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www.ildialogo.org LE PIETRE DI JURE VETERE (FIORE ANTICO) PARLANO<br />E NOI DOBBIAMO CAPIRLE<br /> ,di Raffaello Saffioti

LE PIETRE DI JURE VETERE (FIORE ANTICO) PARLANO
E NOI DOBBIAMO CAPIRLE
 

di Raffaello Saffioti

LA NOVITA’ STORICA DELLA PRIMA MARCIA PER LA PACE SULLE ORME DELL’ABATE GIOACCHINO A SAN GIOVANNI IN FIORE


 

e lucemi dallato
Il calavrese abate Giovacchino
di spirito profetico dotato.
DANTE, Paradiso, XII, vv. 139-41

 

Non è vero che tutti amiamo la pace.

La pace che amiamo e dobbiamo realizzare
non è tranquillità, quiete, assenza di sensibilità,
evitare i conflitti necessari, assenza di impegno,
paura del nuovo, ma capacità di rinnovarsi, costruire,
lottare e vincere in modo nuovo: è salute, pienezza di vita
(anche se nell’impegno ci si lascia la pelle),
modo diverso di esistere.
Dice il mio piccolo Amico:”E’ il contrario della guerra”.
DANILO DOLCI, Cosa è pace?,1974
Si può discutere un interpretare ma fra le ginestre di Corazzo
e i boschi di San Giovanni in Fiore otto secoli fa
è germinata una nuova ermeneutica del mondo,
che rischiamo ignorare, dissipare.
L’economia – ci avvisa – è la scienza-arte della salute:
di ciascuno, insieme.
Dell’oscura Calabria Gioacchino e Francesco
sono soltanto due dei profeti, seppure eccezionali di splendore.
Se il veggente esprime il desiderio di strutture pacifiche del mondo,
nel secolo in cui Gandhi solidifica gli strumenti di lotta e innovazione pacifica,
dalla Calabria ancora rigermogliano esperienze concrete a illuminarci.
DANILO DOLCI, Sorgente e progetto, 1991
San Giovanni in Fiore - Interno dell’ Abbazia Florense illuminata dalla luce del giorno
LA MARCIA ILLUMINATA DALLA LUCE CHE VIENE DA ORIENTE
Quella del 28 maggio scorso a San Giovanni in Fiore è stata la Prima edizione della “Marcia per la Pace i diritti umani e il disarmo sulle orme dell’Abate Gioacchino”, lunga dieci chilometri circa. Non ha precedenti ed è stata raccontata magistralmente dal Direttore de “il dialogo” Giovanni Sarubbi con l’editoriale “Viva la pace!” Le foto e il video, a cura della Redazione, pure de “il dialogo”, ne danno una documentazione visiva di straordinaria efficacia.
La Marcia si è svolta in una splendida giornata di sole, illuminata dalla luce di Gioacchino, vista anche da Dante in Paradiso nel suo viaggio ultraterreno. Ha avuto un successo sorprendente e clamoroso ed ora dobbiamo interrogarci sulle ragioni del successo.
E’ certo che in questa Marcia è successo qualcosa di nuovo.
Potrà dirsi storica?
Sarà il futuro a dirlo, anche se il Sindaco di San Giovanni in Fiore Antonio Barile ha già dichiarato “storica” la giornata della Marcia.
Sono tante ormai le Marce per la Pace, ma questa si distingue per la sua originalità.
Essa si è svolta sulle orme di Gioacchino da Fiore e, come è stato detto da Rocco Altieri per il Centro Gandhi di Pisa, “si collega idealmente ad Assisi la patria di Francesco, il santo cristiano della nonviolenza, scelta da Aldo Capitini come meta della prima marcia della pace e della fratellanza tra i popoli svoltasi il 24 settembre 1961”.
La Marcia del 1961 si rivelò profetica. Lo sarà la Marcia del 2014 di San Giovanni in Fiore?
Il percorso scelto per la Marcia, da Jure Vetere all’Abbazia Florense, spiega il suo significato.
La partenza da Jure Vetere (Fiore antico): perché?
Le ragioni e gli obiettivi della Marcia sono stati spiegati con tutti i documenti che ne hanno accompagnato la sua preparazione.
