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www.ildialogo.org 11 aprile 2010,

Le omelie di padre Aldo Bergamaschi
11 aprile 2010

Pronunciata il 14 aprile 1985


Giovanni 20, 19-31
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani ed il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”.
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”.
Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
 
La mentalità infantilistica in genere se la prende contro gli oppositori della propria verità. Il cristiano medio guarda con sospetto chi non crede, badate: per il solo fatto di non credere.
La prima reazione di un credente nei confronti di chi non crede, o mostra di non credere come lui, è questa: "Ah, brutta persona quella! non crede in Dio", quando invece il cristiano dovrebbe essere tutto impegnato a costruire in positivo la Verità in cui crede. Sì, voi mi direte: Gesù dice “Pace a voiperché gli apostoli si erano ritirati per timore dei Giudei e perché non pensassero che si trattasse di un invasore o di un sicario che entra a porte chiuse con un grimaldello.
Ora, è molto più facile prendersela con chi non crede con il nostro Credo, anziché mostrare che cosa è la propria fede, e come è più facile credere a un Cristo miracolistico, o miracolisticamente inteso, che a un Cristo “dimensione nuova” della propria esistenza. La responsabilità del credente cresce con la eccellenza della sua scoperta, oserei dire: della nuova Verità scoperta. Perché chi non crede, d'ora in poi potrà vedere Dio solo attraverso chi crede. Questa sarebbe la specificità del Cristiano: fare da tramite, giacché Dio è invisibile e si è reso visibile attraverso il Cristo, il quale si è comportato e ha insegnato in un certo modo.
E ora, con chi crederà in Lui, continuerà questa vicenda. Ecco perché Gesù risorto, per farsi conoscere dai suoi, come quello di prima, impiega un certo sforzo: e una prima volta, e una seconda, e una terza; ad alcuni da soli, e agruppi tutti insieme. In questo passo del Vangelo che abbiamo letto assistiamo, nella versione di Giovanni, all'ultimo sforzo per dare la Fede a un incredulo (badate: un incredulo strano, che pure aveva visto il Cristo storico). E molti di noi dicono: mah, se potessimo rivedere il Cristo storico! Lo rivedremo, vedrete che la scienza ce lo farà rivedere, non sto a dirvi come, ma lo rivedremo.
Eppure ci troveremo alla medesima distanza di coloro che si sono trovati a vederlo all'epoca in cui esisteva. Ora, la vera fede in Cristo non è la fede nel Cristo storico - perché questo è problema scientifico - ma è la fede nel Cristo Risorto. Esempio: san Paolo, che non aveva visto né udito il Cristo storico, capisce e crede nel Cristo risorto, e lo comprende meglio che non tutti gli altri apostoli, e certamente meglio di san Tommaso, il quale, mi viene il dubbio che la sua incertezza se la sia trascinata poi per tutta l'esistenza, cioè non abbia capito, come ha capito Paolo, in che cosa consisteva la novità del Cristo, e del Cristo risorto, anche se mi vengono dei dubbi, sul fatto che lo stesso san Paolo probabilmente concepisse, o abbia concepito, la resurrezione come una rianimazione di cadavere.
Vi chiederete: ma che differenza fa, poi, il credere nel Cristo risorto come una rianimazione di cadavere, oppure no? Ma fa differenza, fa differenza! Perché se non fa differenza, allora sono tante le cose che non fanno differenza. Nemmeno la fede in Dio fa differenza, perché in Dio crediamo noi Cristiani, e vi credono i Musulmani, e vi credono anche se non del tutto i Buddisti.
