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www.ildialogo.org L'omelia del 1 marzo 2015,di p. Aldo Bergamaschi

L'omelia del 1 marzo 2015

Pronunciata il16 Marzo 2003


di p. Aldo Bergamaschi

Marco 9,1-9
Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè che discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!”. Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: “Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!”. E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.
Incomincio oggi il mio discorso con il riferimento alla prima lettura, che abbiamo udito tante volte e che come pensatore mi ha sempre turbato. Questo episodio, dove Dio chiede ad Abramo di uccidere suo figlio è trattato in un’opera di Kierkegaard di cui non ho il tempo di parlarvi, ma che ha occupato gli spiriti. Chi avesse il grosso problema di chiarire il concetto della fondazione della morale è pregato di ascoltarmi attentamente. Abramo riceve l’ordine da parte di Dio di sacrificare il figlio superando l’etica naturale: Dio è al di sopra dell’ordine etico e dell’ordine giuridico.
Voi vedete come il nostro diritto stia cambiando molte carte in tavola, non voglio fare i riferimenti. A partire da Kant. non accettiamo più che una cosa sia proibita o ammessa a secondo che entri nel “decalogo”. Il problema può essere posto così: uccidere è male perché è Dio che lo proibisce, o Dio lo proibisce perché è male? Nella seconda ipotesi c’è la domanda: perché è male? Non è male perché Dio lo dice, ma Dio lo dice perché è male. Il perché è male va studiato dentro all’azione stessa.
Qui è preso in esame il caso di Dio che da ordine ad Abramo di uccidere il figlio. Chi dobbiamo scegliere, Dio che fonda l’ordine morale, o l’ordine morale stesso. Il discorso è un po’ nervoso, ma dobbiamo occuparcene di questo problema che coinvolge tutto. Il teista – colui che crede in Dio – dovrei aggiungere il teista spurio, per il quale non ci sono dubbi: obbedire a Dio anche se Dio ordina di uccidere. Giacché siamo in tema con la questione della guerra, tutta la morale cattolica, e mi rivolgo ai cattolici come me, la guerra è giustificata esattamente con le Scritture. Questo è un discorso che non viene fuori. Dio vuole da Abramo l’atto di fede e poi gli ordina di non uccidere il figlio.
Perché è male? Ed è male perché Dio lo proibisce, o Dio lo proibisce perché è male? E se è male perché è male? Sacrificare un figlio è male sempre! Oppure dipende da Dio? Così la pensano coloro che fondano la morale sul volontarismo divino e non sull’essenzialismo divino. Rispondono i volontaristi: Dio non può volere se non ciò che è oggettivamente bene. Ma se è oggettivamente bene ciò che Lui vuole; se Lui mi dice di uccidere, allora uccidere è bene. Ecco l’inghippo in cui ci troviamo, Dio ferma la mano di Abramo, tra l’altro non è Lui, ma manda un angelo e già questo mi da fastidio. Dio ferma la mano ad Abramo, ma in altre occasioni, suggerisce a Mosè una legge che prevede la uccisione del figlio se costui è caparbio o ribelle. (Deuteronomio 21-18).
Capite dove va a sfociare il problema? Nel testo della prima lettura c’è anche scritto che le discendenze di Abramo si impadronivano delle città dei nemici uccidendoli. Vedete allora che chi fonda la morale sul volontarismo puro, in altre occasioni non sempre Dio ferma la mano. Per chi accetta come fondamento della morale il cosiddetto essenzialismo, uccidere è male sempre. Si tratta di Dio, o del nostro modo di concepire Dio? É veramente il pensiero di Dio, o è il pensiero di colui che scrive le scritture su Dio? Domande che dobbiamo farci per capirci qualcosa.
Nel testo evangelico la voce misteriosa dice che bisogna ascoltare suo Figlio, prima che Mosè, prima che i profeti. Anche Gesù lo dirà: “Prima che Abramo fosse io sono”. Con la venuta di Cristo cadrebbe l’idea di un Dio che fonda volontaristicamente la morale e apparirebbe il vero pensiero di Dio: all’inizio era il Logos, che era prima che il mondo fosse e poi via via il modello di ogni cosa. Quel volontarismo, in un caso ti ferma la mano e in altri casi ti dice di colpire. Il cristianesimo si rifà al pensiero di Dio, vale a dire il Logos, vale a dire Gesù Cristo.
