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www.ildialogo.org Intervista a Paolo Cacciari,di Paolo Arena e Marco Graziotti

LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA
Intervista a Paolo Cacciari

di Paolo Arena e Marco Graziotti

[Ringraziamo Paolo Arena (per contatti: paoloarena@fastwebnet.it) e Marco Graziotti (per contatti: graziottimarco@gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista a Paolo Cacciari.
Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.
Su Paolo Cacciari si veda la risposta all'ultima domanda di questa intervista]

- Paolo Arena e Marco Graziotti Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?
- Paolo Cacciari: Tanti anni fa, mia moglie, Bruna Bianchi, che insegna Storia delle donne a Ca' Foscari, mi ha fatto conoscere Tolstoj e Gandhi. Poi ho capito, nel concreto svolgimento della mia attivita' politica, che non vi e' alternativa possibile al cambiamento che non passi attraverso il convincimento e il coinvolgimento.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?
- Paolo Cacciari: Aldo Capitini, perche' mi ha fornito una lettura immediatamente politica della nonviolenza (il legame con la democrazia). E Danilo Dolci per la sua analisi sulla distinzione tra potere e dominio.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?
- Paolo Cacciari: Tolstoj, Il regno di Dio e' in voi. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, a cura di Giuliano Pontara.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?
- Paolo Cacciari: Cosa intendete per “iniziative nonviolente”? Bisognerebbe uscire dall’idea che le iniziative nonviolente siano solo quelle targate dalle associazioni nonviolente. Anche la resistenza alla Fiom a Pomigliano e' stata nonviolenta. Penso, comunque, che l’obiezione fiscale alle spese militari rimanga sempre essenziale. Penso poi al lavoro che stanno facendo vari gruppi di interposizione e riconciliazione (Balcani, Palestina). Se guardiamo alle grandi emergenze in generale, penso che la mobilitazione appena avviata sulla giustizia climatica in vista della ripresa dei lavori della conferenza tra le parti sulle emissioni di gas climalteranti a Cancun possa essere un campo di impegno determinante.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?
- Paolo Cacciari: In tutti. Non credo che i conflitti si possano scegliere.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?
- Paolo Cacciari: Quelli che conosco mi sembrano tutti piu' che meritevoli: Nanni Salio a Torino, la Casa della nonviolenza di Mao Valpiana a Verona, il Centro Gandhi di Pisa... Il vostro.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?
- Paolo Cacciari: Nel mio libro Decrescita o barbarie, edito da Carta (ora scaricabile gratuitamente anche da internet, piccolo spot pubblicitario!), ho citato Ekkehart Krippendorff, l’autore de L’arte di non essere governati, Fazi, 2003, che ha scritto in un fascicolo di “Azione nonviolenta”: “La nonviolenza e' qualcosa di diverso da una semplice posizione intellettuale generica di pura negazione - la a-violenza, cioe' la negazione della violenza (...). Essa puo' essere solo l’espressione pratica e il comportamento concreto di una visione positiva e creativa della vita”. E’ una definizione che mi piace molto.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?
- Paolo Cacciari: Se c’e' un principio femminile, e' quello della vita, della cura, della rigenerazione.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?
- Paolo Cacciari: Vandana Shiva e' l’autrice e l’attivista che piu' mi ha ispirato e che meglio declina nonviolenza, femminismo, popoli e culture native, biodiversita', saperi locali... ecologia.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse?
- Paolo Cacciari: Per uno come me che viene da una cultura marxista e da un impegno comunista, questo nodo e' stato molto difficile da sciogliere. Qualche anno fa ho promosso un convegno sulla nonviolenza (riprendendo in mano i lavori di Alberto L’Abate sul marxismo) per conto del Partito della Rifondazione Comunista (gli atti sono stati pubblicati da "Liberazione" e Punto Rosso: Agire la nonviolenza, 2004) che ha avuto un forte impatto in tutta l’area “antagonista”, altermondialista, ancora scossa dalle tragiche giornate del G8 di Genova e dalla seconda guerra del Golfo. Essere riusciti a far assumere esplicitamente l’opzione nonviolenta ad un partito di tradizione