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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org LA FINE DELL'INNOCENZA, DA “SREBRENICA FINE SECOLO”, DAL RACCONTO DI IBRO M. INTERVISTATO,DI WILLIAM BONAPACE E MARIA PERINO, A CURA DI CARLO CASTELLINI

LA FINE DELL'INNOCENZA, DA “SREBRENICA FINE SECOLO”, DAL RACCONTO DI IBRO M. INTERVISTATO

DI WILLIAM BONAPACE E MARIA PERINO, A CURA DI CARLO CASTELLINI

INTRODUZIONE ALL'INTERVISTA A IBRO M.
a cura di CARLO CASTELLINI.
Introduzione all'intervista.
SREBRENICA sintetizza in modo estremol'implosione di categorie e strutture della modernità e l'esaurimento delle brevi speranze che la caduta dei regimi dell'Europa orientale aveva portato con sé.
In quella città infatti sono emerse le drammatiche contraddizioni dell'intervento umanitario, la profonda inadeguatezza delle Nazioni Unite, la Realpolitik degli stati e le traiche conseguenze delle politiche identitarie.
Il libro raccoglie riflessioni nate e discusse all'interno di diverse realtà che a vario titolo lavorano nei e sui BALCANI, nella consapevolezza che gli argomenti trattati riguardano la nostra contemporaneità e i suoi più profondi dilemmi politici e sociali.
Questa con altre interviste, è posta proprio subito dopo la prefazione del libro. Quasi a toccare con mano che questo non viene scritto a tavolino, lontano dlala realtà frutto delle categorie degli storii, ma parte dalle esperienze vere vissute da un popolo messo in ginocchio dalla forza e dalla brutalità.
Il testo quindi riflette anche nella sua impostazione, queste tensioni e laceranti sofferenze vissute dalla gente comune che aspira alla pace e ad una vita dignitosa, pur nelle differenti ideologie, religioni, razze, etnie. Per questo diviene questo testo, una efficace chiave di lettura per comprendere l'enigma balcanico, ma anche tutti gli altri enigmi di altre guerre europee e planetarie.
(Carlo Castellini)

 

