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Le omelie di padre Aldo Bergamaschi
17 ottobre 2010

Pronunciata il 16 ottobre 1983


Luca 18,1-8
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: “C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra se: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi”. E il Signore soggiunse: “Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.
 
Affrontiamo questo passo evangelico che vi confesso non è poi cosi limpido come si potrebbe pensare. Comincio con un episodio che forse ho già raccontato da questo pulpito.
Uno dei sette saggi della Grecia di nome Biante, colui che è autore della famosa massima, 'omnia mea mecum porto' cioè a dire: porto tutto con me, un giorno viaggiava su una nave insieme a dei mercanti. A un certo momento c'è tempesta in vista, il cielo si oscura, i mercanti sono preoccupati, alzano le mani e cominciano a pregare gli dei - credo che pochi marinai si sottraggano al fascino della preghiera -, Biante allora vedendoli in quell'atteggiamento, chiede loro che cosa stanno facendo: stiamo pregando gli dei, risposero. Ma per favore, disse Biante, scappate giù nella stiva tutti, perché se gli dei sanno che voi siete qui manderanno giù fulmini e la nave andrà a fondo sicuramente, nascondetevi, queste preghiere gridate a Dio sono la calamità di tutti i nostri mali, nascondetevi dunque.
. Certo dobbiamo avere orrore di due tipi di uomini, di quelli che non pregano mai e di quelli che pregano troppo. Il buono non prega mai con riti perché prega sempre. Un uomo che veramente non prega mai identifica sé stesso con la verità. Confesso che avrei paura di un uomo di questa specie e, d'altra parte, avrei paura anche di quello che prega troppo.
Gesù, pare avesse una certa tenerezza nei confronti delle vedove, perché attorno alle vedove si ronza per molti motivi, e infatti dice che i farisei facevano delle lunghe preghiere e poi divoravano le case delle vedove. Allora c'è da aver paura anche di quelli che pregano molto e lo fanno per evitare di convertirsi. QuindiuindiQ     ecco il rischio della giustificazione, quelli hanno blindato l’io e lo identificano come verità, quelli manipolano la verità e rischiano di non raggiungere mai laconversione.Voi mi direte: ma in questo passo si incita alla preghiera, vedremo…
Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre. Troppo, troppo storiografico. Questo cattivo, buono apparente, in genere prega molto proprio per un senso di colpa o per non volere abbandonare la sua vita peccaminosa. Pregare sì, diventare creatura nuova no, questo mai.
Atro pasticcio, coinvolgere Dio mediante la preghiera nella nostra attività, e in primis nella attività bellica, vedi la prima lettura. Io domando a chi ha seguito un poco le mie prediche cosa ne pensa di questo episodio di Mosè, quando alzava le mani le cose andavano bene, quando le mani, cadevano andavano male. Ora, coinvolgere Dio proprio nella attività bellica che è il simbolo di tutte le nostre disgrazie, la negazione dell'amore al prossimo nel suo momento più radicale e profondo. Sarebbe, l'attività bellica, il luogo in cui Dio è annullato come Padre e annullandolo come Padre, lo si trasforma in un condottiero che parteggia per un settore dell'umanità, per alcuni uomini contro altri uomini.
Voi capite, polemizzando, si potrebbe dire: e tutte le altre volte in cui le battaglie sono state perdute? Qui si dice che appunto Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo. E quando sono stati sconfitti e portati in esilio allora Dio dov'era? Certo un Dio concepito in questo modo non c'è, non ci può essere.
E anche il concetto di preghiera viene tutto eroso da questa concezione storicistica in cui, in questo caso, la verità si identificherebbe col gruppo, perché la preghiera, anziché rinnovare gli uomini e renderli fratelli, diventa un elemento di divisione e di cattura di Dio stesso.
Voglio raccontarvi un episodio preso dalla storia classica romana. Annibale, dopo la vittoria ottenuta al Trasimeno, dice addirittura che quello è il segno del destino, segno e destino per castigare il console Flaminio. Già, ma se andiamo a vedere la storiografia romana, troviamo una cosa curiosa: Livio penalizza Flaminio perché ha perduto al Trasimeno, vedete le due versioni, non è che Annibale fosse ateo, anche lui aveva i suoi dei, anche lui pregava le sue divinità, ricordate l'occhio giurato contro i romani? Livio dice che Flaminio era un console piuttosto estroso, non aveva preso gli auspici, era partito da Roma con l'esercito senza però aver fatto le pratiche religiose, senza aver pregato, in poche parole, ed ecco il castigo. E Annibale da parte sua dice: io sono il mandato da Dio per immolarlo agli inferi.
