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www.ildialogo.org La guerra non ci dà pace,di Celeste Grossi

La guerra non ci dà pace

di Celeste Grossi

da Adista Segni Nuovi n. 96 del 24/12/2011


Si è tenuta a Como e a Olgiate Comasco, il 9 e 10 dicembre, il XIV Convegno dal titolo “Se vuoi la Pace prepara la Pace”, promosso dal Coordinamento comasco per la Pace.
Da due anni, dopo aver affrontato, con diverse iniziative, temi fortemente intrecciati alla Pace – quali la decrescita economica (iniziativa “Il dolce stil nuovo”), la legalità (“Liberté, fraternité, legalità”), la xenofobia (“In alto mare”) – il Coordinamento comasco per la Pace è ritornato ad occuparsi esplicitamente di guerra, con i convegni del 2010, “Guerra&Pace”, e con quello che si è appena svolto, “Se vuoi la Pace prepara la Pace”.
In occasione dei 50 anni dalla prima marcia Perugia-Assisi, il Coordinamento – al quale partecipano Acli, Arci, Associazione del Volontariato Comasco-Centro Servizi per il Volontariato Como, Comune di Olgiate Comasco, Donne in nero, ecoinformazioni, Emergency, Ipsia, La Rosa Bianca, Liceo scientifico statale G. Terragni Olgiate Comasco – ha ripercorso la storia recente per trovare possibili future prospettive.
Due sessioni dell’iniziativa sono state rivolte ai ragazzi e alla ragazze, nella convinzione che la Pace vada preparata insieme ai giovani.
Alla mattinata di apertura hanno partecipato più di trecento studenti di cinque scuole superiori. Alla proiezione di Domani torno a casa, film documentario di Emergency, sono seguiti gli interventi, coordinati da Roberto Caspani (vicepresidente del Coordinamento), di Alessandro Bertani (vicepresidente di Emergency), di Lucia Viscardi e Nicola Giusti (partecipanti al “Meeting 1000 giovani per la Pace” di settembre).

Restiamo umani
Con un video su Vittorio Arrigoni, «un sognatore, un vincitore», commentato con l’intervento musicale dal vivo di Bruno Tettamanti, è iniziata la seconda sessione che si è svolta nella serata del 9 dicembre ed è stata aperta da Marta Abinti (presidente del sodalizio pacifista che raggruppa una quarantina di amministrazioni comunali e altrettante associazioni), con la citazione di Virginia Wolf: «La guerra è entrata nel quotidiano, eppure bisogna continuare a pensare, a pensare alla Pace».
Il bisogno di sognare la Pace per poterla costruire è stato evocato durante tutto l’incontro da Piero Piraccini (cofondatore della Tavola della Pace), Fabrizio Truini (presidente del Cipax, membro di Pax Christi Roma e autore del libro Aldo Capitini: le radici della non violenza) e poi cantato dai gruppi musicali 7grani e D’altrocanto.
Piero Piraccini ha tracciato un bilancio del lavoro svolto nei cinquant’anni passati dalla prima Perugia-Assisi e nei quindici anni di esistenza della Tavola della Pace. «La prima Marcia era stata osteggiata dalle gerarchie ecclesiastiche e dalla Democrazia Cristiana. Dal 10 dicembre del 1948 abbiamo la Dichiarazione universale dei Diritti umani e ogni anno viene ricordata in questi giorni in tutto il mondo con iniziative analoghe a quella in corso. Ciò è importante perché i diritti sono basilari per la Pace ma c’è bisogno di enorme fatica per costruirla».
«Sognare la Pace – ha affermato Fabrizio Truini – è necessario oggi, perché l’Italia è ancora in guerra in Afghanistan e ha combattuto la recente guerra in Libia». Truini ha svolto il suo intervento a partire dal pensiero di Aldo Capitini, grande pensatore italiano del Novecento e promotore della prima Marcia della Pace e la fratellanza dei popoli. Capitini credeva che per la Pace ci fosse bisogno di democrazia, una democrazia sostanziale, quotidiana, dove tutti e ciascuno possano dare il proprio apporto. Una “omnicrazia”. «Le idee-forza di Capitini sono ancora valide. La nonviolenza è in cammino e deve camminare sui nostri piedi e su quelli dei più giovani. Dobbiamo capire persone come Capitni per comprendere meglio come agire nel nostro tempo».
La serata si è chiusa con due interventi musicali che hanno emozionato il pubblico presente. I 7grani hanno iniziato il concerto dedicando a Vittorio Arrigoni “Redemption song”. I D’altrocanto hanno suonato brani tratti dal repertorio popolare, come “Il disertore”, “Fuoco e mitragliatrici”, “Girotondo”.

