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www.ildialogo.org Nuove testimonianze distruggono mons. Anatrella e le sue terapie sessuali,da www.mediapart.fr

Nuove testimonianze distruggono mons. Anatrella e le sue terapie sessuali

da www.mediapart.fr

Quattro nuovi testimoni si sono confidati con Mediapart [una pubblicazione francese del web] sulle terapie devianti di Tony Anatrella, eminente sacerdote parigino, consigliere del Vaticano e “psicologo della Chiesa”. Dieci anni dopo le prime segnalazioni, il religioso è nuovamente accusato d’abusi sessuali su maggiorenni commessi nel corso di psicoterapie.
«Temo che siamo in troppi». Troppe vittime fatte da mons. Anatrella, avvisa Fabien*, in un testo pubblicato questo lunedì, 10 ottobre, sul sito “La Parole libérée”, l’associazione delle vittime di aggressioni sessuali nella Chiesa. L’uomo, che preferisce restare anonimo, ha deciso di lanciare un appello: sollecita gli altri pazienti di Tony Anatrella, prete, consigliere del Vaticano e solforoso psicoanalista, di testimoniare presso una speciale commissione della diocesi di Parigi. «A priori, Tony Anatrella continua ad esercitare la sua professione. Quest’idea mi è veramente insopportabile. È grave», protesta Fabien a Mediapart. Egli è stato abusato sessualmente nello studio di quest’eminente religioso, a place de la Nation. E non sarebbe il solo.
La scorsa primavera, Mediapart pubblicava i dettagli di questo nuovo “affaire Anatrella”. Fabien è stato suo paziente per quattordici anni.
Fino a che la terapia slittò per procedere in manipolazioni “attraverso gli abiti o sulla pelle” e in masturbazioni. Tali rivelazioni emersero dieci anni dopo altre tre segnalazioni di abusi sessuali, commessi nel 2006. All’epoca, una sola delle tre vittime aveva sporto denuncia, prima che il caso fosse archiviato nel 2007 per prescrizione e per “mancanza di elementi costituenti un reato”.
Ufficialmente la posizione della Chiesa non è cambiata su questo dossier, ma tali rivelazioni hanno evidentemente scosso la diocesi di Parigi. Obbligato a reagire davanti allo scandalo pubblico, mons. Éric de Moulins-Beaufort, vescovo ausiliare, ha creato una speciale commissione per ascoltare le vittime di Tony Anatrella. Interrogata, la diocesi non ha risposto con precisione a nessuna delle nostre domande ma ha confermato l’esistenza di tale commissione e di molte presunte vittime che “si sono direttamente rivolte alla diocesi”. Abbiamo cercato di raggiungere diverse volte Tony Anatrella, ma senza successo.
Dalla pubblicazione della nostra prima inchiesta, siamo potuti entrare in contatto con quattro altri ex pazienti di Tony Anatrella. Le loro testimonianze sono inedite. Uno di loro ricorda le relazioni sessuali avute per due anni con il prete all’interno della sua terapia. Altri due pazienti ricordano “speciali sedute” proposte dal religioso, sulla base d’un preteso “metodo americano”. Erano sedute in cui il paziente era totalmente nudo, durante le quali il prete effettuava dei “massaggi”. Uno dei due testimoni ha avuto la forza morale di rifiutare tali toccamenti, mentre il secondo li ha vissuti per due volte. Infine, la quarta vittima da noi raggiunta si è lamentata d’aver subito violenti sevizie psicologiche. Una condotta morale che traspariva nella maggior parte delle testimonianze.
Non andranno tutti a testimoniare davanti alla commissione posta dalla Chiesa. Anche se, per la prima volta, le autorità ecclesiastiche sembrano reagire, da quando la diocesi è stata informata nel 2001 sulle pratiche di mons. Anatrella partendo delle documentazioni raccolte da Mediapart. La creazione di una speciale commissione suscita un filo di speranza presso le altre vittime che si erano già rivelate nel 2006 senza ottenere alcuna giustizia. Tra esse c’è un ex seminarista, Daniel Lamarca, che ha osato denunciare tali “terapie corporee”. Oggi egli spera su tale commissione perché finalmente cessi l’impunità, dieci anni dopo l’inizio della sua lotta.
«Tutto ciò può riparare il danno. Bisogna mettere la Chiesa e Tony Anatrella davanti alle loro responsabilità», afferma.
