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www.ildialogo.org 24 aprile 2011 – S. Pasqua,

Le omelie di Padre Aldo Bergamaschi
24 aprile 2011 – S. Pasqua

Pronunciata il 24 aprile 1984


 Giovanni 24,13-8
 Il giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quel o che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto!”. Uscì allora Simon Pietro insieme con l'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.Chinatosi vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva, entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, ed il sudario che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura che egli cioè doveva resuscitare dai morti.
 
La passione di Gesù, che abbiamo percorso in questi giorni, ci ha rivelato l'abisso di malvagità in cui può cadere l’uomo, naturalmente religioso, in nome di Dio può uccidere Dio stesso. L'uomo naturale, religioso o no che egli sia, uccide sempre l'uomo giusto qualora l'uomo giusto penetri dentro alla pasta umana decaduta. Il problema allora é di vedere che cosa rivela la risurrezione di Gesù in chi la crede. Vi sono infatti diversi modi in cui si può interpretare l'evento della risurrezione.
Il primo modo riguarda la risurrezione in sé. Gesù nella coscienza del credente é in un rapporto speciale con Dio e Dio trionfando sulla morte ha definitivamente tolto una incertezza. Oltre la tomba c'é la vita, la morte non é un salto nel nulla, la Sua risurrezione é la garanzia della nostra risurrezione.
Direi che é un ripetere, ai grandi teisti di tutte le epoche, a cominciare da Socrate fino a Seneca, che con le loro intuizioni, le loro convinzioni sulla sopravvivenza dell'uomo dopo la morte, avevano centrato il bersaglio. Ma questa certezza può entusiasmare anche il lupo, facendogli pensare che pure restando lupo per tutta l’eternità, egli potrà appunto sopravvivere con quella sua caratteristica. Nei Campi Elisi può credere anche il padrone degli schiavi, senza mai domandarsi se questo rapporto fra lui e gli altri uomini sia un rapporto degno di entrare nei Campi Elisi
I cristiani non sono i soli a credere nella vita eterna, non sono i soli a credere nella sopravvivenza, non sono i soli a credere nella risurrezione della carne. Dunque ci deve essere un altro modo di interpretare il concetto della risurrezione. Concediamo che essa, la risurrezione, sia un punto specifico di Cristo, un attributo che nessun fondatore di religione si é mai o ha mai osato appropriarsi. Già s. Paolo, distingue il modo di credere dell’intelletto, dal modo di credere del cuore . Cito: Se crederai con il cuore dice Paolo ai Romani, che Dio ha risuscitato Gesù dai morti, tu sarai salvo, ma salvo dove? Salvo qui dalla alienazione che sconvolge la tua natura, non salvo lassù, senza passare attraverso il mutamento della tua natura quaggiù. Perché quella risurrezione, quella di Cristo, comporta l’autenticazione del suo messaggio, il quale messaggio, da quel momento cessa di essere una raccolta di precetti usciti dal cervello di un saggio, ma é la regola stessa del credente, oserei dire, la sua stessa definizione
Credere dunque col cuore - come dice Paolo - alla risurrezione, é un aderire con tutta la vita al discorso della montagna e tradurlo in novità esistenziale, che vuol dire: novità che mai sono apparse sotto la cappa del cielo, all'interno cioè della storia umana. E la fede del messaggio implica come prima richiesta la disponibilità alla rinascita, la disponibilità a rifiutare la propria natura di lupo per accettare la natura di pecora. Accettare di diventare una pecora, la pecora di Cristo non quella degli ovi1i storici, la pecora di Cristo.
Dunque la risurrezione implica la rinuncia di sé, cosi come Gesù Cristo ha rinunciato all'uomo vecchio, all'uomo che si tagliava le unghie e si faceva i capelli per diventare un uomo nuovo, che non é più riconoscibile direttamente dai suoi discepoli, ma che si fa riconoscere dai suoi discepoli, dalla sponda nuova in cui egli viene a trovarsi. Allora la risurrezione è il simbolo di quella che noi chiamiamo la metanoia, che deve invadere l'io personale e l'io sociale di ognuno di noi, perché la cosa più difficile é proprio qui é proprio questa, eliminare fra i due io quello personale e quello sociale, la divaricazione che tutti noi conosciamo, la divaricazione che esiste fra la fede e la vita.
Facciamo un esempio: un bambino apprende dai suoi genitori il dialetto, oppure l’italiano con accento provinciale. Questo modo di parlare diventa per lui una seconda natura fino a convincerlo che quello sia l'unico modo di parlare e di esprimersi tra tutti gli uomini. Poi, un giorno incontra un professore che lo guarda con tristezza e gli fa sentire quale é la retta pronuncia di ogni parola e quale è il modo dunque per uscire dalla babele particolaristica dei linguaggi per diventare fratello autentico di tutti i parlanti. 
Non é sufficiente che questo bambino ammiri il professore come esemplare vivente di retta pronuncia, deve rinunciare al vecchio bambino, scusate il paradosso, perché quel bambino rispetto alla retta pronuncia é già vecchio, e deve rinunciare dunque al vecchio fanciullo per diventare il nuovo fanciullo, il vero fanciullo deve passare attraverso la morte del particolarismo per dare origine al parlante tra i parlanti.
