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Le omelie di padre Aldo Bergamaschi
5 settembre 2010

Pronunciata il 09 Settembre 2001


Vangelo: Luca 14,25-33
In quel tempo, siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa, se ha i mazzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda una ambasceria per la pace. Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”.
 
Qui, sono mazzate: “Se uno viene a me e non odia: sua madre, suo padre, sua moglie, non può essere mio discepolo”. Si può essere cristiani con l’odio nel cuore, avete capito il paradosso?
Chiariamo subito, un piccolo ricamo filologico: l’ebraico esprime il comparativo componendo due contrari: amore-odio, odio-amore. San Matteo infatti dice: “Chi ama il padre ecc.. più di me…”. Cosa vuole allora dire odiare? Odiare vuol dire nell’ebraico o nell’aramaico “amare meno”, allora abbiamo trovato la chiave per metterci d’accordo con questo paradosso e si capirà in che cosa consiste la rivoluzione di Gesù.
Se andiamo a guardare la Genesi: “L’uomo abbandoni madre e padre per unirsi alla sua donna”, dunque “abbandoni” non è “odiare”, voi capite andiamo a mettere la trivella in uno dei cardini della nostra vita sociale “il matrimonio”. L’uomo abbandonerà il padre e la madre per unirsi alla sua donna. Tutti siamo d’accordo che il vincolo tra l’uomo e la donna è superiore a quello del papà e della mamma. Credo che questa sia la morale generale accettata da tutti, lo dico perché voglio che capiate in che cosa consiste la rivoluzione di Gesù.
Altrove c’è un passo del Vangelo che mette in conflitto Gesù con sua madre addirittura: “E chi è mio padre, e chi è mia madre? Mio padre, mia madre, mio fratello, mia sorella e così via sono coloro che fanno la volontà di Dio”. Qui si dice che anche la Madonna non può pretendere nulla sul figlio in ragione della sua discendenza carnale, anche lei, se vuole essere discepola di Gesù, deve entrare in un altro ordine e deve dimenticare di averlo generato, sarò un po’ crudele ma è così. Allora mio padre, mia madre, i miei fratelli sono questi, cioè coloro che hanno rinunciato…e così via, come appare da tutto il Vangelo, cioè coloro che fanno la volontà di Dio. Dunque Gesù presenta il motivo più alto e definitivo, per cui, anche i vincoli famigliari debbono saltare.
Non so se voi abbiate famigliarità con Platone, grande pensatore, il quale per tutta la letteratura - io personalmente ho un’opinione diversa - aveva una sua concezione del matrimonio, che sarà il futuro, almeno a lume di ragione, se uno non entra dentro allo schema indicato da Gesù.
Platone, almeno in un passo, dice di volere tra i custodi della città la comunanza delle donne, quasi tutti gli esegeti dicono che questa è l’unica maniera per affratellare gli uomini. Lo dico in parole capibili: se ognuno di noi non sapesse chi è suo padre o sua madre probabilmente fraternizzerebbe meglio con tutti gli altri, è una di quelle motivazioni per cui Platone sostiene quella teoria, non è proprio così, ma è quella che troverete sui testi e che gli esegeti accettano come buona.
Era una lotta per creare le radici della fratellanza perché questi uomini, come diceva un altro filosofo, sono come le vipere. C’è una leggenda dove si dice che mamma vipera quando deve partorire, va su un albero e poi lascia cadere i viperini per terra e ognuno va per la propria strada, se li facesse in un nido come per gli uccelli, le vipere si mangerebbero le une con le altre. Ecco perché, il filosofo fa questo paragone che sarebbe come richiamare l’idea di Platone. Sarebbe meglio non avere paternità e maternità, siamo tutti fratelli. Noi dal punto di vista cristiano, stiamo lì a discutere da dove veniamo, diciamo che siamo tutti figli di Dio, ma in realtà abbiamo un padre e una madre e così ci sono i timbri di appartenenza e questo porta alle disuguaglianze e così via.
Tutti i discorsi sono chiariti e portati a termine da Rousseau. Voi sapete che la più grande rivoluzione pedagogica è quella portata a termine da Rousseau, in genere il pensiero cattolico criminalizza questo uomo, ma io non sono fra quelli, eventualmente vedremo quali sono i suoi errori, ma quelli che vengono tacciati come tali probabilmente non tutti lo sono. Quest’uomo affronta il problema dell’educazione, strappa il bambino alla famiglia, Emilio non ha né padre né madre, Rousseau dice; tutti i mali derivano dalla famiglia. Sarà la metà del bicchiere, ma almeno all’epoca sua era così.
