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www.ildialogo.org La verità “primaverile” dell’amore. Una riflessione sull’affettività delle persone omosessuali,da Adista Documenti n. 18 del 12/05/2012

La verità “primaverile” dell’amore. Una riflessione sull’affettività delle persone omosessuali

da Adista Documenti n. 18 del 12/05/2012

Intervento di Vito Mancuso: PROSPETTIVE TEOLOGICHE SULL’AMORE OMOSESSUALE


DOC-2438. ALBANO (RM)-ADISTA. Primavera viene dal latino ver-veris, cioè dalla stessa radice del sostantivo veritas-veritatis. Non è un caso: la “verità” non è data una volta per sempre, fissa ed immutabile. Per gli antichi è piuttosto qualcosa da coltivare e far fiorire, un valore che libera piuttosto che imprigionare, che produce dinamicità piuttosto che fissare la realtà in modo statico, che genera relazioni invece che chiudersi su se stessa. La verità quindi non incatena gli individui e i popoli alla “necessità naturale”, ma li pone all’interno della processualità della vita, del continuo divenire e perfezionarsi che caratterizza la storia e la cultura. Da queste premesse è partito, per la sua relazione al II Forum dei Cristiani Omosessuali Italiani (Albano Laziale, 30 marzo-1 aprile 2012, v. Adista notizie n. 14/12), il teologo Vito Mancuso, docente di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano, editorialista del quotidiano la Repubblica, autore di numerosi libri, l’ultimo dei quali, Obbedienza e libertà, è appena uscito presso l’editore Fazi (pp. 208 euro 17). Mancuso era stato invitato a parlare su “Prospettive teologiche per l'accoglienza e l'inclusione delle persone omosessuali e transessuali nella Chiesa in cammino”. Ha invece preferito incentrare la sua riflessione su “Prospettive teologiche sull’amore omosessuale e il suo esercizio mediante l’affettività”. Ha cercato cioè di andare alla radice della questione del rapporto tra religione ed omosessualità, indagando le due principali obiezioni che le religioni cristiane pongono all’omosessualità: quella in nome della Natura e quella in nome della Bibbia. La prima, ha precisato il teologo, preminente in ambito cattolico; la seconda in ambito protestante.

Entrambe le obiezioni, ha detto Mancuso, sono fondate su ragioni e tradizioni, oltre che su pregiudizi, che vanno attentamente analizzati per essere confutati in maniera efficace. Aprendo così un nuovo spazio per la comprensione e l’accoglienza («di cui la tolleranza – ha detto Mancuso – è solo un surrogato di serie B») dell’affettività tra persone omosessuali anche all’interno delle Chiese.

Di seguito, ampi stralci della relazione di Mancuso, tratta da registrazione e non rivista dall’autore. (valerio gigante)

PROSPETTIVE TEOLOGICHE SULL’AMORE OMOSESSUALE

 di Vito Mancuso

(…) Il primo luogo in cui avviene l'accoglienza è la mente; poi il cuore. E se non si sciolgono le barriere della mente, anche le barriere del cuore fanno fatica ad essere abbattute. È per questo che la nostra Chiesa, per secoli e secoli e ancora oggi, fa fatica ad accogliere l'amore omosessuale.

Si tratta a mio giudizio, più che di ostilità nei confronti delle persone lgbt, di alcuni nodi culturali che tenterò di affrontare. (…). Mi soffermerò quindi sulle due obiezioni più forti e radicate in ambito cristiano contro l'amore omosessuale. Due obiezioni che a mio avviso si possono, anzi si devono superare. La prima è l'obiezione nel nome della natura, la seconda è l'obiezione nel nome della Bibbia.

La prima è preminente in ambito cattolico. La seconda in ambito protestante.

QUALE “NATURA”?

L'obiezione contro l'amore omosessuale nel nome della natura si basa su questo assunto: c'è un imprescindibile dato di fatto naturale che si impone nella coscienza di qualunque persona retta, al punto da diventare legge. E tale legge stabilisce che il maschio cerchi la femmina, la femmina cerchi il maschio e che ogni altra ricerca di affettività sia innaturale e quindi immorale. Ciò che è innaturale è necessariamente anche immorale.