operaia, comunista (per quanto piccolo) e' per me un motivo di grande interesse teorico e pratico. Quel convegno ha fatto crollare dei tabu' (da ambedue le parti: marxisti e pacifisti nonviolenti). Avevamo scritto nella lettera di convocazione: “Di fronte alla illimitata capacita' di violenza del liberismo armato, piu' che mai, se ce ne fosse stato ancora bisogno, e' dimostrato che ‘l’altro mondo possibile’ potra' essere generato solo da una forza opposta e rovesciata altrettanto grande”. Insomma, la rivoluzione o e' nonviolenta o e' solo la sostituzione “al potere” di forze diverse, ma uguali. Il mito della rivoluzione armata (in tutte le sue versioni) nei militanti della sinistra e' ancora forte, ma con quel convegno eravamo riusciti a dimostrare non solo l’errore, ma anche l’esistenza di una alternativa piu' efficace e coraggiosa per cambiare lo stato delle cose presenti. Questi temi suscitarono un grande dibattito sul quotidiano "Liberazione". I vari articoli sono stati raccolti e pubblicati in un volume.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'economia?
- Paolo Cacciari: Io ho maturato una convinzione molto radicale (che la crisi attuale conferma) sull’economia capitalistica, cioe' sull’economia fondata sul principio del profitto e dell’accumulazione infinita. Esattamente come affermiamo che la democrazia non e' esportabile e la pace non e' raggiungibile se non con mezzi pacifici, cosi' il rapporto di produzione capitalistico non e' usabile per produrre "cose" che siano estranee da alienazione e mercificazione. Solo modalita' di lavoro e di consumo altre potrebbero produrre beni relazionali utili, la cura e la manutenzione dei beni comuni, la piena soddisfazione di se'. Il vizio presuntuoso - tutto occidentale, machiavellico - di separare la via dalla meta, le modalita' dagli obiettivi, le procedure dai risultati, ha portato a colossali abbagli. In ogni processo vi sono coerenze interne che ne determinano l’esito. Insomma penso che il capitalismo sia del tutto incompatibile con una societa' nonviolenta.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'etica e sulla bioetica?
- Paolo Cacciari: Alla fine, il nocciolo della questione e' tutto qui. Al fondo di tutti i nostri mali vi e', intrisa nella modernita', l’idea della separazione tra etica e politica, tra etica ed economia, tra etica e scienza, tra etica e razionalita' tecnica, tra etica e qualsiasi pratica umana specifica che si sia dotata di uno statuto logico autonomo. In definitiva, si puo' dire che tutto il pensiero occidentale mira a dispiegare il potere di agire umano oltre ogni obbligo derivante da norme morali, da considerazioni sul bene e sul male, sul giusto e l’ingiusto. Per raggiungere questo risultato anche l’etica e' stata disciplinarizzata e assegnata nella disponibilita' esclusiva degli scienziati, dei filosofi e dei preti a seconda dei casi, che posseggono le leggi della natura, della vita, della societa' e della psicologia degli uomini, del trascendentale. Ogni “etica” ha avuto un proprio “codice” specifico. Un’etica fatta a fette. Un tale modo di pensare, che sottrae i comportamenti umani al giudizio di valore, li limita e li relativizza. Ha scritto Edgar Morin, l’autore de Il metodo (Il metodo. Etica, Cortina, 2004) che: “La scienza moderna si e' fondata sulla disgiunzione tra giudizio di fatto e giudizio di valore, cioe' la conoscenza da una parte e l’etica dall’altra”. Ancora: “A partire da Machiavelli l’etica e la politica si sono trovate ufficialmente disgiunte. Nella concezione del principe (il governatore) e' tenuto ad obbedire all’utilita' e all’efficienza, e non alla morale”. La razionalita' strumentale (i mezzi) da una parte, gli obiettivi (i fini) dall’altra. Con Max Weber e Lenin si e' giunti a dire esplicitamente che ci sono due etiche: quella pubblica (della responsabilita' collettiva) a cui devono rispondere le elites a capo delle istituzioni, cui e' deputata la gestione del “bene generale”, e quella privata, spontanea, istintiva, delle persone che agiscono con modalita' non organizzate, detta della “convinzione”, o della “coscienza”, o delle “intenzioni”, o dei "principi", a cui ogni individuo deve rispondere in proprio ubbidendo a canoni morali, a precetti religiosi, a tradizioni culturali consolidate. Ecco, questa distinzione e' alla base della modernita' e ha portato ai disastri che vediamo.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?
