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www.ildialogo.org L'omelia del 27 ottobre 2013,di p. Aldo Bergamaschi

L'omelia del 27 ottobre 2013

Pronunciata il 23 Ottobre 1983


di p. Aldo Bergamaschi

Luca 18,9-14
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava cosi tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.
Con dispiacere dobbiamo rinunciare alla spiegazione del vangelo relativo al fariseo e al pubblicano, perché oggi è la giornata missionaria mondiale. Ma anche qui non è che le cose siano così semplici. Potrei impostare il discorso in maniera, o in forma apologetica, bussare con un poco di insistenza alle vostre borse e sono sicuro che farei cadere qualche danaro, ma il problema non è questo. Nei depliant che forse sono stati distribuiti mi pare che nella propaganda missionaria ci sia una specie di svolta, non vorrei sbagliare, vedo che si mette la foto del papa, trasformandolo in un leader e lo assimilate agli altri leaders. Sicché ecco sottinteso, propaganda contro propaganda di segno diverso, e così siamo caduti nella trappola storicistica. Quando, proprio in questo giorno, l'apparato gerarchico della Chiesa dovrebbe ritirarsi verso il nulla. Perché la sciagura di un cristianesimo che è diventato un “medium quod cognoscimus” mi rifugio nel latino, un cristianesimo che diventa un mezzo che noi conosciamo, anziché essere un mezzo mediante cui, o mediante il quale, noi conosciamo, un cristianesimo di questa specie francamente si allinea con tutti gli altri movimenti storici. E allora è finita la sua funzione salvifica.
Nessuno ricerca più la verità o mostra la incarnazione della propria visione del mondo, si parte dal presupposto che sia la giusta così come è strutturata nelle categorie storiche, e poi si opera con la volontà di imporla agli altri, come si impone un prodotto commerciale. Anziché dirvi che il cristiano ha connaturato in sé lo spirito di divulgazione del vangelo, secondo le categorie storiche, per cui si vanno reclutando dei galoppini, voglio tentare di portare un momento di luce all'interno di questo problema.
Nella conferenza missionaria mondiale svoltasi a Edimburgo nel 1910, che ha fatto epoca nella storia della Chiesa moderna, si disse che tutte le religioni non cristiane, rivelano bisogni elementari dell'anima umana, che solo il cristianesimo può soddisfare e che nelle forme più evolute esse manifestano l'opera dello spirito di Dio. Ma nel discorso conclusivo, qualcuno toccò il punto dolente. Nessuno di noi crede di possedere la pienezza di questa verità? Perché se qualcuno di noi crede di possedere la verità nella sua pienezza, allora dobbiamo rinunciare alla nostra convinzione che il cristianesimo è la religione conclusiva e assoluta. Chi credesse questo avrebbe identificato se stesso con la verità. Si veniva a dire che, quando la commissione di quella conferenza parlava di cristianesimo, non intendeva l'intero corpo di credenze e di pratiche, che è stato proprio dei cristiani della storia, ma piuttosto parlava dell'essenza della rivelazione, che nessuno di noi ha pienamente compreso e a cui nessuno di noi ha pienamente, dato soddisfazione. C'è di più, esiste una distinzione fra cristianesimo e Vangelo, e noi, proprio in queste giornate, tentiamo di volerci convincere che no, non c'è distinzione fra quello che facciamo noi e quello che avrebbe fatto Gesù. Non c'è distinzione fra noi e la rivelazione cristiana stessa, non c'è distinzione fra il nostro modo di muoverci e la rivelazione cristiana stessa.
Noi portiamo una verità con la quale ci identifichiamo. Questo è il discorso sottinteso, e invece no.
Conclusioni a cui si arriva in questa conferenza di Edimburgo nel 1910: il cristianesimo nel senso indicato, è assoluto. Cristo completa e supera tutte le altre religioni, tutte le religioni rivelano bisogni dell'anima umana che solo Gesù Cristo può soddisfare pienamente; le forme più alte delle religioni non cristiane manifestano l'opera dello spirito santo. Vedete nel 1910 eravamo già vicini alle forme attuali.
Però sorgono problemi: in quale senso Gesù Cristo completa le altre religioni. Vedete facciamo presto a fare delle affermazioni, ma poi dobbiamo spiegarle. Si tratta del fatto che Egli soddisfa bisogni che altri religioni manifestano, ma che non possono soddisfare, oppure Egli completa ciò che esse hanno solo in parte. Ma, dissero alcuni intelletti: ma non esiste il caso dei farisei, i quali rappresentavano certamente l'elemento più alto del giudaismo del tempo di Gesù, eppure lo fecero andare in croce.
Poi qualcuno disse che la religione dell'India, ruota intorno a un asse del tutto differente da quello della religione della Bibbia, per cui no, non possono essere messe in rapporto di preparazione-compimento. Si tratta di due discorsi radicalmente diversi. Oserei dire che il concetto di Dio che le due religioni hanno è intraducibile. Tutti quei discorsi relativi al rapporto di continuità sono vani.
