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www.ildialogo.org Omelia del 1° gennaio 2015,Padre Aldo Bergamaschi

Omelia del 1° gennaio 2015

Pronunciata il 1° gennaio 2006


Padre Aldo Bergamaschi

Luca 2,16-21
In quel tempo, i pastori andarono senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo aver visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. 
I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.
Anzitutto, vediamo di chiarire questo titolo di “Madre di Dio”. Una ragazza di diciotto anni mi ha chiesto: come è possibile che la Madonna sia madre di Dio? Ve lo siete posto il problema? Voi – mi riferisco alle mamme – quando avete dato alla luce i vostri figli sapevate e sapete (questo lo dico anche a quella giovane che mi aveva fatto quell’obiezione); che l’anima non la date voi ai vostri figli?
Siccome Pierino – chiamiamolo così il figlio, oppure Pierina – è composto di anima e di corpo, se veramente volessimo essere precisi dovremmo dire: io sono la mamma del corpo di Pierino. Invece dite: io sono la mamma di Pierino e nessuno ha nulla da obiettare. Pierino è un composto di anima e di corpo e voi siete la mamma di Pierino. Anche se l’anima non l’avete data voi a Pierino.
La Madonna non ha dato la divinità a Gesù, in teoria dovremmo dire: La Madonna è la madre di Gesù, purché non ci sia nel nostro retrocervello l’idea che Gesù è solo uomo. Ma siccome, Gesù è anche Dio, allora giustamente la Madonna è chiamata madre di Dio. In teoria dovremmo dire: madre di Gesù. E’ ovvio che per un cattolico Gesù è anche Dio, quindi non è sbagliato dire che la Madonna è madre di Dio.
Oggi è la festa della madre di Dio e siamo in tema con domenica scorsa. Vi dicevo che la concezione del matrimonio monogamico è di derivazione greca e razionale, e tutta la razionalità non è conquistata. Tanto che i greci pur ammettendo che il matrimonio monogamico fosse il minor male, il dire ciò, non è il dire che è la vocazione suprema in positivo dell’uomo. 
Oggi – donne e fanciulle che aspirate al matrimonio, aprite bene le orecchie – farò l’analisi breve di un’opera del grande trageda greco Euripide. Questa tragedia è ancora trasmessa e ha come titolo “Medea”. Nella tragedia si fa obiezione alla teoria platonica del male come ignoranza. Platone dice che se noi facciamo il male, è per ignoranza, mentre il cristianesimo dirà: no, è per volontà, perché lo si vuol fare. Sono d’accordo, però mi resta sempre la “sirena”, cioè, in verità il male noi lo facciamo perché non conosciamo a fondo tutta la realtà della situazione. In questo senso credo che Platone avesse le sue buone ragioni.
Euripide non accetta la teoria di Platone, non entra in quella cristiana, però in Medea vorrebbe dimostrare che il male si fa sapendo di farlo e volendolo fare. In breve il racconto: Medea, giovane, bella, di belle speranze come ce ne sono tante in giro, abbandona il padre, la patria per seguire Giasone, se ne era innamorata. Giasone era quel grande eroe che andò alla conquista del vello d’oro ecc. Questa ragazza dona la sua giovinezza a Giasone, la gioia dei figli, il trionfo delle sue imprese. 
Un giorno Giasone abbandona Medea – sono tanti i casi anche oggi – e passa ad altre nozze con una certa Glauce figlia di Creonte re di Corinto. Siamo nelle zone alte dell’aristocrazia. Creonte prende le difese della figlia e vuole scacciare Medea dalla città. 
Questa incomincia a chiudersi in se stessa, non c’è più nulla da sperare per quanto riguarda il ravvedimento di Giasone, egli era preso dal cuore o qualcosa d’altro della donna. In cuor suo Medea ha un solo pensiero: vendetta, vendetta. Essa medita la devastazione totale; Giasone deve restare senza il mio amore, senza l’amore di una sposa, senza l’amore dei figli. I figli saranno distrutti e la vita di Giasone deve essere squallida come la mia, continua a ripetere Medea. Sono ridotta uno straccio di donna, ma anche lui deve vivere la mia stessa vita.