- Paolo Cacciari: L’unico democratico, appunto. Ma per capirne il significato profondo bisogna forse partire dall’inizio. Io penso che la democrazia, in radice, sia una tensione permanente all’autogoverno. Io vedo la democrazia come conflitto inesauribile tra demos e kratos (in contrapposizione alla dominazione), come processo evolutivo e trasformativo. Come rivendicazione continua di allargamento della partecipazione alle scelte, come pressione per estendere sempre di piu' gli spazi della decisione pubblica, cioe' politica. Al fondo noi pensiamo che vi sia una “domanda incontenibile di liberta'”, una insofferenza “naturale”, nell’indole umana, per ogni costrizione. Quasi una “legge spirituale della liberta' individuale”, che risponde all’ideale kantiano della “autolegislazione dell’essere umano”. Il “fare democrazia” e', quindi, “empowerment”, darsi il potere da soli, processo di autoemancipazione, di autonomia dal potere costituito, di autocostruzione delle norme sociali: “anti/contro-potere/dominio”. In ognuno di noi, diceva Gandhi, c’e' la facoltà di discernere il bene e il male. Se fossimo davvero liberi (da condizionamenti, da manipolazioni, da costrizioni) di rispondere in coscienza, non avremmo dubbi, come non ce li ha un bambino. Miguel Abensour (La democrazia contro lo stato) ha scritto: “La democrazia non e' un regime politico, ma un’azione e una modalita' dell’agire politico”. Per noi la democrazia viene prima e va oltre la rappresentanza. E non dobbiamo nemmeno pensare (come invece fanno molti “realisti”, disincantati e rinunciatari) che la partecipazione non sia una aspirazione permanente dei cittadini, per il solo fatto che oggi viene a loro negata. Quindi una politica che voglia davvero porsi il problema della trasformazione della societa' in senso democratico e di giustizia non puo' non porsi l’obiettivo (una precondizione) di facilitare e organizzare la formazione di movimenti di persone impegnate in prima persona. Prendo in aiuto Vandana Shiva (Il bene comune della terra): “... i regimi totalitari e dittatoriali si combattono a partire dalle realta' locali, perche' i processi e le istituzioni su larga scala sono connotati dal potere dominante. I piccoli successi sono invece alla portata di milioni di individui, che insieme possono dare vita a nuovi spazi di democrazia e liberta'. Su larga scala le alternative che ci vengono concesse sono ben poche. Per converso la realta' quotidiana ci offre mille occasioni per mettere a buon frutto le nostre energie”. Piu' o meno anche Lea Melandri dice le stesse cose: “E’ attraverso modificazioni conflittuali dell’assetto dei micropoteri che si realizzano i mutamenti piu' radicali dei modi di vita e dei meccanismi di riproduzione sociale”. Ne discende che la “sovranita'” va trascinata giu', giu' fino a identificarsi nelle condizioni materiali, reali, quotidiane delle persone. Non puo' esserci un interesse generale “sovraordinato” e penalizzante la vita di ogni singolo individuo. La prima regola della democrazia, quindi, dovrebbe essere la condivisione. Ridurre la democrazia al principio di maggioranza e' stravolgerne il significato originario, un vero rovesciamento dei fini. Il consenso come obbligo sociale e' l’unica vera garanzia contro la sopraffazione e l’autoritarismo senza autorita'.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Nonviolenza e movimenti sociali, istituzioni, forze politiche: quali rapporti?
- Paolo Cacciari: Seguendo il ragionamento svolto prima, si puo' dire che la politica sia l’azione pratica per mettere a frutto nello spazio pubblico, collettivo l’esperienza di vita quotidiana. L’estensione della buona amministrazione della casa ai beni comuni e allo spazio collettivo. La politica come un processo collettivo plurale che conduca ad una autorappresentazione dei gruppi e dei movimenti di cittadinanza attiva. Un processo che ha bisogno di attrattori politici (come nel caso del referendum contro la privatizzazione dell’acqua), ma non necessariamente di un partito ordinatore. Capisco che si tratta di superare modi di pensare consolidati e costituzionalizzati nell’art. 49. I partiti, e solo loro, sono chiamati a “concorrere a determinare la politica nazionale”. Immaginare una democrazia oltre la rappresentanza e' cosa non facile: serve decolonizzare la mente dall’idea che la politica sia solo quella cosa che si conchiude dentro