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www.ildialogo.org UNA TARGA CONTRO LA GUERRA DAVANTI AL MONUMENTO AI CADUTI DI MONTEARGENTARIO.,di Maria Teresa D’Antea

UNA TARGA CONTRO LA GUERRA DAVANTI AL MONUMENTO AI CADUTI DI MONTEARGENTARIO.

di Maria Teresa D’Antea

Ringraziamo l'amica Maria Teresa D’Antea per averci inviato questo suo articolo pubblicato sul Notiziario della diocesi di Pitigliano Sovano Orbetello che riprendiamo in allegato in fondo al testo.
Ogni anno, nella giornata dell’8 dicembre, davanti al monumento ai caduti di Porto Santo Stefano (GR) viene celebrata una cerimonia commemorativa dei caduti locali di quell’assurdo massacro collettivo che furono la prima e la seconda guerra mondiale. Quest’anno le cose sono leggermente cambiate. Qualcuno ha pensato che in una qualsiasi realtà di violenza, come la guerra, il genocidio, il femminicidio, lo stupro eccetera , l’attenzione non deve mai fermarsi solo sulle vittime, come sempre accade, ma soprattutto sui violenti, e cioè i promotori di guerre e i fabbricanti di armi, i razzisti, gli stupratori e via discorrendo. Questo perché di certi fenomeni, ormai intensificatisi oltre ogni decenza (le guerre sono ben 44 nel solo continente africano!) siano almeno comprese le cause. Invece c’è uno strano e pruriginoso pudore, quasi un tabù, a far uscire dall’ombra coloro che alimentano la cultura di guerra con tutto ciò che le ruota intorno. Il tabù tocca vertici grotteschi quando una manifestazione contro la guerra si fa diventare automaticamente marcia per la pace; un incontro per indagare sulla corsa agli armamenti e al nucleare si trasforma in meeting per la pace. Un simile tabù un tempo c’era solo per il sesso. Oggi c’è per la guerra. Non se ne deve parlare. E non ne parlano i giornalisti, specie televisivi, non ne parlano i politici e i governanti, che investono miliardi di euro di pubblico denaro per armare un Paese la cui costituzione vieta la guerra. Per il 2018 l’Italia ha previsto 25 miliardi di euro per armamenti, mentre a molti ospedali basterebbe una tac in più per non far morire di cancro chi se lo vede diagnosticato dopo due o tre mesi di attesa. Ma quello che mi fa perdere la trebisonda è che nella Chiesa, nonostante ci sia oggi un papa in aperta controtendenza, il tabù di non pronunciare la parola guerra è molto osservato. Forse un po’ me lo spiego, ma è proprio questo che mi fa indignare ancora di più. Me lo spiego perché conosco nomi e cognomi di chi, tra le gerarchie, ha fatto investimenti nelle grandi aziende produttrici di armi (le uniche che non falliscono!). Me lo spiego perché conosco nomi e cognomi di chi accanto ad un’alta carica ecclesiastica possiede il grado di maggiore, colonnello o generale di corpo d’armata e uno di essi è stato addirittura presidente della CEI. Me lo spiego, ma la mia coscienza cristiana si ribella al silenzio su tutto ciò, per il semplice fatto che non vedere, non sapere, nascondere e insabbiare significa alimentare il qualunquismo morale nella società, alimentare cioè l’indifferenza, il cinismo e l’individualismo interessato. In altre parole, significa minare le basi etiche di un paese e far morire la sua coscienza civile.
Il gruppo “Mai più la guerra” è nato a Porto Santo Stefano il 7 ottobre 2012 in seno al movimento ecclesiale dei Cursillos di Cristianità proprio per aggiungere la sua piccola voce a quella di tanti altri che stanno lottando nel mondo perché sia delegittimata la più grande vergogna dell’umanità, la guerra, e tutto cioè che di losco gira intorno ad essa, come potentissime fabbriche di ordigni di morte, traffici altrettanto loschi di simili ordigni, la diffusione di una cultura di guerra attraverso la storia e la letteratura. E’ nato come gruppo di preghiera e di studio, proponendosi anche, appena fosse diventato più maturo, un programma di azione. Quest’anno, sull’esempio di qualche altro comune del Sud Italia, ha voluto apporre una targa di marmo, cm. 70x40, davanti al monumento ai caduti con il monito di papa Francesco “La guerra è follia”. Il vescovo mons. Giovanni Roncari, Il sindaco ing. Arturo Cerulli, la vice sindaca Priscilla Schiano e il parroco don Sandro Lusini hanno guidato un piccolo corteo, che dalla chiesa dell’Immacolata è arrivato al monumento ai caduti al seguito della banda “Ivo Baffigi”, diretta dal maestro Alessandro Alocci. Qui il vescovo ha commemorato le vittime dei due più folli spargimenti di sangue del secolo scorso, con un ricordo particolare per le vittime del bombardamento dell’8 dicembre 1943, di cui ricorreva l’anniversario. Don Sandro ha quindi letto una bella preghiera per la pace di papa Francesco e una esponente del gruppo “Mai più la guerra” ha chiarito le motivazioni dell’apposizione di quella targa. Una giornalista, Laura Metrano, ha declamato un brano d’una poesia di Davide Maria Turoldo:” Salmodia contro le armi” Dopo un intervento della vice sindaca sull’assurdità della guerra, ha concluso mons. Roncari ricordando un film dal titolo “Finché c’è guerra c’è speranza”con protagonista Alberto Sordi. Il film narra la storia di un commerciante milanese di materiale idraulico che decide di entrare nel mercato illecito delle armi. Di colpo la sua famiglia passa a un tenore di vita ricchissimo. Ma un giornalista del Corriere della Sera in un articolo lo accusa, definendolo “mercante di morte”. Moglie e figli si vergognano di lui e lo disprezzano. Quando però lui propone di ritornare all’antico mestiere, moglie e figli glielo impediscono, per non rinunciare alla vita di lusso che conducono. Nessuno dei presenti conosceva il film. Una prova che il tabù sulla guerra investe ormai tutti gli ambienti?
Maria Teresa D’Antea


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Notiziario della diocesi di Pitigliano Sovano Orbetello



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Venerdì 15 Dicembre,2017 Ore: 21:00
 
 
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