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www.ildialogo.org L'omelia del 20 aprile 2014,di p. Aldo Bergamaschi

L'omelia del 20 aprile 2014

Pronunciata il 19 Aprile 1987


di p. Aldo Bergamaschi

Giovanni 29,1-9
Nel giorno di sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”.
Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la scrittura, che Egli cioè doveva risuscitare dai morti.
Il più grave argomento opposto dai teisti al dogma della rivelazione di Dio, è la parzialità e l'ingiustizia di un Dio che si sarebbe manifestato a un solo popolo e talvolta a un solo uomo, lasciando tutti gli altri nelle tenebre e nell'errore, per poi punirli con la dannazione eterna. Per liberarsi da questa obbiezione i teisti più illuminati hanno negato la paternità Mosaica dei primi
capitoli del Genesi, e vedono nel racconto biblico un documento; vale a dire una epopea storica che risale all'origine stessa della umanità e che tramandata oralmente, fu poi passata dopo il diluvio a tutte le genti, le quali sarebbero poi cadute nella idolatria, travisandone i caratteri primitivi.
In ogni caso la rivelazione perenne sarebbe quella ricevuta da Adamo, nel quale Adamo troveremmo l'unità del genere umano, la nostra unità. I guai cominciano quando cominciano le elezioni, i guai cominciano quando cominciano le basse malintese. Il nostro dramma oscilla tra le sollecitazioni di un dio tutto fare, un po’ manesco e un po’ corridore e poi la razionalità con le sue reticenze, la ragione guardinga e gelosa delle proprie forze e della propria autonomia.
La storia sacra, inizia infatti con un proclama razzista: Javeh disse ad Abramo, nella concezione del
Gruppo: “Non ti chiamerai più Abramo ma Abraham”. Ecco l'aggiunta pericolosa, ecco una Pasqua ambigua. Un uomo, anziché essere invitato a superare se stesso, mediante la conversione, viene invece selezionata da un Dio, per dare inizio sul piano della orizzontalità a una egemonia che comporta un insanabile dualismo all'interno della natura umana. All'interno cioè della nostra riverita specie.
Cito: “Dio dilesse soltanto i tuoi padri e li amò”, e ancora un ritornello costante: “Tu Signore hai scelto Israele fra tutte le Nazioni, e i nostri padri da tutti gli antenati come una eterna eredità”. Nasce qui il “Dio degli eserciti” concepito come un capitano schierato con un popolo. Partigiano di una religione. Nasce qui la nozione di popolo eletto, dunque la radice dell'etnocentrismo. Nasce qui l'idea di un Dio che giustifica la guerra e la violenza per garantire sul piano storico i suoi amici. Nasce qui la più pericolosa delle mafie in cui un gruppo viene privilegiato sugli altri.
Il concetto della Pasqua è legato al concetto di liberazione, e la liberazione suppone un conflitto dualistico all'interno di questa riverita specie umana. La Pasqua è costituita da un duplice passaggio secondo la mentalità ebraica, il passaggio del Mar Rosso per sottrarsi alla schiavitù per guadagnare la libertà. Il passaggio dell' angelo di Javeh, che provoca, ahimè, la strage dei primogeniti egiziani, colpevoli di non aver avuto la casa segnata dal sangue di un agnello.
Come si vede, il percorso che porta dalla schiavitù alla libertà è spaziale, spaziale e dualistico: costruisco la mia libertà sulla oppressione dell'altro, in ogni caso, sia che io sia l'oppresso, sia che io sia l'oppressore, perché il concetto di oppressione l'ho qui, dentro al cervello.
Non nomino Gesù Cristo perché adesso lo vedremo più chiaramente, ma voi sentite, spero che sia percepito da voi, quale in positivo è il discorso di Gesù rispetto a questa impostazione.
Allora il problema consiste nel liberarci da noi stessi più che dagli altri, immaginando che la schiavitù venga da qualche altra parte, al di fuori di noi stessi. Il problema consiste nel dire agli altri che lì è la schiavitù, qui e non la, dentro di me e non nell'altro.
Non si è liberi per il solo fatto che si esce dall'Egitto, si è liberi annullando l'Egitto dentro la propria coscienza. Non solo, ma aiutando l'egiziano ad annullare nella propria coscienza, l'ebreo, concepito come altra razza.
Ora, il teista cristiano, parlo di me stesso e spero di voi, è costretto a vedere in Israele soltanto una alba di umanesimo, essendovi la ragione irreparabilmente soverchiata anzi direi annullata dalla rivelazione. Una rivelazione che rivelazione non è, ma che è immaginata, pensata come tale. Il teista cristiano allora ripeterà con sussiego che Cristo è l’unico eletto di Dio.
Attenzione, perché tutti gli altri eletti che sembrano essere tali rispetto ai non eletti, sono ombre e figure. Con Cristo, tutti i non eletti scoprono di somigliare all'unico eletto. No, si deve dire che non ci sono eletti! Che la grande rivelazione di Gesù, il motivo per cui egli muore è che non esistono eletti e che siamo tutti eguali. Egli assume forma di schiavo e dichiara che il fare qualche cosa ai più piccoli degli uomini, quelli che sono nella emarginazione, per quel motivo dichiarato che ci sono degli egiziani e degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani, perché questo è il falso concetto che abbiamo dentro al cervello, ecco che siamo anche costretti ad accettare la presenza dei più piccoli all'interno di questa riverita specie umana.
