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www.ildialogo.org L'omelia del 20 ottobre 2013  ,di p. Aldo Bergamaschi

L'omelia del 20 ottobre 2013  

Pronunciata il 16 ottobre 1983


di p. Aldo Bergamaschi

Luca 18,1-8
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: “C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra se: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi”. E il Signore soggiunse: “Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.
Comincio con un episodio che forse ho già raccontato da questo pulpito. Uno dei sette saggi della Grecia di nome Biante, colui che è autore della famosa massima, “omnia mea mecum porto” cioè: porto tutto con me. Un giorno viaggiava su una nave insieme con dei mercanti. A un certo momento c'è tempesta in vista, il cielo si oscura, i mercanti sono preoccupati. Alzano le mani e cominciano a pregare gli dei. Credo che pochi marinai si sottraggano al fascino della preghiera. Biante allora, vedendoli in quell'atteggiamento chiese che cosa stavano facendo: stiamo pregando gli dei, e lui: scappate giù nella stiva tutti, che gli dei non sappiano che voi siete qui, con queste preghiere gridate che sono la calamità di tutti i nostri mali, nascondetevi dunque.
Il buono non prega mai con riti, perché prega sempre. Un uomo che veramente non prega mai identifica sé stesso con la verità, confesso che avrei paura di un uomo di questa specie. E d'altra parte ho paura anche di quelli che pregano troppo perché rischiano il fanatismo, costoro pregano molto per evitare di convertirsi. Gesù dice che i farisei facevano delle lunghe preghiere e poi divoravano le case delle vedove. Quindi ecco il rischio della giustificazione, quelli hanno blindato l’io e lo identificano come verità, questi manipolano la verità e rischiano di non raggiungere mai la conversione.
Voi mi direte: ma in questo passo si incita alla preghiera, ho l'impressione che non siano parole di Gesù, ma che sia la comunità, il redattore, il pregare sempre è troppo storiografico. In genere si prega molto proprio per un senso di colpa o per non volere abbandonare la sua vita peccaminosa. Pregare sì, diventare creatura nuova no, questo mai. Altro pasticcio, coinvolgere Dio mediante la preghiera nella nostra attività, e in primis nella attività bellica, vedi la prima lettura.
Cosa ne pensate dell’episodio dove se Mosè alzava le mani, la battaglia andava bene, quando le abbassava andava male? Coinvolgere Dio, proprio nella attività bellica, che è il simbolo di tutte le nostre disgrazie. La negazione dell'amore al prossimo nel suo momento più radicale e profondo. Quindi sarebbe l'attività bellica il luogo in cui Dio è annullato come padre, lo si trasforma in un condottiero che parteggia per un settore dell'umanità. Per alcuni uomini contro altri uomini. E tutte le altre volte in cui le battaglie sono state perdute? Qui si dice che appunto Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo. E quando sono stati sconfitti e portati in esilio, Dio dov'era. Certo non accetto un Dio concepito in questo modo, mi dispiace.
E anche il concetto di preghiera viene tutto eroso da questa concezione storicistica in cui, in questo caso, la verità si identificherebbe col gruppo. Nel caso primo si identifica con l'individuo, in questo caso si identifica col gruppo. Perché tutto ciò è accaduto perché ci sono delle guerre, perché gli uomini mettono a un certo punto una barriera e dicono che quelli sono il nemico che noi dobbiamo combattere. Questa preghiera anziché rinnovare gli uomini e renderli fratelli, diventa un elemento di divisione e di cattura di Dio stesso.
Voglio raccontarvi un episodio preso dalla storia classica romana. Annibale, dopo la vittoria ottenuta al Trasimeno, il lago che si trova in Umbria, dice addirittura che quello è il segno del destino, per castigare il console Flaminio. Livio penalizza Flaminio e dice che era un console piuttosto estroso, non aveva preso gli auspici, era partito da Roma con l'esercito senza però aver fatto le pratiche religiose, senza aver pregato in poche parole. Ecco il castigo. Annibale, a sua volta non era ateo, anche lui aveva i suoi dei, anche lui pregava le sue divinità, ricordate l'occhio giurato contro i romani.
