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www.ildialogo.org 24 febbraio 2013  ,di Padre Aldo Bergamaschi

Le omelie
24 febbraio 2013  

Pronunciato il 23 febbraio1986


di Padre Aldo Bergamaschi

Luca 9,28-36

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.

Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: “Maestro , è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli non sapeva quel che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all’entrare in quella nube ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’ eletto; ascoltatelo”.

Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono ad alcuno ciò che avevano visto.

Prima di iniziare ho da chiarire un piccolo problema, ultimamente, tre persone che frequentavano questa messa sono venute a mancare ai loro cari. Come sapete non dico mai il nome dei defunti durante la messa delle 11, perché questa messa è riservata all'Assemblea. É inutile che noi ce la prendiamo con i grandi eventi: il concetto di mafia nasce qui. Ed è un abuso sui mezzi (sarà questo tutto il Vangelo di oggi) che diventano dei fini. Nelle parrocchie poi, può darsi che ci sia un altro tipo di struttura, che voglio rispettare (se fossi parroco, certo, organizzerei anche tutte queste vicende). Oggi li ricorderemo essendo stati frequentatori di questa assemblea.

Adesso veniamo a noi, non tanto lontano da quello che vi ho detto. La trasfigurazione.

Ben lungi da me il portare l'attenzione sull'aspetto miracolistico, anzi vi dirò subito che nego che sia avvenuta in questi termini. La trasfigurazione che cosa è? É la condensazione di alcuni concetti in una narrazione simbolica, dove entrano elementi miracolistici. Punto e basta. E questo tentativo letterario, è il più spinto probabilmente in tutta la narrazione evangelica, per dimostrare l'identità di Gesù e per qualificarlo rispetto a tutta la Storia sacra.

Gesù chi è? É il figlio di Dio, superiore dunque a Mosè e a Elìa, i quali riassumono la Legge e la Profezia. Ma, se avete udito nella lettura del testo, per due volte S. Luca continua a ripetere: appaiono due uomini, Mosè ed Elìa, due uomini. Dunque Mosè ed Elìa, per quanto grandi siano, sono due uomini. E Gesù li supera di gran lunga, parla con loro, dunque a tu per tu, non sono quei mostri sacri - vorrebbe dire San Luca - di cui si può pensare. No, sono due uomini con cui Gesù parla, con cui Gesù tratta, per così dire, a tu per tu.

Questi due uomini, sia pure profeti (e qui non vengono qualificati come tali) sono profeti a carico, cioè parlano di Gesù, come di colui che concluderà la rivelazione, morendo a Gerusalemme. Dunque non sono che dei battistrada di Gesù Cristo, questo è tutto il valore del1a trasfigurazione. Allora, mi raccomando, non stiamo lì a guardare il colore della veste di Gesù, non stiamo lì ad ascoltare ciò che usciva dalla nube. Niente nube, niente veste, soltanto concetti.

Ciò che stupisce invece sono gli Apostoli, è Pietro. Questi Apostoli, dunque il fior fiore, tutti e tre ci sono - Giacomo, Giovanni e Pietro - capiscono fiaschi per fischi. Pietro in tutta la vicenda fa la parte del pollo: "Facciamo qui tre tende". In che cosa consiste, la enormità della sortita di Pietro? Consiste nell'evidenziare la cosiddetta tentazione del bene.

Gesù si propone di rendere loro sopportabile la tragedia di Gerusalemme, si propone di far capire loro che la redenzione passa attraverso un certo sacrificio, mentre Pietro fa del Tabor un motivo di godimento. “Facciamo tre tende”, fermiamoci qui, facciamo un picnic sul prato, ecco tutta la sovversione. Pietro ha trasformato un mezzo in un fine. Questa è l’enormità della nostra vita cristiana, questa è la vera tentazione del credente, pur di evitare la conversione che implica rinuncia, piuttosto facciamo tutte le capriole che la “religione” ci suggerisce.

Accade in questi giorni, che nel1e comunità religiose, ci si riunisce per decidere quali opere penitenziali in concreto dobbiamo fare per onorare la Quaresima. Ve le riassumo: dobbiamo digiunare, rinunciare a un po' di carne, anziché mangiarla tutti i giorni, tornare al1e vecchie consuetudini, quando si mangiava soltanto due volte al1a settimana? Oppure rinunciamo a un po' di vino? Una volta se ne passava poco, adesso vedo che non c'è più misura. Non ci si accorda, date le diverse esigenze e si dice: que11o che conta è la purificazione del cuore, è questo che ci santifica davanti a Dio; quindi ciò che vale non è il sacrificio, ma è invece il mutamento dell'anima.

