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www.ildialogo.org GANDHI,di Gianni Sofri

Verso il 2 ottobre
GANDHI

di Gianni Sofri

[Gianni Sofri, prestigioso docente universitario di storia contemporanea e di storia dei paesi afroasiatici, gia' presidente del consiglio comunale di Bologna, e' anche uno dei maggiori conoscitori della figura e dell'opera di Gandhi. Tra le opere di Gianni Sofri: Il modo di produzione asiatico, Einaudi, Torino 1973; con Pier Cesare Bori, Gandhi e Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1985; Gandhi in Italia, Il Mulino, Bologna 1988; Gandhi e l'India, Giunti, Firenze 1995.
Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento (traduzione del fondamentale libro di Gandhi: Hind Swaraj; ora disponibile anche in nuova traduzione col titolo Vi spiego i mali della civilta' moderna, Gandhi Edizioni); La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori, e quello di Christine Jordis, Gandhi, Feltrinelli. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006]
L'ho scritto piu' volte, e non mi stancavo di ripeterlo agli studenti quando insegnavo. Lo faro' qui ancora una volta perche' mi sembra importante. Gandhi non e' un pensatore organico. La sua opera completa (i Collected Works nell'edizione nazionale curata dal governo indiano) riempie novantotto grossi volumi e non e' neppure veramente "completa". Tuttavia, essa comprende pochissimi libri e, invece, centinaia di articoli. Per lunghi periodi, ne scriveva, praticamente, ogni giorno, per non parlare delle migliaia e migliaia di lettere. Anche i suoi libri, in molti casi, sono usciti per la prima volta a puntate, sui suoi giornali.
Il piu' celebre dei suoi scritti, e cioe' la sua autobiografia (nota in italiano come La mia vita per la liberta'), fu iniziata da Gandhi, nel 1924, nel carcere di Yeravda, e pubblicata a puntate, fra il '25 e il '26, nel suo giornale in gujarati "Navajivan" (Vita nuova). Apparve in seguito in volume, dapprima in gujarati, poi nella traduzione inglese curata dal suo segretario Mahadev Desai, in due tomi, nel 1927 e 1929. Gandhi la intitolo', non certo a caso, An Autobiography, or the Story of my Experiences with the Truth: un titolo che corrispondeva alla visione "sperimentale" che Gandhi aveva della propria vita e del proprio pensiero. Il Mahatma aveva infatti principi molto profondi e radicati, ma era pronto a rimettere in discussione anche quelli, giorno dopo giorno. Affrontava problemi concreti, si muoveva in situazioni storiche particolari e concrete. Non viveva in un vacuum, ma era chiamato ad operare e a scegliere in un mondo politico e culturale estremamente complesso e vario (la tendenza a creare una semplice equazione tra Gandhi e la lotta dell'India per l'indipendenza e' un'assoluta sciocchezza: ma questo ci porterebbe molto lontano). Anche per questo le sue scelte, pur guidate da una forte carica morale (che gli faceva rifiutare, per fare un esempio, la distinzione tra mezzi e fini), erano spesso imprevedibili. Non corrispondono, ancora per esemplificare, alla sua image d'Epinal, alla sua rappresentazione piu' idillica e devozionale, i suoi elogi del compromesso. "Sempre nella vita - scrisse nell'Autobiografia - proprio la mia passione per la verita' mi ha insegnato ad apprezzare la bellezza del compromesso". E a Louis Fischer, un giornalista che fu anche suo biografo, disse: "Sono essenzialmente un uomo incline al compromesso perche' non sono mai sicuro di essere nel vero". Gandhi non corrisponde neppure all'immagine della coerenza fino alla morte, senza se e senza ma, come diremmo oggi. Nel 1936 scrisse: "Le opinioni che mi sono formato e le conclusioni a cui sono giunto non sono definitive. Potrei modificarle in qualunque momento".
La mia insistenza su questo aspetto della figura di Gandhi potrebbe lasciare perplesso qualche lettore. Citero' allora altre due testimonianze, prima di concludere cercando di spiegare perche' questo problema mi sembra importante.
Uno dei maggiori specialisti della storia moderna dell'India, il francese Claude Markovits, ha scritto fra l'altro che "Gandhi e' partito da una messa in opera essenzialmente pragmatica di un insieme di tecniche di lotta gia' note, finendo poi per enunciare una sorta di filosofia di natura assai generale, che non ha pero' mai fatto oggetto di un'esposizione sistematica". (Gandhi, Paris, Presses de Sciences Po, 2000). Aggiungo l'opinione di Vidiadhar S. Naipaul, nato a Trinidad da famiglia originaria dell'India, premio Nobel e considerato (con una frase tanto ripetuta da divenire quasi uno stereotipo) "il maggiore scrittore vivente di lingua inglese". Di Naipaul Adelphi ha pubblicato di recente un libro del 2007 (Scrittori di uno scrittore) in cui Gandhi e' molto presente. Naipaul non e' certo un suo simpatizzante, e non rinuncia neppure parlando di lui a esercitare una sofisticata perfidia, e il gusto di epater le bourgeois. Ne e' tuttavia in un certo modo affascinato e considera la sua autobiografia (che dice di aver letto molte volte, trovandovi ogni volta qualcosa di nuovo) "un capolavoro", i cui primi capitoli "possiedono una qualita' fiabesca". In una delle sue pagine, che non mancano certo di notazioni acute e stimolanti, Naipaul accenna al pensiero di Gandhi come privo di organicita', "fatto di frammenti disparati attinti qua e la'" e tenuti insieme da un'unita' solo apparente. Eccessivo, a mio parere, ma non privo di ragioni.
Perche' tener presente questo problema e' importante? Perche' il non farlo puo' produrre conseguenze potenzialmente pericolose. Gandhi non e' un teorico della politica, che si possa analizzare come Hobbes o Carl Schmitt. E neppure un professore di filosofia cui rivedere le bucce. Non ha un sistema. Se lo si tratta come l'autore di un sistema, si corrono dei rischi sia essendo simpatizzanti di Gandhi e della nonviolenza, sia essendone dei critici. Il simpatizzante ne dara' un'immagine sistematica che non esiste, e rendera' difficile quell'opera libera e inventiva di adattamento che ogni tentativo di applicazione della nonviolenza ad altri tempi e luoghi richiede. Il critico si mettera' a correggere il Professor Gandhi rilevandone con accademico cipiglio le incoerenze e i compromessi, come se Gandhi non li avesse messi sul tavolo a priori, in maniera schietta e trasparente (due qualita' che fanno parte integrante del suo insegnamento). Questo non vuol dire, naturalmente, che non ci siano in Gandhi degli aspetti di universalita' che lo rendono ancora oggi attuale; meno che mai che non si possa (non si debba!) criticarlo e indicare quanto ci sia di non condivisibile nel suo pensiero. Nel mio piccolo (per quanto mi riguarda), vedo in Gandhi un tasso molto elevato di universalita' e al contempo molte ragioni di critica. Ma mi sembra giusto affrontare l'una e le altre con grande rispetto di contesti storici, di una vita, di un susseguirsi di esperienze, di incontri e scontri culturali.
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Venerd́ 01 Ottobre,2010 Ore: 16:59
 
 
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