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www.ildialogo.org RICORDO DI DANILO DOLCI RIVOLUZIONARIO NONVIOLENTO A NOVANT’ANNI DALLA NASCITA,di Raffaello Saffioti

RICORDO DI DANILO DOLCI RIVOLUZIONARIO NONVIOLENTO A NOVANT’ANNI DALLA NASCITA

Una testimonianza dalla Calabria


di Raffaello Saffioti

Rivoluzione autentica non è mobilitare processi maieutici
in cui cresca, dall’organizzazione, la forza necessaria per cambiare?
Il potenziale del comunicare maieutico è soltanto al suo inizio,
in scala planetaria è da scoprire: contro ogni preteso monopolio
annunzia la responsabilità di una nuova rivoluzione,
immensa, per ogni prossima generazione.
La fissità dell’ammaestramento unidirezionale,
screpolata da secoli, comincia a vacillare.
Guardare il mondo tenendo presente la possibilità della
struttura maieutica, è un po’ come il vedere di Galileo al nostro telescopio.

DANILO DOLCI
DANILO DOLCI viene ricordato, a 90 anni dalla nascita, il 28 e 29 giugno, con una serie di eventi a Trappeto (Palermo), “luogo simbolo della sua vita dedicata al riscatto sociale e culturale della Sicilia”, come si legge nel programma. Gli eventi sono ospitati al Borgo di Dio, riaperto dopo anni di abbandono.
Col passare degli anni, dopo la morte avvenuta il 30 dicembre del 1997, il messaggio che viene dalla vita e dall’opera di Dolci rivela la sua carica profetica, al di là del mito.
La ricorrenza di questo anniversario deve servire, come ogni altra ricorrenza commemorativa, evitando il pericolo della retorica e del ritualismo celebrativo, a ripensare il contributo originale dato da Dolci alla storia del Novecento, come uno dei maestri più grandi della nonviolenza moderna.
La ricorrenza deve servire per la rilettura delle sue opere, per avviare nuove ricerche, per una sua migliore conoscenza e interpretazione, per scoprire aspetti nuovi e inediti.
La mia testimonianza personale.
Danilo Dolci in Calabria.
Questa ricorrenza è per me occasione per rinnovare la mia testimonianza personale, già espressa varie volte negli anni successivi alla sua morte.
Ho avuto la ventura di incontrare Dolci per la prima volta a Barbiana, in quella che fu la scuola di Don Lorenzo Milani, nell’estate del 1986, in un campo di educatori amici della nonviolenza. Da quell’incontro nacque un rapporto di intensa collaborazione durato quasi fino alla sua morte.
Le tracce di questa collaborazione si trovano in molte sue opere.
Partendo dalla mia scuola, l’Istituto Magistrale Statale “Corrado Alvaro” di Palmi, Dolci diede inizio ad un’attività che si è andata progressivamente allargando, con innumerevoli incontri e seminari nelle scuole e nelle città della regione calabrese, documentati nelle sue opere.
Gli incontri di Palmi avevano dato vita al gruppo denominato “Nuovo Ulisse”, e successivamente ad una nuova associazione, denominata Casa per la Pace “D. A. Cardone” (nome del filosofo palmese candidato al Premio Nobel per la Pace del 1963).
Non dico degli innumerevoli ricordi dei rapporti della mia famiglia con i familiari di Dolci. E’ una storia privata che continua.
Collaborando con Dolci, io e i miei amici, abbiamo imparato a sperimentare la “struttura maieutica”, ed abbiamo contribuito alla Bozza di Manifesto sul tema Comunicare, attraverso le sue varie edizioni.
L’ “ultimo” Dolci.
La mia è, principalmente, la testimonianza dell’incontro di Dolci con la Calabria. E’ stato un incontro felice, dovuto, come egli ebbe a dirmi, ad affinità elettiva. L’attività svolta in terra di Calabria e l’humus culturale di questa regione hanno favorito la produzione bibliografica dell’ “ultimo” Dolci.
Momenti forti e significativi del “periodo calabrese” di Dolci sono stati:
  • tre seminari nazionali nel 1991 a Platania (Catanzaro), sui temi:
“Maieutica, identità, poesia”;
“Maieutica e progetto”;
“Maieutica, autoanalisi popolare, identità”;
  • due seminari, pure nazionali, nel 1992 e 1993 a Lorica (Cosenza), sui temi:
“Coscienza, esperienza, maieutica e potere”;