Il religioso avrebbe proposto i suoi strani metodi per più di quarant’anni, dagli anni ’70 fino almeno al 2011, secondo le testimonianze raccolte, divenendo contemporaneamente riferimento per la Chiesa cattolica per quanto riguarda la psicanalisi della sessualità. “Consulente” della Santa Sede per la famiglia e la pastorale della salute, insegnante nel prestigioso collegio dei Bernardis, Tony Anatrella ha saputo conservare la sua posizione senza che alcuna indagine interna potesse raggiungere la diocesi di Parigi. Una situazione insostenibile per le vittime.
Praticamente si faceva l’amore”
Jérôme* incontrò per la prima volta Tony Anatrella all’inizio degli anni ’70. Era un collegiale del liceo Arago, situato nel XII arrondissement di Parigi dove il prete esercitava la funzione di cappellano. Durante le vacanze, i suoi genitori lo inviarono in colonia a Sénéchas, nelle Cévennes. Tale colonia era animata da Tony Anatrella che invitava gli allievi a sessioni di rilassamento-deconcentrazione e a degli ateliers psicologici molto particolari. «Al mattino facevamo yoga, per quelli che lo volevano ovviamente, e la sera c’erano dei giochi di ruolo, giochi di situazione, degli psicodrammi», ricorda oggi Jérôme, in un caffé della gare de Lyon. Come ai giovani tra i 15 e i 18 anni, per questo ex allievo di Arago, Tony Anatrella proponeva una valutazione psicologica con domande sulla sessualità.
Un giorno del 1973, il prete psichiatra prese con sé l’adolescente e iniziò a porgli domande molto personali. «Mi chiese quali fossero le mie fantasie masturbatorie», racconta oggi Jérôme, più di quarant’anni dopo i fatti. Infastidito, il giovane eluse le domande. S’incontrarono finalmente l’anno dopo nello studio di Tony Anatrella, in rue de la Mare, a Parigi. Il giovane aveva 15 anni e mezzo. «Ero disteso, nudo. Ebbi un rilassamento per venti minuti, poi una manipolazione ma con stile molto clinico. Nessuna passione o accaloramento, fu un atto medico», egli rivela. Il giovane partecipò a due sedute di questo tipo ma ad un certo punto si bloccò: il suo corpo non reagì più. Decise, così, di fermare la “terapia”.
Jérôme lasciò il liceo Arago nel 1973. Passarono gli anni e Tony Anatrella iniziò a stabilire una solida reputazione mediatica su di sé. Pubblicava ne Le Monde e scriveva opere sull’adolescenza. Il prete incontrò nuovamente Jérôme nel 1984. Il giovane era allora all’università. «Mi contattò perché ero rimasto per troppo tempo in facoltà e presso i miei genitori. Stava scrivendo Interminables Adolescences e aveva bisogno di testimonianze di ragazzi come me», spiega Jérôme. In quell’occasione, decise di confidare al prete che non stava molto bene, che aveva delle paure e delle “pulsioni omosessuali”.
Speciali sedute”
Ne derivarono sei anni di psicoterapia con Tony Anatrella. Quattro anni classici poi, un giorno, Jérôme decise di riconsiderare quel “blocco” provato quando aveva 15 anni, in rue de la Mare. Ritornarono, così, le “speciali sedute”. «Rimasi nudo una prima seduta. [...] Ci furono dei toccamenti, come con una donna... Poi non ci furono più restrizioni. Si fece praticamente l’amore senza andare fino alla penetrazione ma, alla fine, c’era tutto il resto... Tutto ciò per due anni», ricorda con precisione e dettagliatamente.
Contrariamente ad altri pazienti, vittime distrutte, Jérôme ne ha tratto piacere e benessere. Per quanto incredibile e stupefacente possa parere, testimonia a favore delle terapie speciali di Tony Anatrella. «Si può dire che, dopo questa terapia, tutte le tensioni che avrei potuto avere sono sparite – insiste Jérôme –. Ne ho tratto soddisfazione e soprattutto la constatazione di una straordinaria esperienza e di un enorme beneficio. Gliene sono, dunque, grato».
