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www.ildialogo.org 21 ottobre 2012,di Padre Aldo Bergamaschi

21 ottobre 2012

Pronunciata il 17/10/1982


di Padre Aldo Bergamaschi

Marco 10,35-45

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. Egli disse loro: “Cosa volete che io faccia per voi?”. Gli risposero: “Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”.

Gesù disse loro: “Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?”. Gli risposero: “Lo possiamo”. E Gesù disse: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato”.

All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.

Sicché nessuno si salva. Ma la tentazione di trasbordare entro alla Chiesa prevista da Gesù la concezione mondana del potere, questa é la tentazione più difficile da superare per tutto l'assetto del mondo cristiano.

Dopo quella lezione di Gesù, si spiega perché Giovanni a Efeso continui a ripetere ai suoi discepoli: figlioli amatevi gli uni gli altri. E la predica era tutti i giorni la stessa, ma il nucleo del messaggio di Gesù è proprio questo: “Figlioli amatevi gli uni gli altri così come Gesù ha amato noi”. Così si spiega anche perché l'altro fratello Giacomo, nella sua lettera, dica di non fare parzialità o distinzioni o riguardi personali. I due discepoli in tutto il loro insegnamento, hanno capito e hanno cercato di trasportare questa idea di Gesù della eguaglianza, cioè della nascita di una nuova società all'interno di una società in avaria continua.

Mi pare di averlo gia accennato un'altra volta, verso l'anno 100 il pontefice dell'epoca, che era il quarto in linea di discendenza, Clemente Romano, purtroppo aveva della Chiesa una concezione verticistica simile se non parallela a quella dell'impero romano. Giovanni lontano da Roma, a Efeso, prende la penna e ricorda l'episodio: “Pietro mi ami tu?” Come a dire le cose a Roma hanno preso una altra piega.

Pietro certo no, perché la lezione l'aveva capita, ma già dal quarto discendente troviamo le tossine tipiche della società mondana, dove cioè coloro che governano calpestano i sudditi e poi per di più hanno il coraggio di farsi chiamare benefattori. Edergeti. Troviamo nel testo greco. Mi pare se ben ricordo in epoca ellenistica vi erano dei potenti che si chiamavano appunto Edergeti con la e maiuscola, che in greco vuol dire benefattore.

Se passiamo nell’ambito sociale il capitale si fa chiamare benefattore, dico il capitale per non dire capitalista naturalmente. Si dice che il capitale in fondo é benefattore perché da lavoro all’operaio e siamo costretti a parteggiare e in questa partigianeria ci sono cadute via via anche le autorità ecclesiastiche: noi siamo con i poveri, noi siamo con gli operai. I non credenti ci dicono: finalmente vi siete aggiornati anche voi, siete diventati di sinistra, state con poveri! Intanto il discorso continua tutto deteriorato come era in epoca di Gesù.

Fatto questo cappello che potrebbe dirsi di ordine esegetico per collocare bene il nostro discorso sul tema del Vangelo, diciamo che il trasbordo del criterio terrenistico della ecclesia sarebbe la caduta di tutto il messaggio. Gesù era venuto appunto per correggere i rapporti fra uomo e uomo perché nessun uomo fosse lupo a un altro uomo, e questo si decide nell'ordine dei rapporti di autorità perché certamente, sono d’accordo anch'io che, se una società deve esistere ci deve essere una autorità, ma insomma le caratteristiche di questa autorità dovranno essere bene chiarite diversamente l'uomo sarà lupo all'altro uomo e ci sarà semplicemente una razionalizzazione.

L'altro settore da sanare é il rapporto di lavoro. Quando questi settori non vengono sanati, dal messaggio evangelico vuol dire che il messaggio evangelico ha subito una trasformazione di tipo, terrenistico, con la logica del potere politico, così viene presa in questa concezione a modello dalla Chiesa. E ciò era accaduto appunto nell'anno 100 quando san Giovanni - vi dicevo - prese la penna per denunciare questa caduta.

Gesù propone ai suoi, a coloro che credono in Lui, un nuovo modo di articolare i rapporti della convivenza, nei due rapporti socio-economici per i quali ripeto, diventiamo inesorabilmente lupi

gli uni agli altri. Certo se fallisce questo modellino, che io finalmente metterò accanto agli uomini lupi perché vedano come dovrebbero invece vivere o convivere, certo si capisce allora quest'altra piccola "societas" o ecclesia rischia il cosiddetto corporativismo.