Poi il teista cristiano continua i suoi ricami: anche i discepoli di Gesù - si dice - sono stirpe eletta, poi mediante riduzioni dialettiche, si arriva ad affermare che la chiesa è il nuovo popolo eletto cui viene affidata la vigna tolta ai vignaiuoli assassini. In una chiesa così concepita non mi sento più a casa mia perché dubito che sia la chiesa voluta da Gesù .
La Pasqua giudaica, si dice, è sostituita dall'Eucarestia, la quale, se andiamo a vedere da vicino, ci presenta un Cristo come, “oggetto”. Così ricomincia il ciclo etnocentrico di quello che i sociologi chiamano lo stato nascente. Bisognerà dunque riportare l'attenzione sulla novità del messaggio e chiedersi perché Gesù Cristo è morto in croce. Due sono i motivi, oggi li voglio dichiarare in maniera solenne. l) perché Egli non osserva e contesta il sabato che pure era dichiarato di origine divina, in quanto anteposto all'uomo, Gesù lo rifiuta per questo. 2) perché dice che Dio è suo padre, negando così che Dio sia condottiero di un popolo e quindi un dio schierato o salvifico solo per conquista egemonica.
Con quelle due affermazioni, Gesù verrebbe ad annullare tutta la storia sacra, intesa come tale, immaginata come tale, per riproporre l'aggancio con l'assoluto originario. Le relazioni che Egli ha con il Padre, sono relazioni che scavalcano tutta la storia, in cui si dichiara che l’amore totalizzante a Dio può essere fonte di pericolosi fantasmi se non viene subito associato all’amore verso il prossimo. L’altro non è un “non-io”, l'altro non è “un io-altro”, ma l'altro è un “altro-io” a parità di origine.
Il viaggio verso la libertà allora consiste nell'affermare che non esistono né egiziani né ebrei,
che non esistono terre promesse, doni del Nilo, tutto questo è una fantasia creata dalla tumefazione etnocentrica che circola dentro alla coscienza dell'uomo. Il messaggio di Gesù è definitivo e non più falsificabile, a una sola condizione, se non viene rieletto mediante categorie dualistiche, e soltanto se si pone come un mezzo nel quale, o attraverso il quale noi conosciamo la realtà.
Solo perché tutti gli uomini sono uguali, solo perché non esiste né popolo, né razza, né religioni, arrivano i verdetti escludenti di un giudizio metastorico. Ne cito solo uno, le vergini della parabola non sono sagge o stolte, buone o cattive per elezione, per un decreto esterno al loro status, ma per responsabilità personale assoluta, quindi per colpa o per merito non per decreto divino. Breve,
o Cristo è morto e risorto per liberare gli uomini dalle religioni, che vedono nell'altro un nemico da convertire o da distruggere, o resta il fondatore di una nuova religione, destinata a deformare realtà e storia, sempre sulla pelle della persona umana.
I Vangeli, non sono dei dischi che riproducono fedelmente la voce di Cristo, cosi come i dischi riproducono fedelmente o quasi la voce di Beniamino Gigli. No, sono cronache radiofoniche, la cui oggettività è legata alla descrizione di chi vede e ode e riferisce a chi non vede e non ode. Tre sono i diaframmi che noi dobbiamo superare.
1) Vi è un Gesù risorto che si fa garante del Gesù storico e ne rende definitivo il messaggio. “Se Gesù non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede”. Io credo a questo asserto Paolino, vi porterò una controprova. Se domani una delegazione archeologica mi dovesse dimostrare, in maniera inconfutabile, che in Palestina è stato ritrovato il cadavere di Cristo io direi: la rappresentazione è finita, ognuno riprenda la propria libertà, la salvezza non è ancora venuta..
2) Il messaggio ci è stato trasmesso, ora con le stesse parole di Gesù, ora mediante l'interpretazione delle sue parole.
3) Rispetto alle parole di Gesù è sempre in atto il libero esame. I fratelli protestanti altro non hanno fatto che teorizzare ciò che i fratelli cattolici, gerarchia in primis, avevano teorizzato e praticato. Breve, rispetto alla parole di Gesù, è sempre in atto il libero esame. Se questo libero esame è fatto con l'anima aperta alla ricerca della verità, deve approdare alle stesse conclusioni pratiche. Ecco, cosa dovrebbe essere la Chiesa: l’accolta dei cristiani che hanno letto in maniera pulita il messaggio di Gesù.
Se invece le conclusioni divergono, mi sto chiedendo in che cosa consista la unità dei cattolici sotto questo profilo. O c’è qualcosa di non chiaro nel messaggio, o qualche turbamento nell'anima di chi lo legge. E allora la risurrezione diventa un mito, un mito per le gerarchie che lo amministrano, un mito per le masse che fanno finta di crederci.
Ci sarà cristianesimo, laddove l'uomo storico accetterà di entrare nel sepolcro, in quanto puro prodotto della storia. Il mio terrore è di essere un puro prodotto della storia, condizionato a tal punto dall’ambiente da non avere più quel minimo sussulto di libertà. Ecco qui - e questa è la mia volontà - l'uomo storico, laddove accetterà di entrare nel sepolcro, farà cristianesimo, e in ciò si caratterizzerà il cristiano, in quanto puro prodotto della storia, perché ha capito dopo la risurrezione di Cristo che è quell'unica via per essere ciò che si desidera essere.



Sabato 19 Aprile,2014 Ore: 17:02
 
 
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