LA FINE DELL'INNOCENZA, DA “SREBRENICA FINE SECOLO”, DAL RACCONTO DI IBRO M. INTERVISTATO, DI WILLIAM BONAPACE E MARIA PERINO, A CURA DI CARLO CASTELLINI.
Introduzione all'argomento.
Non sarebbe stata completa la breve presentazione sia pure sommaria di Srebrenica fine secolo, senza quetsta intervista. Rivela verità taciute, episodi scomodi, come il travestimento dei Serbi che nascondo la propria identità, per poter uccidere connazionali di fede islamica; la paura della gente che crede ai rapresentanti dell'Onu, ma poi viene clamorosamente abbandonata alla sua solitudine e destino; (malattie, fame, tentativi di suicidio, feriti, ecc) il coraggio civile di alcuni che danno esempi eroici e si pongono come salvatori della vita altrui. Meriterebbero subito gli altari; ma pochi conoscono ancora queste storie, perchè i criminali camminano ancora a piede libero ed i compromessi mostruosi tra le grandi potenze fanno affondare tutti i tentativi di trovare le verità più squallide che ci fanno vergognare di essere uomini. (Carlo Castellini).
Potresti dirci il tuo nome e se attualmente lavori?
Mi chiamo IBRO M. No, non ho un lavoro. Ho dei problemi di salute perchè sono stato prigioniero per tre mesi nel campo di Batkovici, dove, io e i miei compagni, siamo stati duramente maltrattati. Infine sono stato trasferito a Doboj”.
Al momento della caduta di SREBRENICA eri un combattente?
Da ogni pare si poteva partire per andare a combattere. Sia che si fose serbo, musulmano, croato, ecc....... dipendeva solo da che parte stavi. Io comunque sono una persona felice perchè non ho mai ferito nessuno. E di questo sono contento”.
Nel corso dell'ultimo mese di assedio avevate consegnato le armi o continuavate a possederne? Quale era l'atmosfera degli ultimi giorni?
L'UNPROFOR (forze di interposizione e di protezione dell'onu) aveva preso tutte le armi. Ogni giorno la paura diventava sempre più grande”.
Da che cosa capivate che la caduta era imminente?
“SREBRENICA è una città piccola ma molto vasta per quanto riguarda il suo territorio. Così da un campo potevi vedere l'avanzata dei SERBI”.
Prima di quel momento era stata organizzata qualche forma di resistenza?
“Chi aveva la possibilità si difendeva, poi c'era l'UNPROFOR e il popolo credeva in esso. La gente ascoltava e credeva in quello che diceva MORILLON”. ( Generale francese dell'Unprofor responsabile delle forze ONU in quell'area. Era stato lui a dichiarare la città “ZONA PROTETTA”, dopo che la popolazione di SREBRENICA nel 1993 non gli aveva consentito di lasciare l'abitato per paura di essere abbandonata al suo destino.
Anche se aveva fatto consegnare le armi?
“Sì, egli disse che lui e le Nazioni Unite avrebbero preso SREBRENICA e l'avrebbero protetta. La popolazione gli credeva. Erano arrivati molti sfollati e loro (le forze Onu, Ndr), dovevano procurarci il cibo. Li a SREBRENICA la gente moriva di fame. Non arrivavano i convogli di cibo. A BRATUNAC venivano fermati e le forze nemiche prendevano tutto.. Da noi arrivavnao solo i furgoni vuoti”.
Come spiegava l'UNPROFOR questi blocchi dei convogli?
“La gente comune come noi non poteva parlare con loro. I SERBI da BRATUNAC non facevano passare i convogli con la farina e il sale; ciò che era più importante lo prendevano loro. Tutto ciò che era necessario per sopravvivere si fermava a Bratunac, il resto poteva passare”.
Ad un certo punto quindi iniziò un attacco vero e proprio? C'era già un piano?
“L'offensiva forete è durata 15 giorni. Dalla SERBIA alla DRINA. Sono morte tante persone. Non guardavano dove buttavano le granate. Non importava se c'erano donne , bambini o anziani.....L'ultimo giorno speravamo che qualcuno ci venisse ad aiutare”.
Che cosa successe? I maschi decisero di abbandonare la città? Avevate degli ordini?
“Non c'era un'organizzazione particolare. Era il panico”.
Quindi non c'era qualcuno che comandava?
“Il comandante ORIC (comandante delle Forze Musulmane di Srebrenica). Arrestato nel 2003 con un mandato di cattura dell'AJA , che lo accusa di crimini di guerra perpetrati a danno della popolazione serba intornoa Srebrenica (cfr. il saggio SETTE GIORNI D'ESTATE, DI A. ROSSINI), era andato a TUZLA ma noi non abbiamo mai saputo perchè ci sia andato. Così il popolo è stato lasciato solo a sé stesso”.
