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www.ildialogo.org L'omelia del 10 agosto 2014,di p. Aldo Bergamaschi

L'omelia del 10 agosto 2014

Pronunciata l’11 agosto 2002


di p. Aldo Bergamaschi

Matteo 14,22-33
In quel tempo, quando udì della morte di Giovanni Battista, Gesù partì su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città. Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: "Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare". Ma Gesù rispose: "Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare". Gli risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci!". Ed egli disse: "Portatemeli qua". E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla. Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Tempo fa mi è capitato di avere una discussione con un rabbino, il quale decantava i miracoli di Mosè: il passaggio del mar Rosso, due sponde come due muraglie... Gli chiesi: “Ma tu veramente credi che il racconto corrisponda alla verità?” Convintissimo, rispose: “Io ho qualche dubbio e lo confermano le ricerche di alcuni esegeti che ci dicono che in quel luogo le acque erano basse, c’era possibilità di alta marea, quindi il racconto sarebbe una celebrazione eccessiva di un episodio che aveva del miracoloso per il solo fatto che gli Ebrei fossero riusciti a passare in mezzo al mare”. Allora io maliziosamente domandai: “Ai miracoli di Gesù credi?” Citandogli questo episodio del Vangelo dove troviamo una descrizione molto precisa e circostanziata. Il rabbino mi disse:”No, non credo a questo miracolo, perché non è nella Bibbia, ma nel Nuovo Testamento e quindi fuori dalle mie certezze”. Ripresi dicendogli: “È inutile discutere, ammetto che tu possa non accettare la divinità di Cristo, ma io ti dirò che faccio la lettura di questo passo evangelico, tale e quale come faccio la lettura del V. T. a proposito del quale tu giuri su tutti i particolari”.
Il problema è di capire quale è il significato profondo di questo racconto che viene qualificato come miracolo e che vorrebbe adombrare qualche altra verità che cercherò di dirvi. Questo episodio di Pietro che affonda nelle acque è forse la descrizione di un concetto?
C’è una favola di La Fontaine che ha come titolo La volpe e la cicogna. La volpe invita la cicogna a pranzo e le dà il cibo in un piatto molto largo dove la cicogna con il becco lungo non riesce a prendere nulla e se ne torna a casa digiuna, mentre la volpe si mangia tutto. La cicogna ricambia la cortesia e invita la volpe a pranzo, senonché le serve il pranzo dentro a un vaso profondo, raggiungibile solo con un becco lungo, ma non con il muso della volpe la quale, se ne torna a casa a digiuno. La morale della favola è questa: Chi la fa l’aspetti.
Ho l’impressione che l’Evangelista parta indubbiamente da qualcosa che è accaduto, però ecco la lezione: nulla di oggettivamente salvifico esiste. Se il miracolo fosse stato concepito come una trasformazione delle acque in terra ferma, tutto sarebbe andato a meraviglia, ma per operazioni che richiedono la novità evangelica – conversione – non si può mai prescindere dal soggetto. I
Sacramenti, per esempio, ci è stato insegnato che ex opera operato (operano per se stessi miracolosamente). Ci sono molti cattolici i quali vedono male il fatto di dare l’Ostia in mano, credo che la CEI obbligherà a fare la comunione sotto le due specie, così, se si intinge l’Ostia nel vino, bisogna darla direttamente in bocca. Si dice che qualcuno la trasporti per riti satanici. Queste cose mi vengono raccontate, non ho esperienza. Potrebbe essere anche vero che la motivazione per cui si è arrivati a questa soluzione sia per i molti abusi.
La Grazia non è totalmente gratuita, non è vero che l’Eucarestia operi ex opera operato, perché nel fedele nasce l’idea del miracolismo, come se l’Ostia fosse una specie di talismano o idolo. Ci deve essere invece la predisposizione dell’individuo.