Le rivelazioni nella stampa e le testimonianze delle vittime di Tony Anatrella hanno comunque lasciato qualche traccia amara in lui. «Evidentemente, alla luce di quanto si sa oggi, alcuni episodi sono assai fastidiosi e si può pensare che egli abbia mentito su un certo numero di punti», confessa Jérôme. «Diceva che questo si praticava negli Stati Uniti anche se il terapeuta non si spingeva fino al godimento come Anatrella. Egli si assume dei rischi e la prova è che ci sono degli uomini che si sentono male».
È un demolitore”
«All’inizio non avevo dei problemi ma alla fine della terapia ne ho avuti di seri. È un demolitore. Lo psicologo seguente mi ha raccolto come su un cucchiaio». Raphaël* ha lasciato Parigi da molti anni e oggi vive in campagna, nel centro della Francia. È un sessantenne con occhi chiari ed è stato per sette anni, dal 1976 al 1982, paziente di Tony Anatrella. Lo incontrò qualche anno prima al liceo Arago, a Parigi. In quanto cappellano, Tony Anatrella proponeva già delle sessioni di conoscenza di sé. «Ci prendeva uno dopo l’altro nel suo studio. Era molto curioso sulla nostra sessualità. Già a 15 anni ci interrogava sui nostri rapporti con le donne», si ricorda oggi Raphaël mentre ci riceve nel suo paesello. «In seguito, ho iniziato un’analisi con lui. Pretendeva che questi intrattenimenti fatti in precedenza, avessero sbloccato le cose... All’epoca la psicanalisi era molto di moda».
Le sedute, stranamente gratuite, si svolsero nei domicili di Tony Anatrella, in rue de la Mare e poi in rue de Belleville, o nel suo studio in place de la Nation. Raphaël andò pure a degli stages di “espressione corporea”, di risveglio e di conoscenza di sé, organizzati dal prete psicanalista in un chalet delle Alpi. Il giovane studiava, allora, scultura alle Beaux-Arts di Parigi. All’inizio, la terapia con Tony Anatrella si rivelò piuttosto positiva: Raphaël parlava, il prete ascoltava. Ma molto velocemente si uscì da questo schema. «La rovina iniziò dal 1979, quando tornai. Ci fu silenzio. Si parlava, si scavava e si arrivava a fenomeni di autocritica e di lavaggio del cervello», spiega Raphaël.
Egli parla d’influenza dominante, di distruzione psicologica e assicura di non essere mai stato vittima di abusi sessuali. Però descrive una scena per lo meno preoccupante: «All’inizio di una seduta mi disse di spogliarmi. Ero nudo sul divano. Mi pose leggermente le mani su tutto il corpo», descrive Raphaël che assicura d’aver partecipato solo a due sedute di questo tipo.
Fu un prete, oggi defunto, che staccherà finalmente Raphaël dall’influenza di Tony Anatrella. «Penso che le persone reagirono da un certo momento in poi. Forse io ho reagito un po’ tardi... Non è facile. Si subiva un’influenza morale e intellettuale», dice oggi il sessantenne che non vuole sporgere denuncia.
Vincent J. ha pure lui lasciato Parigi per l’Auvergne. Maturo, sessant’anni passati, non privo di humor, ha conosciuto come Raphaël e Jérôme, padre Anatrella al tempo del liceo Arago, negli anni ’70. Fu pure il periodo in cui fece un campo in Lozère con il prete. «Erano dei campi di riflessione su se stessi, di conoscenza di sé. Come cappellano e con una età in cui s’indaga su di sé, si giunge a toccare perfettamente il punto più sensibile dal lato psicologico», racconta oggi Vincent in un caffé di Clermont-Ferrand.
Alla fine degli anni ’70, quand’era sui vent’anni, Vincent decise di seguire una terapia con Tony Anatrella. Le sedute dureranno pressapoco quattro anni. Saranno dolorose. «Non mi ha mai lasciato nulla e questo mi determinò dolore. Ebbe un modo di porre le domande... Forse è il suo modo di fare terapia ma aveva realmente piacere nel porre domande dolorose», si ricorda l’ex allievo del liceo Arago. «Dannoso e perverso, sono veramente i termini che lo contraddistinguono».
Vincent assicura di non essere mai stato vittima di abusi sessuali da parte di Tony Anatrella. Una denuncia sembra dunque complessa da sostenersi. «Non è una denuncia ricevibile, quella della sofferenza. È certo che, se fossi stato sotto di lui per maggior tempo, forse avrei totalmente perso il controllo di me stesso».