Ti ricordi il giorno in cui hai lasciato la tua casa?
“Donne, anziani, bambini e altri come me sono andati all'UNPROFOR perchè si credeva molto in loro. Quindicimila persone, di cui molte della mjia età volevano uscire attraverso il bosco. Così abbiamo fatto,io, mio padre, i miei due fratelli e tanti altri uomini”.
Quando avete lasciato le vostre famiglie che cosa vi siete detti? Vi siete dati appuntamento da qualche parte? Qual è stato il vosro saluto?
“Mia moglie era molto giovane e mio figlio aveva solo un mese. Ci siamo salutati divendoci che non ci saremmo mai più rivisti. Non ho mai più rivisto mio fratello maggiore, mio padre e mio fratello minore li ho rivisti ancora una volta nel bosco”.
Con chi sei partito?
“Siamo partiti tutti insieme, ma non eravamo neppure usciti dal territorio di Srebrenica che le colonne si sono divise, la gente ha iniziato a perdersi, ci sono stati parecchi morti. Quando sono entrato nel territoiro di BRATUNAC attraverso ilo boscoavevo già camminato tutta la notte e alla mattina mi sono ritrovato nello stesso posto da cui ero partito la notte precedente.......Non si è salvato nessuno. Sono uscito vivo soltanto io. Mio frastello maggiore non è mai stato ritrovato. Mio fratello minore e mio padre li ho incontrati ancora una volta nel bosco. Sono stati uccisi più tardi e ora sono sepolti nel cimitero di POTOCARI”. (Località vicino a Srebrenica dove nel luglio 1995 furono condotti gli abitanti della città. Oggi vi si trova mil cimitero e ikl memoriale dei caduti).
Ti ricordi il giorno in cui sei uscito da Srebrenica?
“L'11 luglio ed ho camminato per dicissette giorni. Dopo sono stato catturato”.
Ti muovevi da solo?
“No, mi muovevo in gruppo. Ewo in un gruppo di dodici persone.. Ma quando mi hanno preso eravamo rimasti in due”.
Venivate bombardati?
“No, ci mitragliavano”.
Quando siete usciti dalla città, con te e con la colonna di 15.000 persone, sono uscite anche le autorità di Srebrenica?
Si ma non erano tra i primi. Loro sono usciti e sono passati nel momento in cui è caduta la linea serba: in quel momento sono passate 4.000 – 5.000 persone”.
Oggi anche la commissione della repubblica SRPSKA, ha ammesso che molti soldati serbi si erano travestiti con le uniformi dell'UNPROFOR e utilizzavano i loro mezzi. Promettevano aiuto, la gente si avvicinava e loro li uccidevano.....
“Sì, ho visto fare queste cose e ne ho parlato anche con i giornalisti locali. Nel comune di BRATUNAC, nel paese di KALDRMICA vicno a OTEKIJA, ho visto dei soldati vestiti da Unprofor parlare la nostra lingua. Essi invitavano i musulmani a seguirli. Pensavo che a chiamarci fosse un interprete così mi sono Avvicinato a venti metri e ho visto che chi si consegnava veniva ucciso. Volevo capire se davvero si trattava dell'Unprofor, se gli altri sarebbero riusciti a passare oppure no. Quando li ho visti uccidere ho capito. Era chiaro che i Serbi si erano travestiti”.
Come hai vissuto quei diciassette giorni nel bosco? C'era solidarietà tra di voi o ognuno cercava di salvare sé stesso?
“E' molto difficile vivere nel bosco. Ho capito che un uomo più piccolo riesce a muoversi meglio, riesce a farsi notare di meno. Nel gruppo dove ero io ognuno cercava di aiutare l'altro. Se raccoglievamo funghi li dividevamo, se raccoglievamo frutti li dividevamo. Dei dodici che eravamo , siamo rimasti in due e hanno poi catturato anche noi. Non so cosa sia successo agli altri”.
Incontravate soldati serbi?
“Succedeva che io vedevo loro, ma loro non vedevano me”.
Quindi dalla parte dei SERBI non c'è stata una penetrazione nei boschi? Tendevano ad aspettarvi fuori?
“Sì, mi hanno catturato vicino alla linea, dove loro avevano le munizioni. In quel periodo la looro linea era piena di soldati perchè sapevano cosa stava succedendo e così aspettavano la gente di Srebrenica. Poiché le colonne che volevano uscire erano tante, si poteva vedere dove passava la gente. I feriti erano molti e si trovavano in giro giacche o maglioni che la gente usava per fasciarli”.
Voi camminavate nella foresta e i SERBI vi sparavano dalle altre colline?