Questi alcuni titoli:
“Sulle orme di Gioacchino da Fiore e Francesco d’Assisi”
“Gioacchino da Fiore genius loci della Calabria e il ripudio della guerra”
“La montagna la luce e il fiore”
“Il Discorso della Montagna e i beni comuni”
Jure Vetere la Pace la Città. Tre beni comuni”.
Il Manifesto della Marcia era una pagina di Gioacchino che diceva del suo grande sogno, le armi cambiate in falci e aratri.
E’ stato pubblicato con la Carta programmatica della Marcia, riproposto con il libretto “Se vuoi la pace educa alla pace” e con il libretto “Vademecum” della Marcia stessa.
Il messaggio di Gioacchino, fiorito in questa terra, si è rivelato universale e dimostra la sua attualità.
La Marcia è stata un invito a cercare il senso dei luoghi, per una presa di coscienza della nostra identità, in un processo educativo e politico.
Tema forte si è rivelato quello che ha legato la montagna, la luce e il fiore, con la loro simbologia, fornendo alla Marcia il filo conduttore. Seguendo le orme di Gioacchino si è delineato un itinerario spirituale che parte dal Tabor, Monte della Trasfigurazione, con Gioacchino arriva alla Sila, montagna calabrese, con Francesco d’Assisi arriva al Subasio, montagna umbra, e con Celestino V arriva al Morrone, montagna abruzzese.
La Montagna. La montagna è il simbolo della trascendenza, della tensione dell’uomo verso il divino. Luogo di ascesi, contemplazione e preghiera.
Gioacchino scelse la montagna silana e in quella montagna vive l’anima profonda della Calabria. E la Sila è stata definita “luogo dell’anima”.
La Luce. Il tema della luce attraversa tutta la Bibbia, dal primo libro, la Genesi, all’ultimo, l’Apocalisse.
La luce è la prima delle creature, nel racconto della creazione.
«E Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu». (Genesi 1,3)
Il libro dell’Apocalisse si chiude con la manifestazione della Gerusalemme celeste (Ap 22,5):
«Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli».
Nei libri profetici la simbologia della luce è collegata soprattutto alla manifestazione del Messia e nel Vangelo di Giovanni c’è la più alta identificazione di Gesù con la luce.
E’ paradigmatico il Prologo, in cui ricorre ben sei volte la parola “fos”, cioè “luce”.
Il Fiore.
“Gioacchino quando va a Nazareth si accorge che lì era nato il fiore dell’umanità. Fiore non è, dunque, una collina di fiori, fiore è Cristo. Quando lui parla di questo casale che chiamerà Fiore, pensa che da esso può nascere quel fiore nuovo che è l’epoca dello Spirito, che può dare alla società un nuovo avvenire. Gioacchino cambia il suo nome, da Gioacchino da Celico in Gioacchino da Fiore, rompendo del tutto con suo padre che non capiva come uno che addirittura era impiegato alla Zecca, impiegato con l’Arcivescovo di Palermo, avesse potuto cambiare del tutto nome e prospettiva” (Padre Felice Scalia)1.
Fiore è annuncio di futuro.“Fiore è irradiare annunziante gioia a ognuno e desiderio sapiente di congiungersi. Nel fiorire l’esistere – fiorire del mondo per il mondo – annunzia e silenziosamente chiama” (Danilo Dolci)2.
Il fiore (boccioli di rosa) è anche uno degli elementi raffigurati nello stemma civico di San Giovanni in Fiore ed è nel nome della città.
La Marcia ha voluto riscoprire il sito archeologico di JURE VETERE ponendolo come luogo di partenza per due ragioni:
  1. perché è la radice e la sorgente della importante storia della città di San Giovanni in Fiore, ed è considerato “simbolo del passato”, “promessa per il futuro”;
  2. perché, dopo le campagne di scavi, ora versa in uno stato di degrado ed ha bisogno di essere salvaguardato.
GIOVANNI GRECO, studioso appassionato della storia di San Giovanni in Fiore e autore di un ponderoso volume sul patrimonio artistico della città 3, ha spiegato all’inizio della Marcia la storia e il significato del sito archeologico.
Negli anni che sono seguiti alla chiusura del cantiere [degli ultimi scavi] l’interesse per Jure Vetere, anche per mancanza di flussi finanziari, si è parecchio affievolito e il sito ha vissuto una fase di dimenticanza e abbandono, che ancora continua, anche se il Centro Internazionale di Studi Gioachimiti e il Comune di San Giovanni in Fiore hanno sempre cercato di tenere desta l’attenzione per la sua difesa, preoccupandosi della vigilanza e avanzando in più occasioni proposte per la sua conservazione e salvaguardia” 4.
