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www.ildialogo.org L'omelia dell'8 settembre 2013  ,di p. Aldo Bergamaschi

L'omelia dell'8 settembre 2013  

Pronunciata il 9 Settembre 2001


di p. Aldo Bergamaschi

Luca 14,25-33

In quel tempo, siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa, se ha i mazzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro.

Oppure quale re, partendo on guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda una ambasceria per la pace. Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”.

Qui, sono mazzate: “Se uno viene a me e non odia sua madre, suo padre, sua moglie, non può essere mio discepolo”. Si può essere cristiani con l’odio nel cuore? Avete capito il paradosso. Chiariamo subito, un piccolo ricamo filologico: l’ebraico esprime il comparativo componendo due contrari: amore-odio, odio-amore. San Matteo infatti dice nel suo Vangelo: chi ama il padre ecc.. più di me… Cosa vuole allora dire odiare? Odiare vuol dire nell’ebraico o nell’aramaico “amare meno”, allora abbiamo trovato la chiave per metterci d’accordo con questo paradosso e si capirà in che cosa consiste la rivoluzione di Gesù.

Se andiamo a guardare la Genesi, l’avete anche voi nell’orecchio: l’uomo abbandoni madre o padre per unirsi alla sua donna, dunque “abbandoni” non “odiare”, voi capite andiamo a mettere la trivella in uno dei cardini della nostra vita sociale, il matrimonio. L’uomo abbandonerà il padre e la madre per unirsi alla sua donna. Tutti siamo d’accordo che il vincolo tra l’uomo e la donna è superiore a quello del papà e della mamma. Credo che questa sia la morale generale accettata da tutti, lo dico perché voglio che capiate in che cosa consiste la rivoluzione di Gesù. Altrove c’è un passo del Vangelo che mette in conflitto Gesù con sua madre addirittura.

Mio padre, mia madre, mio fratello, mia sorella e così via, sono coloro che fanno la volontà di Dio. Allora qui Gesù odia la Madre e San Giuseppe? Qui si dice che anche la Madonna non può pretendere nulla sul figlio in ragione della sua discendenza carnale, anche lei, se vuole essere discepola di Gesù, deve entrare il un altro ordine e deve dimenticare di averlo generato, sarò un po’ crudele ma è così. Allora mio padre, mia madre, i miei fratelli sono questi qui, cioè coloro che hanno rinunciato, come appare da tutto il Vangelo, cioè coloro che fanno la volontà di Dio.

Dunque Gesù presenta il motivo più alto e definitivo per cui, anche i vincoli familiari debbono saltare. Non so se voi abbiate familiarità con Platone, il quale per tutta la letteratura - io personalmente ho un’opinione diversa - il grande pensatore ha una sua concezione del matrimonio, che sarà il futuro, almeno a lume di ragione, se uno non entra dentro questo schema indicato da Gesù. Una delle motivazioni per cui Platone, almeno in un passo, dice di volere tra i custodi della città, la comunanza delle donne, ma tutti gli esegeti dicono che questa è l’unica maniera per affratellare gli uomini. Lo dico in parole capibili: se ognuno di noi non sapesse chi è suo padre o sua madre, probabilmente fraternizzerebbe meglio con tutti gli altri, è una di quelle motivazioni per cui Platone sostiene quella teoria, che ripeto non è proprio così, ma è quella che troverete sui testi e che gli esegeti accettano come buona.

Era una lotta per creare le radici della fratellanza, perché questi uomini, come diceva un altro filosofo, sono come le vipere. Una leggenda dice che mamma vipera, quando deve partorire, va su un albero e poi lascia cadere i viperini per terra e ognuno va per la propria strada, se li facesse in un nido come per gli uccelli, le vipere si mangerebbero le une con le altre. Ecco perché, questo filosofo fa questo paragone, che sarebbe come richiamare l’idea di Platone. Sarebbe meglio non avere paternità e maternità, siamo tutti fratelli, stiamo lì a discutere da dove veniamo, noi dal punto di vista cristiano lo diciamo, siamo tutti figli di Dio, ma in realtà abbiamo un padre e una madre e così ci sono i timbri di appartenenza e questo porta alle disuguaglianze e così via, tutti i discorsi sono chiariti e portati a termine da Rousseau.

Voi sapete che la più grande rivoluzione pedagogica e quella portata a termine da Rousseau, in genere il pensiero cattolico criminalizza questo uomo, ma io non sono fra quelli, eventualmente vedremo quali sono i suoi errori, certamente quelli che vengono tacciati come tali probabilmente non lo sono. Quest’uomo affronta il problema dell’educazione, riduciamo in pillole, tanto per essere chiari e sintetici. Rousseau strappa il bambino alla famiglia: Emilio non ha né padre né madre e dice che tutti i mali derivano dalla famiglia, sarà la metà del bicchiere, ma almeno all’epoca sua era così.