Jean-Marc ha testimoniato al tribunale parigino della Chiesa, il 24 giugno 2016. Il suo racconto dei fatti è stato rilasciato alla commissione speciale della diocesi di Parigi, incaricata di ascoltare le vittime di Tony Anatrella. Egli ha incontrato per la prima volta lo “psicologo della Chiesa” nel 1993. Allora aveva 25 anni, era studente di diritto e andava allo studio di place de la Nation una volta alla settimana. «Al termine di sei mesi, pressapoco, mi propose quanto sosteneva essere un “metodo americano”. Per lui era il solo modo per potersi inoltrare nella terapia. Mi spiegò che bisognava andare nella piccola stanza adiacente al suo studio e denudarsi. Mi parlò di massaggi, di rilassamento. Ero molto sorpreso dalla sua proposta, poiché sapevo che era un prete. Rifiutai – dice oggi a Mediapart –. La seduta seguente si parlò del mio rapporto con la nudità nella mia famiglia. Mi disse: “Non bisogna avere paura della nudità”, come se stesse cercando di convincermi. La volta dopo mi propose nuovamente il suo metodo americano. Rifiutai e gli dissi che avrei fermato la terapia con lui. Fu molto irritato».
Dopo la reiterazione di questo tentativo, Jean-Marc decise di staccarsi da padre Anatrella. Ne sentirà parlare solo qualche anno dopo dalla stampa. «Nell’ambiente cattolico di cui facevo parte, molti dicono che queste sono cose senza importanza e calunnie. Tuttavia io mi dicevo che non erano così fantasiose. Se avessi detto “sì” ad Anatrella sarei stato trascinato come gli altri», dice oggi Jean-Marc.
Abusava della sua posizione di prete”
Durante queste consultazioni, Tony Anatrella riceveva sempre come psicoterapeuta. Tuttavia era il fatto d’essere prete che seduceva inizialmente la maggior parte delle sue vittime. Fabien fu inviato da lui per la prima volta su consiglio di un religioso. «Non ci sarei mai andato se non fosse stato prete. Il mondo degli psicologi è molto distante dalla mia cultura familiare», egli dice. In quanto cappellano del liceo Arago, Tony Anatrella entrò in contatto con giovani che divennero in seguito suoi pazienti. «Abusò della sua condizione di prete, nel senso che avrebbe dovuto condurre il suo ministero come una cappellania, facendo altre cose», riferisce Vincent da parte sua.
Ex allievo del liceo Arago, in cui era stato segretario della cappellania, Philippe Porret si ricorda bene di Tony Anatrella. Oggi psicanalista riconosciuto, si ricorda delle «sessioni di conoscenza di sé e degli ateliers di dinamica di gruppo», organizzati dal prete. Un approccio poco abituale per una tradizionale cappellania.
Passarono gli anni ma la confusione degli approcci continuava. A partire dagli anni ’80 Tony Anatrella acquisì una solida reputazione nell’ambiente cattolico, all’inizio per il suo lavoro sull’adolescenza, poi per le sue “competenze” sull’omosessualità, un tema che non mollerà più e che divenne una battaglia personale. Nella sua opera Non à la société dépressive (Flammarion, 1993) si spinge fino ad affermare che «il nazismo, il marxismo e il fascismo sono ideologie di natura omosessuale». Ne l’ Osservatore Romano, quotidiano del Vaticano, il 25 novembre 2005 scrive che l’omosessualità appare «come un’incompletezza e una immaturità palese della sessualità umana».
Oramai “monsignore”, uno statuto onorifico, solidamente stabilito tra Parigi e Roma, Tony Anatrella conduce la sua carriera di terapeuta e di ecclesiastico, la seconda in funzione della prima.
La sua aura gli attira giovani in cerca di conoscenza, come Jean-Marc, che lo incontrerà partendo dai suoi libri.
Soprattutto egli divenne il principale “psicologo della Chiesa”, l’esperto a cui si confidano casi “problematici”, che siano quelli di cattolici omosessuali, di preti pedofili o di vittime di abusi sessuali. In seno alla Chiesa, Tony Anatrella è uno dei pochi a trattare tali soggetti sensibili.