Le pietre di Jure Vetere parlano e noi dobbiamo capirle.
Le abbiamo viste e abbiamo ascoltato il loro linguaggio misterioso e arcano, da decifrare.
Iniziando la Marcia abbiamo concepito l’idea di un APPELLO da rivolgere alle scuole e alle associazioni cittadine.
SALVIAMO JURE VETERE BENE COMUNE
ADOTTIAMO JURE VETERE
Ci siamo messi in Marcia col desiderio di ritornare per dare inizio ad altre Marce negli anni futuri.
Jure Vetere rimane fonte di ispirazione e dovrebbe divenire meta di pellegrinaggio.
GIOACCHINO E FRANCESCO
SAN GIOVANNI IN FIORE E ASSISI
La Marcia “sulle orme di Gioacchino da Fiore” si distingue, per la sua originalità, anche dalla più famosa Marcia “Perugia – Assisi”, che si svolge “sulle orme di Francesco d’Assisi”.
Gioacchino da Fiore (1130 c. - 1202) è vissuto prima di Francesco d’Assisi (1181/2 - 1226).
Una pagina di ERNESTO BUONAIUTI serve per dire del rapporto tra Gioacchino da Fiore e Francesco d’Assisi:
La catena appeninica non è soltanto fisicamente la spina dorsale della penisola. Dalla Sila al Subasio è corsa, nella maturità del Medio Evo italiano, una stupenda continuità spirituale.
Aveva annunciato Gioacchino: ‘il primo stato del mondo fu stato di schiavi, il secondo di liberi; il terzo sarà comunità di amici’. Quando il poeta che aveva sciolto l’inno alato alla veniente risurrezione del regno di Dio si spegneva nella solitudine della sua Sila, Francesco subiva in una prigione di Perugia la sua prima delusione politica.
Ma non era ancora suonata l’ora della conversione. Questa sopravvenne, brusca e inattesa, quel giorno in cui a Spoleto, sul punto di arruolarsi ai servizi di Gualtiero di Brienne, Francesco preferì, secondo la consegna di Gioacchino, all’armatura, la cetra.
Gli era giunto agli orecchi il prognostico sconcertante del veggente di Fiore? Impossibile rispondere.
E noi non sapremo mai per quali vie sotterranee il messaggio profetico di Gioacchino da Fiore si insinuò nell’organismo precoce del francescanesimo primitivo. Sta di fatto però che le corrispondenze fra le visioni del terzo stato gioachimita e il programma minoritico sono copiose e precise: dalla consegna assoluta della povertà e della rinuncia, al proselitismo laico, dall’indifferenza e dall’autonomia di fronte ai privilegi curiali, alla concezione della crociata puramente pacifica ed evangelica.
Come la vita di Gesù tradiva conformità prodigiose al vaticinio dei profeti, allo stesso modo l’opera di Francesco si uniformava ai presagi del profeta calabrese.
E solo la fiammata di sogno accesa dalle resine delle pinete silane poteva apprestare, propagandosi su per le balze dell’Appennino, la temperie acconcia allo sbocciare del canto delle Creature”.5
Il corso della storia dopo il Millecento ha reso FRANCESCO nel mondo più famoso di GIOACCHINO, oltre che santo Patrono d’Italia, e Assisi più famosa di San Giovanni in Fiore.
Dobbiamo capire perché.
LA RIFORMA RELIGIOSA CHE L’ITALIA ASPETTA DAL MILLECENTO
DA GIOACCHINO DA FIORE
Sono trascorsi quasi 53 anni dalla prima Marcia per la Pace “Perugia – Assisi” del 1961, inventata da Aldo Capitini, “laico, religioso, nonviolento”. In questi 53 anni il mondo è cambiato, è cambiata la Chiesa cattolica ed è cambiata anche la Marcia “Perugia – Assisi”.
La conoscenza storica è la migliore premessa per proseguire quel cammino e comprendere il senso e la novità della Marcia svoltasi nella patria di Gioacchino da Fiore.
Come racconta lo stesso Capitini nel suo scritto In cammino per la pace, egli dovette affrontare molte critiche per aver scelto Assisi come meta della Marcia.
