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www.ildialogo.org Parla don Carlo Rebagliati per 15 anni economo della diocesi di Savona,

Preti Gay nella chiesa cattolica
Parla don Carlo Rebagliati per 15 anni economo della diocesi di Savona

Dal sito di Repubblica Genova


La confessione di don Rebagliati
"Gay e sieropositivo, ma resto un prete" 

Carlo Rebagliati, per 15 anni economo della diocesi di Savona, poi testimone d'accusa nell'inchiesta contro i preti pedofili, oggi dimissionario dalla sua parrocchia perché a sua volta indagato per induzione alla prostituzione. Una vita segnata anche dalla scoperta della sieropositività. "Ormai mi vedo come Rugantino: 'na botta e via. A noi preti non è concessa altra forma di affettività" 

dal nostro inviato MARCO PREVE

NOLI - C'è tristezza e malinconia, negli occhi di quest'uomo di 64 anni che dice: "Ormai mi vedo come Rugantino: 'na botta e via. A me, a noi preti non è concessa altra forma di affettività". Così viene vissuta, e nascosta, la sessualità da tanti preti. Così, oggi, decide di rivelare come ha vissuto la sua - segnata anche dalla scoperta della sieropositività - don Carlo Rebagliati, per 15 anni economo della diocesi di Savona, poi testimone d'accusa nell'inchiesta contro i preti pedofili, oggi dimissionario dalla sua parrocchia perché a sua volta indagato per induzione alla prostituzione (un ex tossicodipendente trentenne con il quale ammette di avere scambiato effusioni ma non per soldi). Che poi le preferenze siano omosessuali, come nel suo caso, o eterosessuali, non cambia molto.

Perché?
"In ogni caso, all'interno della Chiesa, la sessualità va nascosta, sedata. Le pulsioni contrastate. I superiori, i confessori che ho avuto durante il mio sacerdozio mi dicevano: fai sport, dedicati agli altri, studia, lavora, riempi la tua vita. Così si allontanano le tentazioni. Io ho cercato di farlo con la solidarietà, creando occasioni di lavoro per gli emarginati con una cooperativa edile che ho fondato. Ma anche io ho avuto ed ho le mie debolezze...".

Non è semplice anche se si ha la fede.
"Certo che no. Entrai in seminario a 16 anni. Avevo già avuto degli amori adolescenziali con due ragazzine. Ricordo quando, a 19 anni, nominato prefetto, una notte vidi due seminaristi nella sede estiva di Piana Crixia dimenarsi a letto sotto le lenzuola. Credevo si stessero picchiando e li separai. Ero ancora ingenuo all'epoca. Fu il rettore a spiegarmi cosa stavano facendo. Poi il direttore spirituale mi spiegò che era normale ma che, qualunque fossero le mie inclinazioni sessuali, dovevo superarle con la preghiera, lo sport, o qualunque altra attività fisica o spirituale".

Lei però non nasconde di non essersi sempre riuscito. Non le sembra di vivere nell'ipocrisia?
"Io ho fatto una scelta, quella di essere prete e di guidare il gregge, non di crearmi una famiglia. E' la nostra vocazione e per le debolezze esiste la confessione. Un giorno il mio vice parroco venne da me in lacrime confessandomi "Io sono gay, non posso tollerare che il Padre eterno abbia sbagliato". Gli risposi che avevo anche io le mie pulsioni ma se faccio il prete devo metterle da parte, anche se, ripeto, non sempre ci si riesce".

Rinunciare all'amore, ad una vita affettiva.
"Per questo dico come Rugantino 'na botta e via. E guardi che è davvero una condanna, non una libertà".

Forse per qualcuno è troppo e c'è chi va alla deriva, come è il caso di don Seppia.
"Forse è così. Dover nascondere può essere terribile, fonte di squilibrio. A volte lo si maschera con un'esteriorità da tradizionalisti, da lefebvriani".

Lei è riuscito in qualche modo a trovarlo l'equilibrio?
"Con difficoltà ma credo di sì. Spesso riempiendomi la casa di gente per non essere solo e rischiare di cedere. Ho avuto un'amicizia più lunga, durata alcuni anni, con un musicista che conobbi a Roma, sul "famoso" bus 64 che da Termini va in Vaticano ed è luogo di incontri gay, specie tra religiosi. Ma anche quando accolsi da me questa persona gli spiegai che la mia scelta di vita era la chiesa".

E' difficile inquadrarla. Non nasconde le sue debolezze ma non è certo un "rivoluzionario". Non è contro il celibato?
"No, ripeto, abbiamo fatto una scelta che non è quella di creare una famiglia. Io piuttosto ho lottato da giovane per modernizzare la chiesa. Nel 1976 che l'ordinazione mia e di altri quattro compagni venne rinviata di un anno per le nostre posizioni. A Genova, dove c'era il cardinale Siri, pensavano che ordinare cinque come noi voleva dire ordinare le Brigate Rosse".

Il caso o il Signore le hanno riservato un'altra prova estrema.
"Nel 1994 ho scoperto di essere sieropositivo. Forse il primo prete in Italia a diventarlo. Dalle analisi non si riuscì a capire come fossi rimasto infettato. Era passato troppo tempo da eventuali rapporti a rischio e piuttosto in quel periodo andavo dal dentista. Chissà?".

Lei sa che per una parte della Chiesa l'Aids è una punizione.
"Certo, è una posizione quasi ufficiale. Ma se devo essere sincero penso che possa avere ragione il papa, che la malattia sia dovuta anche ad una mia colpa. Per me comunque questa è diventata una croce da portare".

Anche in questo caso lei non si è nascosto.
"Ho pensato a quel film, Philadelphia, e al coraggio del protagonista che combatteva senza vergogna. Così quando l'infettivologo dell'ospedale mi disse che potevo andarmi a curare fuori Savona per non essere riconosciuto, risposi di no. In ambulatorio sedevo tra gli altri pazienti, tossicodipendenti soprattutto. Ho chiesto di fare da cavia, per provare nuove terapie. Forse il Signore aveva in mente questo per me e io l'ho interpretata come una missione da prete".

(10 giugno 2011)

http://genova.repubblica.it/



Venerd́ 10 Giugno,2011 Ore: 16:54
 
 
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Cristianesimo ed omosessualita'

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