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www.ildialogo.org L'omelia del 31 agosto 2014,di p.Aldo Bergamaschi

L'omelia del 31 agosto 2014

Pronunciata il 1 settembre 2002


di p.Aldo Bergamaschi

Matteo 16,21-27
In quel tempo, Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani , dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: “O Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”. Ma egli voltandosi disse: “Pietro, lungi da me satana, tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”. Allora Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual vantaggio avrà infatti l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima? Poiché il Figlio dell’uomo nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni”.
E siamo all’errore del filosofo Parmenide che è a fondamento della civiltà occidentale. Se qui presente c’è qualche giovane che frequenta l’università o il liceo ascolti bene perché questa è una delle pagine fondamentali della filosofia occidentale. Ancora oggi stiamo dibattendo questo problema, che è un po’ il mio pallino, e Gesù ci indica la risposta in questo passo evangelico..
Ecco l’errore di Parmenide: “L’essere è, il non essere non è”, attenzione vi sto dichiarando il fondamento della filosofia occidentale che è poi mondiale.
Il problema è di stabilire che cosa è il divenire: il divenire siamo noi stessi. Eravamo giovani e ora siamo anziani, questo è un caso clamoroso di divenire, ma divenire è anche il cielo che cambia ogni minuto, la vita degli animali, delle piante e così via.
Se l’alternativa è: l’essere è il non essere non è; il divenire è essere o non essere? Il divenire, risponde Parmenide sbagliando tutto – è non essere. Se è non essere, tutto quello che si svolge in questo mondo è una pura apparenza, perché ciò che veramente esiste è l’essere, per cui il divenire è non essere.
Io vi dò la risposta data a mio giudizio – dal più grande filosofo del secolo passato, ed è un omaggio che intendo fare al mio professore di filosofia che si chiamava Gustavo Bontadini. Bontadini dà la esatta definizione del divenire: “Il divenire è in realtà per la mente uno scandalo”. Gesù dice a Pietro: “Tu mi sei di scandalo! Tu sei satana”, e adesso vedremo dove è l’errore di Parmenide annunciato da Pietro.
Poi dice il filosofo: “Il divenire è la presenza scandalosa dell’essere e del non essere”. Socrate non è, io non sono, poi sono, poi non sarò più. Questo in realtà è per la mente uno scandalo, per sanare questo scandalo o per togliere questa contraddizione – dice il filosofo mio maestro – dobbiamo ipotizzare il teorema di creazione. Se noi ipotizziamo il concetto di creazione, portiamo l’origine del divenire in Dio, e togliamo questo scandalo che è all’interno del divenire stesso e finalmente diamo la soluzione finalistica. Il divenire non è un assoluto, ma una specie di moneta che Dio ci ha dato in mano per potere diventare finalmente padroni dell’essere.
Mi scuso con chi non è abituato a questo tipo di ragionamento, ma l’ho fatto per dovere, perché proprio qui, in questo passo evangelico, c’è esattamente da parte di Pietro lo stesso errore di Parmenide. Vi spiego meglio. Abbiamo visto la domenica passata che Dio rivela a Pietro la prima verità: “Cristo è Dio”, se ricordate, e questo vale anche per noi cristiani, ma Pietro tira le conseguenze sbagliate come quelle di Parmenide. Se Cristo è Dio – ecco il suo ragionamento – tutte le vittorie saranno sue, quindi è inconcepibile il dolore, la sofferenza, la morte; diciamo poi che Dio non potrà né soffrire né morire.
Traducendo in pratica, molta gente in confessionale mi dice di non credere più in Dio perché è morta sua madre o suo padre, chi è cristiano dovrebbe sapere benissimo che non solo dovranno morire suo padre e sua madre, ma anche lui. Nella sua mente c’è l’errore di Pietro, il quale si sente dire che Cristo è Dio, quindi Lui non dovrà soffrire e patire. Senonché proprio quel Cristo che è Dio dice a Pietro che il Figlio dell’uomo – in quanto uomo – soffrirà molto, morirà e sarà giudicato dall’etica della città. Parmenide e Pietro inciampano nel divenire, Cristo ti dice che è Dio, ti dice che è il Figlio dell’uomo e il divenire comprende questo. Lo scandalo sarà liberato se tu lo porti in Dio e nel concetto di creazione.
