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www.ildialogo.org 16 novembre 2011,

Le omelie di Padre Aldo Bergamaschi
16 novembre 2011

Pronunciata il 15 Novembre 1987


Matteo 25,14-30

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Un uomo partendo per un viaggio chiamò i suoi servi e consegno loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo le sue capacità e parti. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quelli che ne avevano ricavati due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il danaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi ritornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore mi hai consegnato cinque talenti; ecco ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti disse: Signore, mi hai dato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso, per paura andai a nascondere il tuo talento sottoterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato, sapevi che raccolgo dove non ho sparso; avresti dunque dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ne ha dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà dato nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”

Oggi si celebra la giornata dell’emigrazione. Qui si dice di ricordare questi fratelli e sorelle costretti a emigrare per motivi di lavoro e altro, diamo la nostra adesione e comprensione. La mia opinione la sapete, è parallela a quell'altra del discorso dei poveri. Si dice che dobbiamo stare con i poveri. No, dobbiamo far si che non ci siano! Dobbiamo far si che cessi il concetto di emigrazione! Queste “giornate” sono qui per ricordarci che siamo fuori Vangelo, il concetto è lo stesso di emigrato: é contro la visione evangelica del mondo e noi ci diamo da fare per assistere, per mantenere la situazione senza puntare il dito contro ciò che la crea. Ciò che la crea è il concetto di Stato Nazionale sovrano che è contro l’universalismo cristiano.

É venuto il momento di prendere in esame quella critica che Aristotele ha fatto alla impostazione sociale dell'epoca sua, vale a dire, l'esame breve, sobrio, ma puntualissimo dei due sistemi che reggevano la società di tipo socialistico (spartano) e quello di tipo liberale di Atene. Le classi sono individuate in maniera impeccabile, e oggi poco più, poco meno, vuoi nelle dittature, vuoi qui dove noi crediamo di essere in un mondo libero, questa é la struttura della società.

Come facciamo noi a convincere gli individui che il posto da loro occupato é quello giusto? Dobbiamo ricorrere a qualche bugia, e la grossa bugia che Platone concedeva ai governanti, era il persuadere i singoli che erano tali per disegno divino. Ecco qui la mia accusa al cristianesimo storico, accusa che viene per motivi diversi dal di fuori. Quando dicono che la religione è oppio dei popoli, hanno certamente ragione, e questa sarebbe la grossa bugia, ma la bugia viene detta anche da coloro che si sono liberati dalle religioni. Dunque, si tratta di una struttura della natura umana, e io sono solito dire che capitalisti lo siamo tutti per nascita.

Mettiamoci dunque il cuore in pace. Sicché l'alternativa é una sola: capitalisti per nascita, poi, o diventiamo cristiani, non per nascita ma per scelta, oppure il mondo sarà sempre così.

Vedremo allora cosa ci sta sotto e capiremo anche perché questo tizio che ha ricevuto un solo talento, diventi poi cosi spavaldo alla fine, sembrava pauroso poi alla fine osa dire al padrone tutto quello che aveva nel gozzo. Sapevo che, tu eri duro, che tu raccogli dove non hai sparso, al diavolo tu e i tuoi talenti. Vedremo che ha avuto almeno questa specie di coraggio, è un mascalzone di prima grandezza, si intende poi commisurato alla visione che del mondo sociale ha, che il Vangelo ha della società e dei rapporti sociali.

Allora bugia concessa da Platone, bugia detta dalla bibbia, la quale continua a ripetere che Dio ha creato i ricchi e i poveri, perché ci sia un mutuo sostegno fra i due e per rendere possibile la società. Questa sarebbe la grossa bugia. Bugia dunque nel Medioevo, laddove si era tripartita la società dalla quale si è sottratto s. Francesco, e oggi siamo alle medesime.

Aristotele, prende a modello le due costituzioni, quella dei lacedemoni che sarebbe di tipo socialistico, si potrebbe dire di tipo comunistico, e quella dei cretesi, che è poi parallela a quella degli ateniesi, la quale è di tipo libertario. Intorno a queste due costituzioni, come più o meno intorno alle altre costituzioni, ci sono delle questioni da esaminare.

