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www.ildialogo.org SEMINARIO SU OMOSESSUALITÀ E MONDO SCOUT: 400 CAPI AGESCI NON CI STANNO. E FIRMANO UNA LETTERA APERTA,da Adista Notizie n. 19 del 19/05/2012

SEMINARIO SU OMOSESSUALITÀ E MONDO SCOUT: 400 CAPI AGESCI NON CI STANNO. E FIRMANO UNA LETTERA APERTA

da Adista Notizie n. 19 del 19/05/2012

36681. ROMA-ADISTA. Nonostante la smentita dell’Agesci (v. notizia precedente), i contenuti delle relazioni al seminario sull’omosessualità restano. E stupiscono non solo nel merito, ma anche nel metodo, perché in anni recenti sono state numerose le occasioni in cui i gruppi gay credenti sparsi sul territorio nazionale avevano avuto occasioni di positivo confronto con i gruppi scout. In particolare, il gruppo “Nuova Proposta” di Roma, che in virtù della propria collaborazione con alcuni gruppi scout della capitale aveva anche inviato una lettera all’Agesci, proprio in occasione del seminario di novembre 2011, in cui offriva la propria disponibilità a prendere parte ad un sereno incontro di confronto e di conoscenza reciproca. La lettera non aveva però ricevuto risposta. E il seminario non ha visto la partecipazione o il coinvolgimento di nessuna voce del mondo dei gay credenti.

Ora “Nuova Proposta”, in un comunicato (5/5), si dichiara stupita e dispiaciuta. Come stupiti e dispiaciuti sono i capi, i formatori e i quadri dell’Agesci che hanno scritto una Lettera aperta per richiedere ai responsabili nazionali una presa di distanza più ferma rispetto a quella scritta nei comunicati ufficiali. Nella lettera (http://sottoscrivi6maggio2012.weebly.com) gli scout criticano da un lato il fatto «che il seminario non sia stato adeguatamente pubblicizzato attraverso gli ordinari canali comunicativi dell’Associazione, al fine di consentire la più ampia partecipazione vista l’estrema rilevanza del tema, e dall’altro che, negli atti del seminario, che abbiamo letto con interesse ed attenzione, l’omosessualità sia definita uno “specifico problema”, evidenziandone un’accezione prettamente negativa. In particolare – scrivono – non possiamo fare a meno di prendere le distanze dall’intervento di p. Compagnoni», che, «tra un luogo comune e l’altro, definisce l’omosessualità come “problema educativo”» da cui potrebbe «derivare una testimonianza problematica» . Allo stesso modo, «non ci riconosciamo neppure nell’affermazione secondo la quale, a priori, sarebbe sconsigliabile il coming out del capo omosessuale, poiché, al pari di qualsiasi altra scelta di vita giuridicamente lecita, non vediamo il motivo per cui i ragazzi non possano venire a conoscenza dell’orientamento sessuale del capo, ed i capi dovrebbero nascondere un qualsiasi aspetto della propria vita ai ragazzi, contravvenendo al principio di lealtà che caratterizza il rapporto capo-ragazzo».

Infine anche una bacchettata al comunicato con cui l’Agesci ha smentito le notizie di stampa giudicate inadeguate. «L’Associazione, forse in preda allo stesso perbenismo e agli scrupoli del politicamente corretto che purtroppo rappresentano una deriva della nostra società, ha assunto una posizione troppo tiepida nel suo comunicato stampa». (valerio gigante)

“PREGIUDIZI E LUOGHI COMUNI LONTANI DAL NOSTRO IMPEGNO”. INTERVISTA AD UN CAPO SCOUT DI ROMA

36682. ROMA-ADISTA. Sulla questione del seminario voluto dall’Agesci sul tema dell’omosessualità dei capi scout, e sui contenuti delle relazioni pubblicate da Proposta educativa, Adista ha intervistato Valerio Colomasi, capo scout del gruppo Roma 97, zona “la Fenice”. (valerio gigante)

Il percorso che ha portato al convegno del 12 novembre è stato lungo ed articolato, così come il dibattito  sul modo con cui il movimento si può rapportare alla condizione gay. Ti sembra che gli atti appena pubblicati rispecchino questa ricchezza?

Nell’intraprendere questo percorso di scoperta della realtà omosessuale l’Agesci conferma la sua lungimiranza e il suo ruolo propulsivo nella galassia dell’associazionismo cattolico. Quando questo percorso è cominciato nessuno si è illuso che sarebbe stato breve o semplice, siamo tutti ben consapevoli delle forti resistenze interne ed esterne quando si parla di tematiche di questo tipo. Quanto al Seminario ritengo che si sia persa un’occasione per fare un discorso di ampio respiro, magari cogliendo gli inviti al confronto avanzati a suo tempo dalle associazioni Lgbt. Ma sono fiducioso che il percorso iniziato potrà proseguire al meglio attraverso un processo di confronto e di inclusione a cui, come Scout, non possiamo sottrarci.

