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www.ildialogo.org 7° Anniversario della morte di Padre Aldo Bergamaschi,

7° Anniversario della morte di Padre Aldo Bergamaschi

15 giugno 2014


Con uno scritto di p. Aldo dal titolo "Quale educazione cristiana?"


P. Aldo è innamorato di Cristo e per questo vorrebbe la Sua Chiesa più fedele agli insegnamenti del Maestro. Anzi egli afferma con decisione che chi crede nella rivelazione del vero Dio ha l’obbligo di mostrare al mondo il suo messaggio nel quale sta la soluzione dei problemi umani per il fatto autenticamente rivoluzionario “che sostituisce all’etica dell’homo homini lupus l’etica dell’homo homini Deus”.
Verrà celebrata una s. Messa a ricordo il 15 giugno 2014 alle ore 11,30 presso la chiesa dei P. Cappuccini di Reggio E.
Quale educazione cristiana?
“Il concetto di persona è una responsabilità cristiana? Si ripete che prima della venuta di Cristo gli uomini erano valutati in quanto re, o ricchi, o poeti, o gladiatori; ma non in quanto uomini. Questa idea del valore dell’uomo fu occasionalmente sostenuta da qualche filosofo; ma solo il messaggio cristiano proclamò che ogni uomo ha l’eterno. L’idea di libertà è venuta al mondo per opera del cristianesimo, pel quale l’individuo come tale ha valore infinito, ed essendo oggetto e scopo dell’amore di Dio, è destinato ad avere relazione assoluta con Dio come spirito e far che questo spirito dimori in lui.
La scuola per quanto si voglia riformarla o distruggerla per ricrearla, non riuscirà mai a risolvere, con strumenti propri e in quanto scuola, il problema del “progresso sociale” inteso come “società più giusta”. Una simile impresa non è mai-riuscita né mai riuscirà ad alcun sistema politico per la contraddizion che nol consente. Argomenti ognuno se la scuola, in quanto distributrice di sapere, potrà dare origine a una società più giusta! Se, infatti, il sapere è in sé rivoluzionario, non è sempre rivoluzionario l'uomo che sa. Per questo il sapere non è sempre fonte di giustizia. La scuola dà il sapere, ma non rende uguali coloro che sanno, non insegna ad essere uguali.
Sembra che la società voglia assumere compiti direttivi per promuovere l’educazione dell’uomo. Ciò significa che il rapporto educativo sta cercando una sua cittadinanza oltre lo schema maestro-scolaro in un confronto diretto fra persona e società. Ma poiché non è una realtà personale, i tecnici del discorso pedagogico parlano di una “società come ordine educante”, di una società che non affida più l’educazione dell’uomo alla scuola, ma bensì a se stessa. La scuola dunque non è più la preminente agenzia educativa, di qui la sua crisi.
A chiusura dell’Apologia Socrate si rivolge ai cittadini che hanno votato la sua morte e agli accusatori che lo hanno trascinato in tribunale, dicendo che non è in collera con loro anche se sono da biasimare perché hanno votato la sua morte credendo di fargli del male – quindi con animo torbido – e poi affida a tutti i cittadini i suoi figli con queste parole: “Quando saranno giovani castigateli, tormentandoli come io voi se vi paiono piuttosto aver cura del danaro anziché della virtù, e se vi paiono mostrar d’essere qualcosa non essendo nulla, svergognateli come io voi. Se ciò farete io e i miei figli avremo ricevuto da voi quello che era giusto che ricevessimo. Credeva Socrate nella società come ordine educante? Forse si, ma se il fine o il dover essere di una società educante consiste nel promuovere nei giovani il culto della virtù anziché la cura del danaro il senso dell’umiltà anziché l’affermazione di sé, affinché la personalità sia adamantina e finalmente certo, il bene comune.
Non a caso le ultime parole di Socrate ai giudici e ai cittadini mettono una pesante ipoteca sulle capacità educative della società. “Io vado a morire – egli dice – voi a vivere, chi di noi andrà a stare meglio nessuno lo sa all’infuori di Dio”. Se il limite di Socrate consiste nell’accettare una polis creatrice di leggi che condannano il giusto, il cristiano guarda con diffidenza una polis che cerca infiniti surrogati sostitutivi dell’Agape.
La democrazia è un bene prezioso, ma non è sinonimo di giustizia. Tutto al più è il locus entro cui può essere possibile la giustizia: è una possibilità più che un valore. A questo punto, emergono a livello mondiale, le responsabilità del cristianesimo in rapporto alla definizione che esso da di sé stesso come novità e come messaggio definitivo di salvezza. Resta vero ciò che dice Dostojevskij, per bocca di Ivan, nel Grande Inquisitore: “Questo è il tratto caratteristico del cattolicesimo romano: tutto fu trasmesso da Te (Cristo) al Papa; dunque tutto, dipende dal Papa. Di Te (Cristo) noi non sappiamo che fare (...) non venire a disturbarci”. I maestri di cristianesimo si sono moltiplicati e tutti ripetono che occorre essere cristiani, più cristiani: ma nessuno di costoro è mai riuscito a fare Ekklesia e cioè presentare un modellino di convivenza in cui siano risolte tutte le alienazioni dell’uomo, da quelle religiose a quelle socio-economiche.
Sarà istituzione educante rivoluzionaria quel gruppo di uomini dopo aver fatto meditare a fondo, ai fanciulli e ai giovani, questo passo di Adamo Smith: “Non dalla benevolenza del macellaio, del birraio e del panettiere ci attendiamo il nostro pranzo, bensì dal riguardo che essi hanno per il proprio interesse. Noi ci indirizziamo, non al loro umanitarismo, ma al loro egoismo e non parliamo mai con essi delle nostre necessità, ma dei loro vantaggi”, potrà dir loro: “tutto ciò è preistoria e barbarie, tra noi non è così perché abbiamo ricostituito il primato del lavoro sul capitale e dello sviluppo dei talenti sul profitto che da essi può derivarci”.
Tutti coloro che in qualche modo si rifanno alla concezione cristiana del mondo, non potranno mai dimenticare che Cristo, è venuto a insegnare ciò che nessuna istituzione educativa si è mai proposto di insegnare e cioè che gli uomini, al di là dei talenti e delle culture, sono uguali, e che gli uomini saranno veri uomini solo se il loro reciproco amore li porterà a risolvere, senza la lotta di classe, il dissidio esistente fra capitale e lavoro. Per il cristiano la libertà è un bene soltanto nella misura in cui viene usata per attuare la fratellanza nel rapporto socio-economico. Solo, infatti, sulla piattaforma della fratellanza totale fra capitale e lavoro si potrà costruire la scholè e cioè la libera esplosione della ricerca scientifica disinteressata, a tutti i livelli, per carpire alla creazione – capitale visibile del Dio invisibile – tutto ciò che essa può dare a coloro che sono riusciti a liberarsi dalla satanica legge del profitto.
La “rivoluzione” cristiana è finita in “religione”. La rivoluzione dei “cristiani” è l’unico fiammifero che ci è rimasto da accendere.
Padre Aldo Bergamaschi



Venerdì 13 Giugno,2014 Ore: 22:17
 
 
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