Gesù, con la risurrezione non ritorna alla vita naturale di prima della morte: entra in una nuova dimensione. E tutte le apparizioni lo dimostrano, e io l'ho largamente dimostrato, analizzandole durante questi anni di predicazione. La risurrezione poteva essere riconosciuta solo da coloro che si mettevano, in certo modo, al livello di tale nuova dimensione. La risurrezione non è un prodigio che possa essere mostrato a tutti, senza eccezione, per colpirli o per costringerli alla fede. Se la vita del Risorto fosse stata una continuazione della vecchia vita soggettiva, allora i non credenti sarebbero stati capaci di costatarla, e la loro testimonianza sarebbe stata abilitata a stabilire la realtà della risurrezione. Ma era l'annuncio di nuovi poteri dell'azione umana, e senza una correlativa capacità di discernimento spirituale non poteva esserci attestazione della Sua Verità. Voglio dire questo: il mondo non poteva vedere Cristo e, per una divina impossibilità, Cristo non poteva mostrarsi al mondo.
San Paolo dice: "Io l'ho visto per ultimo, come aborto". Già, ma non lo ha visto né in carne ed ossa, né sotto forma alcuna. Ode soltanto una voce, e poi si fa raccontare il senso degli eventi dagli apostoli, mediante una catechesi che dura un quindicina di giorni, nulla più. Ora vi dirò, a titolo di anticipo, che con mia grande sorpresa san Paolo non racconta mai, nella sua catechesi, un solo miracolo di Gesù Cristo.
Voglio arrivare a dire che per Paolo probabilmente l'unico vero miracolo è la “risurrezione”, giacché mi pare strano che in tutta la sua catechesi non abbia mai a citare un miracolo di Gesù Cristo per dimostrare che egli è il Salvatore. Tutto questo lo troviamo negli evangeli, ma i vangeli sono assai posteriori alle lettere di Paolo.
Ora la tesi drammatica, ma anche esaltante, è che tutti quei miracoli che troviamo nel Vangelo sono una maniera per descrivere la grandezza del personaggio, nulla più. Perché il personaggio per Paolo è grande esattamente in nome e in forza della risurrezione. E Paolo si fa araldo di un Cristo-idea, non di un Cristo-individuo che lui non ha visto nella carne, un Cristo portatore di un messaggio divino, universale e definitivo, un messaggio di salvezza. Qui c'è un Cristo che fonda una Chiesa, il cui compito è la riconciliazione con se stessa, la riconciliazione degli uomini con Dio, e con se stessi. Ecco allora perché Gesù dà la pace.
Ora tocchiamo i problemi dell'attualità. "Riconciliazione" si è detto a Loreto: "dono di Dio attraverso la Chiesa". Allora, questa Chiesa diventa un medium quod. E qui il pericolo, e qui m'è venuto il sospetto: che non abbiano capito in che cosa consiste il dissidio, in che cosa consiste la presenza delle due anime della Chiesa: perdono e riconciliazione, ma volesse il cielo che fossero solo due.
"Perdono e riconciliazione", diceva il presidente dell'Azione Cattolica che è venuto a trovarsi in contrasto con Comunione e Liberazione. Poi l'intervento dell'Osservatore Romano, poi dell'Avvenire. Perdono e riconciliazione come perno, ma rispetto a che cosa? Riconciliazione con se stessa, con Cristo o con il mondo? “La Chiesa deve dire a Loreto - suggeriva il presidente dell'Azione Cattolica - che il primato per lei (cioè per la Chiesa) è nella coerenza del comportamento, nella eticità e nei valori morali della vita quotidiana”. Primato della coerenza, del comportamento, e della eticità, che portano però come conseguenza diretta il rispetto delle motivazioni etiche diverse, anche di quelle impazzite.
Ed è qui dove è insorto l'Osservatore Romano, dove è insorta Comunione e Liberazione, e molti non hanno capito perché.
Io è ovvio che mi distacco da tutte e due le posizioni, perché ormai intendo il Cristianesimo in un altro modo. Ora, in questa affermazione c'è un principio, ed è questo: anzitutto sia la Chiesa a credere Cristo e ad attuare ciò che crede. Voi capite che questo comporta una critica alla Chiesa storica, l’Osservatore Romano e Comunione e Liberazione non possono accettare, perché partono da un altro principio: che la Chiesa storica sia perfetta così come è, e da questo principio parte anche la gerarchia (non tutta, per fortuna ci sono delle eccezioni). Per quanto riguarda questa analisi, mi trovo molto vicino al presidente dell'Azione Cattolica.
 Anzitutto la Chiesa creda in Cristo.


Domenica 11 Aprile,2010 Ore: 08:53
 
 
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