Primo: se qualche disposizione sia buona o non buona in rapporto all’ordinamento migliore. Vedete, il filosofo non si lascia sfuggire che bisognerebbe vedere se queste costituzioni di tipo libertario, o di tipo comunistico, siano carenti rispetto a qualche modello che noi potremmo costruire, e che sia il superamento dell’uno e dell’altro. Questa é tutta la lotta che noi stiamo facendo.

Secondo: se c’è qualche elemento realmente in opposizione con il principio fondamentale dell' indole della costituzione così come essi la presentano. Perché per esempio, nella costituzione italiana c’é scritto che la repubblica è fondata sul lavoro. É fondata sul lavoro? Napoli, irruzione dei carabinieri, 200 in prigione, perché mentre dovevano lavorare in ospedale stavano guardando la partita. Dall’altra parte l’Unione Sovietica (s’intende anche l’America) fondate sul lavoro, anche loro però già due capi che si succedono e continuano a dire: signori miei, bisogna lavorare di più perché qui c’è aria di fanullismo, di assenteismo in giro. Come, un popolo di 250 milioni di lavoratori, perché tali si definiscono, non riescono a produrre neanche il necessario per togliersi la fame, questo è grave. Ed ecco qui allora la punta sottile del filosofo. Allora dobbiamo guardare se queste costituzioni sono buone relativamente a qualcosa di assoluto che potremmo avere in mente noi, e poi guardiamo se veramente sono in linea rispetto a ciò che dicono, e questa é la premessa.

Poi la prima asserzione, su cui dovremo discutere un attimo, che lo Stato bene amministrato debba possedere la libertà dalle incombenze necessarie é concordemente ammesso, in che modo però debba possederla non é facile intenderlo. Cosa é questa libertà dalle incombenze necessarie, queste sono ciò che bisogna fare per trasformare la materia e avviare la produzione. Vi rendete conto che se in uno Stato voi non avete i contadini che seminano il frumento, voi siete perduti. Ecco quali sono le incombenze necessarie quelle che bisogna fare perché ci sia una vita umana.

E badate che all’epoca di Aristotele eravamo fuori dalla foresta, perché nella foresta posso anche ammettere che ognuno allungasse la mano e si prendesse un frutto e che ognuno vivesse come vivono gli animali abitualmente i quali non hanno bisogno di seminare e non hanno bisogno di produrre. Ma al punto in cui siamo voi vedete che tutti i beni essenziali, dunque necessari, hanno bisogno della produzione. Questo vuol dire che é necessario che vi siano degli schiavi perché un uomo è libero solo se è libero dal lavoro manuale. Questa è la concezione di Aristotele, questa è la concezione medioevale, questa è la nostra concezione.

Per essere un uomo realmente libero, dovete liberarvi il più possibile dal condizionamento del lavoro. Certe larve di uomini, dirà Aristotele, non possono certamente coltivare le amicizie non possono sviluppare i loro talenti, ma sono costretti dalla materia a consumarsi dentro alla materia stessa. Prima erano ventiquattro ore su ventiquattro, poi sono diventate quattordici, adesso sono otto, ma l’ideale sarebbe quello di andare a sei a quattro, a una e cosi via. Sì è vero, se tutti lavorassimo, non v'é dubbio, basterebbe un'ora sola.

In che modo però debba possederla questa libertà, dalle incombenze necessarie non é facile intenderlo. Ed ecco il discorso aperto anche per coloro che si dicono cristiani.

Adesso avrei dovuto esaminare l’impennata di quest’uomo che riceve un solo talento e come ci sia la risposta ironica. La risposta deve essere presa con ironia, attenzione, come il furbacchione maledetto, dice il padrone, vale a dire: i tuoi soldi, quelli li hai messi alla banca, fai l'assenteismo, però l'assenteismo te lo ripaghi con dei lavori che producono per te, chiaro? Ed ecco allora l'ironia, la banca sai benissimo, é fatta per i tuoi soldi, ma quelli che ti ho dato io: no, quelli riguardano il bene pubblico, ed ecco perché la condanna é totale.



Venerd́ 11 Novembre,2011 Ore: 20:42
 
 
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