Tra le righe del dramma veniamo a scoprire la caduta del regno dei fini. Fanciulle che aspirate al matrimonio, mi raccomando, prima di tutto guardatevi bene. Perché il Signore vi ha fatto donna e non uomo, perché siete fatte così. Poi domandatevi il perché l’altra parte è fatta in quell’altro modo e per quale motivo è stata fatta in quel modo. Dovete scoprire i fini come hanno fatto la filosofia greca e il cristianesimo. Queste domande sono eneludibili, bisogna che ce le facciamo, se non le facciamo vivremo l’attualità che conduce a questi disastri. 
Medea – diremmo oggi – è una creatura freudiana, gioca la sua vita in funzione di Giasone; ecco il primo errore. Tutte le paroline tenere chi si dicono: per te andrò a morire; sono tutta tua ecc., sto parlando alle donne. Il discorso dell’uomo è di un altro tipo. Ma per voi donne che avete la vocazione alla distruzione nei confronti dell’altra parte, cristianamente parlando è un errore. 
Per Giasone ella fa tutto, nella Genesi, invece, noi troviamo scritto che Dio ha creato la donna come aiuto simile a lui; non uguale. 
Un aiuto rispetto a qualche programma che va al di là di uno e dell’altro. Medea si getta in ginocchio di fronte a Giasone. Donne, non voglio incitarvi alla ribellione, voglio richiamarvi alla struttura della vostra singolarità. Voi avete il timone in mano e quindi, non in ginocchio davanti a Giasone, non la vostra vita per lui, ma per eseguire un disegno che sta al di là dell’uno e dell’altro.
Ci sono le parole della Genesi, ma Gesù cosa ci dice? “Amatevi come io ho amato voi”. Questo discorso è rivolto prima di tutto all’uomo e alla donna. Fanciulla, tu devi amare quell’uomo e viceversa: come Gesù ha amato noi. E come ci ha amati Gesù? I predicatori ripetono che Gesù è morto in croce senza ricavarne nulla, tutto gratuito, con la spesa del sacrificio, una fatica compiuta senza dover essere ripagato; per puro atto di amore. Amatevi come io ho amato voi, traduciamo in termini moderni: senza profitto. Intesi fanciulle che mi ascoltate? Giovanotto che mi ascolti? 
Senza profitto!
Tempo fa venivano molti giovani, chiedevano il matrimonio e qualche lezioncina. Li sottoponevo a questo test un po’ macabro. Chiedevo ai due giovani: vi amereste ancora se foste senza organi sessuali come le bambole? Questo è il vero test. 
Bisogna guardare al di là di quel sesso, anche se bisogna tener conto di quel sesso, attenzione bene, ma guai a chi si ferma lì. Ecco i disastri che sono dichiarati anche in questa tragedia di Medea.
Tornando a noi, Giasone sta al gioco a sua volta, l’eros spinge i due e nessun altra finalità. 
Spero di colpire nel segno, alla radice di tutti i matrimoni che vanno nel vuoto, di tutte le tragedie famigliari a cui assistiamo, c’è esattamente questo e sono disastri che stanno lambendo i bambini. 
Il resto è consequenziale e anche i figli che vengono accarezzati poco prima di venire distrutti (Medea che accarezza i due bambini, capelli biondi ecc.); però ha deciso di distruggerli e ancora prima di essere passati per la spada, non esistono più come persone. Se c’è una cosa che offende il bambino è il non sentirsi amato come una persona dai genitori. Erano frutto di eros e sono delle ombre, sono nati senza essere mai veramente voluti e quindi meno che meno amati.
Il passo evangelico che racconta tutto quello che Maria stava meditando in cuor suo, è l’esatto contrario di questa tragedia che fu avvistata dai greci e che Euripide naturalmente ha sottolineato, per mettere sull’avviso questa specie umana, che se non rispetta taluni finalismi è condannata all’autodistruzione.



Mercoledì 31 Dicembre,2014 Ore: 19:24
 
 
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