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www.ildialogo.org ALCUNE RIFLESSIONI IN MERITO ALLA PATERNITA’ OMOSESSUALE,di Franco Casati

ALCUNE RIFLESSIONI IN MERITO ALLA PATERNITA’ OMOSESSUALE

di Franco Casati

Da un po’ di tempo a questa parte vediamo programmi TV (cosiddetti spazzatura) e articoli di settimanali gossip dove a farla da protagonista sono soggetti omosessuali, strumentalizzati a loro insaputa, con il desiderio di un po’ di visibilità, per alzare gli indici di ascolto o per fare notizia. Non ci si preoccupa tanto di capire o di valorizzare la loro personalità, quanto di esibirli sul palcoscenico della novità e come campioni di libertà. Le persone omosessuali di valore, quelle che si sono conquistate con le loro capacità e i loro meriti uno spazio personale, e sono tante, ci tengono invece a sottrarsi a questo gioco al massacro. Sono quelle che esercitano un’influenza o un potere socio-economico con forti risvolti culturali e politici. Se ne è accorta anche la Pubblicità, che volentieri strizza l’occhio al mondo omosessuale, sicura di procacciare buoni affari. L’operazione che si sta cercando di portare avanti a livello culturale, soprattutto attraverso i mass-media, è quella di spacciare l’omosessualità come un valore, quando invece, a mio modesto parere, si tratta solo di una diversità. Quello che una volta era un tabù sta diventando come una specie di fiore all’occhiello. Per me l’omosessualità nulla aggiunge e nulla toglie al valore della persona. Tanto meno ho mai pensato di confinarla nella dimensione del peccato, con buona pace di San Paolo o di Dante Alighieri, figli della cultura del loro tempo, giudaico-cristiana, (condivido, invece, la posizione di Papa Francesco:”chi sono io per giudicare?”) preferendo ricordare quella quarta egloga di Virgilio dove l’amore omosessuale diventa materia di altissima poesia. Voglio sottolineare come nel mondo classico la diversità dell’inclinazione sessuale non fosse fra etero ed omo, bensì fra attivo e passivo. Una visione molto più concreta.
Oggi buona parte della filosofia ci insegna che l’uomo è il risultato della sua evoluzione storica e che è determinato dalla tecnica (secondo il pensiero di un Carlo Sini o di un Emanuele Severino). Pertanto vediamo aprirsi nuovi scenari e cadere ataviche verità. Un figlio può non nascere più dal rapporto carnale di un uomo con una donna, che era considerata come una verità inconfutabile in quanto l’unica via percorribile, bensì dalla fecondazione artificiale e con più estreme conseguenze da quella eterologa. Un ovulo fecondato artificialmente viene introdotto nell’apparato riproduttivo di una donna, che viene chiamata madre surrogata, la quale porterà a termine il periodo della gravidanza, il neonato le verrà tolto immediatamente e svezzato con latte artificiale per non creare alcun contatto tra il corpo della donna e quello del figlio. Un compenso in denaro andrà a ripagare la madre di questa violenza subita, e il figlio verrà consegnato alla coppia omosessuale che l’ha comprato, andando incontro al suo incerto destino. Può darsi che i soldi, per chi ne ha bisogno, possano soffocare qualsiasi sentimento, anche quello più coinvolgente per una donna come la maternità, tuttavia mi viene da pensare che la vecchia prostituzione, a confronto di questa pratica, sia cosa da poco.
Sappiamo che la vita è un percorso verso la morte, evento ineluttabile e unica certezza riguardo al nostro futuro. Si cerca di esorcizzarla e di allontanarla il più possibile, specie con la cura della salute. Riguardo al significato di questa breve vita e al suo esito ognuno è libero di pensarla come crede. Ma è ancora il pensiero filosofico ad aprirci una nuova prospettiva. Dopo essere sfuggita alla persecuzione nazista la filosofa ebrea Hannah Arendt, rifugiatasi negli Stati Uniti, elaborò un suo pensiero a questo proposito, affermando che l’unico modo per sfuggire alla morte è quello di mettere al mondo un figlio, per dare a se stessi una continuità, attraverso la nostra materia vitale. Ora, alla luce di queste nuove prospettive scientifiche e filosofiche, si può negare il diritto a una coppia omosessuale di avere un figlio? Domanda puramente teorica, visto che in realtà se lo sono già preso, tuttavia legata in qualche modo a un’etica. Io provo un po’ di pudore nel porre questa domanda, perché mi considero un privilegiato avendo avuto dei figli per via naturale, essendo eterosessuale. I miei figli sono nati da un atto d’amore ed essi ne sono ben consapevoli. Hanno un padre e una madre come punti di riferimento e assieme siamo legati in uno stesso cerchio di sentimento (nella donna che ha dato continuità alla mia vita attraverso i figli io ho visto una delle più belle espressioni della natura, delle più coinvolgenti, ho sentito l’attrazione di una forza più grande della mia, e nella relazione di coppia godo dell’apporto di una intelligenza, quella femminile, che valorizza la mia, e viceversa).
E’ evidente che tutti dovremmo godere degli stessi diritti, soprattutto in relazione a dimensioni esistenziali di così profondo significato. La Chiesa, tuttavia, ha esplicitamente affermato che avere un figlio non è un diritto. Anch’io sono d’accordo che il punto di vista corretto dal quale guardare questo problema non sia quello del padre ma quello del figlio, se questo è il punto di attrito. Sul terreno della psicologia infantile e della pedagogia l’ideale è che un figlio possa rapportarsi a un padre e a una madre, che nel caso di una coppia omosessuale diventerebbero genitore uno e genitore due. Sarebbe una scelta intelligente quella di fare partire un bambino come svantaggiato rispetto agli altri? Si può, tuttavia, giustamente obiettare che nella realtà tutto dipende dal valore e dalla dignità delle persone, visti gli esiti infelici di tante famiglie naturali. Dovremo lasciare la decisione a un Giudice, sperando che non sia ideologicamente orientato, per quelle coppie omosessuali che hanno avuto un figlio all’estero con una madre surrogata e vogliono legittimarne l’adozione in Italia Ma una volta adulto, chi garantisce i genitori omosessuali che il loro figlio, confrontandosi con gli altri, non vada incontro a una sofferenza psicologica, e che non sia condannato a rincorrere per tutta la vita il fantasma di una madre (o di un padre) per ritrovare la propria identità? E di fronte a una domanda diretta sarà contento il figlio di sapere che è nato da un personale desiderio realizzato sborsando una forte somma di denaro a una madre surrogata che ha portato a gestazione un ovulo fecondato non suo? Non temete che vi volterà le spalle? Sottolineo anche, sommessamente, che il vero amore consiste nel volere il bene dell’altro, nel cercare le condizioni per la sua fattibilità.
Il problema resta aperto. In ogni caso, amico omosessuale, fratello, ti invito a cercare a fondo la verità per trovare la tua libertà, nel rispetto di un figlio.
Franco Casati



Sabato 25 Marzo,2017 Ore: 18:42
 
 
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Cristianesimo ed omosessualita'

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