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Le omelie di padre Aldo Bergamaschi
15 maggio 2011

Pronunciata il 13 maggio 1984


Giovanni 10,1-10
In quel tempo Gesù disse:” In verità in verità vi dico, chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro o un brigante. Chi invece entra dalla porta, é il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: Egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno e fuggiranno via da lui perché non conoscono la voce degli estranei.Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: “In verità in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se una entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere o distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza”.
 
Oggi dobbiamo parlare anche della giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Nulla di più giusto che tenere sottocchio come in filigrana questo passo evangelico del Buon Pastore. Gesù mette in risalto la differenza fra sé e i mercenari venuti prima e venuti anche dopo. Ma é chiaro che indipendentemente dal prima o dal dopo, questi mercenari considerano le pecore come un bottino, come un luogo di profitti. Egli invece non esita a sacrificare la sua vita per esse.
Sembreranno cose banali quelle che sto dicendo ma sono premesse importanti perché si tratta di decidere il rapporto fra autorità e libertà, fra autorità e sudditi all'interno della ecclesia fondata da Gesù. Se per dannata fatalità si dovesse ripetere all'interno della Chiesa lo schema del mondo pagano, o del mondo classico, o del mondo puramente naturale, ahimè, salterebbe il concetto di Chiesa e salterebbe anche, probabilmente, la definizione di Gesù.
Gesù non esita a sacrificare la sua vita, e la sua morte procurerà la vita alle pecore. É un discorso mai esistito da che mondo é mondo, il pastore che muore per dare la vita alle pecore. Così la sua risurrezione sarà il mezzo con il quale Egli si confermerà pastore eterno del gregge. Precisiamo, la struttura di questo pastore é a servizio delle pecore, avete udito: “...cammina davanti alle pecore...”. E qui si contravviene anche alla descrizione della realtà, perché in verità anche i pastori della Palestina, come tutti i pastori del mondo, stanno dietro alle pecore e comandano, hanno i cani eccetera, ma qui si suppone un piccolo gruppo.
Dietro vanno i generali che comandano con il binocolo e mandano a morire i soldati, ma qui no! É Lui che va davanti alle pecore! E se sulla strada ci sono dei rovi, è Lui che li tira via, non manda le pecore a rovinarsi contro i rovi. É Lui la porta delle pecore, non fa la guardia alla porta delle pecore, ecco, é Lui la porta delle pecore; sottigliezza voi direte, no, sono concetti.
“Chi é venuto prima di Lui…”, non posso credere come alcuni pensatori cristiani dei primi secoli, che però erano divisi sotto questo profilo, che questi pastori che vennero prima di Lui fossero i saggi dell'antichità. Per ipotesi Socrate, il quale era proprio su questa strada, dal punto di vista laico, ma anche dal punto di vista religioso, direi: l'antefatto di Gesù, é proprio quel povero Socrate, che andava appunto attorno agli abitanti di Atene, che nel complesso egli chiamava un cavallo bizzarro e li voleva ricondurre alla saggezza.
Allora non posso pensare che si tratti di costoro, si tratta forse di tutti coloro che hanno avuto il titolo di capi. Pastore era Agamennone, pastore era re Davide, pastori erano i capi religiosi. Ecco, allora, come probabilmente dovrà essere intesa questa frase: chi é venuto prima di me e ha “esercitato il potere”. Quello di Gesù potere non è, va davanti alle pecore non dietro con il vincastro, perché l’unico contatto non é il vincastro, ma la voce, ne conosce una per una, “ascoltano la sua voce”. Dunque, a tutti coloro che hanno avuto il titolo di pastore. E' ovvio che si attaglia meglio alla guida religiosa, anche se nell'antichità sappiamo che pastore, tanto per citare il caso, era Agamennone, e lo erano anche tutti i capi.
Lui é venuto per dare la vita alle pecore, non per farsi mantenere. Già non appare neanche che Egli le tosi, qui non appare. Le conduce soltanto al pascolo, e al pascolo per le pecore non per sé. Così abbiamo già chiarito a sufficienza questo distacco fra lui e i pastori del mondo classico e religioso. Questo discorso sui mercenari e sui pastori é lo scheletro nell'armadio della ecclesiologia.