“Valorizzazione della maieutica”.
Come si nota, il tema ricorrente, variamente coniugato, è la “Maieutica”.
Ormai è lontano il tempo in cui Dolci, come ha scritto in una poesia, “aveva quasi pudore a dire” la parola “maieutica”.
Varie sono le opere che documentano l’attività svolta da Dolci in Calabria.
Le più importanti:
  • il poema Occhi ancora rimangono sepolti (Centro Internazionale della Grafica, Venezia, 1987);
  • Dal trasmettere al comunicare (Sonda, Torino, 1988);
  • Variazioni sul tema Comunicare (Qualecultura - Jaca Book, due volumi, Vibo Valentia, 1991);
  • Sorgente e progetto. Per una ricerca autoanalitica dall’intima Calabria all’industria del Nord (Rubbettino, Soveria Mannelli, 1991).
Nel “periodo calabrese”, particolarmente fecondo, avvenne la maturazione del pensiero di Dolci e videro la luce opere che segnano la sua evoluzione in senso filosofico, quasi una svolta.
Opere come Nessi fra esperienza etica e politica (Lacaita, 1993), La legge come germe musicale (Lacaita, 1993), La comunicazione di massa non esiste (Lacaita, 1995), La struttura maieutica e l’evolverci (La Nuova Italia, 1996), offrono materia abbondante per ulteriori ricerche, per la conoscenza più approfondita del suo pensiero.
Possiamo parlare di un Dolci inedito?
Tra i problemi da indagare: il problema religioso, il problema politico, il rapporto tra politica ed educazione.
Perché gli antichi amici e collaboratori di Dolci non riprendono la tradizione dolciana dei seminari nazionali, per aggiornare la conoscenza del suo pensiero e della sua opera?
In questi ultimi tempi la ripubblicazione di testi di Dolci, grazie a due case editrici siciliane, Sellerio di Palermo e Mesogea di Messina, favoriscono la sua riscoperta.
La Bozza di Manifesto sul Comunicare.
Alla Bozza di Manifesto sul tema Comunicare Dolci ha dedicato l’impegno prevalente dell’ultimo periodo della sua vita, rivedendola e rielaborandola continuamente, con sempre nuovi contributi e verifiche di gruppo, in varie parti del mondo. L’ultima versione è entrata a far parte di Comunicare, legge della vita.
Questa può essere considerata, forse, l’opera emblematica e riassuntiva di tutta la vita di Dolci e può essere letta e considerata come il suo testamento spirituale. L’ultima edizione è stata pubblicata da La Nuova Italia, nel 1997, anno della sua morte. Essa è nata dalla sperimentazione della struttura maieutica in varie parti del mondo ed ha, quindi, una dimensione planetaria.
La crisi che vive l’umanità del nostro tempo, dal livello locale a quello globale, rivela il valore profetico del pensiero e dell’opera maieutica di Dolci.
Cosa direbbe oggi Danilo Dolci?
La breve e inusuale ‘prolusione’ che egli ha letto a Bologna il 13 maggio del 1996, in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Scienze dell’Educazione, può essere intesa come un aggiornamento del suo testamento spirituale (“Scuola e Città”, n. 9, 30 settembre 1996).
E’ il grido di allarme di un profeta.
In Comunicare, legge della vita e nella “prolusione” all’Università di Bologna c’è la diagnosi acuta dello “stato confusionale proprio in senso medico” sofferto allora come oggi dall’umanità.
Leggiamo in Comunicare, legge della vita:
“Una malattia ci intossica e impedisce: la vita del mondo è affetta dal virus del dominio, pericolosamente soffre di rapporti sbagliati.
Non un nuovo Golia occorre denunciare, né estranei nemici ma, nei più diversi ambiti, ripensare e rifondare il modo e la qualità dei nostri rapporti, di ogni genere di rapporto.
Talmente abituati siamo a questa malattia, che ci è arduo concepire la salute. Sappiamo quale mondo vogliamo?
L’antico virus va tramando strategie inedite. Una frode sottile ma vasta degenera il mondo, acuta, sistematica, mentre il rapporto esclusivamente unidirezionale nel tempo tende a passivizzare l’altro, gli altri, e a divenire violento. Ove le bombe non bastano, l’inoculazione, la trasmissione propagandistica vengono più e più camuffate da comunicazione.