Pure all’estero fu riconosciuto il suo savoir-faire. «Negli anni 2000, venivano inviati a Tony Anatrella alcuni preti per risolvere i più gravi casi», spiega un prete belga raggiunto da Mediapart. Lui stesso, abusato da un prete nella sua infanzia, ricevette la proposta d’essere valutato. «Il mio vescovo me ne parlava solo bene», si ricorda. I metodi di Tony Anatrella sono, pertanto, sbrigativi. Solo dopo qualche minuto al telefono con colui che glielo segnalava, lo psicanalista concludeva che si trattava di un “perverso”, e metteva in guardia il suo vescovo. Questo, senza mai vedere il prete così frettolosamente giudicato. Un verdetto totalmente sconfessato, in seguito, da un secondo psicologo vallone che, al contrario di Anatrella, incontrò il prete abusato.
Da anni Tony Anatrella è oggetto di violente critiche da parte dei suoi confratelli. «C’è una gran confusione tra la psicanalisi e la morale cattolica», indica Laurent Lemoine, prete domenicano e psicanalista. «Non ci si può permettere d’essere confusi con un paziente. Bisogna distinguere i campi altrimenti si giunge ad una catastrofe. “Nessuno può servire due padroni”, per riprendere una citazione evangelica». È un’analisi condivisa da Élisabeth Roudinesco, storica della psicanalisi. «Ha un doppio incarico: è prete ed è psicoanalista – avvisa –. La sua legittimità proviene dalle sue pubblicazioni ma chiunque può pubblicare. La sua seconda legittimità proviene dalla Chiesa».
Malgrado queste critiche, gli psicologi e gli psicoanalisti non nascondono la loro impotenza. Secondo molti suoi confratelli, Tony Anatrella non sembra appartenere ad alcuna grande società psicoanalitica. Senza un consiglio dell’ordine (degli psicologi) capace d’interdirne l’esercizio, Tony Anatrella «non dipende che dal diritto comune, dunque da una denuncia – spiega Philippe Porret –. Se egli non può essere fermato dalla propria istituzione, non vedo cosa lo può fermare, a parte una sanzione clericale. Non può essere sconfessato che da chi lo sostiene».
In assenza di un procedimento giudiziario, solo la Chiesa può dunque agire. Ciononostante, non è stato lanciato contro Tony Anatrella alcun vero procedimento canonico. Sotto pressione dei denuncianti, la diocesi di Parigi, avvisata dal 2001, ha finalmente creato in questi ultimi mesi una commissione ad hoc, praticamente su misura per questo caso. Senza reali strumenti d’indagine, l’organo sotto la diretta direzione della diocesi, si limita a raccogliere delle deposizioni, prima di un eventuale invio del dossier a Roma.
All’inizio di settembre, Fabien, pressapoco quarantenne, si è recato a Parigi per testimoniare presso la commissione della diocesi, accompagnato dal suo avvocato. Per un’ora e mezza ha raccontato dettagliatamente le distruttrici terapie corporee di Tony Anatrella davanti a quattro membri della commissione, un medico, una madre di famiglia e un giurista di diritto canonico. «Faccio questo per quanti hanno subito, per quanti si sono nascosti e per me», dice. Sfogarsi davanti alle più alte autorità della Chiesa di Francia sarà stata come una liberazione, per Fabien. Tuttavia restano i dubbi. La diocesi sarà capace di comprendere la sua storia? Potranno capire che si può essere abusati fisicamente pure da adulti e senza violenza? L’arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, prenderà delle misure contro mons. Anatrella? Tutti temono che questo passo sarà soffocato dall’inizio e che non sarà lanciata alcuna procedura canonica. «Aspetto che Tony Anatrella sia denunciato, sanzionato, la situazione sia posta sotto gli occhi di tutti, non che sia solo messo da parte – ci specifica Fabien –. Ho bisogno che siano riconosciuti gli atti devianti e il male da lui fatto». Determinato, rimane vigilante. È fuori luogo che, per lui, tale questione possa “evaporarsi” una seconda volta.
Nota
I nomi seguiti da asterisco sono inventati per garantire l’anonimato delle persone coinvolte.
Articolo realizzato da Daphné Gastaldi, Mathieu Martiniere e Mathieu Périsse.
Articolo originale in: www.mediapart.fr
Traduzione dal francese di Pietro Chiara



Mercoledì 19 Ottobre,2016 Ore: 17:26
 
 
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