“Proprio così, io ho visto quando mio padre è stato ucciso. L'ho ritrovato dove è caduto. Hanno bruciato il suo corpo. Mio fratello è stato catturato e poi l'ho trovato in una fossa comune a CERSKA.Mio fratello più giovane aveva due figli. La stessa cosa vale per mio fratello maggiore. Sono state uccise così tante persone che no poteti mettere i piesi sulla terra. Poco prima di uscire dal territorio serbo vicno a TUZLA ho provato a passare tra due trincee. Li sedeva un soldato che voleva spararmi. L'ho pregato di non farlo”.
E lui non ha sparato?
“No, mi ha chiesto se c'era qualcun altro. Allora ho chiamato l'altra persona che era con me. Ci hanno ammanettato. Ci hanno portati in una casa dove ho trovato altri due “fratelli” di Srebrenica. Mi hanno messo sul camion e mi hanno portato al comune di SEKOVICI dove io e gli altri civili che erano con me siamo stati picchiati. Da SEKOVICI ci hanno portato a KARAKAJA dove avrebbero deciso cosa fare di me. Faceva molto caldo. Eravamo più di quaranta. Quando eravamo ancora sul camion è arrivata una donna vestita di nero che ha chiesto all'autista:”Che cosa porti adesso?” L'autista ha risposto:”Sai che cosa porto oggi? Porto dei Balija” (termine per indicare in senso dispregiativo un musulmano, Ndr). Allora la donna:”Porti anche loro nella fossa e li ammazzi con un colpo di martello sulla testa?” L'autista ha risposto:”Abbiamo già preso una decisione su di loro; non li ucideremo, servono per lo scambio e quindi li porteremo a BATKOVICI”.
Questo significa che tutti sapevano che cosa stava succedendo?
Sì, sapevano perché per tutto il tempo hanno visto cosa stava succedendo. Ci hanno pertanto portato a BATKOVICI. Lì è arrivata la Croce Rossa. Siamo rimasti lì per tre mesi. Dei prigionieri che erano già lì da un po' di tempo mi hanno detto che avrei dovuto tagliarmi i capelli a zero. In quel campo avevamo da mangiare due volte al giorno: poco pane e poco cavolo. Avevamo due pasti ed erano sempre scarsissimi. C'eraqno poi tanti feriti con i vermi”.
Quindi i feriti non venivano curati?
A volte; qwuando veniva la Croce Rossa, portavano i feriti a cambiare le bende. Solo quando veniva la Croce Rossa”.
Erano tutti di Srebrenica?
Di Srebrenica e dintorni, ma la maggior paerte delle persone era gente scappata da Srebrenica. Eravamo pèiù di duecentocinquanta persone chiuse nei silos di granoe, più avanti, in autunno, faceva molto freddo”.
Vi davano delle coperte?
Si, dormivamo su dei sollevatori, su strutture di legno e ci davano delle coperte. Io avevo la mia giacca che mettevo sotto la testa”.
Quando sei partito da SREBRENICA, avevi qualcosa? Non ti sei portato nulla?
Avevo uno zaino, ma nel primo punto dove ci aspettavano i SERBI l'ho buttato via”.
Sono morte molte persone in quel campo?
Si, molte. Io sono stato molto male perchè durante la fuga ho perso le scarpe. Ho avuto inoltre un blocco alle vie urinarie. Volevo uccidermi. Cercavo qualcosa per uccidermi”. Tra l'altro c'era solo una persona che non picchiava. Era una persona che asveva più di quarantacinque anni. Era un poliziotto comunew. Non ha mai maltrattato nessuno di SREBRENICA e neppure i venticinque Croati che erano lì. Lui però era l'unico bravo, gli altrri picchiavano sempre”. (7)
Quando e come è avvenuta la liberazione?
Il 24 dicembre del 1995. Sono stati fatti degli incontri tra le COMMISSIONI SERBE e le commissioni della nostra nazione per trattare lo scambio dei prigionieri. Tutti i prigionieri sono stati liberati alla presenza dell'UNPROFOR. Mi hanno quindi portato a TUZLA e lì mia madre, quando mi ha visto, ha perso conoscenza”.
I tuoi problemi di salute sono continuati?
Sì, anche oggi ho gravi problemi di salute. Ho problemi con il fegato e con i nervi che mi rendono difficile il sonno. A volte non mi fa male niente, però non riesco a dormire.....Avevo un fratello di due anni più giovane di me e uno di due anni più vecchio.......Anche mio padre non era vecchio. Non ho più nessuno da cercare. Ho perso tutti”.
Tra i maschi della famiglia tu sei l'unico sopravvisusto?
Si.....ho amato molto mio padre”.
Come è nata un'associazione di donne di SREBRENICA, c'è qualcosa per gli uomini? I profughi maschi sopravvissuti si incontrano?
No, non c'è ma ce ne sarebbe bisogno. Siamo usciti da SREBRENICA e ora non siamo né terra, né cielo. Non abbiamo niente, non riusciamo a fare niente”. (IBRO M.)(acura di Carlo Castellini).



Giovedì 27 Agosto,2015 Ore: 09:15
 
 
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