Se all’interno della Chiesa si costituisce la struttura gerarchica tipica del mondo politico conosciuto si ha un “bis in idem” cioè una perpetua oppressione. A volte amoreggiamento a volte in conflitto tra questa chiesa e questo stato, ma comunque fra due potenze mai ipotizzate da Gesù Cristo. Senza che ci sia più possibilità di novità alcuna nei rapporti umani fondamentali. La Chiesa diventa una struttura di potenza accanto ad altre potenze, ma non é più il segno della salvezza e non é più la salvezza nei rapporti socio-economici.

Questa chiesa gestisce la “religio” o la religione di un certo gruppo di uomini, in altri luoghi di questa terra, vi sono altre chiese con altri nomi che gestiscono la religiosità di altri gruppi di uomini, i quali poi finiranno sempre per farsi la guerra gli uni contro gli altri.

“Voi vedete come fanno i re delle nazioni”, vi rendete conto che cosa significhi questa frase detta da San Francesco nel 1211, quando c'era papa Innocenzo III, colui che ha fondato sul piano della struttura mondana la chiesa cattolica. Non ha costruito la ecclesia, ma ha costruito esattamente questo gruppo di potere: la chiesa cattolica. Francesco di Assisi invece camminava per un'altra strada e ha tentato di fare proprio il rovescio di tutto ciò che faceva il papa, senza naturalmente condannarlo, senza prendere posizione, ma questa credo che debba essere la grandezza del cristiano.

Innocenzo III che per primo osa chiamarsi vicario di Gesù Cristo, mentre prima glia altri papi si chiamavano semplicemente vicari di Pietro.

Mentre Francesco di Assisi nella sua regola approvata a voce non quella definitiva, va detto anche questo, perché quella che fu approvata poi per iscritto, quella evidentemente subisce una purga e allora tutto questo discorso viene accantonato. Dice in questa regola, che dal punto di vista scientifico, si chiama “non bullata” non è bollata, ed è del 1221: “Coloro che sono costituiti ministri e servi degli altri frati…” anche lui ripete il paradigma di Gesù. Non polemizza con il potere istituito, la sua fraternità avrà in positivo queste caratteristiche, se poi tutti i cristiani vorranno modellarsi su questa sua fraternità, voi vedrete che in quattro e quattrotto tutto il mondo feudale salta per aria in un batter d’occhio. Ecco tutta la rivoluzione di Francesco é questa. Tutta fatta poi rientrare si capisce dalla istituzione.

Prosegue la regola: “Coloro che sono costituiti ministri degli altri e servi frati, si ricordino delle parole del Signore: “Non sono venuto per essere servito ma per servire”. Ma se un ministro avrà comandato a un frate qualcosa contro la nostra vita, vale a dire contro la nostra regola o contro la sua anima, il frate non sia tenuto a obbedirgli. Tutti i frati che sono sudditi considerino con ragione e diligenza le azioni dei loro ministri e servi”. Credo che nessun santo nella chiesa cattolica abbia messo queste due clausole tremende al problema della obbedienza.

È stato scritto ultimamente appunto credo da don Milani la frase: “L’obbedienza non è più una virtù”. In questi due casi, voi sapete che per altri santi invece l'obbedienza è alla maniera di un cadavere, mentre Francesco dice ad ogni singolo di aprire bene gli occhi e si può disubbidire, si deve disubbidire in questi due casi.

Quindi un controllo tremendo degli individui sul potere, infatti: “E se vedranno che qualcuno di essi vive secondo la carne e non secondo lo spirito, dopo la terza ammonizione, se non si sarà emendato, sia denunciato al ministro generale e servo di tutta la fraternità. Dopo la raccomandazione a non turbarsi per il peccato, per il male di un altro, tutti i frati non abbiano alcun potere o dominio soprattutto fra loro. Ecco perché se hanno il dominio fra loro non sono più fratelli. Come dire il Signore ha detto: “I principi delle nazioni signoreggiano e i grandi esercitano il potere su di essi, non sia così tra voi frati”.

Francesco riprende dunque il discorso iniziato da Gesù, e in pieno medioevo voi capite allora la contestazione, é diretta contro la struttura ecclesiastica che aveva ripetuto pari pari quel certo mondo pagano, in cui cioè si procedeva per comandi, in cui la struttura era verticistica e in cui il comando faceva ciò che voleva del proprio suddito.

Poi ultima battuta: “nessuno sia chiamato priore…” contro tutti i monasteri dell'epoca i quali, appunto avevano nella loro struttura priore, abate archimandrita e così via. Ma tutti siano chiamati semplicemente frati minori e l'uno lavi i piedi all'altro.

Ecco come Francesco di Assisi sgonfia la piramide della società, diciamolo pure, ecclesiastica medioevale.




Venerd́ 19 Ottobre,2012 Ore: 16:09
 
 
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