Ma egli dirà: io prego in dialetto, o io prego nell'italiano provinciale e ciò che conta é la preghiera. Ebbene, illusione bambino, illusione fanciullo di te come già consacrato animale religioso. Inutile pregare in dialetto con la falsa pronuncia se la richiesta prima del Risorto é quella di volere che tu parli il buon italiano. Tutte quelle preghiere sono false perché ti danno l'illusione della salvezza, quando la salvezza richiede da te la rinuncia del bambino vecchio.
 Dio non vuole preghiere privatistiche - parlo per metafora - ma vuole che i preganti si intendano prima di tutto tra di loro. Dio non vuole le preghiere del lupo, vuole che il lupo diventi agnello. Il lupo invece pur di restare lupo é pronto a compiere tutti i riti che una religione gli chiede. Ma dalla metafora della scuola, dal mondo dei bambini che possiamo forse ancora raddrizzare, vogliamo passare alla metafora della fabbrica? La risurrezione é lo scossone sulla natura umana così come è, per ricordare a questa natura umana che le cose non vanno bene fino a tanto che non ci sia su di lei il bisturi della rinuncia e del taglio.
Passiamo dalla metafora della scuola alla metafora della fabbrica, laddove nel rapporto di lavoro l'uomo é lupo all’altro uomo e presenta tutti i denti della sua bocca. Un datore di lavoro di nome X non rispetta il contratto nazionale, eppure utilizza l'agevolazione del 15% di sconto sugli oneri fiscali. Il datore di lavoro ha capito che tra gli operai ci sono i buoni e i cattivi, vecchia scoperta, i buoni sono quelli che producono un certo volume di lavoro, i cattivi quelli che producono meno.
Ha scoperto che ci sono talenti e volontà diverse, anche questa antica scoperta. Lui allora pagherà di più quelli che producono secondo le sue esigenze e la loro paga sarà superiore a quella dei loro colleghi del contratto nazionale. Pagherà di meno quelli che producono meno, e 1i pagherà meno dei loro colleghi del contratto nazionale, fino a costringerli moralmente e affaristicamente ad andarsene dalla sua fabbrica, perché nella sua fabbrica debbono restare solo quelli che hanno i talenti della produzione a quel certo volume di altezza.
Questi sono i calcoli sulla natura fatta da cristiani tra cristiani, ciò da cui si prescinde, quindi é il significato della parabola dei talenti sigillata dalla risurrezione di Cristo e quella parabola non é il prodotto di un cervello di un saggio, quella parabola é stata raccontata a noi da Dio stesso e la risurrezione ne è il suggello. Nella parabola dei talenti non si penalizza chi ha ricevuto capacità due, anziché cinque o dieci, ma si penalizza solo chi non é fedele rispetto all'uno al due o al cinque o al dieci, se salta questa indicazione evangelica, il concetto di professionalità diventa incentivo alla lotta di classe, alla lotta di classe senza fine, senza possibilità di soluzione.
Se ci sono cristiani tra i datori di lavoro, come si applica in quel rapporto la fede nella risurrezione di Cristo? La fede nella risurrezione significa restare ognuno in quel rapporto e ammobigliarsi il cervello della impresa di Gesù. Quel mattino, dopo la tristezza dei giorni, è un fatto religioso che ci salva così come siamo, oppure significa accogliere il messaggio di Cristo relativo al precetto dell'amore: amatevi come io ho amato voi, nel rapporto di lavoro, oppure amatevi almeno gli uni gli altri come amate voi stessi.
Per chi é in questo incastro, credere nella risurrezione significa inventare un nuovo rapporto fra me e colui che lavora con me. Non ci sarà più qualcuno che debba dire a un altro: tu lavora io ti pago, questo è il discorso del lupo grosso di fronte al lupo piccolo, giacché c'e' accolita di lupi e non ecclesia di cristiani.
Occorre attuare un progetto comune al quale ognuno partecipa con i propri talenti ed ecco il lavoro. Quando avremo attuato il progetto, produzione del capitale finanziario, ottenuta andando attorno al capitale dato da Dio che é la realtà fuori di noi, ce lo dividiamo in parti eguali, punto e basta. Ecco una scelta rivoluzionaria che nessun gruppo di atei di laici di credenti e di religiosi é mai riuscito a compiere da che mondo é mondo, da che Gesù é risorto, segnando la sua risurrezione mediante il cronos. E anche la risurrezione celebrata dai cristiani resta un rito se non arriva a mordere su questo rapporto primario della nostra convivenza.
Credere nella risurrezione dunque, significa riuscire vincitori sulla pura natura, laddove nel punto in cui questa natura mostra i denti della sua felinità. Significa dunque credere alla risurrezione entrare a porte chiuse, far cadere le divisioni, e portare la pace. Affiancarsi a due viandanti per far loro dimenticare la fatica del viaggio, sedersi a tavola, spezzare il pane nell'agape, chiamare una donna con il suo nome, ripeto: chiamare una donna col suo nome!
     É inutile, anzi é ambiguo credere che Cristo risorto sia il Cristo, se il Cristo risorto non ricorda il messaggio del Cristo storico e non lo rendiamo capace di superare la distorsione della nostra natura.


Sabato 23 Aprile,2011 Ore: 15:52
 
 
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