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www.ildialogo.org 28 ottobre 2012,di p. Aldo Bergamaschi

28 ottobre 2012

Pronunciata il 27 Ottobre 1985


di p. Aldo Bergamaschi

Marco 10,46-52

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”.

Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Allora Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. E chiamarono il cieco dicendogli: “Coraggio! Alzati, ti chiama!”. Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.

Allora Gesù disse: “Che vuoi che io ti faccia?”. E il cieco a lui: “Rabbunì, che io riabbia la vista!” E Gesù gli disse: “Và, la tua fede ti ha salvato”. E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.

Giacomo e Giovanni alla domanda: “Che cosa volete che io faccia per voi?” rivelarono il fondo del loro cuore: “Sedere uno alla tua destra, l'altro alla tua sinistra”. Questo povero cieco, a differenza dei due apostoli, chiede solo di vedere. Queste sono le scelte dell'esistenza: anche se siamo nati con due gambe e con due mani, dobbiamo decidere se le vogliamo, e ne siamo responsabili. Discorso grave, perché storicamente la domanda fu fatta anche ad altri personaggi, ricordate Erodiade? “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. “Portarmi la testa di Giovanni Battista”, ecco la responsabilità dei gesti.

Allora questo povero cieco risulta un personaggio ricco, perché altro non chiede se non ciò che è necessario alla normalità: due occhi, un poco di luce; ecco un uomo disponibile; mentre Giacomo e Giovanni sono in buona salute e chiedono il potere, costui chiede solo di vedere e c'è chi non vorrebbe nemmeno questo. La folla – la società – non vuole che egli acceda a Gesù, perché il fatto di essere cieco è un fatalismo cui deve aderire, essendo una volontà di Dio. Allora, se Gesù dice che occorre occuparsi di chi è emarginato, è visto come uno strano messia che insidia il Sabato, e la gente lo zittisce.

Ma come mai qui, in mezzo a un popolo eletto che crede in Dio, ci sono zoppi, ciechi e, cosa più grave, mendicanti? Questo povero uomo è cieco e mendica lungo la strada. Per Israele è normale che ci siano gli zoppi e i ciechi, sono opera di Dio, salvo poi pensare che siano colpevoli, se non loro, almeno i loro genitori, come se Dio avesse fatto un mondo in cui ci debbano essere zoppi, ciechi, poveri mendicanti, per volontà Sua irreformabile.

Allora come è conciliabile la perfezione di Dio creatore con la malattia? Ecco il dramma: Dio è il padre di tutti, ma ha fatto gli zoppi, i ciechi, per una motivazione che ci sfugge. Una piccola premessa, il grande filosofo Aristotele, pur credendo in Dio, osservando le cose, si accorge che sono imperfette (es. l’handicap), ecco il suo ragionamento: nelle cose umane ci sono dei difetti, per esempio a volte anche il medico sbaglia la dose, da lì derivano poi dei disastri, non c’è da stupirsi perché la mente di un medico è limitata. Ma, se dietro le cose del mondo c’è Dio, quindi una mente perfetta, (questo era il ragionamento di Aristotele 400 anni a.C.), non posso ammettere che ci siano delle imperfezioni come l’handicap, quindi il filosofo afferma che non può accettare il concetto di creazione e toglie a Dio l’attributo di Creatore, lasciandogli però l’attributo di Motore. Allora le imperfezioni che sono nella materia non sono direttamente dovute a Dio, ma sono indirette perché Egli è l’autore del moto, che poi viaggia per conto proprio e incappa in un qualche difetto.

Ed eccoci al nodo più grosso del teista. Sono andato a rivedermi le opere di Ippocrate, colui che ha dato una struttura alla medicina, lottando contro una certa mentalità religiosa, la stessa contro cui prenderà posizione Gesù, il vero Cristiano, sotto questo profilo, è il vero ateo o il vero laico. Tra i pazienti di Ippocrate (460-377 a.C.) vi erano spesso uomini che improvvisamente cadevano al suolo con la bava alla bocca e con le convulsioni in tutto il corpo. La folla si scansava terrorizzata e cominciava a invocare dagli dei il miracolo, inteso paganamente. Questi uomini erano colpiti dal morbo sacro, o epilessìa. Ippocrate, chiuso nelle sue ricerche, ostinato, stava scrivendo un libro per vedere che cosa fosse questa epilessìa chiamata morbo sacro. Sentite una sua prima affermazione: “Penso che questa malattia venga dalla divinità come tutte le altre, che nessuna sia più divina né più umana di un'altra, ma che tutte le malattie siano ugualmente divine, poiché hanno una causa naturale senza la quale non può prodursi alcuna malattia”. Bisognerebbe scrivere queste parole a lettere d'oro, per fare un discorso evangelico sulla malattia.