Grazie, ma il mutamento del1'anima dovrebbe dimostrarsi poi con una vita nuova.

E si ripiega sempre sul rito religioso, ecco, facciamo una bel1a veglia di preghiera, e poi facciamo il ritiro spirituale ogni giorno. A questo punto tutti ci stanno, perché poi al1a fine, finito il bla-bla che appartiene ancora alle opere (e così è nato il sabato presso gli Ebrei, che era diventato un assoluto, un mezzo che diventa un fine). Dopo si corre a mangiare a bere a fumare.

Adesso avrei dovuto esaminare, dal punto di vista filosofico, la questione dei fini, che attraversa, come febbre tutto il discorso moderno. Discorso allettante, cominciando da Lucrezio, dovrei dirvi appunto la critica ai fini, poi arrivare fino ai grandi autori, li cito: Marx, Freud e Nietzche, i quali negano appunto, sotto altri profili, che siano dei fini nell'esistenza stessa. Accantoniamo tutto questo, ci vorrebbe troppo tempo.

Il racconto di cui voglio farvi partecipi oggi è uno dei più belli di tutta la letteratura cristiana, e riguarda la madre di Sant' Agostino. Oggi tocchiamo uno dei punti più dolenti e più interessanti della sua vita. Questa donna non è nata santa, santa la è diventata e adesso vi dirò come. Questo episodio si trova nelle Confessioni di Sant'Agostino. Dice Sant'Agostino che sua madre era di famiglia benestante, sposa di un marito pagano, lei cresciuta cristianamente. Da piccola, in questa famiglia c'era una serva - dice Sant'Agostino - era molto anziana, che però aveva avuto l'incombenza di educare anche sua madre. Questa donna, ammoniva le fanciulle a cercare di bere acqua solo quando è necessario e solo a pasto (badate che siamo in Africa, Algeria), quando domani diventerete donne sposate sarete le “capesse” della casa, allora avrete anche la chiave della cantina e il modo di accedere al vino e non vorrei che questa rinuncia all'acqua scatenasse in voi il desiderio del vino.

Breve: “In mia madre - racconta S. Agostino – si era insinuato il gusto del vino”. Quando i genitori, che la credevano una fanciulla sobria, la mandavano ad attingere il vino, secondo l'usanza, essa, affondato il boccale nell'apertura superiore del tino, prima di versare il liquido puro nel fiaschetto, ne sorbiva un poco a fior di labbra. Così, aggiungendo ogni giorno un piccolo sorso al primo, sprofondò in quel vezzo al punto che oramai tracannava avidamente coppette quasi colme di vino. Oh Dio, guardate che immagine drammatica della madre di Sant'Agostino da giovane. E Agostino dice: "Dov'era finita la sagace vecchietta, con i suoi energici divieti? "Quale rimedio poteva darsi contro una malattia occulta, se non la vigile presenza su di noi della tua medicina, Signore?". E qui tutto il discorso di Sant'Agostino sulla Grazia.

Poi, accade che l'ancella, che accompagnava abitualmente mia madre al tino, durante un litigio, come avviene, a tu per tu con la piccola padrona, le rinfacciò il suo vizio chiamandola con l'epiteto davvero offensivo di 'beona', il che equivale a 'ubriacona'. Fu per la fanciulla una frustata, riconobbe l'orrore della propria consuetudine, la riprovò sull'istante, se ne spogliò, e non ne parlò mai più.

Ecco in che cosa consiste la santità. Vedete il colpo di frusta? Diversamente la fanciulla avrebbe messo insieme l'ubriachezza con l'andare a messa, col dire le preghiere. Sant'Agostino dice che quella vecchietta l'aveva fatto con un po' di ira: desiderava esasperare la piccola padrona, e non guarirla. E conclude al1ora Sant'Agostino: "La considerazione di questo episodio, induca chiunque a non attribuire al proprio potere il ravvedimento provocato dalle sue parole in un estraneo, che vuol fare ravvedere". D’accordo.

Ma, concludo, la cosa grave è che un espediente didattico messo in opera da Gesù - la trasfigurazione - venga inteso a rovescio da persone spirituali, e manipolato, dunque ridotto a fine, per dare soddisfazione alla propria apparente religiosità.




Venerdì 22 Febbraio,2013 Ore: 15:23
 
 
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