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Le omelie di padre Aldo Bergamaschi
1 gennaio 2012

Pronunciata il 1 gennaio/1987


Luca 2,16-21

In quel tempo i pastori andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria da parte sua, serbava tutte queste cose serbandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornavano, glorificando e lodando Dio di quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.

Affrontiamo ancora una volta questo tema della pace. Cosi si é voluto stabilire, e stabilire dalla istituzione, e quindi i discorsi non trascenderanno mai da certa logica entro cui l’istituzione é inserita. Badate quando parlo di istituzione intendo la istituzione ecclesiastica e civile. I discorsi della pace sono discorsi strani, che qui esprimono un desiderio di ciò che si vorrebbe avere senza fare nulla di sostanziale per poterla avere. E poi la cosa drammatica, dal punto di vista filosofico, é che si è costretti a parlare di pace e la pace ci sarà quando non si parlerà più di pace. Ci accorgiamo di avere la testa quando la testa ci fa male.

Si dice che noi siamo una sola famiglia umana, ecco un principio da cui bisognerebbe trarre tutte le dovute conseguenze. Ma siamo veramente convinti di essere una unica famiglia umana? E chi ci rompe le uova nel paniere, mi spiace doverlo dire, é proprio la sacra Bibbia, giacché il primo passo che abbiamo letto prevede delle benedizioni per una certa fetta di umanità, sceglie un gruppo di uomini, crea il concetto di gruppo e da quel momento tutte le sciagure sono iniziate.

Leggevo in questi giorni una rivalutazione di un eretico del primo secolo, che si chiamava Marcione, il quale aveva dato uno scossone a tutto il pensiero cattolico che già si era fossilizzato in alcuni parametri e aveva detto: “Facciamo bene attenzione al Vecchio Testamento, perché secondo me, quello non è rivelato da Dio, lì c'é la rovina del Messaggio portato da Gesù relativamente alla unità del genere umano”.

Allora si dice: siamo una sola famiglia umana, volesse il cielo, che si tirassero tutte le conclusioni; poi si fa una deduzione: questo ci porta a riconoscere la radicale solidarietà della famiglia umana, come condizione fondamentale del nostro vivere insieme, dunque, successivo passaggio, solidarietà e sviluppo sono le chiavi della pace. Qui si parla di pace sociale e non di carri armati, di bombe e cosi via. Ecco il ripiegamento, ma pace sociale é un altro discorso ancora, il quadro spero, lo abbiate chiaro. La pace sociale vuol dire trovare la maniera di stare insieme tra uomini, circa i rapporti socioeconomici, senza che nasca la cosiddetta piramide sociale, e si stabilisca al punto tale, da creare ai vertici il cosiddetto padrone, e alla base il cosiddetto schiavo.

Certo, se voi mi domandate quale sarà la prima delle paci che l'uomo conquisterà nel mondo, vi dico, sarà il rapporto fra stati e gruppi, fra gruppi che si sono dati una costituzione, che hanno creato un esercito, il quale esercito é coessenziale al concetto stesso di Stato, e allora in questo caso, probabilmente raggiungeremo prima questa pace. Perché? Teniamo distinti i due casi: sono convinto che l’uomo si persuaderà che é un grande errore il sostenere il concetto di esercito derivante dal concetto di gruppo, di patria, di etnia, di religione, vedete le radici come sono multiple. Sarà più facile che capisca che egli é in errore da quella parte, che non il fatto di avere la propensione continua a rendere schiavo il proprio prossimo, a costruire il proprio benessere sullo star male altrui.

E allora ecco qui esce la parolina magica: solidarietà e sviluppo. Ora, per quanto riguarda lo sviluppo, sappiamo molto bene che lo sviluppo non ha mai portato la giustizia sociale. Produrre si produrre, ma andate a dire a un contadino di seminare un po’ più di frumento per dare da mangiare a coloro che non ne hanno, forse S. Francesco lo avrebbe fatto. Lasciamo stare lo sviluppo, che riguarda coloro che già hanno lo stomaco pieno e tendono ad aumentare il loro capitale, questa é la logica del cosiddetto capitalismo e quando dico capitalismo, sia esso privato o di Stato, é la stessa cosa, capitalisti lo siamo tutti,

Per quanto riguarda la solidarietà, nella mentalità di coloro che hanno inventato la parola, vuol dire che se c'é un certo sviluppo, noi saremo ricchi, ma ricordiamoci che ci sono i poveri e che bisogna essere solidali con loro. Bisogna fare in modo che non ci sia più nessuno al mondo che abbia bisogno, allora avremo guadagnato finalmente la pace sociale.