Ci sono state critiche e rifiuti perché la meta era Assisi, come se noi facessimo concessioni al potere cattolico o compromessi con la religione tradizionale. Collegare San Francesco e Gandhi (avvicinamento che in Oriente si fa molto spesso) voleva dire sceverare l’orientamento nonviolento e popolare dei due dalle circostanze e dagli atteggiamenti particolari; ed era anche uno stimolo a far penetrare nella religione tradizionale italiana, come è sentita dal popolo e soprattutto dalle donne, l’idea che la ‘santità’ è anche fuori del crisma dell’autorità confessionale: la marcia doveva anche servire questa ‘apertura’ (e difatti il nostro Centro ha diffuso il giorno della marcia tremila copie di un numero unico su Gandhi); quando tra il popolo più umile, e tanto importante, dell’Italia si arrivasse a mettere il ritratto di Gandhi in chiesa tra i santi, avremmo quella riforma religiosa che l’Italia aspetta dal Millecento, da Gioacchino da Fiore.
Il prefetto di Perugia aveva mandato alle amministrazioni comunali e provinciali una circolare proibendo di portare alla ‘Marcia della pace’ i gonfaloni della città.
Come le gerarchie ecclesiastiche avevano dato ordine al clero di non partecipare, e nelle chiese era stato detto che quella era una marcia comunista e paracomunista da evitare.
La Marcia è stata una manifestazione ‘dal basso’, che ne ha cominciate tante altre, per isolare i nuclei militaristici e reazionari. Con l’unione stabilita tra i pacifisti e le moltitudini popolari, si è presentato un metodo di lavoro non più minaccioso di violenza, e nello stesso tempo si è avviata un’unità che è la massima che si può stabilire in Italia: quella nel nome della pace”. 6
Quanti tra partecipanti alla Marcia “Perugia – Assisi” e alle altre Marce per la Pace conoscono questa storia?
Dal 1961 ad oggi i tempi sono cambiati, ed ancora non si è avuta “la riforma religiosa che l’Italia aspetta dal Millecento, da Gioacchino da Fiore”.
Ma il Movimento nonviolento fondato da Capitini, e in genere la nonviolenza moderna che ha avuto in Gandhi uno dei suoi Padri fondatori, si sono fatta strada, anche all’interno della Chiesa cattolica e spingono “dal basso” per la sua riforma. Come spingono pure profeti rimasti a lungo isolati, inascoltati, o addirittura condannati.
Lo ha dimostrato anche la Marcia “Perugia – Assisi” del 2011, detta del Cinquantenario. Essa ha ricevuto la benedizione del Papa Benedetto XVI, con un messaggio letto dal Vescovo di Assisi dalla Loggia del Sacro Convento di San Francesco, ed è stata segnata dalla partecipazione di un grandissimo numero di associazioni e movimenti cattolici, parrocchie e altre realtà del variegato mondo cattolico.
Altro segnale significativo dei cambiamenti avvenuti nel cinquantennio era dato prima della Marcia dalla pagina del quotidiano “Avvenire” del 13 settembre 2011, dedicata al ricordo di Capitini. In essa si diceva anche del suo rapporto con la Chiesa cattolica, senza, però, dire della scomunica dalla quale era stato colpito nel 1956.
Questo è un passato scomodo che non va ignorato né rimosso, per superare reticenze, silenzi e omissioni.
Per la riforma della Chiesa il pensiero di Gioacchino rivela ancora oggi la sua carica rivoluzionaria.
Padre FELICE SCALIA ha scritto:
Presupporre una chiesa che passa dal culto della legge alla legge dell’Amore, dalla lettera allo Spirito, significa relativizzare un tipo di gerarchia ed un modo di governo che nella cosiddetta ‘riforma gregoriana’ erano al contrario una meta da perseguire ad ogni costo. Una chiesa che non ha bisogno di un papa-re, né di una banca vaticana, di una burocratizzazione dello Spirito, né di un accentramento disciplinare romano, una simile chiesa fa paura anche oggi, soprattutto a quanti non servono Dio ma si servono di Dio”.7
PACE E DISARMO
SAN GIOVANNI IN FIORE TRA VERONA E ASSISI
Se vogliamo la pace, dobbiamo disarmare la guerra” è stato lo slogan della Marcia.