Strappiamo allora il bambino alla famiglia e cerchiamo di prepararlo per introdurlo in una società nuova, però nasce un problema, in quanto lo hai educato secondo i principi “naturali” che Rousseau pone a quelli sopranaturali, allora abbiamo fatto una specie di robot, che non riesce più a coagularsi con i suoi contemporanei. Rosseau allora smette di scrivere l’Emilio e si affatica attorno a un’altra opera “Il contratto Sociale”, dove per primo nega che l’uomo sia naturalmente socievole, lo dico, perché sono problemi che oggi tornano nel mondo politico. Dobbiamo quindi preparare una società in cui Emilio possa essere inserito finito il ciclo della educazione ricevuta. Ecco dunque perché il Contratto Sociale appare prima dell’Emilio stesso.

Quando ebbe pubblicato l’Emilio, la prima reazione nella società inglesi, fu che l’autore non consideri la famiglia una società naturale, che la società sia naturale, ecco il titolo “Contratto sociale”, noi dobbiamo essere tali per contratto. Qui si adombra un po’ quella che noi chiamiamo “divisione delle etiche” noi vogliamo sceglierci. Non sto qui a discutere fino a che punto ha ragione e fin dove no, quindi se noi riformiamo la società, dentro a questa società riformata, concetto di democrazia, ecco finalmente possiamo mettere l’Emilio. All’obiezione che anche la famiglia non è naturale, Rousseau risponde che i bambini hanno bisogno di papà e di mamma. Questo bisogno quando cessa? A dodici, tredici, quattordici anni, è un problema da chiarire, però è vero che la famiglia è naturale solo per questo motivo, cessato questo compito nemmeno la famiglia è naturale, a questo punto tornerete all’idea di Platone di cui ora non posso parlare.

Voi vedete in quale ginepraio ci troviamo, anche dal punto di vista etico, qui Gesù scardina, da la motivazione ultima: io devo rinunciare a tutto ciò che storicamente mi condiziona, che mi tarpa le ali, mi proibisce di essere quello che dovrei essere e naturalmente dà la motivazione ultima: non mi segue colui che non prende lui come punto di riferimento ultimo.

Concludiamo così in quanto il filo del discorso dovrebbe essere questo: prima c’è l’annuncio dello scardinamento della famiglia per trovare il punto assoluto della vera aggregazione fra di noi, anche la famiglia orienta in quella unità di cuori di cui Egli fa il principio sovrano del suo messaggio o diversamente la storia sarà ripetitiva.

Poi i due esempi portati nel Vangelo, sui quali almeno sull’ultimo non giurerei sia di Gesù, perché il primo si può anche accettare: “volendo costruire una torre uno si siede prima a calcolare (…)”; poi l’esempio dei re, probabilmente il riferimento è alla battaglia di Farsalo, che avviene 48 a.C., in cui Cesare sconfigge Pompeo che aveva 22.000 soldati, l’altro ne aveva 47.000; Cesare aveva 1.000 cavalli, l’altro ne aveva 4.000. Probabilmente il riferimento è lì e lo accetto solo per quello, dato che nella psiche popolare c’era ancora questo avvenimento. Ora lo lasciamo sospeso.

Quello della torre è interessante, perché qui torna un grosso problema: ci può essere un cristianesimo di massa? In questo momento non so rispondervi, mi viene la voglia di pensare che quando Gesù si volta indietro e molta gente lo seguiva, mi pare che dica indirettamente: io qui non vado a fare una passeggiata, se uno vuole essere mio discepolo, cioè deve comportarsi in questo modo. Certo non posso aderire se cade a rango di religione.

Chi vuole seguire Gesù deve accettare alcune condizioni: deve essere capace di ordinare più che di spezzare i legami familiari o la tradizione; deve avere la capacità di portare la croce senza metterla sulle spalle degli altri. Nel mondo in cui siamo, o voi siete datori di lavoro o operai, questo è l’orrore che Gesù vorrebbe capovolgere. Capacità di fare dei calcoli e delle progettazioni, di mettersi a tavolino, di riflettere che cosa è il messaggio di Gesù, che cosa ti chiede, che cosa io debbo rinunciare e così via, allora voi vedete hanno ragione coloro che dicono che una religione di massa non può essere. Io invece sostengo che può essere a condizione che uno abbia un minimo di cervello per capire il senso del messaggio evangelico.

Capacità di rinunciare all’avere, tra l’avere ci metto anche la vita, perché anche quella abbiamo ricevuto. Nessuno di noi mangia per mangiare, purtroppo siamo tutti in questa tentazione, e molti vivono per vivere, o non sanno perché vivono, dunque allora anche la vita va messa nel conto dell’avere, per potere svolgere fino in fondo il significato dell’essere.




Venerdì 06 Settembre,2013 Ore: 14:56
 
 
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