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www.ildialogo.org 26 maggio 2013  ,di p. Aldo Bergamaschi

26 maggio 2013  

Pronunciata il 25 maggio 1986


di p. Aldo Bergamaschi

Giovanni 16,12-15

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà”.

Affrontiamo, sotto un'angolatura storica, questo discorso sulla Trinità, vediamo di portare il discorso più vicino a noi. Il dibattito tra le religioni, per stabilire se il monoteismo è il vertice della religiosità o no, è tuttora aperto. Vediamo di chiarire in che cosa consiste la specificità cristiana, se c'è, e come storicamente ci siano stati degli sbandamenti, tuttora probabilmente in atto. Io non giudico da una cattedra di infallibilità, giudico soltanto con la forza della ragione, ciò che dico è valido solo in quanto è fondato sulle argomentazioni che io dò.

Prendiamo i due massimi pensatori dell'Occidente, quelli cioè che hanno dato origine al pensiero filosofico, mi riferisco ad Aristotele e a Platone. Che cosa pensava Aristotele, di Dio? Quando gli hanno chiesto: L'ipotesi che tu fai, di un motore immobile, quale attinenza ha con il modo popolare di concepire la religione?. Aristotele diceva: Anch'io sono un teista, anch'io sono un religioso, soltanto che quello che la gente fonda mediante degli istinti, io ho cercato di fondare mediante la ragione. Per cui, probabilmente, il Dio che ho scoperto io è il medesimo della popolazione greca che mi sta attorno.

Ora, c'è del vero in quello che Aristotele dice, ma non del tutto, perché egli ha voluto liberarsi dalla contraddizione del reale. Voi direte: il reale non è contraddittorio? Sono perfettamente d'accordo, però in un luogo del reale chiamato “divenire” esiste una contraddizione apparente: che io non ci sia, che poi ci sia e che poi muoia: questo è uno scandalo per la ragione, e bisogna dare una risposta che sia soddisfacente. Per liberarsi da questa contraddizione del divenire, Aristotele ha ipotizzato un motore immobile, vale a dire che noi assistiamo per esperienza a un rimando totale. Non c'è sistema che abbia la ragion d'essere in se stesso. Rimanda, rimanda, non si può procedere all'infinito, dunque prendiamo soltanto il fatto del moto. Dice Aristotele: Per liberarmi da questa contraddizione debbo ipotizzare un motore che sia immobile, che faccia muovere senza essere mosso. Questo è il punto delicato di tutta la filosofia relativa a Dio. Più di tanto - dice Aristotele - non si può dire. Ed egli è il fondatore della Metafisica.

Un credente potrebbe dire, che questo Dio ipotizzato dalla ragione per liberarsi dalla contraddizione, non è ancora un Dio personale. Ci sarebbe da discutere perché Aristotele avrebbe da portare anche lui argomentazioni per dire che probabilmente deve essere così.

Ma l'altro filosofo, Platone, invece, ha portato l'attenzione sulla natura di Dio. La ragione deve ipotizzare un Dio, circa la natura di questo Dio, allora la ragione può ancora dire qualcosa, ecco come Platone pone il problema. Se c'è soltanto un Dio, ci si domanda: a che cosa pensa? La ragione deve indagare anche su questo punto. E se è intelligente, deve pure pensare qualche cosa. E che cosa penserà? Allora voi vedete qui le domande di un cervellone che avranno una risposta credo esattamente nel Cristianesimo. Poi, questo Dio, chi amerà dal momento che per essere felici bisogna amare. Ed ecco allora, in queste domande, adombrata quella che sarà la cosiddetta Trinità cristiana.

Gli apologeti cristiani oppongono la monarchia di Dio alla pluralità degli dei. La lotta contro il pluralismo degli dei è una lotta costante di tutte le religioni. Lasciamo stare il Buddismo, perché di Dio non ha una concezione personale: nel Buddismo, Dio non è persona.

Il fatto di concepirlo persona crea problemi, il fatto di non concepirlo persona elimina taluni problemi, ne lascia altri. Ma poi, se andiamo a vedere la tranquillità storica e la tranquillità metastorica della coscienza di un credente in Dio, di un Ebreo, un Musulmano, un Buddista, poco più, poco meno, è la stessa. Voglio dire che esistenzialmente parlando, probabilmente siamo più nevrotici che degli uomini religiosi di religione orientale. E probabilmente questo deriva anche dal fatto che abbiamo una concezione personalistica di Dio.

Contro questa propaganda monoteistica cristiana, che era di origine ebraica, un pensatore dell'antichità, un certo Celso, faceva un uso di un politeismo che si traduceva nella struttura e nel regime dell'impero romano. Ecco la contaminazione tra religione e politica. Sotto un Dio supremo noi vogliamo che ci siano degli dei, così come esistono dei satrapi sotto il re di Naxia, oppure sotto l'imperatore romano.

