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Le omelie di padre Aldo Bergamaschi
25 dicembre 2010 Natale

Pronunciata il 25 dicembre1977


25 dicembre 2010 Natale
 
Pronunciata il 25 dicembre1977
Luca 2,1-14
 
In quei giorni un decreto di Cesare augusto ordinò che si facesse il censimento su tutta la terra. Anche Giuseppe che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea e alla città di Davide , chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro in albergo. C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: “gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”.
  
La Nascita di Gesù Cristo comincia a diventare un fatto scordante anche per i cristiani, forse sarebbe meglio non doverne rispondere davanti alla storia, qualcuno si consola erodendo almeno quatto anni di responsabilità alla storia cristiana dicendo: veramente non siamo nel 1977 ma siamo nell’anno 1973, perché ci fu un errore nel computo della nascita di Cristo.
Quando, a partire dal secolo sesto, si tentò il raccordo fra la storia pagana e la storia cristiana, si fece avanti un uomo uno Scita, di nome Dionigi, era piccolo, viveva a Roma e quando tentò il computo commise un errore, si era nel sesto secolo e l’errore rimase.
Ma con l’imperatore Giustiniano, esattamente verso l’anno 529 apertura dell’era cristiana, si arresta il processo storico evolutivo del Natale e si fissa alla data del 25 Dicembre. Data già scelta da un certo papa Liberio a quanto pare. Poi da allora nessuno più spostò quella data, ad eccezione, dei rivoluzionari francesi, i quali sovvertirono il calendario con la speranza di dare vita a un nuovo ciclo storico, anzi a nuovi cicli storici.
La data della nascita di Cristo risultò frutto di una ricerca sul significato della sua venuta. La data può essere anche sbagliata, di questo gli spiriti non si sono adontati e nemmeno noi ne facciamo un grande problema. Ma il significato della Sua venuta invece cominciò a turbare le coscienze e i cervelli.
Se Cristo è lo spartiacque della storia, il prima di Lui è tenebra, il dopo di Lui invece può essere letto in un altro modo, alcuni cervelli dissero: è luce.
Ma venne poi Sant’Agostino: “Vi è - disse - un’infanzia dell’umanità come vi è un’infanzia dell’uomo. L’infanzia dell’umanità va da Adamo a Noè; dalla nascita di Cristo alla fine dei tempi invece, abbiamo un’età decrepita destinata alla consunzione. La venuta di Cristo ha stabilito dunque un presente conclusivo, non più orientato verso l’avvenire, ma solo verso la verticalità del futuro beatifico”.
Su questa affermazione, nessun pensatore cristiano osò affermare che dopo la venuta di Cristo potesse sorgere una nuova era salvifica, una nuova civiltà, un nuovo tipo di progresso, giacché il cristianesimo non si limita a presentare una serie di profeti che annunciano un arrivo del Salvatore, ma presenta l’arrivo di Dio stesso. Dio fatto uomo, Dio-con-noi e quindi se Dio è con noi, siamo al momento invalicabile definitivo di ogni attesa: chiunque ricerca qualcosa d’altro, secondo questa ottica è uno sciagurato.
Da questo momento i cristiani sono dei necrotizzati dal suono di due campane. C’è il suono di una campana, che celebra un Cristo anteriore all’Universo, “In principio era il Verbo”, e poi giù giù da questo pensiero si arriva finalmente al Verbo che si fa carne, che prende carne, dunque che si insedia in questa storia. Un Dio-con-noi per liberarci da tutte le schiavitù, anzi un Dio che ci porterà in casa il rubinetto del latte e del miele. Un Dio-con-noi che ci farà vedere finalmente nel praticello che abbiamo davanti alla casa il lupo che sta pascolando con l’agnello, delizia per i bambini. E poi ecco un altro suono di campana, che ci dice: viviamo dell’età decrepita, ciò che conta è tenerci interiormente pronti per ricevere Cristo giudice.