Invece di portare l'attenzione sul fatto che degli uomini si stanno massacrando fra di loro, il che non può essere voluto da Dio, io non so se voluto dagli dei, che fossero di parte punica o di parte romana, ma certo il Dio cristiano non può essere assolutamente schierato in nessuno dei due campi. Allora vittorie, popoli, patrie, questi concetti non li contesta nessuno.
Si potrebbe dire che il punto centrale non è la perseveranza nella preghiera, ma la certezza che Dio è diverso dal giudice e ci ascolta con prontezza, anzi ci sorregge interiormente, se noi lo invochiamo per una causa giusta. Badate, né Dio ci accontenta per toglierci dai piedi come quel giudice, ma perché ci ama. Il pericolo è pensarlo come un mago anziché come una forza vitale che ci trasforma nel fondo dell'essere. Che cosa spinge quella vedova a non dare tregua a quel giudice? Pregare non è “defadigare deos” come dicevano i pagani: affaticare gli dei, con dei bla, bla, ma lottare per la giustizia con la forza di Dio dentro di noi.
Capite come cammina il discorso. Noi creiamo un tipo di economia che crea la fame del mondo e poi preghiamo Dio che ci liberi dalla fame del mondo. Noi mettiamo le premesse per ucciderci in guerra e poi invochiamo Dio perché ci dia la vittoria o la pace.
Adesso vogliamo tentare una definizione di preghiera: insistere senza stancarci, per attuare la fede. E allora se il cappello a questa parabola fosse stato messo dalla comunità saremmo stati di fronte a una interpretazione strana della parabola, Gesù l'avrebbe dettata per convincerci della necessità di pregare sempre senza stancarci, il che non sarebbe vero secondo la maniera classica. Cadremmo nella trappola di concepire la preghiera come un tirare Dio per la giacca dentro ai nostri pasticci, oppure sarebbe una confusione tra il giudizio finale e intervento storico, quindi una forma di provvidenzialismo: come dire che Dio ha dato la vittoria perché Mosè teneva le mani in alto.
Questo sarebbe il nodo da sciogliere.  Gli uomini fanno tutto per motivazioni spurie, non operano per fare giustizia, ma fanno giustizia per stare tranquilli, per calcolo, per paura di qualche giudizio. Sarebbe come se una madre desse da mangiare al proprio figlio non per amore, ma per evitare di sentirlo piangere.
No, la vedova non va al tempio perché Dio intervenga, ella vive con Dio e con la giusta causa giorno per giorno, attimo per attimo giorno e notte direi, e ha capito, mediante la fede in Dio, che qualcosa non funziona quaggiù perché qualcuno, nel caso posto in autorità bada solo a se stesso, ha perduto cioè il senso della sua funzione, non prega, e quindi ha sostituito se stesso alla verità. Non mi si venga a dire che questa parabola è stata dettata da Gesù, perché noi dobbiamo pregare sempre. La vedova lo ha dentro, Dio e la fede in lui le dà la forza di affrontare la situazione storica perché, e questo è l'altro capitolo pesante, il bene nel mondo non nascerà se i buoni non si coalizzano fra di loro. I cristiani uniti potrebbero essere per l'umanità ciò che sono i geni appunto all'interno di tutta la storia umana, i quali rappresentano il “la”, danno il la alla natura umana. Si capisce nei vari settori della loro ricerca in particolare a ciò che attiene ai rapporti socio-economici.
É una pia illusione pensare che Dio interverrà dall'esterno, Dio ha già fatto quello che doveva fare. Gli eletti, non certo i mestieranti della preghiera coloro che pregano molto, ma coloro che pregano sempre, che hanno cioè una condotta lineare in ogni circostanza della vita.
Temo, dice Gesù, che al mio ritorno troverò uomini religiosi che pregano per la pace, perché non ci sia la disoccupazione, ma io temo non troverà  più cristiani della tempra della vedova, la quale ogni giorno in nome della propria fede, chiede giustizia a chi deve farla quaggiù e non la fa.
 



Venerdì 18 Ottobre,2013 Ore: 19:28
 
 
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