Il passo poi adombra una polemica tra i cristiani venuti dal paganesimo e i giudaizzanti, polemica che durò molto tempo all’inizio della Chiesa. Per i primi, Dio direbbe: ascoltate mio Figlio, non i profeti e i legislatori. I secondi replicano: Cristo è coinvolto con Mosè e con Elia, simboli del Vecchio Testamento, prende consigli da loro, discorre con loro. Il testo dice che Gesù parlava con loro, ma parlava con loro come un professore di fronte a degli scolaretti, perché Lui è il Logos il vero pensiero di Dio, mentre costoro hanno già deturpato il pensiero di Dio.
La Trasfigurazione sarebbe la condensazione di alcuni concetti in una narrazione simbolica dove entrano elementi paramiracolistici. Della trasfigurazione accetto il contenuto, ma non sto a discutere che le cose siano accadute così come vengono descritte. É una forma di miracolismo contraria a tutto il Vangelo. Sarebbe il tentativo letterario più spinto che io conosca per veicolare la vera identità di Gesù Cristo e per qualificarlo rispetto a tutta la storia.
Veniamo al significato della trasfigurazione, in rapporto ai tre apostoli che vi assistono. Perché Gesù mette in scena quella rappresentazione? Per rendere sopportabile, dal punto di vista concettuale, la crocifissione che era vicina, e presentare un punto di riferimento a quanto sarebbe accaduto. Ecco perché non penso miracolisticamente la scena, perché se veramente fosse così sarebbe inconcepibile il tradimento di Pietro. Andiamo alla verità nella storia di coloro che assistono ai miracoli, ma che però non cambiano molto vita.
Pietro capovolge il senso dei fatti e trasforma un mezzo in un fine, arrivando a due conseguenze disastrose: 1) Godiamo il mezzo (facciamo qui tre tende). 2) Blocchiamo la salvezza, se Gesù fa la sua villetta sul Tabor non andrà mai a Gerusalemme e non porterà a termine la sua missione di Salvatore. Ecco il male intrinseco delle domande di Pietro: la tentazione del bene.
Faccio un riferimento a quando dopo la guerra i cattolici andarono al potere. Dai papi precedenti c’era la proibizione ai cattolici di entrare in politica, perché dopo la presa di Roma, il Vaticano era contro lo stato italiano. Il “non expedit” - cosi si chiamava - , fu rotto in maniera chiara, e il Vaticano disse ai cattolici che andassero in politica perché avevano l’etica giusta. Fra costoro c’era anche don Mazzolari il quale spingeva i cattolici a entrare in politica. Senonché dopo il 18 aprile, lui passò all’opposizione, perché i cattolici erano arrivati sì al potere democraticamente, però il mandato era di risolvere i problemi. Mazzolari disse: “Attenzione che Gesù Cristo sta ancora soffrendo fuori della città”. La questione della povertà, della giustizia sociale e così via, mentre costoro che erano al comando, si comportavano secondo le domande di Pietro, e Mazzolari cita il passo: facciamo qui tre tende, godiamoci il potere e dimentichiamo che invece, dobbiamo andare a Gerusalemme e batterci per ottenere la giustizia che dovrebbe essere tipica del parlamentare cristiano.
La definalizzazione occupa i tre settori della convivenza: il sesso, il danaro, e il potere. Del potere vi ho portato un esempio. Del danaro sarebbe troppo lungo il discorso, in poco tempo vi porto un esempio sulla definalizzazione del sesso. Un giorno incontro due sposi in conflitto fra di loro e chiedo al marito di fare una domanda delicata alla moglie, ed ecco la domanda: Maria perché il buon Dio ti ha dato i seni? Risposta: li ho avuti per farli vedere agli uomini. Ma non hai mai riflettuto, rispondo io: i seni ti sono stati dati per dare da mangiare al piccolo, sono due dispensine che contengono del latte per nutrire il bambino appena nato. Finita ogni tentazione. Fin da quando ero piccolo ricordo che a casa venivano a veglia le famiglie e a un certo punto le mamme tiravano fuori il seno e allattavano i bambini e non mi sono mai scandalizzato. Tutto questo bisognerebbe farlo come costume, perché finalmente tutti gli uomini e le donne capiscano che quei seni sono per quella funzione. Ecco allora la deturpazione e quella donna aveva capovolto come Pietro il senso della realtà. Quei seni che erano un mezzo sono diventati un fine.
Successiva domanda: posso chiederti a questo punto perché hai le gambe? Risposta: per farle vedere agli uomini. Ho detto a suo marito che se era ancora con il cervello in ordine doveva rieducare sua moglie, perché c’è una definalizzazione totale che vediamo anche alla televisione. Non ditemi che faccio del moralismo, io tiro le conseguenze di questo brutto errore commesso da Pietro, il quale, fa diventare un fine ciò che è un mezzo. E questa è la tentazione del bene.



Sabato 28 Febbraio,2015 Ore: 18:16
 
 
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