Alla fine della Marcia, lo spettacolo dell’Anfiteatro con le gradinate ripiene di gente ha richiamato l’Arena di Verona, anch’essa ricolma di gente, dove il 25 aprile scorso ha avuto luogo la manifestazione col titolo “ARENA DI PACE E DISARMO”.
E’ da richiamare il forte e appassionato discorso pronunziato da ALEX ZANOTELLI, citandone alcuni passi.
Noi abbiamo potere.
E’ un potere antico come la saggezza di Gesù di Nazareth, come le tecniche del Mahatma Gandhi. Sono un convertito alla nonviolenza attiva. Mi sono convertito a 50 anni, quando ero direttore di Nigrizia. Sono un seguace di quel Gesù di Nazareth che ha inventato la nonviolenza attiva. Come prete e come missionario mi pongo questa domanda: quand’è che chiese (cattolica, protestante, ortodossa) dichiareranno pubblicamente che è Gesù che ha inventato la nonviolenza attiva?
La nonviolenza attiva è una forza crescente nell’umanità grazie a tanti giganti come Gandhi, Martin Luther King, ma anche a tantissime persone che hanno camminato con noi e sono con noi in questo momento, da Tonino Bello a don Milani e a don Mazzolari. Ricordiamo Balducci e Turoldo che erano qui con noi in una delle grandi Arene, l’Arena del ’91. Ricordiamo uomini come Capitini che stiamo dimenticando. Sono compresenti, parte di questa grande assemblea dell’Arena.
Eccoci qui per fare che cosa? Siamo arrivati ad un punto della storia umana che, ‘o scegliamo la nonviolenza, o -, come diceva Martin Luther King -, la non esistenza. Cioè siamo arrivati ad un punto della storia umana in cui l’umanità deve decidersi a fare un salto di qualità, e non parlo soltanto delle armi, ma ormai di un sistema economico-finanziario, protetto da potentissime armi che stanno pesando su questo ecosistema a tal punto che il pianeta non ci sopporta più.
Un sistema folle dove gli 85 uomini più ricchi al mondo (il primo è Bill Gates), hanno l’equivalente di 3 miliardi e mezzo dei più poveri.
E’ follia totale la nostra!
Ricordiamoci che queste guerre sono fatte anche con le nostre armi. L’Italia produce tante armi pesanti ma anche tante armi di piccolo calibro, che sono soprattutto quelle che ammazzano di più, in particolare in Africa. Dobbiamo incominciare a chiedere al Governo una seria politica di riconversione delle nostre fabbriche d’armi, trasformandole in industria civile che investa nella vita.
Questo sistema è un sistema di morte, ammazza per fame, ammazza per guerra e ammazza il pianeta. Se vogliamo la pace, dobbiamo uscire da questo sistema di guerra perpetua. Noi non vogliamo morire, vogliamo vivere!
In campo militare un NO alla bomba atomica. La bomba atomica in sé è peccato, è la negazione della vita. No alle 200 bombe atomiche presenti in Europa. No alle 70 bombe atomiche presenti sul nostro territorio.
L’Italia sta diventando il cuore del sistema militare mondiale. Non possiamo accettarlo!
Gridiamo invece il nostro Sì alla Vita. Un Sì al lancio della Campagna per creare un dicastero della Difesa Non Armata. La Costituzione lo prevede e la Corte Costituzionale l’ha confermato. Per questo chiediamo al governo investimenti per potenziare la Difesa Non Armata, e ai cittadini di costituirsi con l’opzione fiscale.
E si levi dall’Arena un No ai cappellani militari nell’esercito.
Basta guerre! Lo diciamo nel primo centenario della Prima Guerra Mondiale, definita da Papa Benedetto XV un’ ‘inutile strage’. E’ stata totalmente inutile. In questi 100 anni abbiamo combattuto oltre 140 guerre. Ci siamo sbranati a vicenda! Basta! … Noi vogliamo vita, non armi, non guerre.
