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www.ildialogo.org 6 giugno 2010,

Le omelie di Padre Aldo Bergamaschi
6 giugno 2010

Pronunciata l’1/6/1986


Luca 9,11-17
 
Il quel tempo Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: “Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta”. Gesù disse loro: “Dategli voi, stessi da mangiare”. Ma essi risposero: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che noi non andiamo a comprare viveri per tutta questa gente". C'erano, infatti, circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: “Fateli sedere per gruppi di cinquanta”. Così fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti.
Allora egli prese i cinque pani e due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste.
 
Oggi festa del Corpus Domini. Forse siamo andati troppo lontani e abbiamo confuso il significato della Eucarestia con i suoi possibili effetti. Ma vediamo di affrontare il tema su di un piano più generale. Oggi circola una certa obiezione, e da parte del mondo religioso e da parte del mondo laico, l'obiezione é questa: che la Chiesa avrebbe legato il messaggio alla cultura occidentale, abbiamo sovrapposto i nostri schemi al vero messaggio di Gesù, il messaggio di Gesù é universale e noi lo abbiamo ristretto nella località.
Ed ecco il caso più clamoroso, se non ci avete mai pensato: l'Eucarestia è celebrata con il pane e con il vino. Domanda: ma proprio siamo sicuri che il pane e il vino siano cibi universali e non cibi della civiltà mediterranea?
Ancora: noi diciamo: “Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”, che cosa intendiamo dire? Intendiamo che Gesù Cristo toglie i peccati del mondo; ma questa espressione agnello che cosa potrà significare per un eschimese il quale non conosce certamente gli agnelli. Agnello é un linguaggio figurato che oramai é diventato linguaggio comune o linguaggio addirittura proprio. Tutta la nostra vita di gente loquace é fatta di linguaggi figurati che sono commisti ai linguaggi propri.
E allora io debbo rivolgermi all'intelletto e tenere le altezze di quell'intelletto, vale a dire, le altezze dell’universalismo assoluto. Allora perché non accetto 1'idea di un cristianesimo che deve modellarsi sulle varie culture per non dovere incorrere in queste disgraziate sciagure, cioè la chiusura della universalità del messaggio cristiano dentro alle singole battute, le quali singole battute sono ahimè particolari di particolari.
Un'altra caratteristica del messaggio evangelico é quella appunto di annunciare principi che siano validi per tutti i tempi e per tutti i luoghi. Il problema allora non é quello di adattare ai singoli sistemi culturali il messaggio, ma di vederlo il più possibile privo di agganci culturali nativi per elevarlo ai vertici di un linguaggio assoluto, valido per qualunque cultura, fondata in ogni caso sul pensiero razionale dell'uomo. Se dovessi sospettare che il cattolicesimo é la vittoria egemonica di un gruppo umano su altri, io me ne staccherai immediatamente.
Avete udito la prima lettura sono poche righe, è disastrosa: “Il Dio altissimo che ti ha messo in mano i tuoi nemici” e poi, poco sotto: “…oracolo del Signore siedi alla mia destra affinché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi”. Ci saranno i nemici di Dio, ma Dio non ha nemici di alcun genere, ed ecco dove poi i nemici di Dio diventano i nostri nemici, gli amici degli amici, i nemici dei nemici, è la situazione attuale. Ora il cristianesimo, il cattolicesimo dovrebbe essere l'interpretazione diciamo più fior fiore di questa interpretazione.
Chi è l'eventuale Cattolico? Il cattolico non è chi ha la pienezza della rivelazione, ma colui che crede che tale pienezza sia di Cristo, e credendo in questo si conforma in conseguenza a questa verità creduta. Questo vedete, é un principio universale, si crede o non si crede; non si tratta di agnello o di foca, si tratta di un concetto che non paga il dazio alla singola cultura.
Ancora allora, il cattolico, nell' ipotesi, é colui che entra nella verità, non é colui che la impone, né é colui che la assimila a tal punto da trasformarla nella sua cultura e poi ha la pretesa di imporla agli altri. E la verità intanto non emerge da nessuna parte.
Ora, se il riconoscere che questo é Dio e mediatore universale per la salvezza di tutti gli uomini, se questo significa costituire un gruppo di uomini che si credono privilegiati rispetto agli altri, e poniamo, ne approfittano per imporre agli altri il proprio modello entnocentrico, allora non si é capito niente del messaggio evangelico. Il quale messaggio, riconfermo, é appunto la dichiarazione che siamo tutti eguali, vale a dire, egualmente bisognosi di salvezza, e dichiarare che fare chiesa é tenere aperto questo discorso e non diventare un gruppo legiferante sugli altri in nome di Cristo. Del resto saremmo da capo nell'ebraismo, laddove Dio cioè privilegia un popolo su altri popoli, e questa é la più obbrobriosa spaccatura mai esistita all'interno del genere umano, ed ecco il motivo per cui Gesù é morto.
    Ora, ogni qualvolta il cristianesimo ricade in questi pensieri, si riduce ancora all'interno di una civiltà e di una cultura per ripartire con forza, ed ecco l'intolleranza, per imporla a tutti gli altri.
Voglio chiudere facendo l'analisi di quello che é il nostro rapporto di singoli con la verità conosciuta. Attenzione, perché probabilmente siamo in una fase in cui il sacramentalismo é in lievitazione, e credo che la psiche popolare ami questo genere di ritualismo. Ciò che la psiche popolare non ama é la conversione, il passaggio all’universalismo.
    Prendiamo la posizione dei tifosi di fronte all'evento partita. In quale posizione si trovano i tifosi di fronte all'evento la partita? Intensa unione con l'oggetto, anzi immedesimazione dell'oggetto e forse consumazione della persona nell'oggetto. Ma ahimè é una unità strana, ogni singolo vive perdutamente il proprio oggetto e vi si perde, vi si aliena, ma non fa con gli altri partecipanti che gli stanno accanto all'evento una unione, se non una unione estrinseca. L’unione con l'oggetto non produce assolutamente l'unione fra di loro, ognuno resta quello che é. Tanto é vero che anche due che si odiano possono vedere con la stessa intensità psicologica la partita che si sta giocando.
    Ecco invece che cosa dovrebbe essere e non essere l'Eucarestia.
Ogni credente dovrebbe amare Gesù Cristo con la stessa intensità, badate dico intensità, non dico qualità, intensità con cui il tifoso ama la partita, una settimana, un giorno, un'ora, questa é l'intensità con cui si vive l'evento, ma tale amore dovrebbe trasformare l'amante in una creatura capace di amare anche il prossimo, e questo é il punto che quel genere di amore lascia assolutamente scoperto. Diversamente fratelli miei, é un rito religioso che soddisfa o crea l'illusione di avere preso un ricostituente senza trasformare colui che partecipa al rito.
Allora ecco il pericolo, forse abbiamo trasformato l'Eucarestia in una specie di partita del Mundial. Se cosi fosse, cerchiamo di tornare indietro perché questo é il luogo delle pazzie soggettive e non della trasformazione che Gesù vuole invece che avvenga in noi nell’atto in cui lo mangiamo e lo beviamo.


Lunedě 07 Giugno,2010 Ore: 12:49
 
 
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