Come giudichi le affermazioni di p. Compagnoni secondo cui un capo scout omosessuale rappresenta un «problema educativo»?

Con tutto il rispetto per p. Compagnoni, ritengo che tale visione sia legata ad una serie di pregiudizi. Nel suo intervento si affida a stereotipi quali le “tendenze artistiche” o la spiccata sensibilità delle persone omosessuali come elementi qualificanti della loro personalità. Bisogna smettere di parlare degli omosessuali come una “categoria” a parte, lo ritengo un comportamento subdolamente discriminatorio. P. Compagnoni afferma inoltre che il capo che trasmette un modello omosessuale o presenta l’omosessualità come una possibilità positiva costituisce un “problema educativo”. Trovo invece che sono proprio frasi di questo genere che comportano un gravissimo problema educativo. Il modello che noi capi scout siamo chiamati a trasmettere ai nostri ragazzi è quello dell’Uomo e della Donna della Partenza, capaci di fare delle scelte significative, bravi cittadini e buoni cristiani. Perché mai un capo omosessuale dovrebbe rappresentare un esempio negativo di cittadinanza o di fede? Noi capi non dobbiamo “sponsorizzare” alcun orientamento sessuale, dobbiamo aiutare i nostri ragazzi a conoscere se stessi, ad accettarsi e a dare valore alla propria vita. L’omosessualità è una variante dell’orientamento sessuale; non è in sé né positiva, né negativa.

Un altro relatore, lo psicologo Seghi, ha detto che l’espressione pubblica del proprio orientamento sessuale da parte di un capo scout «può non essere opportuna in riferimento al percorso di crescita dei ragazzi». Condividi?

Questa valutazione è influenzata dalla concezione dell’omosessualità come un disordine, una perversione. Il capo non è chiamato a qualificarsi come eterosessuale o omosessuale quando si presenta; allo stesso tempo non gli si può chiedere di nascondere il proprio essere. Si può essere omosessuali e vivere serenamente la propria sessualità nel rispetto di se stessi, degli altri e dei ragazzi che si ha davanti. Così come si può essere eterosessuali e fare l’opposto.

Condivido in pieno il discorso del dott. Seghi in merito alla figura negativa del “capo affetto da protagonismo”. Chi vuole “sedurre” (da “seducere”, condurre a sé) i ragazzi che gli sono affidati non presta un buon servizio. Il buon capo deve “educare” (da “exducere”, tirare fuori). Ora, come potremmo essere credibili quando insegniamo ai nostri ragazzi ad amare se stessi ed a essere orgogliosi di quello che sono quando diciamo ai nostri capi di nascondere il proprio essere?  Inoltre rilevo che si parla di coming out come di una forma di “esibizionismo”, senza tener conto dell’importanza vitale di questo momento. “Uscendo fuori” come omosessuali queste persone pongono fine ad un lungo processo introspettivo, spesso caratterizzato da incertezza e sofferenza per la scoperta del loro orientamento sessuale. Considerato ciò ritengo il coming out un momento importantissimo di testimonianza che potrebbe essere utile a ragazzi che magari attraversano il periodo dell’adolescenza, momento di profondo cambiamento e che, a mio parere, ha molte analogie con la fase della “scoperta” dell’omosessuale.


Sul territorio, come affrontate concretamente il tema dell’omosessualità, quando si presentano casi di ragazzi che cominciano ad avvertire questa tendenza sessuale o quando si manifestano casi di capi scout gay?

È difficile individuare una modalità comune di procedere. La responsabilità educativa dei ragazzi è affidata alle Comunità Capi di ogni singolo gruppo, pertanto ad esse spetta di decidere come affrontare casi del genere. Ci sono Comunità Capi che “invitano” dei capi a lasciare una volta scoperta la loro omosessualità e Comunità Capi a cui non importa l’orientamento sessuale ma valutano i capi sulla loro competenza personale.

Quanto alla questione dei ragazzi ancora una volta ci si rimette alla valutazione e alla sensibilità dei capi. Francamente escludo categoricamente la possibilità di ricorrere immediatamente allo psicologo; si rischia infatti di veicolare al ragazzo in questione un messaggio che “patologizzi” l’omosessualità, e questo può compromettere la sua stabilità emotiva. Al massimo è opportuno che i suoi capi parlino con uno psicologo per capire come riuscire ad aiutare il ragazzo nel suo percorso di scoperta di sé. L’obiettivo è tirare fuori dal ragazzo il suo essere e dargli valore (exducere) non portare il ragazzo alla propria idea di “giustizia” (seducere). Purtroppo non esistono risposte preconfezionate, bisogna valutare le circostanze e tenere sempre presente che al centro della nostra azione non ci sono principi o ideologie, ma i ragazzi. (v. g.)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Mercoled́ 16 Maggio,2012 Ore: 17:52
 
 
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Cristianesimo ed omosessualita'

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