Come credente nel Dio della vita, come seguace di quel povero Gesù di Nazareth, come missionario che porta nella sua nella mia carne la sofferenza di chi vive negli inferni umani, supplico tutti voi cittadini italiani e tutti coloro che si riconoscono nella Costituzione Italiana che ripudia la guerra e tutti i cristiani che si riconoscono nella magna carta del Discorso della Montagna, ad unirsi insieme per debellare il cancro della militarizzazione che sta divorando le nostre risorse, uccidendo milioni di persone. Noi vogliamo che i nostri soldi non vengano spesi in morte ma in vita. Tutti, credenti e non, diamoci da fare davvero perché vinca la vita”.8
IL MESSAGGIO DEL CENTRO GANDHI DI PISA
Notevole è stato il messaggio giunto all’Associazione organizzatrice della Marcia dal Centro Gandhi di Pisa, tramite il Presidente ROCCO ALTIERI, col titolo “La pace inizia a scuola. La scuola può disarmare la guerra”. Il Centro Gandhi ha seguito e sostenuto con grande interesse il lavoro che hanno svolto durante l’anno i docenti delle scuole di San Giovanni in Fiore.
Nel messaggio si legge:
E’ importante che la scuola sottragga le nuove generazioni alla retorica della guerra, smascherando gli inganni sottesi al linguaggio degli stati. In passato si preparavano i giovani a sacrificare le proprie vite sull’altare della patria e della civiltà cristiana. Diversamente oggi si invocano la democrazia occidentale e la difesa dei diritti umani per legittimare gli armamenti e gli eserciti, arrivando a chiamare le guerre ‘missioni di pace’.
Nei secoli anche le chiese hanno bandito le crociate e tuttora con i cappellani militari continuano a legittimare gli eserciti.
Le armi di distruzione di massa non consentono più la difesa dei territori, ma provocano solo il genocidio delle popolazioni civili coinvolte negli scontri, senza più vinti o vincitori, come appare evidente a chi osserva gli ultimi accadimenti in Ucraina, in Libia, in Siria e in tutto il vicino Oriente. Perciò l’unica vera difesa dei popoli è chiedere un’autentica politica di disarmo: o gli uomini eliminano le armi o le armi metteranno fine all’umanità, nell’era atomica non ci sono alternative a questo drammatico dilemma.
Anche l’Italia è protagonista della corsa agli armamenti, pur vivendo una grave crisi economica, consentendo con i suoi governi all’acquisto di 90 cacciabombardieri F35, il cui costo è di 14 miliardi di euro, mentre l’intero progetto Joint Strike Fighter supererà i 50 miliardi di euro. L’Italia, inoltre, ‘ospita’ 70 bombe atomiche statunitensi B-61 (20 nella base di Ghedi a Brescia e 50 nella base di Aviano a Pordenone) che stanno per essere ammodernate, al costo di 10 miliardi di dollari, per renderle trasportabili sugli F-35. A quale follia stiamo assistendo, mentre i giovani italiani soffrono la disoccupazione!
Bambini e ragazzi, vi prego, rifiutate le armi giocattolo e i tanti giochi violenti proposti dalle più diffuse playstation. Giovani del Sud non cadete nella trappola di cercare lavoro arruolandovi nell’esercito. Giovani donne del Sud non cadete nell’illusione di emanciparvi indossando una divisa. Vi scongiuro: Non addestratevi all’arte di uccidere!
Esigete, invece, che la scuola coll’educazione civica prepari i giovani alla trasformazione nonviolenta dei conflitti. Entrate numerosi a costituire i corpi civili di pace come fa ‘Operazione Colomba della comunità papa Giovanni XX III’ che nel mondo favorisce la cooperazione tra i popoli e la riconciliazione.
Lo sviluppo della nonviolenza rappresenta davvero il progredire nel mondo contemporaneo della terza età dello Spirito annunciata da Gioacchino da Fiore”.
PROSPETTIVE DELLA MARCIA
Da quanto finora scritto, si possono schematizzare le proposte di prossime iniziative.
  1. L’adozione di “Jure Vetere, bene comune da salvare” da parte delle scuole e delle associazioni di San Giovanni in Fiore.
  2. Progetto didattico: “Dall’articolo 11 all’articolo 52 della Costituzione. Cosa s’intende per ‘difesa della patria come sacro dovere del cittadino’? La difesa civile, non armata e nonviolenta”.
  3. Campagna per il disarmo e la difesa civile. Raccolta di firme per la presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare che inizierà il 2 ottobre 2014, “Giornata internazionale della nonviolenza”.
VERSO LA MARCIA PERUGIA – ASSISI DEL 19 OTTOBRE
La Marcia di San Giovanni in Fiore può essere considerata un preludio alla Marcia Perugia – Assisi, “Per la pace e la fraternità”, in programma per il prossimo 19 ottobre. L’Associazione Florense per lo Sviluppo Creativo ha già dato la sua adesione motivata, più che formale, per le ragioni che si possono desumere dal presente documento. Tra le due Marce abbiamo visto una continuità ideale, proprio per il richiamo ad Aldo Capitini e al collegamento tra Gioacchino da Fiore e Francesco d’Assisi.