Nel Vecchio Testamento ci sono gli angeli in giro e quindi questo monoteismo non sarebbe cosi rigido. Agli Ebrei e ai Cristiani che dicono di non onorare i servi in luogo del padrone (il padrone sarebbe Dio, i servi sarebbero gli dei, in luogo di Dio), Celso rispondeva: Ma, il satrapo, il governatore, il pretore, il procuratore del re dei Persiani o dei Romani, e i piccoli amministratori di provincia, non possono forse causare grandi mali, se vengono trascurati, oppure se vengono trattati con arroganza?

Ecco, una posizione mentale che trasbordava la situazione terrena su in Cielo, nel mondo - avrebbe detto Aristotele - del1a metafisica. Ed ecco l'accusa: volere onorare un solo Dio, sembrava al pagano un particolarismo, vale a dire una esclusione. Seguitemi, perché l'argomentazione è sottile, e questo modo di pensare è tutto vivo. I Cristiani dunque avevano il loro Dio, i popoli non avevano il loro, perché il loro Dio era caduto nella prigionia de11'unico Dio del popolo vincente. Ecco come anche in Israele probabilmente il monoteismo veniva concepito: sì, è il nostro Dio, però il nostro Dio è il Dio che occupa tutto lo spazio, che si è imposto a tutta la realtà.

Ecco come, probabilmente alcuni del1a prima generazione cristiana pensavano l'universalismo del Cristianesimo, come appunto una egemonia ottenuta su tutta la realtà, invece di una fratellanza ottenuta negando l'esistenza di tutte le particolarità. I Cristiani, nella visione di Celso, erano dei nemici del genere umano, esattamente come gli Ebrei, perché concepivano questo Dio del Vecchio Testamento, Dio degli eserciti, un capitano che guidava le schiere. Ed è ovvio che in questa situazione si possa considerare coloro che hanno un Dio di questa specie come i nemici del genere umano. Essi toglievano ai popoli il loro culto proprio, i loro costumi, quando il messaggio cristiano, invece, è la richiesta della rinuncia per potere entrare esattamente nel1'universalismo, nella pace e nella unità del genere umano. Il loro monoteismo è un impoverimento dell'impero, il cui ordine era paragonato a quello introdotto da Zeus.

All'accusa di minacciare l'impero, o di minarlo, con questa concezione di Dio, ecco un grande pensatore cristiano, Origène, che risponde situando il cristianesimo nel quadro di questo stesso impero, e questa già comincia ad essere una flessione. Cristo - dice Origene - è nato sotto Augusto, nel quadro della pax augustea; l'unità dell'impero ha preparato la possibilità di una diffusione universale della fede, e della fede di Cristo. Poi un altro storico, più storico che pensatore, Eusebio, vede la regalità di Cristo maestro nel momento in cui le regalità nazionali si sono estinte in Giudea, in Egitto, e così via; laddove cioè è arrivata l'egemonia romana in cui si è instaurata la pace di Augusto e la unità dell'impero romano. Ora, la pluralità delle città, con ciascuna il suo Dio, genera la guerra.

Quando Gesù dice: "Padre nostro", è la bandiera del1a sua opposizione e al monoteismo e al politeismo. Padre nostro: Dio è Padre, e uno dei motivi per cui Gesù va in croce lo sapete: perché contestava il sabato e perché diceva Dio suo Padre, il che vuol dire che Dio è suo Padre, non è Padre di un esercito, non è il Dio degli eserciti. Ecco la grande scoperta: non è vero che ci siano dei popoli, e non è vero che ci siano del1e etnie, non è vero che ci siano del1e particolarità. Siamo tutti figli del medesimo Dio. E non è vero, dunque, che il Dio monoteistico sarà quel1o che dovrà imporsi per egemonia. É quel1o invece che dovrà chiamare alla rinuncia di tutti i particolarismi, i quali, gonfiandosi, tentano a loro volta la conquista egemonica di tutta la realtà.

E adesso rileggete i passi: "Tutto quel1o che il Padre possiede è mio: per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà. Vi manderò lo spirito". Dunque, che cosa vuol dire?

Questo Dio è una strana famiglia, cioè è il massimo del1a singolarità, vale a dire: tre persone, il massimo del1a unità, una sola natura. Ecco, la nuova esemplificazione che l'uomo dovrà trarre dal concetto di Dio per strutturare la sua maniera di stare quaggiù.




Sabato 25 Maggio,2013 Ore: 19:20
 
 
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