Pietro camminava sulle acque dietro il comando di Gesù il quale non ha comandato alle molecole del suo corpo, ma al suo cervello. Fino a quando Pietro è unito al comando di Cristo interiormente sta in piedi, ma, appena c’è questo, dubbio crolla. Si potrebbe dire che s. Pietro sa nuotare, è pescatore, eppure deve gridare aiuto e viene sollevato. Da qui l’importanza di quella che noi chiamiamo la Grazia. Gesù comanda, ma alla volontà, non alle molecole del corpo, e qui comincia la responsabilizzazione di colui che crede. La fede non è gratuita totalmente, occorre gestirla. Al bene non si fa l’abitudine. Si fa l’abitudine al male, al bene no. Il bene è come l’aereo che sta su fino a tanto che c’è benzina, quando cessa il carburante, quell’aereo non sta su per abitudine; deve inesorabilmente cadere.
Il primo dubbio di Pietro è sulla identità di Cristo: “Se sei tu..?” Come se sei tu, c’è stato un atto di fede iniziale, ma ha dubbi sulla identità di Gesù.
Il secondo, è la possibilità di camminare sulle acque dopo l’ordine ricevuto. La vita di ogni cristiano è un’altalena tra fede e incertezza.
Di Pelagio, vi ho già parlato, però voglio approfondire. Il suo peccato è quello di eliminare la presenza di Gesù nelle opere di bene che il Vangelo comanda. Gesù ci dice che dobbiamo amare il nostro prossimo, e i tre punti dolenti li sapete: sesso, danaro e potere, la natura umana non ha le capacità per attuare questa verità. Non posso parlarne oggi, ma è il grande dibattito di Rousseau il quale diceva che non esiste il peccato, ma esiste soltanto un errore. Scrive l’Emilio che è un trattato sulla natura umana.
È vero che Gesù ci comanda delle cose che non si possono fare senza l’aiuto della Grazia, sarebbe come dire che un aereo può superare il muro del suono a condizione che invece della benzina metta un altro tipo di carburante. Questo è quanto ci dice in fondo il cristianesimo. Facciamo attenzione, perché, se non c’è questo carburante, non riusciamo a raggiungere quelle velocità.
Pelagio aveva denunciato l’errore che è anche il nostro, vedendo delle chiese piene di gente a fare la comunione; poi, fuori dalla chiesa tutto ricominciava come prima, anzi peggio: “Questi cristiani – diceva - hanno confuso il valore dell’Eucarestia e La vanno a ricevere come un talismano che opera per se stesso la presenza fisica di Gesù. Bisogna che noi facciamo leva sulla onorabilità dell’individuo, per cui Gesù potrà essere un buon esempio, ma non la forza vitale per potere ottenere quelle opere”.
Ancora Pelagio: “Puoi essere buono per un secondo?” Poi ribadisce: “Se uno può essere buono per un secondo non vedo perché non debba essere buono per due, per quattro e così via”. Pensateci, tu uomo puoi essere fedele a tua moglie per un secondo nell’unione del matrimonio cattolico?
Io ci sono passato per questo errore, mi accorgo che nemmeno per un secondo posso essere buono, ho parlato di voi nel matrimonio, ma io ho fatto i miei voti e, se non ho la Grazia di Dio, non li osservo neanche per un secondo, almeno col pensiero, per cui ho bisogno della presenza di Gesù come fondamento della fede.
Ora mi rivolgo ai giovani e a coloro che hanno bisogno delle ricerche mentali per dirvi come Pelagio sia arrivato a dire queste cose. Il suo errore però è la concezione del tempo. Concepisce il tempo come una serie di zollette di zucchero tutte uguali, cioè una ripetizione della medesima frazione moltiplicata per l’infinito. Non è così, il tempo è una realtà dinamica, è una insidia. Se torniamo all’Eden, compare all’ora tale il serpente che suggerisce a Eva... Se il tempo fosse una ripetizione identica dei singoli istanti non ci sarebbe mai la rottura; chi fa il bene lo fa sempre.
Chiudo con un episodio che prendo dalla vita di s. Bernardo, un abate, che aveva sotto di sè monaci, contadini, servi della gleba... Un giorno regalano al convento un cavallo, Bernardo sfida un suo contadino dicendogli: “Se sei capace di dire una Ave Maria senza distrarti, io ti regalo il cavallo”. Il contadino chiude gli occhi, inizia a pregare, ma dopo tre secondi li riapre e dice: “Signor abate, il cavallo, me lo dà così o anche con i finimenti?” Non riesce per tre secondi a restare fedele al concetto di preghiera. Il pensiero del cavallo regalato aveva creato un disastro all’interno del suo cervello, ed è quello che accade anche a noi quando chiediamo le grazie, non pensiamo a Dio, ma pensiamo alle grazie che Dio ci dovrà dare. Così tutto il castello crolla e siamo ancora da capo con la pura natura umana.



Giovedì 07 Agosto,2014 Ore: 18:42
 
 
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