Anche Ippocrate è teista, ma non alla maniera volgare ed ecco perché vede con chiarezza il problema, per lui l'eterno mistero che fa pensare a Dio è l'esistenza delle cose, la loro successione ordinata, il concatenamento dei fenomeni, soltanto così Ippocrate può scoprirne le leggi e formularle nella cosiddetta prognosi. Ed ecco l'altra perla del suo discorso: “Se fosse malattia divina, noi non potremmo mai guarirla”: è la risposta, data in anticipo, al rigido protestantesimo di Calvino. In parole cristiane: non posso accettare che ci siano malattie mandate da Dio, i teisti volgari invocano il miracolo perché sono convinti che siano opera di Dio, “Strada falsa – dice Ippocrate – se viene dalle cose, noi ne troveremo presto o tardi la radice”. Ecco il grande pensiero di un vero teista. Notare che un greco non aveva il concetto di creazione, ma aveva l'idea che il mondo dovesse fare capo a qualche divinità.

E qui comincia la vera fatica: il teista è furbo, invoca i miracoli perché non sa che deve farli lui e con sacrificio, cosa che l'uomo religioso non vuol fare perché è ipocrita: vuole che glieli faccia Dio. Dobbiamo invece toglierci dalla testa l'idea che la Natura sia perfetta per il fatto di essere opera di Dio. Ippocrate scrive il libro De morbo sacro (sul morbo sacro) dove afferma “L'epilessìa non è divina”. E qui la seconda perla: “Non è cosa degna della divinità insozzare il corpo di un uomo. L'impurità non emana dalla purità”. C'è tutto un poema. “L'epilessìa è fenomeno naturale”. C'è di mezzo l'ereditarietà. Ma dire ereditarietà vuol dire rivedere tutta la catena delle cause e degli effetti e portarsi alla fonte, poi c’è la teoria degli umori (non si potevano usare altre parole all'epoca): vedere l'anatomia e la fisiologia del cervello.

Altra grande scoperta: il cervello è responsabile, l'uomo si qualifica per questa sua particolarità di essere razionale. Sicché lì attorno alla sua casa (che era poi una specie di ospedale) i ciarlatani, gli stregoni, i sacerdoti si sentivano portare via il mestiere. Allora, chi sono i veri teisti? Sono costoro che fanno la professione della religiosità o è lui che ha scoperto finalmente il piano dell'opera divina e, dall'interno del sistema, la studia, perché Dio ha infuso in noi il Logos mediante cui dobbiamo portare avanti il concetto di creazione? In termini cristiani la malattia è un limite che ci riguarda come creature, di cui portiamo la responsabilità. Questo limite può essere debellato solo dal Logos, di cui ci ha fornito Dio. In questo caso Ippocrate e visione cristiana del mondo si identificano, credere significa applicarsi ad eliminare gli effetti del cosiddetto peccato originale prendendo Cristo a modello. E Cristo non fa miracoli (intesi come intervento divino dal di fuori del sistema), l'unico miracolo è semplicemente la sua venuta, il Logos divino che viene a rinforzare il logos umano.

Sicché la vera religione è conoscenza rigorosa della realtà e null'altro, inoltre non c'è felice concordismo fra noi e la realtà, essa è stata creata prima di noi ed ha fini suoi particolari, noi vi siamo stati immessi, ma con delle precauzioni. Dio dice: Attenzione, questo non si mangia, questo sì. Allora io, che sono un cristiano, non voglio rinunciare al concetto di creazione, io credente voglio continuare a pensare che Dio sia creatore, ma debbo partire dal principio che non è vero che Dio abbia creato le cose perfette all’inizio.

Il teista ha sempre l'idea che Dio guidi a distanza ravvicinata il mondo e la realtà. In questa idea è caduto anche Calvino. Secondo lui gli zoppi e i ciechi sono voluti da Dio, ma come è nato il primo cieco? L'uomo, è stato creato cieco o vedente? Credo che la risposta sia obbligata. Se noi diciamo che è stato creato non-vedente, andiamo incontro a grossi pasticci teoretici. Allora, se prima è il vedere, dobbiamo spiegare come è accaduto che ci siano dei non-vedenti: dobbiamo stare attenti alle insidie fisiche: se uno fa la guerra e gli arriva una pallottola in un occhio, non è colpa di Dio; poi a quelle fisiologiche, interne, per esempio l'alimentazione: gli abusi che vanno a pesare su tutto il sistema. Bisogna cercare la causa dentro a questo universo.

Ora l'esempio che vi farò è semplice. Ecco una macchina, che esce perfetta dalla casa costruttrice. Ma se noi mettiamo l'olio al posto della benzina, è ovvio che non si può pensare che ci sia un qualche diavoletto che l’abbia bloccata. Ora Dio ha fatto la sua parte, adesso il nostro Logos deve fare la sua. credo che la grandezza di Gesù sia quella di muoversi sul piano della salvezza: rimettere in sesto l'uomo su tutti i fronti, ma per farlo ci vuole una novità esistenziale, dove il credente in Gesù Cristo percorra due strade: la conversione e la ricerca scientifica. Sono questi gli unici due miracoli che possono mostrare Dio nella storia.




Domenica 28 Ottobre,2012 Ore: 09:50
 
 
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