San Giovanni Evangelista ha conosciuto molto da vicino Gesù, ritorna su questo tema con insistenza. Ricordate, anche sul lago dopo la risurrezione Gesù chiede a Pietro: “mi ami tu?” Anche lì c'é la figura delle pecore, degli agnelli, s. Giovanni era tormentato da tutto questo, quasi con il terrore di rivedere la Chiesa ricostituita nei rapporti della vecchia società pagana e giudaica, dove il rapporto dei pastori con le pecore era quello che vi ho detto. Dunque momento delicato la posizione del pastore, perché determina il rapporto autorità-libertà. Tutto il passo di Giovanni, che tra l'altro non tutto é assunto dalla liturgia, é relativo ai falsi profeti che entrano nella gerarchia intesa come successione apostolica.
Alessandro Manzoni, che leggiamo nelle scuole, nelle università, é un grande della letteratura mondiale, unico pensatore cattolico che ha osato mettere dubbi sulla civiltà cristiana, con mitezza, con calma, con fermezza. Egli descrive una civiltà, una società cristiana, non parla dei livelli più alti, non parla dei papi perché a suo modo di vedere quelli rientravano nel l’orbita dell'autorità, parla di don Abbondio, a quei livelli ahimè profezia non ne esiste più di alcun genere. Credo che il Manzoni abbia visto giusto anche sotto questo profilo, invece, il personaggio profetico diventa padre Cristoforo e via via Renzo, Lucia e cosi via.
Descrive una società cristiana, in cui il prete é insignificante sul piano della salvezza, perché di questa società è diventato una appendice, e diventandone una appendice non può più esserne il salvatore. Don Abbondio è entrato nell’ovile per la porta? Certo sul piano giuridico é entrato per la porta se entrare per la porta vuol dire ricevere il mandato dal vescovo sul piano giuridico, ma dal punto di vista evangelico è entrato per la porta?
Il Manzoni, nel primo capitolo del Promessi Sposi, sembra essere un seguace di Hobbes, il terribile filosofo, il quale sosteneva che l'uomo era un Dio per l'uomo nei rapporti privati e invece era un lupo per l'altro uomo nei rapporti sociali.
Dunque, la diagnosi manzoniana non fa uso neanche della figura retorica che si chiama la litote; Manzoni non é mai violento, per descrivere don Abbondio diceva, che non aveva un cuore di leone, per non dire un vigliacco. Sentite che cosa dice il Manzoni: “Il clero - lo dice al singolare - vegliava a sostenere e a estendere le sue immunità, la nobiltà, i suoi privilegi e il militare le sue esenzioni”. La nobiltà non i nobili, il militare non i militari, il clero non i preti, perché singolarmente presi potevano anche essere delle brave persone, ma in quanto appartenenti al gruppo: ecco che cosa accadeva di maledetto.
Don Abbondio, per quanto non avesse un cuor di leone, si era accorto di essere in quella società come un vaso di terracotta e così aveva ubbidito ai parenti che lo vollero prete senza pensare molto agli obblighi, né ai nobili fini del ministero.
Allora la religione - dice Manzoni - dà il pane e la classe a don Abbondio, ma la profezia é caduta, la Chiesa cresce su se stessa, perché don Abbondio é sì entrato formalmente per la porta, ma non é entrato per la porta. Se la porta é la chiesa istituzione, allora é entrato per la porta, ma se la porta invece é Cristo no, ed egli appartiene al novero dei mercenari.
Non so quanto gli uomini di questa generazione siano disponibili ad accettare il dono di se stessi a Dio e alla causa di Gesù Buon Pastore. Ora chi si dovesse rendere disponibile deve riflettere, se è prete sulla condizione di potenziale burocrate, e se egli diventa un potenziale burocrate, avrà nella testa una sola idea la carriera, se é figlio di povero la sicurezza.
Come esemplare di vocazione non posso citare che s. Francesco, il quale non era in nulla successore degli apostoli, perché non era neanche diacono, come si va dicendo, eppure ha riportato Cristo nella Chiesa medioevale. La Chiesa più che di preti e di ordini religiosi, ha bisogno di cristiani, perché essere cristiani resta la vocazione più difficile e assolutamente necessaria per avere l'ovile di Cristo.


Sabato 14 Maggio,2011 Ore: 15:53
 
 
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