Non è un'obiezione da poco. Anzitutto perché noi homo sapiens sapiens ci riproduciamo in questo modo da duecentomila anni; da milioni di anni, se consideriamo gli altri ominidi; da miliardi di anni, se consideriamo altre forme viventi. Insomma, escludendo i batteri ed altri organismi uni o pluricellulari che si riproducono in modo asessuato, tutte le specie viventi si riproducono tramite l’unione sessuale di un elemento maschile con uno femminile.

Come rispondere a questa obiezione? Oggi è una bellissima giornata di primavera e vorrei proprio partire dal significato profondo del termine primavera e dalla sua connessione con il termine verità: riflettere sulla primavera ci può aiutare a comprendere come l'identificazione della natura con la necessità e con la legge sia parziale e sbagliata.

In latino primavera si dice “ver”, genitivo “veris”; “ver/veris”: contiene la medesima radice da cui viene l'aggettivo “verus-vera-verum”, l'avverbio “vere”, il sostantivo “veritas/veritatis”.

Questa stretta connessione primordiale tra verità e primavera ci fa comprendere che verità è ciò che fa fiorire la vita, ciò che consente alla vita di passare dal gelo dell'inverno al tepore primaverile da cui sorge la vita.

Siamo in presenza di una legge naturale, certo, ma non si tratta di una legge naturale nel senso di quella che per i greci era il nomos, la “norma”, bensì di una legge intesa come logos, “logica”.

Il nomos è una legge che ti imprigiona, che ti incatena alla necessità naturale, che ti dice “è così e non può essere che così”. Il logos è invece una legge dinamica, che ti pone all'interno della processualità della vita e che ti fa fiorire in quanto parte di quel mondo che sta vivendo dentro di sé la stagione della primavera, della rinascita, cioè della relazione, che è una dimensione costitutiva dell’essere.

Sbagliamo se ci limitiamo a pensare che la vita sia unicamente “bios”. Anche in questo caso ci viene in aiuto una grande lingua in greco antico per dire “vita” ci sono tre termini, non uno solo; c'è “bios”, la vita biologica, quella semplicemente vegetativa; “zoé”, la vita animale; e “psyché”, la vita psichica, quella che determina il carattere, le emozioni, i sentimenti. Ma quella umana non è semplicemente e solo vita biologica, vita animale, vita psichica. Giunge anche a essere “logos”, vita della mente, vita razionale, vita progettuale, e giunge fino al “noùs”, “nòesis”, che è intelletto e anche spirito, e che è soprattutto la dimensione della libertà. (…).

L'obiezione all’amore omosessuale che viene fatta nel nome della legge naturale va presa molto sul serio: non ci può essere nessun pensiero adeguato che si contrapponga alla natura.

Noi siamo natura. Non c'è nessuna possibilità di pensarci in contrapposizione o a prescindere dalla natura, ma quello che io ho sottolineato è che questa legge naturale non è una norma che congela il fenomeno umano unicamente sul “bios”, bensì è una legge che favorisce la logica della relazione armoniosa, perché il fenomeno umano possa fiorire in tutti questi suoi aspetti costitutivi, fino a giungere alla creatività, alla libertà della vita spirituale.

Questa secondo me è la vera legge naturale: l’armonia relazionale che fa fiorire la vita in tutti, in tutti i suoi aspetti.

Io personalmente non ho dubbi sul fatto che la relazione fisiologicamente corretta sia quella della complementarità dei sessi maschio+femmina, femmina+maschio. Per “fisiologicamente corretta” intendo che esiste appunto un “logos”, una “ratio”, una logica all'interno della “physis”, all'interno della natura, e vi è una clamorosa innegabile attestazione della natura al riguardo... (…). D’altra parte, non ci sono neppure dubbi sul fatto che il fenomeno omosessualità avviene, si dà, si è sempre dato, sempre si darà, sia negli esseri umani che negli altri esseri viventi: esiste dunque una fisiologia di fondo ed esiste anche una variante rispetto a tale fisiologia.

La questione diventa: come definire tale “variante”? Difformità? Alterità? Alterazione? Trasgressione?

Normalmente la storia, e anche la cronaca, presentano due interpretazioni, entrambe superate dalla scienza: malattia e peccato. (…).