Poi si passa al discorso del terrorismo. Ci si rivolge ai terroristi perché lascino la via della violenza e assumano la via del dialogo. Tempo fa fui interpellato sul fatto se di fronte a una dittatura - dittatura intesa in un certo modo - il cristiano poteva o no usare la violenza, e si portava l'esempio di Hitler. Ci si chiede se coloro che hanno messo la bomba ai piedi di Hitler, fossero eroi, qui non mi sento di introdurre la morale cattolica, la morale cattolica bisognava introdurla quando quel dittatore ha preso il potere ed è stato sottoscritto tutto in nome della morale cattolica, e si è fatto l'unione con il paese che cattolico era. Si vede come il discorso si rende imbrogliato, il volere trovare delle argomentazioni o delle dialettiche prodotte dal nostro cervello e dalla nostra civiltà, per risolvere un problema che Gesù Cristo aveva già risolto alla radice, mettendo il palanchino là dove doveva essere messo.

Lo ripeto per l'ennesima volta, Gesù Cristo é morto per due motivazioni: perché contestava il sabato, il quale sabato era rivelato da Dio; l'altra, perché chiamava Dio suo padre, quindi se Dio é padre non é capo di eserciti, come invece si dice appunto nel Vecchio Testamento.

L'unico santo che ha capito il discorso di Gesù é stato Francesco di Assisi. Nell'episodio del lupo di Gubbio, lì c’è é un lupo cattivo, mangiava gli uomini. Francesco lo prende lo porta, in città, ecco qui, si è convertito, adesso andiamo d’accordo tutto é finito.

No, non é così, S. Francesco si accosta al lupo, che tra l'altro non era un lupo vero, quello che noi chiamiamo lupo era un tipo che caldeggiava la rivolta. Era uno dei brigatisti dell'epoca, che probabilmente aveva scritto sul berretto “Lupo”, i quali brigatisti dicevano che nella città di Gubbio vi erano troppe ingiustizie, quindi, noi ci mettiamo fuori cominciamo ad attaccare ogni giorno con azioni di guerriglia.

Francesco, uomo veramente libero da tutte le strutture istituzionali, lo affronta. La controprova é che insieme a lui c'erano anche due fraticelli, i quali volevano fare anche loro i pacifisti, ma siccome non andavano al “Lupo” con l'animo di Francesco - andatevi a rivedere il fioretto - dopo aver fatto un centinaio di metri nella foresta vedono il lupo e scappano via impauriti.

Ma come, voi, avete l'animo del dialogo oppure siete lì per opportunismo, come i clericali che vogliono risolvere le contese a colpi di segni di croce. Francesco resta solo e quando il “Lupo” avanza con la gola spalancata, dice a lui: “Frate Lupo”.

Il Lupo nel sentirsi chiamare frate, chiude la bocca, già, perché durante tutte le battaglie quotidiane noi faremmo vedere una civiltà scatenata: pena di morte! Mentre Francesco gli fa notare che ha fatto cose cattive: tu hai ucciso anche degli uomini, certo davanti a Gesù Cristo tu sei un perverso. Francesco mostra al lupo l'etica di Gesù Cristo non l'etica della città! Non gli dice: tu hai violato il codice, perché il codice della città era quello di coloro che costruivano la piramide.

Lo porta in città non lo porta nella chiesa, e no, perché la chiesa era già diventata un motivo di attrito, era un luogo dove si insegnava l'odio contro il lupo, bisognava ucciderlo quel lupo. Va nella piazza, e non consegna il lupo come se fosse uno sbandato che ritorna finalmente a casa presso le persone oneste, no, prima di consegnare il lupo fa un discorso anche ai cittadini di Gubbio: Credo che la colpa, a motivo dei vostri peccati, ha ridotto le cose in questo modo, questo lupo ha fatto quello che ha fatto, perché voi gli avete sottratto il pezzo di pane a cui aveva diritto. E abbassavano la testa: lo so voi avete paura del lupo che ha una gola piccola in sostanza, ma non avete paura dell'inferno che é una voragine enorme e che vi può seppellire tutti quanti.

Anche i cittadini di Gubbio non erano poi quegli stinchi di santo che immaginavano di essere. Dice il “fioretto”, che quel lupo, caso strano, morì di vecchiaia, tutti i giorni entrava in città al mattino, riceveva il suo pezzo di pane e giocava con i bambini. Guardate, non c'é cosa più deliziosa, perché finalmente la pace era stata fatta, la pace non tra un deviato che ritorna presso gli onesti, ma la pace fra due deviati: la città di Gubbio, e il lupo e la sua fazione, che ritornano finalmente dentro al concetto di verità. In quel caso avevano finalmente ricostituito la ecclesia in senso evangelico.



Sabato 31 Dicembre,2011 Ore: 16:34
 
 
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