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www.ildialogo.org 13 febbraio 2013  ,di padre Aldo Bergamaschi

L'omelia del
13 febbraio 2013  

Pronunciata il 30 gennaio 1983


di padre Aldo Bergamaschi

Luca 4,21-30

In quel tempo Gesù prese a dire nella sinagoga: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”. Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: “Non è il figlio di Giuseppe?” Ma egli rispose:

Di certo voi mi citerete il proverbio: medico cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui nella tua patria!”. Poi aggiunse: “Nessun profeta è ben accetto in patria. Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro”. All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono e lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù nel precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro se ne andò.

Il convento è in lutto per la morte del padre guardiano, padre Trivelli. La salma è qui poi partirà per il suo paese dove i parenti lo hanno richiesto.

Abbiamo tanta carne al fuoco. Avrei avuto la tentazione di parlare della lettera di san Paolo che è uno dei pezzi più importanti di tutto il nuovo testamento. A un certo momento Paolo dice: "Se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova". La sorpresa di questo discorso è: ma noi non abbiamo sempre insegnato che la carità consiste nel dare agli altri?

Purtroppo con sorpresa di tutti devo dire che non è così, la carità di cui parla S. Paolo non è solo il dare tutto agli altri, vuol dire che quello è un tipo di carità che non ha nulla a che fare con l’amore cristiano. Ecco l’agape cristiana che è invece il massimo della giustizia. Per cui non ci dovrebbe essere nella comunità cristiana nessuno che debba stendere la mano, e nessuno che debba dare agli altri le sue sostanze, perché tutti ne dovremmo avere in modo tale da non dipendere gli uni dagli altri in questa maniera.

E siamo al passo evangelico dove Gesù si qualifica. La specificità di Gesù consiste nel rompere il modello culturale di fondo che sarebbe la concezione di Dio. In pochissime parole un modello culturale è la particolare colorazione assunta da una esigenza universale, nell'atto in cui questa esigenza universale si concretizza in categoria storica. Esempio: tutti gli uomini mangiano, bevono, conoscono l’istituto del matrimonio, tutte le società, ma la maniera di attuare questi principi universali, o col termine più vago, queste categorie universali vengono attuate in maniera diversa a secondo dei luoghi. Pur mangiando, nelle singole regioni nei singoli tempi e nei singoli spazi, questa esigenza universale si concretizza, si colora in maniera diversa. Se andiamo nelle cose più grosse, stesso discorso, matrimonio, istituzioni politiche e cosi via.

Ma il punto più delicato del modello culturale, riguarda la esigenza universale della credenza religiosa. Tutti gli uomini - diceva Plutarco - hanno un tempio e un teatro. Voi mi direte, oggi c'è una fetta della umanità che ha assunto l'ateismo come bandiera. Non ci credo del tutto naturalmente, questa è l'etichetta esterna. Ora, se l'uomo è un essere religioso, la maniera di attuare questa religiosità, varia da meridiano a meridiano, da gruppo a gruppo, da epoca a epoca. Ecco il punto che comincia a divaricare Gesù Cristo dal gruppo in cui egli si trova a vivere.

Ed ecco il passo che comincia a darvi la fisionomia del personaggio. Come mai questi suoi compaesani, dopo avere ascoltato il passo di Isaia, tutti si guardavano soddisfatti, come a dire: ma questo giovanotto la sa lunga, è un bravo ragazzo. Come mai dopo pochi minuti, tutto si capovolge e questi compaesani lo prendono, lo portano sulla collina vicina, decisi a buttarlo giù dal burrone, quindi a ucciderlo.

Curiosità, come avrà fatto Gesù a sottrarsi? Io che non sono miracolista, non posso pensare che egli si sia sottratto con una specie di miracolo. Immagino che la scena, dove i più fegatosi hanno cominciato a prenderlo per la tunica, lo hanno trascinato fin su, a un certo momento, magari erano stanchi, lui con una piroetta si è distaccato dal gruppo ed è scappato via. Ecco la frase in cui si dice appunto: “ma egli passando in mezzo a loro se ne andò”. Non dobbiamo pensare che sia diventato invisibile alla maniera di Mandrake.

Circa la guarigione di Naaman il Siro, da parte del profeta Eliseo e circa l'invio di Elia alla vedova di Zarepta di Sidone, vogliamo ricordare che tutto questo nel vecchio testamento serve per dimostrare che il vero Dio, il Dio più potente, il vero Dio tra gli dei è il Dio di Israele.

Per Gesù invece, l’accettazione di questi due episodi serve per dimostrare che non esiste un Dio di Israele, nel senso da loro inteso, un Dio degli eserciti, ma che Dio ama tutti gli uomini, si occupa di tutti gli uomini senza distinzione razzista di alcun genere. Andare a toccare questo modello culturale, in un gruppo di uomini che lo hanno dentro al cervello e dentro tutta l'anima, come una ragione di vita, significa naturalmente attirarseli addosso.

Gesù sottintende che la sua attività può avere un suo significato anche presso gli estranei, perché per lui estranei non ne esistono, l'accoglienza sarà migliore che presso i compaesani. Dio allora, non conosce né patrie né vincoli di parentela, e a questo punto non è più uno di loro. Ma a questo punto - diciamo noi - egli è profeta e più che profeta è Dio stesso.

Vi faccio notare come ultima osservazione, “nessun profeta è ben accetto in patria”, non è che si dica che uno in patria non è profeta, no. Nessuno che sia profeta in senso vero, cioè nessuno che parli secondo categorie universali ed assolute, sarà mai accettato come tale in un gruppo, che invece ragiona secondo categorie particolari.

Anzi, che assolutizza il particolare, perché in questo caso il gruppo aveva eretto Dio a manager, il proprio Dio a manager di tutte le altre etnie. Quando invece, Dio non vuole che ci siano queste etnie, vuole che non ci siano patrie, vuole che non ci siano gruppi, vuole che non ci siano divisioni.




Venerdì 01 Febbraio,2013 Ore: 19:43
 
 
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