Il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1986 parla dell'omosessualità come di una manifestazione del peccato originale: «Il deterioramento dovuto al peccato continua a svilupparsi nella storia degli uomini di Sodoma. Non vi può essere dubbio sul giudizio morale ivi espresso contro le relazioni omosessuali».

Ecco, io sono del tutto contrario a questa prospettiva. Ma che cos'è, allora, l’omosessualità? Come la definiamo? Io mi limito a dire due cose al riguardo. Per prima cosa, tale stato di fatto si impone al soggetto: non c'è una scelta da parte sua, così come gli eterosessuali non scelgono di essere eterosessuali (…). Inoltre, la sessualità non deve in alcun modo essere negata, repressa, messa a tacere. Può essere, semmai, sublimata. La spiritualità cristiana presenta esempi molto luminosi di sublimazione della sessualità, ovviamente sia eterosessuale che omosessuale. (…).

Per chi è solamente “bios” e “zoé”, cioè per gli animali normalmente intesi, non c'è questa possibilità di sublimazione, perché la forza della sessualità diventa una costrizione. È proprio perché noi invece possiamo giungere anche ad essere “noùs”, libera creatività spirituale, che possiamo sublimare l'energia sessuale. Ma questo vale per tutti e, soprattutto, non significa che la condizione omosessuale debba essere necessariamente sublimata, come vuole il Magistero attuale. La sublimazione della sessualità non può essere imposta a nessuno, né agli eterosessuali, né agli omosessuali.

Perché noi siamo passione. Qual è infatti, dal punto di vista emotivo, la caratteristica che in ultima istanza definisce l’essere umano? Secondo me è esattamente la passione. L'intelligenza, la volontà, l'istinto, tutto questo alla fine converge nel nostro essere passione. E, se si spegne la passione, si spegne la vita. Quindi, se la sublimazione è in funzione di una più alta passione, va bene. Se la sublimazione è in funzione dello spegnimento della passione, va combattuta.

Se c'è allora un'obiezione all’amore omosessuale nel nome della natura, questa obiezione è seria, ma si supera nella misura in cui si comprende che la legge della natura non è una norma che si impone al soggetto come qualche cosa che lo schiaccia e che lo definisce unicamente in funzione del suo essere vita biologica e vita zoologica. Ma questa legge naturale, per gli homo sapiens sapiens, si dà anzitutto come fioritura di tutti i livelli della vita, il più alto dei quali è la vita come “noùs”, come spiritualità: è conforme quindi alla vera legge naturale ciò che fa fiorire la vita del singolo, del singolo individuo concreto in tutti i suoi aspetti.

QUALE “PAROLA”?

Passiamo alle obiezioni nei confronti dell’amore omosessuale sostenute in nome della Bibbia. Queste in sostanza affermano che la parola di Dio condanna esplicitamente la pratica omosessuale, pur non condannando la tendenza. Non è un'obiezione da poco, per chi è cristiano e per chi vuole prendere sul serio la Bibbia.

Vi sono testi biblici molto espliciti al riguardo. Levitico 18:22: «Non ti coricherai con un uomo come si fa con una donna, è cosa abominevole». Tra l'altro questa prescrizione si trova tra due condizioni che sono l'infanticidio e la bestialità. Levitico 20:13: «Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio. Dovranno essere messi a morte. Il loro sangue ricadrà su di loro». Si potrebbe pensare che, trattandosi di brani del cosiddetto Antico Testamento, siano superati nel Nuovo. Ci pensa però il Vaticano, con un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, quello cui ho fatto riferimento prima, a fare chiarezza. (…). Si cita prima Corinzi 6:9: «Non illudetevi – scrive San Paolo – né immorali, né idolatri, né adulteri, né depravati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio». Continua il documento vaticano: «In un altro passaggio del suo epistolario egli, fondandosi sulle tradizioni morali dei suoi antenati, presenta il comportamento omosessuale come un esempio della cecità nella quale è caduta l'umanità». E poi si fa riferimento a Romani 1:18-32: «Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento».

(…). Nessuna scappatoia esegetica, a mio avviso, potrà mai negare la grande carica di aggressività di questi testi nei confronti dell’amore omosessuale.

E Gesù? Come si pone, che cosa dice? Gesù non dice nulla. E quindi?

