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www.ildialogo.org Il coraggio civile dei soldati che scelgono di giocare a calcio in un prato verde tra due trincee,a cura di Carlo Castellini

Il coraggio civile dei soldati che scelgono di giocare a calcio in un prato verde tra due trincee

come segno di pace contro la guerra provocata dai criminali Radovan Karadzic e Ratko Mladic


a cura di Carlo Castellini

Mi hanno colpito questi quattro episodi chiave che brillano come luce in mezzo al buio della guerra etnica non voluta dalla gente. 1. I soldati di due trincee nemiche si mettono a giocare a calcio e depongono le armi. 2. Una scuola elementare trasformata in lager i cui vengono rinchiusi i musulmani. 3. Una donna rinchiusa in una cantina e stuprata dai sei soldati serbi. Ma il settimo non se la sente la rispetta a rischia anche della sua vita. 4.L'omo in borghese che salva 450 dei suoi connazionali ma perde la sua vita per questo. (Carlo Castellini)
“SREBRENICA FINE SECOLO”, A CURA DI WILLIAM BONAPACE E MARIA PERINO.
CHI E' WILLIAM BONAPACE?
Docente di storia filosofia nei licei, attualmente svolge attività di studio e ricerca presso l'Istituto per la Storia della Resistenza ad Asti. E' membro del Consiglio direttivo della Agenzia della Democrazia locale di Zavidovici.
CHI E' MARIA PERINO?
È stata docente di storia e filosofia nei licei, attualmente è professore a contratto di Sociologia delle Relazioni Etniche e di Relazioni Etniche presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università del Piemonte Orientale; e' membro del Consiglio direttivo dell'Agenzia della Democrazia Locale di Zavidovici.
PERCHE' PARLIAMO DI SREBRENICA?
SREBRENICA sintetizza in modo estremo l'implosione di categorie e strutture della modernità e l'esaurimento delle brevi speranze che la caduta dei regimi dell'Europa orientale aveva portato con sé. In quella città sono infatti emerse le drammatiche contraddizioni dell'intervento umanitario, la profonda inadeguatezza delle Nazioni Unite, la real-politik degli stati e le tragiche conseguenze delle politiche identitarie. Il libro raccoglie riflessioni nate e discusse all'interno di diverse realtà che a vrio titolo lavorano nei e sui Balcani, nella consapevolezza che gli argomenti trattati riguardano la nostra contemporaneità e i suoi più profondi dilemmi politici e sociali. (Testi di : CAMILLO BOANO, WILLIAM BONAPACE, SVETLANA BROZ, GUIDO FRANZINETTI, RADA IVEKOVIC, MICHELE NARDELLI, MARIA PERINO, ANDREA OSKARI ROSSINI).
La storia e le storie.
Un combattente dell'armata BOSNIA ERZEGOVINA che difendeva SARAJEVO durante l'assedio della città durato tre anni e mezzo da parte della REPUBBLICA SERBA, ha illustrato così questo fenomeno:
“I primi anni di guerra li ho passati difendendo Sarajevo nella trincea che distava soltanto 50 metri dalle trincee dell'esercito serbo. Tra di noi c'era un prato rettilineo non minato. Da entrambe le parti, chiunque tirasse fuori la testa dalla trincea poteva essere ammazzato. Dopo alcune notti passate ad origliare ed osservare la trincea nemica, una mattina si udì una voce maschile che sorprese tutti quanti:”Ehi, ragazzi, giochiamo a calcio sul prato!”.
Pensavamo fosse una provocazione ma ci assicurarono con le parole:”Noi non vogliamo spararvi. Questa è una guerra insensata dove noi non vogliamo partecipare attivamente. Se avete paura dite soltanto che neanche voi ci sparerete e noi usciremo fuori dalla trincea per primi”.
Uscirono per primi dalla trincea. Giocavamo a calcio quotidianamente con loro. Se qualcuno avesse potuto vederci in quei giorni probabilmente avrebbe pensato che non eravamo normali. Oggi mi sembra invece che eravamo più normali della maggior parte della gente.
Dopo due settimane di partite di calcio anziché spari, una sera i soldati ci comunicarono dalla trincea nemica:”Noi domattina andiamo a casa per due settimane e al posto nostro arriva un altro gruppo di soldati dall'altra parte della Bosnia. State attenti, loro probabilmente non vorranno giocare a calcio con voi ma spareranno. Se non starete attenti con chi giocheremo a calcio tra due settimane?”
Se ne andarono e successe proprio quello che avevano previsto. Le due settimane successive non potevamo nemmeno tirare fuori la testa dalla trincea perchè i nuovi soldati ci sparavano addosso in continuazione.
“Io sono stato ferito sei volte durante la guerra dalle schegge delle granate, ma non dimenticherò mai il gruppo dei soldati con i quali abbiamo giocato a calcio per quasi un anno, due settimane al mese, mentre erano nella trincea nemica”.