E’ utopia pensare ad un gemellaggio tra Assisi e San Giovanni in Fiore?
PER CONCLUDERE
Mentre il corteo della Marcia attraversava la Città, prima di giungere all’Abbazia, mi sentivo rapito dalla sua bellezza e mi sembrava di sognare. Tanti i pensieri che si affacciavano nella mia mente.
Mi tornava in mente l’Apocalisse con la visione di “cieli nuovi e terre nuove”.
Mi tornava in mente Maria Montessori con quanto aveva scritto sui “bambini maestri di pace”, pensiero suggerito dalla presenza festosa e colorita del gran numero di bambini della scuola materna ed elementare.
Percorrendo la via principale della città, chiamata Via Roma, mi chiedevo perché non fosse stato già dato ad essa il nome di “Via Gioacchino da Fiore”.
Ripensavo il messaggio, poeticamente ispirato, inviatomi dal pittore GIANNI LIZIO, da Napoli, mio amico e compagno di tante lotte a San Giovanni in Fiore nei lontani anni ’70.
L’iniziativa della Marcia non è soltanto una occasione di studio e approfondimento del pensiero e dell’opera dell’Abate Gioacchino, ma uno spunto magistrale per fare di San Giovanni in Fiore il centro di una spiritualità inedita ed eccitante dal punto di vista creativo al pari della città di Assisi.
Quella gente, quel luogo, hanno qualcosa di misterioso, ombroso e insieme rigenerante, nascosto ma sorprendente.
Che idea fantastica legare le origini di San Giovanni in Fiore ai simboli archetipici della montagna e della luce con il fiore. Una fonte di spiritualità creativa e attiva oltre il contemporaneo. Una intuizione poetica che supera il dialogo e il racconto.
San Giovanni in Fiore è un centro, anche geograficamente, unico nel suo genere perché è un ‘luogo dell’anima’. La terra di Gioacchino, la Sila, la montagna, rappresentano un fiore antico, sono i semi fecondi della libertà che è dentro di noi, annunciando il futuro silenziosamente.
La libertà è la pacificazione che sboccia nei nostri cuori come un’armatura naturale, spontanea. E’ il rapporto con la luce dell’ascesi comunitaria che non esclude le vicende quotidiane. E’ l’alternativa necessaria per ritrovarci.
Ed ecco la modernità del pensiero di Gioacchino. Il profilo nascosto dell’anima sangiovannese è questo. Basta coglierlo. E’ scritto”.
Roma, 5 giugno 2014
Raffaello Saffioti
Associazione Florense per lo Sviluppo Creativo
raffaello.saffioti@gmail.com

1 RAFFAELLO SAFFIOTI, A Padre Felice Scalia, gesuita scomodo, il Premio speciale “Calabria – Sila – Gioacchino da Fiore” (www.ildialogo.org).
2 DANILO DOLCI (a cura di), Sorgente e progetto. Per una ricerca autoanalitica dall’intima Calabria all’industria del Nord, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 1991, p. 219.
3 GIOVANNI GRECO, Patrimonio artistico di San Giovanni in Fiore. Storia e descrizione, Pubblisfera Edizioni, San Giovanni in Fiore, 2014. E’ un’opera di straordinaria importanza che merita di essere letta e studiata, soprattutto nelle scuole, per conoscere e amare la città.
4 GIOVANNI GRECO, Op. cit., p. 38.
5 ERNESTO BUONAIUTI, Gioacchino da Fiore. I tempi, la vita, il messaggio, Lionello Giordano Editore, Cosenza, 1984, pp. 4-6.
6 ALDO CAPITINI, In cammino per la pace, Einaudi, Torino, 1962; ora in: Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia, 1992.
7 LUIGI PANDOLFI, intervista a Padre FELICE SCALIA, “Da Mazzini ad Obama: l’eredità politica del pensiero di Gioacchino da Fiore”, 18 novembre 2013 (www.scenariglobali.it).
8 Dal testo del discorso inviato dallo stesso Zanotelli al Centro Gandhi di Pisa.



Venerdì 06 Giugno,2014 Ore: 15:46
 
 
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