È molto curioso osservare come vi siano esegeti che dicono: «Gesù non ha detto nulla. Quindi evidentemente accetta in questo l'impostazione tradizionale giudaica. Quando Gesù non era d'accordo lo diceva. Non avendo detto nulla, accetta». Ed esegeti che, al contrario, dicono che il silenzio di Gesù va inteso non come un consenso rispetto alla prospettiva tradizionale, ma come una sospensione del giudizio. «Si tratta – scrive Giannino Piana - di un silenzio eloquente che non può non sorprendere e che deve essere seriamente tenuto in conto. Forse proprio da questo dovrebbe prendere spunto il Magistero della Chiesa per riformulare la propria posizione sull'omosessualità e più in generale su tutte le tematiche connesse all'esercizio della sessualità».

Giannino Piana, cioè, dice: «Prendete esempio, cari vescovi, cari cardinali, da Gesù, tacete su questa cosa, non dite nulla e fate che ciascuno sia libero di determinarsi».

Come rapportarsi, allora, da credenti con i testi dell'Antico Testamento, con quelli del Nuovo Testamento, con il silenzio di Gesù?

C’è un episodio, risalente ad una decina di anni fa, che aiuta a capire come uscire dal ginepraio dei precetti biblici. Una nota conduttrice di un programma radiofonico negli Stati Uniti, la dottoressa Laura Schlesinger, ebrea ortodossa, affermò in una sua trasmissione, basandosi su Levitico 18:22, che l'omosessualità è condannata come abominio dalla Bibbia e quindi non può essere tollerata in nessun caso. (…). Qualche tempo dopo, però, un ascoltatore le scrive la seguente lettera, che immagino molti di voi già conosciate:

«Cara dottoressa Schlesinger, le scrivo per ringraziarla del suo lavoro educativo sulle leggi del Signore. Ho imparato davvero molto dal suo programma, ed ho cercato di dividere tale conoscenza con più persone possibile. Adesso, quando qualcuno tenta di difendere lo stile di vita omosessuale, gli ricordo semplicemente che nel Levitico 18:22 si afferma che è un abominio. Fine della discussione. Però, avrei bisogno di alcuni consigli da lei, a riguardo di altre leggi specifiche e su come applicarle. 1. Vorrei vendere mia figlia come schiava, come sancisce Esodo 21:7. Quale pensa sarebbe un buon prezzo di vendita? 2. Quando sull'altare sacrificale accendo un fuoco e vi ardo un toro, so dalle scritture che ciò produce un piacevole profumo per il Signore (Lev 1.9). Il problema è con i miei vicini: loro, i blasfemi, sostengono che l'odore non è piacevole. Devo forse percuoterli? 3. So che posso avere contatti con le donne solo quando non hanno le mestruazioni (Lev 15: 19-24). Il problema è: come faccio a chiedere questa cosa? Molte donne si offendono. 4. Il Levitico ai versi 25:44 afferma che potrei possedere degli schiavi, sia maschi che femmine, a patto che essi siano acquistati in nazioni straniere. Un mio amico afferma che questo si può fare con i filippini, ma non con i francesi. Può farmi capire meglio? Perché non posso possedere schiavi francesi? 5. Un mio vicino insiste per lavorare di Sabato. Esodo 35:2 dice chiaramente che dovrebbe essere messo a morte. Sono moralmente obbligato ad ucciderlo personalmente? 6. Un mio amico ha la sensazione che, anche se mangiare crostacei è considerato un abominio (Lev 11:10), lo sia meno dell'omosessualità. Non sono affatto d'accordo. Può illuminarci sulla questione? 7. Sempre il Levitico ai versi 21:20 afferma che non posso avvicinarmi all'altare di Dio se ho difetti di vista. Devo effettivamente ammettere che uso gli occhiali per leggere. La mia vista deve per forza essere 10 decimi o c'è qualche scappatoia alla questione? 8. Molti dei miei amici maschi usano rasarsi i capelli, compresi quelli vicino alle tempie, anche se questo è espressamente vietato dalla Bibbia (Lev 19:27). In che modo devono essere messi a morte? 9. Ancora nel Levitico (11:6-8) viene detto che toccare la pelle di maiale morto rende impuri. Per giocare a pallone debbo quindi indossare dei guanti? 10. Mio zio possiede una fattoria. È andato contro Lev. 19:19, poiché ha piantato due diversi tipi di ortaggi nello stesso campo; anche sua moglie ha violato lo stesso passo, perché usa indossare vesti di due tipi diversi di tessuto. È proprio necessario che mi prenda la briga di radunare tutti gli abitanti della città per lapidarli come prescrivono le scritture? Non potrei, più semplicemente, dargli fuoco mentre dormono, come simpaticamente consiglia Lev 20:14 per le persone che giacciono con consanguinei? So che Lei ha studiato approfonditamente questi argomenti, per cui sono sicuro che potrà rispondere a queste semplici domande. Nell'occasione, la ringrazio ancora per essere così solerte nel ricordare a tutti noi che la parola di Dio è eterna ed immutabile. Sempre suo. Un ammiratore devoto».