Il direttore di una fabbrica di un piccolo paese nella Bosnia centrale ha testimoniato:”I soldati del Consiglio della Difesa croato e delle unità paramilitari hanno costretto sotto minaccia di armi, gli abitanti di nazionalità mussulmana ad uscire fuori dalle loro case e li hanno portati in una scuola elementare dove hanno creato il lager. Alcuni giorni dopo hanno portato fuori dall'edificio una quarantina di prigionieri, tra i quali mia moglie, i nostri due gemelli di cinque anni e me. Ci hanno schierati in una fila e poi hanno portato un uomo in borghese, un membro del loro gruppo etnico e il mio migliore amico. Gli hanno ordinato di scegliere dieci persone dalla fila e il modo in cui ucciderli. Lui conosceva ognuno di noi. Senza pensare si girò verso gli assassini armati e disse:”VERGOGNATEVI!” Questa è gente innocente che dovete immediatamente lasciare andare a casa. !” Poi si girò verso di noi, e, guardandoci negli occhi, disse:”Mi dispiace, io non posso fare di più. So che stasera mi ammazzeranno, ma a voi auguro buona fortuna!”.
I soldati lo trascinarono da qualche parte e noi ci fecero rientrare nel lager. Aveva ragione il mio miglior amico: lo ammazzarono la sera stessa i criminali del suo stesso gruppo e noi fummo fortunatamente salvati, dopo alcuni mesi, da uno scambio tra prigionieri. La domanda che mi si impone insistentemente è:chi ha diritto di parlare della colpa collettiva di qualsiasi gruppo?”
Un ragazzo che era imprigionato in un lager della Bosnia orientale ha testimoniato di un suo concittadino imbianchino che aiutava i mussulmani perseguitati a sopravvivere al terrore, alle uccisioni e ai maltrattamenti delle unità militari e paramilitari serbe. I criminali che avevano trasformato la scuola elementare in lager, alcuni giorni dopo portarono l'imbianchino davanti a 450 prigionieri in palestra e dissero:”Così finisce un Serbo che aiuta i mussulmani” e davanti a tutti gli spararono una pallottola alla tempia. Anche lui morì per mano del proprio gruppo etnico.
Lo stupro venne proclamato per la prima volta nella storia, durante i processi davanti a ICTY. Il Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia (ndt), un crimine di guerra. Una donna della Bosnia settentrionale testimonia:”Ero rinchiusa da sola nella cantina di un edificio. Quel giorno entrarono sei soldati, uno dopo l'altro, ognuno chiuse la porta a chiave e mi stuprò. Quanto potevo mi difendevo e urlavo. Ero seduta atterrita in un angolo, quando entrò il settimo soldato. Anche lui chiuse la porta a chiave, giunse alla metà della stanza dicendo qualcosa sotto voce. Non riuscivo a sentirlo, così mi si avvicinò e sussurrò:”Urla, ti prego, urla. Io non riesco a farlo ma se non urli quelli li fuori mi ammazzeranno”.
Giudici e magistrati dell'ICTY dell'AJA presenti alla conferenza sulla brava gente ai tempi del male (riferimento al titolo del libro dell'autrice DOBRI LJUDI U VREMENU ZLA (BRAVA GENTE AI TEMPI DEL MALE, NDT), erano sorpresi dal fatto che in BOSNIA ERZEGOVINA durante la guerra esistesse tante gente, di ciascun gruppo etno-nazionale, dotata del coraggio civile di opporsi senza armi al crimine sugli innocenti.
E' anche un fatto che nei loro archivi si trovino tante testimonianze delle vittime sopravvissute che finiscono con la spiegazione che sono stati salvati grazie alle singole persone appartenenti allo stesso gruppo etno-nazionale di quello dei criminali.
I media, gli analisti politici e militari, i sociologi, gli psicologi, persino i filosofi si occupano sovente delle analisi dei leader politici, militari e religiosi i quali solitamente creano e partecipano a quello che viene qualificato dalla giustizia internazionale quale azione criminale.
Al mondo esistono decine di istituti per la pace ma solitamente si occupano della guerra. Tante università hanno gli studi per la PACE e per la guerra ma anche loro solitamente si occupano della guerra e noN della pace. Per fortuna esiste il settore non governativo che, negli stati devastati dalla guerra, assume il ruolo della coscienza della società. Il modo di lottare di queste persone è stato recentemente descritto nella seguente maniera: le persone delle organizzazioni non governative vanno avanti sbattendo la testa contro i muri per permettere poi ai politici di passare attraverso questi varchi aperti.
Fino a quando non esisterà la volontà politica di far affrontare a milioni di persone la verità riguardo a quali e quanti massacri sono stati commessi nel nome del loro gruppo etno-nazionale, fino a quando nella maggior parte degli stati dell'ex JUGOSLAVIA non inizierà un serio processo di “denazificazione” delle coscienze, le organizzazioni non governative rimarranno alfieri della lotta per la ragione e la dignità.
Se non ci fosse stata della gente capace di preservare il coraggio civile, sarebbe stato assurdo lottare per il futuro comune. Essa deve diventare e rimanere il faro che rappresenta per le generazioni l'indicatore dell'umanità.
Se essa aveva il coraggio di sacrificare la propria vita rifiutando il crimine, possiamo noi non avere il dovere morale di parlarne, di scriverne, di documentarne le testimonianze? (SVETLANA BROZ), (a cura di Carlo Castellini).



Sabato 15 Agosto,2015 Ore: 06:55
 
 
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Educazione alla pace

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