Gli esegeti a questo punto vedendosi frastornati al suono di queste due campane corrono ai ripari: il suono della prima campana è un suono simbolico sì, ma ci rompe le orecchie. Attenzione anche al suono della seconda campana, vi si può salvare l’anima anche se si è schiavi. Si può andare nel regno dei cieli anche se si è dei servi della gleba, anche se si è dei proletari.
A questo punto, Ottone di Frisinga, cinquanta anni prima che nascesse San Francesco, riesce ad ammansire anche i “lupi”, scriverà che la città di Satana era finalmente scomparsa dal momento in cui gli imperatori erano diventati cattolici ortodossi.
In quell’epoca comincia la contestazione mentale alle istituzioni cristiane. Un abate delle Calabrie di nome Gioacchino da Fiore, nega che ci sia identità tra la prima venuta di Cristo e l’era cristiana. Si capisce, nella versione degli anni mille. Questa edizione del cristianesimo non lo convinceva. “Troppe ingiustizie ci sono, non posso accettare che alla base ci sia la nascita di un Dio, non è vero che Dio è con noi - diceva - se ci sono tante ingiustizie in questo mondo cristiano”. Egli, per sfuggire al rogo, pensa a un nuovo avvento simile a quello dell’anno primo. “Perché il Natale di Cristo non ha portato nulla di veramente nuovo nella convivenza umana, nei rapporti fra gli uomini, il lupo mangia ancora l’agnello, ma cosa più grave l’uomo è lupo per l’altro uomo. La stessa istituzione ecclesiastica che fa ruotare una buona parte dell’anno liturgico intorno al Natale presenta i sintomi di una insanabile decadenza. Occorre ipotizzare la venuta dello Spirito Santo, perché quella del Figlio non è stata sufficiente o capace di cambiare le cose, non è stata capace di cambiare gli uomini e in questa terza età, finalmente cesserà la chiesa gerarchica, strutturata secondo la concezione del potere mondano. Persino la Chiesa dei sacramenti e del diritto canonico, tutto questo finirà nella terza epoca e nascerà finalmente la Chiesa spirituale. Quella sarà l’era della mitezza della vera carità fra gli uomini”.
Intanto, Francesco d’Assisi a Greccio tenta di sottrarre il Bambino all’oblio dei secoli, perché probabilmente la storia si era fermata a Betlem, ma le strutture, ahimè sono d’acciaio e i suoi discepoli, anziché continuare l’attuazione del messaggio là dove egli l’aveva appena iniziata, cominciano a litigare per stabilire l’identità del vero francescanesimo.
Ma se c’è stato un tempo in cui il messaggio fu attuato, dico partendo da questa ipotesi, ci si domanda come mai un tale cristianesimo è andato perduto? Segno che non era un bene degno di essere mantenuto, ricordiamoci che l’umanità non ha mai lasciato cadere nell’oblio i salti di qualità. Ma il messaggio che inizia con Betlem non è mai stato attuato come modello di vita a livello comunitario. Dico un livello di vita che avesse le caratteristiche della ruota, perché se tale fosse stato sarebbe stato anche degno di essere mantenuto e perfezionato dalle generazioni future dei credenti.
La riflessione sul Natale di noi cristiani del XX secolo, meno quattro anni, non deve insistere, sul magnificare un Cristo, che è unico e vero Salvatore dell’uomo, ma deve interrogarsi sul perché qualcuno che ormai è diventato legione, ha sentito il bisogno di riproblematizzare questo discorso, divenuto formula, o di cercare altrove la salvezza dell’uomo. Se ciò è accaduto è perché noi non abbiamo mostrato operante nei nostri rapporti il messaggio di Betlem.
La nascita di Cristo, Dio-con-noi non ha mostrato nei credenti ciò che, a loro stesso dire, aveva promesso. L’augurio di Buon Natale è una richiesta a diventare una creatura nuova, perché così come siamo non facciamo altro che ammorbare la nostra stessa vita, la vita di tutto l’universo. Dobbiamo rinascere, diventare uomini e poi finalmente, come Gesù vuole, diventeremo Dei.


Venerd́ 24 Dicembre,2010 Ore: 16:35
 
 
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