Invece di portare l'attenzione sul fatto che degli uomini si stanno massacrando fra di loro, il che non può essere voluto da Dio - non so se voluto dagli dei di parte punica o di parte romana - è certo che il Dio cristiano non può essere assolutamente schierato in nessuno dei due campi.
Vogliamo portare il discorso appena accennato sul fondo della dialettica, dico della dialettica che ci riguarda. Allora, vittorie, popoli, patrie, questi concetti non li contesta nessuno! Si potrebbe dire che il punto centrale non è la perseveranza nella preghiera, ma la certezza che Dio è diverso dal giudice e ci ascolta con prontezza, anzi, ci sorregge interiormente se noi lo invochiamo per una causa giusta. Badate, Dio non ci accontenta per toglierci dai piedi come quel giudice, ma perché ci ama. Il pericolo è pensarlo come un mago anziché come una forza vitale che ci trasforma nel fondo dell'essere.
Che cosa spinge quella vedova a non dare tregua a quel giudice, pregare non è 'defadigare deos' (affaticare gli dei) come dicevano i pagani, ma lottare per la giustizia con la forza di Dio dentro di noi. Noi creiamo un tipo di economia che crea la fame nel mondo e poi preghiamo Dio che ci liberi dalla fame del mondo. Noi mettiamo le premesse per ucciderci in guerra e poi invochiamo Dio perché ci dia la vittoria e la pace.
E ora tentiamo di dare una definizione della preghiera. Pregare, insistere senza stancarci, ecco la forza del credente, insistere senza stancarci per attuare la fede.
Gli uomini non operano per fare giustizia, ma se fanno giustizia la fanno per stare tranquilli, per calcolo, per paura di qualche giudizio. Sarebbe come se una madre desse da mangiare al proprio figlio non per amore ma per evitare di sentirlo piangere. La vedova non va tutti i giorni al tempio a pregare Dio, perché intervenga dall'esterno, come se Egli fosse una specie di Ercole che debba intervenire con la clava in mano per risolvere il problema, ed è questo il modo in cui pensiamo Dio quando preghiamo. No, la vedova non va al tempio perché Dio intervenga, no ella vive con Dio e con la giusta causa giorno per giorno, attimo per attimo, giorno e notte direi, e ha capito, mediante la fede in Dio, che qualcosa non funziona quaggiù, perché qualcuno posto in autorità, bada solo a se stesso, ha perduto cioè il senso della sua funzione, non prega e quindi ha sostituito se stesso alla verità o ha identificato se stesso con la verità.
La vedova non va al tempio a pregare Dio, ma Dio lo ha dentro, Dio e la fede in Lui le dà la forza di affrontare la situazione storica perché, e questo è l'altro capitolo pesante, il bene nel mondo non nascerà se i buoni non si coalizzano fra di loro. I cristiani - se posso fare un paragone – i cristiani uniti potrebbero essere per l'umanità ciò che sono i geni all'interno di tutta la storia umana, i quali, non rappresentano una classe, ma diciamo, rappresentano il la, danno il la alla natura umana nei vari settori della loro ricerca. I cristiani dovrebbero darlo per ciò che attiene ai rapporti socio-economici. Dio, dicevo, interverrà a favore dei suoi eletti quando si chiuderà l'epoca della misericordia. Cioè a dire: quando è finita questa vita, allora ci sarà la giustizia, perché ci sarà il regno di Dio. L'apocatastàsi di Origene, cioè il perdono universale no, coloro che non hanno sviluppato la metanoia andranno nel nulla.
Chi sono gli eletti, non certo i mestieranti della preghiera, coloro che pregano molto: sono coloro che pregano sempre, che hanno cioè una condotta lineare in ogni circostanza della vita. Noi invece, siamo dei furbacchioni, non vogliamo cambiare in nulla, solo poi che in un certo periodo della giornata aggiungiamo le preghiere. Immaginate un lupo che continui a mangiare le pecore poi a un certo momento lo vedete che dice salmi a non finire, bla, bla, bla, ma lupo resta. É ovvio che mediante questa preghiera vuole dare a se stesso una certa garanzia di legalità.
Temo, dice Gesù, che al mio ritorno troverò uomini religiosi che pregano per la pace, perché non ci sia la disoccupazione, e temo di non trovare più cristiani della tempra della vedova, la quale ogni giorno, in nome della propria fede, chiede giustizia a chi deve farla quaggiù e non la fa.


Sabato 16 Ottobre,2010 Ore: 19:52
 
 
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