       Strappiamo allora il bambino alla famiglia e cerchiamo di prepararlo per introdurlo in una società nuova, ma il problema è, quando lo hai educato secondo i principi “naturali” che Rousseau pone a quelli sopranaturali, allora abbiamo fatto una specie di robot che non riesce più a coagularsi con i suoi contemporanei. Rosseau allora smette di scrivere l’Emilio e si affatica attorno a un’altra opera che s’intitola Il contratto Sociale dove per primo nega che l’uomo sia naturalmente socievole, lo dico perché sono problemi che oggi tornano nel mondo politico. Dobbiamo quindi preparare una società in cui Emilio possa essere inserito, finito il ciclo della educazione che gli darò.
Ecco dunque perché il Contratto Sociale appare prima dell’Emilio stesso. Quando Rosseau ebbe pubblicato l’Emilio, la prima reazione nella società inglese fu questa: Tu allora neghi che la famiglia sia una società naturale! Vedete il titolo Contratto Sociale, noi dobbiamo essere tali per contratto. Qui si adombra un po’ quella che noi chiamiamo divisione delle etiche, noi vogliamo sceglierci così e così, quindi se noi riformiamo la società, dentro a questa società riformata (concetto di democrazia), ecco finalmente possiamo mettere Emilio.
La risposta di Rousseau: La famiglia è naturale fino a che i bambini hanno bisogno di papà e di mamma. Questo bisogno quando cessa? A dodici, tredici, quattordici anni, è un problema da chiarire, però è vero che la famiglia è naturale solo per questo motivo, cessato questo compito nemmeno la famiglia è naturale, a questo punto tornerete all’idea di Platone di cui ora non posso parlare.
Voi vedete in quale ginepraio noi ci troviamo anche dal punto di vista etico, qui Gesù scardina e da la motivazione ultima: io devo rinunciare a tutto ciò che storicamente mi condiziona, mi tarpa le ali, mi proibisce di essere quello che dovrei essere e naturalmente dà la motivazione ultima: non lo segue colui che non prende Lui come punto di riferimento ultimo.
     Concludiamo così in quanto il filo del discorso dovrebbe essere questo: prima c’è l’annuncio dello scardinamento della famiglia per trovare il punto assoluto della vera aggregazione fra di noi, anche la famiglia orienta in quella unità di cuori di cui Egli fa il principio sovrano del suo messaggio, diversamente la storia sarà ripetitiva.
Poi i due esempi portati nel Vangelo, sui quali, almeno sull’ultimo non giurerei sia di Gesù. Il primo si può anche accettare: “volendo costruire una torre uno si siede prima a calcolare (…)”. Il secondo esempio, quello dei re, probabilmente è condizionato dalla battaglia di Farsalo che avviene nel 48 a.C., dove avviene la famosa battaglia di Farsalo in cui Cesare sconfigge Pompeo. Lui aveva 22.000 uomini, l’altro ne aveva 47.000, Cesare aveva 1.000 cavalli, l’altro ne aveva 4.000. Probabilmente il riferimento è lì e lo accetto solo per quello che nella psiche popolare c’era ancora su questo fatto. 
Lasciamo sospeso l’ultimo riferimento, quello della torre è interessante perché qui torna un grosso problema: ci può essere un cristianesimo di massa? Molte persone dopo le mie prediche mi chiedono: ma è possibile questo al di là di qualche eletto? Io in questo momento non so rispondervi mi viene la voglia di pensare che quando Gesù si volta indietro e molta gente lo segue, mi pare che dica indirettamente: Badate che io qui non vado a fare una passeggiata, attenzione, se uno vuole essere mio discepolo deve comportarsi in questo modo: deve essere capace di ordinare più che di spezzare i legami familiari o la tradizione, deve avere la capacità di portare la croce senza metterla sulle spalle degli altri, non ci avete mai pensato? Nel mondo in cui siamo, o voi siete datori di lavoro o siete operai, questo è l’orrore che Gesù vorrebbe capovolgere.
Capacità di fare dei calcoli e delle progettazioni, di mettersi a tavolino, di riflettere che cosa è il messaggio di Gesù, che cosa ti chiede, che cosa io debbo rinunciare e così via, allora voi vedete, hanno ragione coloro che dicono che una religione di massa non può essere. Io invece sostengo che può essere a condizione che uno abbia un minimo di cervello per capire il senso del messaggio evangelico.
Capacità di rinunciare all’avere, tra l’avere ci metto anche la vita perché anche quella abbiamo ricevuto. Non si mangia per mangiare, purtroppo siamo tutti in questa tentazione, e molti vivono per vivere, o non sanno perché vivono, dunque allora anche la vita va messa nel conto dell’avere per potere svolgere fino in fondo il significato dell’essere.


Luned́ 30 Agosto,2010 Ore: 15:43
 
 
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