perché i dodici ragazzi di Watson sono – a mio giudizio – privi di libertà se l'interveto dell'educatore è così massiccio. Gesù almeno lascia la libertà, perché sono adulti e non ragazzi.
Dei dodici che hanno seguito Gesù, uno ha sbagliato. Oggi invece in una comunità non divina (ecclesiastica o clericale) dovremmo ritenerci soddisfatti se ogni dodici Pastori, uno solo dovesse risultare autentico e discepolo del Signore. Capito il capovolgimento della situazione? Se l'intervento educativo riguarda non il comportamento (concezione behavioristica), ma il pensiero, ho davanti non un animale con il quale facciamo uso del comportamento, se un gatto vuol darmi un graffio gli do un colpettino sulle orecchie e si mette tranquillo, con l'uomo non è così. L'intervento educativo riguarda non il comportamento, ma il pensiero che deve essere la radice di tutti i comportamenti, allora prendo in parola il behaviorismo. La società fa già la selezione: carabiniere, ganster, ladro…
Vi lascio con l'amaro in bocca, vi dirò cosa penso del problema educativo: sono d'avviso che a quindici anni il giovane deve essere responsabilizzato. A quindici anni ha il cervello sviluppato a sufficienza per capire quello che gli dico e non voglio nemmeno indagare su quello che è il suo patrimonio di miserie (sesso, danaro, potere): chiarezza radicale a partire da quella età. Vi dico che per il male è già pronto, in futuro dovrà essere responsabile dei mezzi di produzione, vedremo cosa sarà capace di risolvere, lui che in genere ha più facile la critica, che non la soluzione dei problemi.
Questo è quanto ho dedotto da questo passo evangelico che è drammatico, per vedere di mettere il più possibile all’angolo il male nei confronti del bene.



Domenica 23 Agosto,2015 Ore: 13:11
 
 
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