Eccoci alla conferenza missionaria mondiale di Gerusalemme del 1928. Il fatto dominante di quella conferenza è la nascita del cosiddetto secolarismo. Ci fu una certa tendenza a considerare le grandi religioni come alleati nella battaglia contro il secolarismo. Ma tale posizione non fu assunta alla fine della conferenza, la conferenza invece guardò con benevolenza i valori dei sistemi non cristiani. Attenzione, ci sono i valori non cristiani che si identificano con quelli delle religioni non cristiane, e i valori non cristiani, del movimento secolare dove ci si può mettere il laicismo, l'illuminismo e il marxismo e così via. Quindi dobbiamo tenere bene distinto il discorso. Noi riconosciamo - diceva questa conferenza,- come parte dell'unica verità il senso della maestà divina dell'islamismo. Poi riconosciamo la compartecipazione al dolore del mondo del buddismo; riconosciamo il desiderio dell'unione con la realtà ultima dell'induismo; riconosciamo la credenza in un ordine morale dell'universo del confucianesimo, e infine la ricerca disinteressata della verità e del benessere umano in coloro che sono dalla parte della civiltà secolare, ma non accettano Cristo come loro Signore e come loro salvatore. Restava sempre senza risposta il problema teologico di fondo; quale è il significato dei valori religiosi delle religioni non cristiane.
Si delinearono tre tendenze, al di fuori si capisce di questa conferenza. Primo, si riconosce l'esistenza di valori spirituali nelle religioni non cristiane, ma il nostro compito, dicevano i protestanti e i cattolici, è quello di annunziare il vangelo e di convertire a Cristo. Seconda tendenza, come si può passare dalla affermazione della unicità di Cristo alla sua dimostrazione, senza stabilire un paragone tra il vangelo e gli aspetti migliori delle altre religioni. Finalmente la terza posizione, nella quale mi identifico almeno al 95%. I punti in comune con le altre religioni sono proprio quelli che non costituiscono la specificità del cristianesimo. Il cristianesimo non è semplicemente una religione, anzi non è affatto una religione, le religioni sono condannate a scomparire con il sorgere di un modo di pensare scientifico. Questa è l'affermazione più forte su cui ritengo la mia riserva. Ma vi confesso che inclino fortemente a pensarla così, e non vi dico tutto il fondo del mio cervello per non entrare in idee che sono del tutto personali mie e non vagliate sufficientemente dalla ragione critica.
Se dovessi seguire la mia istintività, sarei del parere che se l'idea marxista occupasse tutta l'area della religione, perché credo che quella ideologia, se operasse questa decantazione, avrebbe già fatto un grande servizio all'umanità, e sono convinto personalmente, che sarebbe più facile convertire un marxista, che non un adepto ad una qualsiasi delle religioni storiche che noi conosciamo.
Perché se è vero che il “Logos” dico Cristo, è razionalità, sarà sempre possibile discutere con un ateo, ma non sarà mai possibile discutere con un uomo religiosamente devastato dalla sua fede. Vi prego di tenerla come opinione personale su cui dovrò fare delle riflessioni per vedere se questa è una giusta impostazione o se è semplicemente un mio modo di pensare.
Nel 1938 un personaggio, domina la conferenza di Tambaran, con una affermazione molto secca “c'è una distinzione radicale fra cristianesimo e rivelazione di Dio in Cristo”. Il primo appartiene al mondo delle religioni, non può pretendere nessuna assolutezza o definitività. Vedete che ritorna la distinzione anche all'interno del cristianesimo. Quindi c'è netta distinzione fra l'atto di rivelazione di Dio e l'esperienza religiosa, sia essa cristiana o non cristiana. Ma resta la domanda: esiste una vera comunione fra Dio e il credente nell'esperienza religiosa non cristiana? Esiste una relazione dubbia, come dubbia quella del fariseo o del cristiano storico. Se andiamo al Passo di oggi: esiste una relazione fra Dio e il fariseo che prega in quel modo? Gesù dice no, la relazione più giusta è quella del pubblicano o col pubblicano. Resta tuttavia il nodo: come mai coloro presso i quali la autorivelazione di Dio, e quindi più vicino a Dio, hanno mandato a morte Gesù Cristo? Questo è il rompicapo che non riusciamo a sciogliere se non ci orientiamo fra queste strade più radicali.
Poi per venticinque anni, rottura del dialogo con i non cristiani, siamo nel 1938. Alla nostra epoca, accade che ritornano quelle posizioni del 1910. Si dà per scontato che la religione sia la sfera della salvezza, ma se noi guardiamo le cose alla luce della Bibbia, non possiamo escludere la possibilità che proprio la religione sia la sfera della dannazione, il luogo in cui l'uomo è più lontano dal Dio vivente.
Ecco il caso del fariseo, proprio lui è il più lontano dal Dio vivente, lui che dice di credere, lui che prega, lui che ha l'anima imbottita di Dio, lui che ha l'anima carica di fronzoli religiosi, lui è il più lontano. Paolo VI aveva tentato con la immagine dei cerchi concentrici: al centro la Chiesa cattolica, poi via via quelle che credono in Cristo, poi quelli che credono in Dio e nei valori spirituali, e poi i più lontani quelli che dicono di essere atei. Ma alla luce della parabola chi sono i più lontani e chi sono i più vicini? La mia posizione: ci sono coloro che credono in Gesù salvatore, ecco costoro dimostrino che cosa è la salvezza del mondo.
Nel secolo passato in Italia si discuteva il problema della lingua. Tra questi c'era anche Manzoni. Come dovrà essere il vero italiano il fiorentino? Ci voleva la lingua unica per questo bel popolo italiano, non ci capiamo se andate in giro ci sono infinità di dialetti. Discussioni teoriche e non finire. Manzoni ha messo fine a posizioni teoriche, scrive un romanzo in cui viene fuori la lingua.
Ecco la lingua senza discussioni teoriche, Manzoni ne ha presentato il modello.



Sabato 26 Ottobre,2013 Ore: 16:40
 
 
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