Malgrado puntuali denunce, finora inadeguate, questa strategia (condotta da persone, gruppi, Stati) subdolamente tende a strumentalizzare la gente, rendendola indifesa e acquiescente. Il bambino, il giovane, il passante nella strada difficilmente può difendersi dalla ingegneria del consenso finché non sa che esiste, e come ordisce, sostenuta da apparati e investimenti smisurati.
I maggiormente pericolosi predatori e parassiti umani perlopiù ragnano legalmente e nell’oscuro. Sovente l’usurpatore e i suoi strumenti vengono esaltati e incentivati dagli stessi oppressi. Insano è frodare, ma anche lasciarsi parassitare, divenendo complici. L’adeguarsi all’ordine del dominio implica la responsabilità del dominatore che quella di chi si lascia dominare.
… Molti strumenti del dominio sfuggono al controllo democratico, sfuggono alla coscienza popolare.
… Arduo è liberarsi dall’inganno che diviene norma. Chi non medita, non pensa liberamente, non distingue tra l’ipnotizzante trasmettere e il comunicare.
… L’uso della televisione, soprattutto da parte dei piccoli, rischia – se eccessivo, indiscriminato, avulso dalla capacità di guardare e sentire criticamente – di espropriare ognuno di sé e di inquinare”.
Nel discorso all’Università di Bologna leggiamo:
“Come è possibile diagnosticare uno ‘stato confusionale’? Osservando in quale modo ci si comporta, e in quale ci si esprime. Guardando l’agire, i fatti, quando emerge una difficoltà come si comportano le persone sane? Cercando di identificare il problema (che significa originariamente proposta), per poterlo risolvere. Come invece si comporta il neurotico (persona, gruppo o popolo)? Si scaglia contro la difficoltà – pur se rappresentata da persone, gruppi, popoli – per eliminarla, talora distruggendosi. La guerra è un fenomeno neurotico” (“Scuola e Città”, cit., pp. 407-8).
Stato confusionale ci significa deperimento pure biologico fino al rischio dell’autodistruzione” sono le ultime parole di quel discorso. Oggi, forse, siamo in grado di capire meglio il senso di quelle parole, quanto fosse giustificato quel grido di allarme.
Era il grido di allarme di un profeta.
Dobbiamo rassegnarci al suicidio?”
Rispondere ad un appello.
Il dovere di quanti vogliono raccogliere l’eredità del pensiero e dell’opera di Dolci, di quelli che vogliono continuare la sua opera, di quelli che sono stati suoi amici e collaboratori, è rispondere alla domanda della “Bozza di Manifesto” in Comunicare, legge della vita: “Dobbiamo rassegnarci al suicidio?”
L’appello è rivolto “a chi più avverte l’immensa portata di questa problematica per la vita del mondo, a tutti coloro cui non sfuggono gli intimi nessi tra la valorizzazione delle intime risorse inesplorate, e la pace – o tra sfruttamento e violenza -, soprattutto a chi nei più diversi contesti esercita una pur varia funzione educativa.
Per scoprire ed esprimere i dirompenti segreti del comunicare occorre che germinino ovunque i suoi laboratori, consolidandosi in comuni fronti”.
Alla fine del discorso all’Università di Bologna, Dolci disse:
“Per il mondo, essenziale nel futuro sarà come valorizzare ognuno attraverso maieutiche strutture a diversi livelli, riguardando dalle evolutive prospettive della scienza della complessità. Essenziale problema è riuscire a concepire strutture maieutiche di reciproca valorizzazione in cui tutti, i più semplici e i più tecnici, possano apprendere a comunicare e a organizzarsi”.
Ancora, da Comunicare, legge della vita:
“L’inaudita complessità dei problemi in un mondo che si dibatte tra la morte ed una nuova vita, richiede analisi e intuizioni approfondite per le quali ognuno può arrecare il suo apporto personale”.
Dolci ritorna in Calabria e rivive con Gioacchino da Fiore.
La recente tesi di laurea dello studente GIUSEPPE TRICOCI, di San Giovanni in Fiore, col titolo “La pedagogia di Danilo Dolci. Un metodo al servizio della Calabria” ha ripreso le tracce lasciate dall’attività svolta da Dolci in questa regione, ed ha provocato, mio tramite, la nascita di un gruppo a San Giovanni in Fiore col nome di “Associazione Florense per lo Sviluppo Creativo”.