1000 giovani per la Giornata dei Diritti umani
Sabato 10 dicembre il liceo Terragni ha celebrato, nell’ambito del convegno, la “X Giornata dei Diritti umani” della scuola. Un flash mob di ragazze e ragazzi a terra, come homeless abbandonati al proprio destino, ha accolto all’ingresso gli studenti. Oltre cinquanta conferenze sui Diritti umani, su esperienze vissute in prima persona, su percorsi di cittadinanza attiva per la Pace hanno poi coinvolto tutte le della scuola e alcuni allievi e allieve giunti in delegazione da altre scuole del territorio.
Il pomeriggio conclusivo è cominciato con la proiezione di un film-documentario sulla prima Perugia-Assisi. Sul tavolo dei relatori una bandiera arcobaleno come quella voluta da Aldo Capitini nel 1961, perché la Pace è come un arcobaleno prima della tempesta: «La Pace – spiega la voce fuori campo del filmato – deve impedire la guerra per non essere solo un bilancio di rovine».
«Il pensiero della non violenza, traguardo del Novecento, è un pensiero complesso, e sicuramente è per questo che persone come Capitini risultano spesso sconosciute. Hanno molti avversari perché sono dei rivoluzionari, degli eversori, vogliono rinnovare la religione e la politica». La Pace è «una questione politica», ha detto Fabrizio Truini. Oggi, come ai tempi di Capitini «occorre un atteggiamento religioso nuovo e una politica che sappia mettere in pratica i percorsi di pace». «Il potere economico ci sta strangolando, a maggior ragione dovremmo opporci alle spese per gli armamenti».
L’africanista Cristiana Fiammin-go ha evidenziato una grave mancanza di informazione sulle guerre, in particolare su quella, più recente, in Libia. Una mancanza di informazione che può essere paragonata a quella della guerra italo-turca del 1911. La guerra in Libia è diversa da come ci è stata presentata. Non è stata “chirurgica”. Molti fino alla fine della guerra non hanno saputo che l’Italia ha avuto il comando delle operazioni militari marittime e nessuno ci ha detto con chiarezza i costi economici della guerra. Siamo stati distratti dalla fascinazione per il progresso militare e tecnologico, cavalcato dai mass media».

Svuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai
La democrazia in Italia è stata attaccata calpestando – con la partecipazione italiana a conflitti armati nei Balcani, in Afghanistan, in Iraq, in Libia – l’articolo 11 della Costituzione: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
Giorgio Beretta (della Rete Disarmo), con molta passione e energia, ha trattato la questione della vendita di armamenti. «C’è bisogno di affiancare a un discorso morale e filosofico sulla Pace atti concreti, per creare fratture nel sistema che permette la guerra». «Il 47% degli armamenti italiani va a finire nei Paesi del Sud del mondo e il 30% in Medio Oriente. Mercati senza i quali alcune industrie del nostro Paese chiuderebbero. è per salvaguardare questi interessi particolari che il commercio degli armamenti non viene fermato: perché farlo metterebbe in crisi il nostro modello di sviluppo». Per opporsi a questo modello di sviluppo e promuovere la pace sono fondamentali rigore, coerenza e competenza. Beretta ha invitato chi si ritiene pacifista a valutare in quale banca aprire il proprio conto per non finanziare imprese che promuovono la guerra.
Piero Maestri (“Guerre&Pace”) ha evidenziato che in seno al movimento pacifista c’è chi si impegna per la Pace e chi si oppone alla guerra. Due posizioni non antitetiche, anzi complementari. «Per costruire la Pace bisogna riconoscere le guerre, i motivi che le generano, individuarne i responsabili e le cause profonde». «Non c’è pace senza rivoluzione, non c’è pace se non si cambia il modello economico». «Riconoscere i responsabili della guerra significa anche riconoscere le nostre responsabilità». «L’Italia è in guerra da vent’anni. Con la guerra si garantiscono il sistema militare industriale e i mercati, si regolano i flussi migratori e delle materie prime». Per opporsi in maniera efficace al perpetrarsi delle guerre è necessario «comprendere le richieste dei popoli nel momento in cui iniziano a essere espresse, per costruire con loro le possibilità di liberarsi pacificamente dalle dittature».

* direttrice di “école”, rivista di idee per l'educazione

 

Articolo tratto da
ADISTA
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Marted́ 20 Dicembre,2011 Ore: 20:19
 
 
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