la sfera istituzionale nel gioco stretto elezioni-partiti-governo. Per riuscirci serve passare attraverso una critica serrata e spietata alle forme di democrazia (e' ancora possibile chiamarla cosi'?) realmente esistenti. Senza un’opera di disconoscimento della presunta neutralita' dello stato non sara' possibile costruire una forza politica davvero autonoma e libera dai condizionamenti strutturali e ideologici del capitalismo. Ha scritto Arundhati Roy (Quando arrivano le cavallette) a proposito del crepuscolo della democrazia: “Che cosa ne abbiamo fatto della democrazia? In che cosa l’abbiamo trasformata? Che succede una volta che si e' consumata, svuotata, privata di senso? Cosa succede quando ciascuna delle sue istituzioni si e' fatta metastasi fino a trasformarsi in una entita' maligna e pericolosa? Cosa succede ora che capitalismo e democrazia si sono fusi in un unico organismo predatorio dell’immaginazione limitata e costretta, incentrata quasi esclusivamente sull’idea della massimizzazione del profitto? (...) Viene da chiedersi se sia rimasto qualche legame tra elezioni e democrazia”.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?
- Paolo Cacciari: Ho 61 anni. Ho una laurea in storia dell’architettura e un diploma di giornalista professionista raggiunto lavorando all’"Unita'" alla fine degli anni ’70. In realta' ho speso la mia vita nelle amministrazioni pubbliche come consigliere comunale e assessore a Venezia, consigliere regionale ed anche parlamentare nell’ultimo tragico governo Prodi. Con il Pci e con Rifondazione comunista poi. Ho collaborato con varie associazioni e comitati ambientalisti. Nel Veneto abbiamo dato vita ad una rete che si chiama AltroVe (altro Veneto). Collaboro con la rivista "Carta". Tra le cose che ho pubblicato segnalo: Storia dell’ecologia. La rovina di Venezia, in “Natura, capitalismo, socialismo”, n. 19/1991; Venezia derubata. Idee e Fatti di un ventennio 1973-1993, (con Scaglione, Benzoni e Bettin), supplemento al n. 20 di “Avvenimenti”, 1993; La salvaguardia di Venezia. Dieci anni di battaglie, supplemento ad “Arc” n. 23, marzo 1995; Racconti di disubbidienza ambientale, in “Ecologia Politica” nn. 1-2, 1996; Presentazione a: Difendere l’ambiente nel Veneto: conflitti e comitati locali, a cura di Antony Zamparutti, Quaderno OV, supplemento n. 6/2000; Presentazione a: Tipologie dei natanti veneziani, Comune di Venezia, 2001; Moltitudini e cittadinanze tra locale e globale, in “Esodo” n. 4, 2002; Per una critica ai modelli concertativi, in: Aa.Vv., La democrazia possibile, Carta e Intra Moenia, 2002; Presentazione e cura di: Aa.Vv., Agire la nonviolenza. Prospettive di liberazione nella globalizzazione, Edizioni Punto Rosso e Liberazione, 2004; Pensare la decrescita. Sostenibilita' ed equita', Carta e Intra Moenia, 2006; Il comune non pensa solo all’immondizia, in: Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, I libri dell’Altreconomia, 2006; Per una mappa dei conflitti territoriali, in: Sulla comunita' politica, Punto Rosso, 2007; Prefazione a: Lucia Vastano, Vajont, l’onda lunga, Ponte alle grazie, 2008; Decrescita o barbarie, Carta, 2008 (ora scaricabile gratuitamente da internet dal sito di Simplicissimus); L’articolo 11 della nostra Costituzione dice che la guerra va bandita, in Aa.Vv., Intercultura e nonviolenza. Possibili strade di pace, Clueb, 2008; Equita' e sostenibilita', in Aa.Vv., Il dolce avvenire. Esercizi di immaginazione radicale del presente, Diabasis, 2009; Prefazione a: Alberto Castagnola, La fine del liberismo. Guida alla grande crisi finanziaria, Carta e Intra Moenia, 2009; La green economy non salvera' il mondo, in “Cometa” n. 2/2009; Caritas in veritate. Nuovi rapporti tra Chiesa, politica ed economia?, in “Il tetto”, dicembre 2009; A difesa della decrescita, in: Aa.Vv., Decrescita. Idee per una civilta' post-sviluppista. Sismondi Editore, 2009; Decrecimento o barbarie. Para una salida nonviolenta del capitalismo, Icaria, Barcelona 2010; Postfazione a: Roberto Lorusso, All’alba della notte bianca. Liberare le citta' dalla politica spettacolo e realizzare il bene comune, Editori Riuniti University Press, 2010.

Articolo tratto da:
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 292 del 14 luglio 2010

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it



Mercoledì 14 Luglio,2010 Ore: 15:53
 
 
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