Qualcuno potrebbe obiettare che questi testi riguardano solo l'Antico Testamento e sono chiaramente superati dal Nuovo, ma che i testi di San Paolo rimangono inequivocabili come condanna. Ora, però, anche con i testi di San Paolo possono nascere problemi analoghi. Qualcuno per esempio potrebbe scrivere alla nostra dottoressa chiedendo spiegazioni sulla politica a proposito di Romani 13:1 - «Non c'è autorità se non da Dio. Quelle che esistono sono stabilite da Dio» - e riflettere un po' su tutti i governi italiani... Insomma, siamo proprio sicuri? Sono proprio tutti stabiliti da Dio? Si potrebbero chiedere spiegazioni sui rapporti con gli animali a proposito di Filippesi 3:2, quando San Palo dice «Guardatevi dai cani». In che senso mi devo guardare dai cani? Devo mettere la museruola a tutti, portarli al canile? Si potrebbe chiedere spiegazioni sulla dignità della donna a proposito di Corinzi 11:10, dove si legge: «La donna deve avere sul capo un segno di autorità a motivo degli angeli». O a proposito di Efesini 5:23-24: «Il marito è il capo della moglie e, come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai mariti in tutto».

Ma il punto è che occorre superare la lettera della Scrittura. È lo stesso San Paolo che in 2 Corinzi 3:6 dice: «La lettera uccide, lo Spirito dà vita». E che questa lettera biblica abbia ucciso e purtroppo continui ad uccidere a volte non solo moralmente ma anche fisicamente è un dato di fatto. La Bibbia non “è” la parola di Dio, la Bibbia “contiene” la parola di Dio.

Questa parola è il logos/logica che fa fiorire la vita, l'energia che accompagna ogni fenomeno vitale perché fiorisca. E, allora, il credente si pone di fronte alla Scrittura e fa scaturire da essa, dai suoi passi – non da tutti, perché alcuni sono irrecuperabili – questa logica/logos della vita che fiorisce e vuole relazioni armoniose, vuole l'amore. Siamo noi che rendiamo possibile alla Scrittura di far scaturire la parola di Dio, intesa come relazione armoniosa. Se questo non avviene, la lettera diventa una grandissima gabbia entro cui la mente, il cuore e le vite delle persone vengono rinchiuse.

DUE ESTREMI DA EVITARE

Insomma, a mio avviso, sulla questione della condizione omosessuale e dell'amore omosessuale ci sono due estremi che vanno entrambi evitati: da un lato negare la dignità della condizione omosessuale considerandola una malattia e una perversione - ed è su questo estremo che mi sono soffermato – e dall’altro fare della condizione omo/eterosessuale, insomma della sessualità, il punto di vista privilegiato in base al quale pensare e vedere il mondo. Chi fa così commette, a mio giudizio, lo stesso errore di chi ritiene gli omosessuali malati: quello di pensare che la vita sia solo “bios” e “zoé”, vita biologica e vita animale.

Lo specifico dell'essere cristiani in rapporto alla sessualità consiste in una particolare visione antropologica secondo cui l'amore è la dimensione decisiva dell'essere umano e tale amore riguarda anche lo spirito, anzi lo spirito ancora più del corpo, perché l'amore vive la sessualità, attiene a tutte le dimensioni dell'uomo, attiene al corpo, attiene alla psiche e attiene allo spirito.

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Martedì 08 Maggio,2012 Ore: 18:41
 
 
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