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www.ildialogo.org L'omelia del 23 ottobre 2914,di p. Aldo Bergamaschi

L'omelia del 23 ottobre 2914

Pronunciata il 24 Novembre 2002


di p. Aldo Bergamaschi

Matteo 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.
Poi dirà a quelli posti alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andarono, questi al supplizio eterno e i giusti alla vita eterna”.
Oggi è la festa di Cristo Re e viene qui riprodotto un Vangelo che sotto un certo profilo si coniuga molto bene con la festa. Già mi piace poco la Lettera di S. Paolo che abbiamo letto, perché concepisce Cristo come un re che metterà sotto i piedi i suoi nemici, andando un po’ fuori dalle righe, ma vediamo di capire il significato di questa festa.
Fu istituita l’11 dicembre 1925 da Papa Pio XI, la data di celebrazione fu stabilita per l’ultima domenica di ottobre, poi successivamente è slittata all’ultima domenica del ciclo liturgico che quest’anno cade in novembre. Fu istituita per opporsi a una certa tentazione pratica del cosiddetto laicismo che consiste nel confidare piuttosto nei regni terrestri che nel Regno di Dio. Nel 1925 eravamo già in epoca fascista, questo non dobbiamo dimenticarlo, lo dico per correttezza storica e per spiegare meglio il significato della festa.
Vi cito le poche righe con cui Pio XI il Papa, qualifica o dà il significato a questa festa: “Cadrebbe in un turpe errore chi sottraesse da Cristo uomo l’impero su qualsiasi realtà dell’ordine civile, avendo egli ottenuto dal Padre sulle cose create il diritto così assoluto che tutte le cose sono in suo potere”. Io non posso darvi per certo che in queste parole del Papa non ci fosse una qualche segreta rivalsa temporalistica, in cui si mette avanti la regalità di Cristo per dare la copertura alla propria: se Gesù Cristo è il re dell’universo, io sono il suo vicario, dunque….
Accadde poi che molti cattolici, proprio dopo quell’annuncio, piegarono verso il fascismo, perché da quella parte vedevano la salvaguardia di una “sana laicità” nei rapporti tra Chiesa e Stato, mentre nel Partito Popolare creato da don Sturzo (che era un prete) vedevano una lunga mano del Vaticano. Mi fermo qui, sapete come sono andate le cose successivamente: quel bravo don Sturzo dovette prendere le valigie e andarsene in esilio, perché oramai il Vaticano aveva fatto le sue scelte. Questo è detto unicamente per scrupolo storico.
Non so quali fossero le intenzioni di Pio XI, ma tutti sappiamo quali furono le intenzioni del regime, cioè: pianificare, al lume della propria etica, una nazione e un popolo. A ricorrenza ventennale le cose si ripetono e si ripeteranno sempre finché non abbiamo sciolto questo nodo della regalità di Cristo, che deve assolutamente trascendere ogni popolo e ogni nazione. Io, se fossi il Papa, non andrei mai in parlamento, perché tutti i parlamenti del mondo sono illegittimi e perché contrastano il primo principio evangelico “Ama il prossimo tuo come te stesso”. La pace non ci sarà mai fino a tanto che non cadrà il concetto di Stato Nazionale Sovrano. Tutto ciò è una sollecitazione benevola più che una critica, poiché sono preoccupato di fare una lettura della storia alla luce del Vangelo e non alla luce delle nostre piccole diatribe che abbiamo in questa bella Italia ogni ventennio o trentennio.
Dovrei dirvi dove è il pericolo di quel laicismo contro cui il Papa ha scritto l’enciclica per la fondazione della festa di Cristo Re. Il laicismo giudica l’umana natura, (attenzione giovani) giudica il bene e il male e una insufficienza della dottrina: questo è il laicismo. Visto questo noi proclamiamo la libertà dell’uomo fino ad assegnargli il ruolo di legislatore di se stesso. Non siamo capaci di definire una legislazione trascendente oppure che sia uguale per tutti, quindi dobbiamo assegnare a noi stessi questo compito e, in questo modo, noi lo abbiamo svincolato da qualunque dipendenza divina, attribuendogli una sufficienza che non ha. Verifichiamo ciò, partendo dalle cose che ho sentito con le mie orecchie da un parlamentare e vedrete che l’analisi non è lontana dalla verità.
Ecco l’affermazione del parlamentare: “Si può fare tutto ciò che non è proibito dalla legge”. Avete capito? Vi faccio un esempio subito: io vado sul treno e c’è scritto di non fumare. Fumare lì è contro la legge e non lo debbo fare. C’è una legge che proibisce di accoppiarsi in treno? Ebbene, questo è accaduto in Inghilterra, dove i viaggiatori esterrefatti hanno dovuto assistere a questa immoralità, senza potere dire nulla. Senonché costoro hanno avuto la mala idea di mettersi a fumare, allora è ovvio che sono insorti tutti per la proibizione al fumo. Questo è il principio di fondo del laicismo. Se è per combattere questo tipo di mentalità, siamo perfettamente d’accordo. Finita la piccola polemica, riprendiamo il discorso eterno e veniamo al Vangelo.
Quando il Figlio dell’uomo verrà, si siederà, separerà, condannerà... Dunque, finalmente il coraggio e la motivazione inappellabile per cui io posso dire a uno: tu sei buono, tu sei cattivo. Venendo Gesù nel mondo aveva stabilito solo la differenza tra bene e male. Altro è stabilire la differenza tra bene e male e altro è dire con chiarezza: tu sei cattivo, tu sei buono. Quindi la differenza tra i buoni e i cattivi.
Ogni criterio storico cadrà e tutti saranno giudicati secondo le opere fatte per amore (senza profitto). Ecco il valore della parabola che è per i Gentili è per le genti, dove finalmente il Vangelo risponde a quella famosa domanda: se uno non ha mai conosciuto la parola di Gesù, deve andare all’inferno? Questa parabola risolve il problema. La tesi è caduta con il Concilio, ma era caduta anche prima da parte dei teologi che avevano la testa sul collo, soprattutto in ragione di questa parabola.
Per i musulmani l’infedele va all’inferno perché è infedele. Gesù non tiene questa strada, ma dice: sarete buoni o cattivi non perché non avete creduto in me, ma perché non avete amato il prossimo con un atto d’amore da cui non si può ricavare profitto alcuno. Ero affamato e via via andate a ricordare tutti i passaggi. È questo il punto che lascia sorpresi sia quelli che hanno fatto bene, come gli altri che hanno fatto male. Non incolperò mai un musulmano di non credere nella Madonna, in Gesù Cristo, nel Papa..., ma dirò che al giudizio gli sarà chiesto se avrà amato il prossimo. Il dramma è che in nessuna religione si sono risolti questi problemi, ovunque vedo carceri, delitti, ladri; vuol dire che la religione non ha cambiato il cervello agli uomini. Ecco perché Gesù non condannerà uno che non ha creduto in lui (come qualcuno di noi sta pensando), ma unicamente lo condannerà se non avrà fatto quello che un cattolico per natura dovrebbe fare: dare da mangiare a chi ha fame, vestire gli ignudi... Questo è il punto centrale dell’amore al prossimo.



Sabato 22 Novembre,2014 Ore: 19:13
 
 
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