Questo nome non intende replicare quello del Centro per lo Sviluppo Creativo “Danilo Dolci” di Palermo, ma deriva dalla tematica del libro Palpitare di nessi (Armando 1985), ripubblicato da Mesogea nel 2012.
Dolci nella “Premessa” aveva scritto:
“La seconda parte (confesso, è quasi un testamento) cerca i nessi tra educare, creatività e sviluppo; guarda nel disperato vuoto prodotto dal mancare della creatività; verifica la nuova forza che può crescere da un rapporto reciprocamente maieutico”.
E’ da un anno che partecipo all’attività dell’Associazione di San Giovanni in Fiore che ha avuto come iniziativa più qualificante la Marcia per la Pace e il Disarmo, dalla località “Jure Vetere” all’Abbazia Florense, svoltasi il 28 maggio scorso.
Il giornale on line “il dialogo” (www.ildialogo.org) ha pubblicato tutti i miei testi che hanno documentato l’attività dell’Associazione e in essi sono costanti i richiami a Dolci e i collegamenti tra il messaggio profetico di Dolci e quello dell’Abate Gioacchino.
Ho contribuito alla Marcia, soprattutto, con la pubblicazione di una piccola antologia col titolo Se vuoi la pace educa alla pace (Pubblisfera Editrice, 2014) e il Vademecum col titolo “Marcia per la pace e il disarmo sulle orme di Gioacchino da Fiore” (Stampa Pubblisfera, maggio 2014).
Dolci è presente in entrambe le pubblicazioni, con più ampio spazio nella “piccola antologia”, con passi scelti da “Cosa è pace?”.
Qual è il destino dei profeti?
Ricordando Dolci in questa ricorrenza, non possiamo né dobbiamo dimenticare le vicende della sua vita. Non possiamo dimenticare i processi, il carcere, e tutte le altre avversità.
Da quanto finora ho scritto, risulta il carattere di Dolci maestro e profeta.
Due domande sono ineludibili:
Qual è il destino dei grandi Maestri?
Qual è il destino dei Profeti?
La storia dice che alla morte di un grande Maestro, i discepoli si dividono sulla interpretazione da dare al suo pensiero e alle sue opere e rimane il problema di cercarne il senso autentico, per non tradirlo.
La storia dei Profeti dice della incomprensione dei contemporanei, spesso della loro condanna, talvolta fino alla morte, e della loro beatificazione postuma.
Poi c’è il rischio che corrono quelli che intendono attualizzarne l’insegnamento.
Un esempio è quello di Gesù nella sinagoga a Nazareth, secondo il racconto che ne fa l’evangelista Luca, al capitolo 4.
Gesù, dopo aver letto il libro del profeta Isaia, disse:
Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite”. “In verità vi dico che nessun profeta è accetto nella sua patria”.
Dopo si scatenò contro di lui l’ira di tutti quelli che erano nella sinagoga.
Si alzarono, lo cacciarono fuori dalla città, e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale era costruita la loro città, per precipitarlo giù”.
Per concludere.
Sapere concretare l’utopia”.
“Sapere concretare l’utopia chiede, col denunciare, un annunciare capace di lottare e costruire frontiere che valorizzino ognuno: l’educazione è rivoluzionaria se si matura valorizzatrice, dunque maieutica”.
Queste parole leggiamo nell’ultima pagina de La struttura maieutica e l’evolverci, l’opera di Dolci pubblicata l’anno prima della sua morte.
Quanto è diffusa la consapevolezza della diagnosi e della proposta avanzata dall’ “ultimo Dolci”?
Nelle frequenti, abituali conversazioni con Dolci negli “anni calabresi” avvertivo in lui lo spirito del genio, del profeta che vede lontano e parla nella prospettiva dei secoli avvenire.
La sua immagine mi accompagna e ce l’ho sempre davanti.
Continuo a conversare con lui, rileggendo le sue opere per trarre ispirazione, per sempre nuove iniziative.
Roma, 28 giugno 2014
Raffaello Saffioti
Centro Gandhi
Associazione Florense per lo Sviluppo Creativo



Domenica 29 Giugno,2014 Ore: 14:02
 
 
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