Quando la ragione non si mette d’accordo con la fede, ecco l’attacco: diventa satana. Vi rendete conto il Pietro che doveva guidare la Chiesa, qui viene qualificato come satana perché propone una deviazione alle finalità dell’esistenza, facendo una lettura sbagliata del divenire. Quindi Pietro non pensa secondo Dio, ma secondo gli uomini, e da qui il principio teologico che proietta una nuova luce sulle sofferenze che mi appartengono come creatura.
Ora vi citerò – a gloria di voi donne – la interpretazione che ha fatto Simone Weil morta a 35 anni e grande filosofessa: “Il cristianesimo - quindi Gesù – non è venuto ad abolire la sofferenza, ma a insegnarci un impiego della sofferenza”. Signore donne una vostra consorella vi dice queste cose e io le ho scritte a caratteri d’oro nei miei diari di studio. Questa donna aveva capito in che cosa consiste la novità del cristianesimo.
Mi avventuro adesso in un altro richiamo che mi viene dal pensiero greco con Socrate e Platone, i quali avevano capito che l’uomo, così com’è, non è perfetto, anche se non avevano ancora gli strumenti della rivelazione. Capiremo con Gesù la vera forza di queste frasi: “...Se qualcuno vuol venire dietro di me…; se uno vorrà salvare la propria anima…; chi perderà la propria vita per causa mia la troverà...”, tutto ciò aiuta la risposta alla incompletezza della filosofia greca.
Tra i dialoghi di Platone ce n’é uno che ha come titolo Eutidemo, in questo dialogo si discute il problema dell’educazione dei giovani e l’esempio viene preso da un ragazzo dodicenne di nome Clinia, il quale deve essere educato alla virtù, al bene, a quello che noi chiamiamo i valori. Senonché i suoi due educatori sono due sofisti e dietro al concetto di educazione c’è Socrate, il quale propone un mutamento radicale della struttura umana. Costoro cominciano a dire ai genitori del giovane che, se da ignorante che è, deve diventare sapiente, deve perire in quanto ignorante, per poter diventare qualcosa d’altro che non conosciamo. I genitori allora si allertano, il giovane pure, ma a questo punto interviene Socrate e dice: “Io sono anziano, però, se mi date la certezza che diventerò buono da cattivo che sono, mettetemi dentro a un mortaio e pestatemi fino a ridurmi al nulla”. Finalmente i genitori riprendono fiato e decidono di mandare il ragazzo alla scuola di Socrate.
Gesù non delega a nessuno questa opera di rinnovamento, intuizione anche di Socrate nessuno è delegato a compiere questa operazione, perché nessuno è perfetto e rischia di ridurre alle dimensioni proprie quelle distruzioni ancora di attualità. Mi rivolgo ai genitori, questa è una responsabilità dell’individuo soltanto. L’individuo deve compiere questa operazione suggestionato dalla indicazione di Gesù, ricuperando tutti i passi sopra citati: rinneghi se stesso... La pedagogia moderna, invece, a partire dal 1500, continua a ripetere: sii te stesso. Gesù, invece vi dice: “rinuncia a te stesso”, quel te stesso che ostacola il raggiungimento dei tuoi veri finalismi.
Ma questa deve essere una operazione che devi compiere tu e di cui tu individuo sei responsabile. Se io avessi un figlio lo tormenterei su questo punto, appellandomi alla sua fede che proclama in confronto alle azioni che compie. Nessuna istituzione faccia la predica, nemmeno la Chiesa a noi singoli, invitandoci a rinunciare a noi stessi. A suo tempo, anche nello Stato Pontificio c’erano i poveri e non è che lì si brillasse per giustizia, ma si diceva che i poveri li avremo sempre fra noi, che Gesù è stato povero…vedete la predica? Sia Gesù a coinvolgere ogni singolo credente, e solo ogni singolo credente potrà fare questa operazione. In una famiglia, se ognuno sa rinunciare a se stesso, emergerà per conseguenza il paradiso che abbiamo perduto, per la motivazione che ognuno vuol essere come Dio, ma ognuno vuole essere se stesso, e di conseguenza i litigi in famiglia per la incapacità di rinunciare alle piccole cose e a sè.



Venerdì 29 Agosto,2014 Ore: 14:58
 
 
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