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www.ildialogo.org Cosa ci insegna la vicenda del sindaco di Riace,a cura di Giuliano Ciampolini

Cosa ci insegna la vicenda del sindaco di Riace

a cura di Giuliano Ciampolini

23 ottobre 2017 - officinadeisaperi.it
Cosa ci insegna la vicenda del sindaco di Riace
di Tonino Perna (it.wikiquote.org )
Come molti sanno, nell’ultimo decennio Riace, questo piccolo paese della costa jonica calabrese che conta solo milleduecento abitanti, è diventato famoso nel mondo e ha rivalutato l’immagine della Calabria: non più e solo terra di ‘ndrangheta, ma il luogo principe dell’accoglienza dello straniero. Finalmente una immagine positiva di questa regione di cui potersi vantare andando fuori per le strade del mondo. Quando nell’autunno del 2009 si celebravano a Berlino i vent’anni dalla caduta del muro, il grande regista Winnie Wenders di fronte a dieci nobel per la pace disse: «La vera civiltà, la nostra speranza come Europa io l’ho incontrata a Riace, un piccolo paese della Calabria». E quest’anno quando abbiamo letto la notizia che la famosa rivista Fortune aveva inserito il sindaco di Riace, Domenico Lucano, tra le cinquanta personalità più autorevoli della terra, in tanti abbiamo provato un sentimento di gioia ed orgoglio legittimo.
È in questo scenario che, come un fulmine in una limpida giornata autunnale, va letto il titolo a caratteri cubitali apparso sulla stampa locale e nazionale: il sindaco dell’accoglienza modello dei migranti accusato di truffa aggravata, concussione e abuso d’ufficio. Naturalmente la stampa di destra che odia gli immigrati ha scritto anche di peggio, ed era scontato. Quello che invece non è più accettabile è il modo con cui viene usato un avviso di garanzia, che significa solo che una persona è indagata, non condannata, non processata, e quindi ha diritto che la sua privacy venga rispettata. Negli ultimi decenni l’avviso di garanzia si è trasformato in una pre-condanna, soprattutto se si tratta di persona famosa, che però quando viene prosciolta gli si concede qualche rigo illeggibile in una pagina interna al giornale. Perché la notizia, vendibile, è la presunta colpevolezza non l’innocenza della persona indagata. Ora, non si tratta di scommettere sull’onestà di Domenico Lucano, su cui molti ci metteremmo la faccia, ma si tratta di mettere a nudo un modo di fare informazione: non è possibile che un avviso di garanzia diventi pubblico, finché il PM non finisce l’istruttoria e la manda al Gip (Giudice per le indagini preliminari) questa informazione non deve diventare di dominio pubblico, e chi lo fa deve essere sanzionato. La macchina del fango, lo sappiamo, funziona così: lo butti sulla persona che vuoi colpire e qualcosa resta, anche dopo la “doccia” (il proscioglimento).
Ho conosciuto Domenico Lucano nel novembre del 1998 mentre a Badolato ero impegnato con il Cric (una ong calabrese molto attiva in quegli anni) nel primo progetto di accoglienza dei migranti che si è realizzato in Italia, che puntava all’integrazione economica, sociale e culturale. Domenico ed i suoi amici dell’associazione “Riace città futura” volevano replicare nel loro paese quanto fatto a Badolato e chiedevano un sostegno per partire. Il loro entusiasmo, la loro onestà e grande idealità ha fatto sì che mentre Badolato si spegneva Riace raccoglieva la solidarietà di tanti gruppi/associazioni del mondo pacifista, del commercio equo e solidale, della finanza etica e di una straordinaria comunità anarchica, l’ultima rimasta in Europa: Longo maï. Una comunità, nata in Provenza e diffusasi in altre zone della Francia e in diversi paesi europei, che si mobilitò per sostenere l’esperienza di Riace attraverso una forma di turismo solidale con cui svizzeri, francesi e tedeschi vennero a fare le vacanze in questo piccolo Comune calabrese allora sconosciuto al mondo. Un sostegno, anche economico, venne da Cornelius Koch, una straordinaria figura di prete cattolico che in Svizzera chiamavano l’Abate dei profughi che venne più volte a Riace insieme ad Hannes, uno dei fondatori della comunità di Longo maï
(Vedi: Un chrétien subversif. Cornelius Koch, l’abbé des réfugiés, Editions d’en bas, Losanna, 2013).
Tutto questo per dire che la solidarietà, che la popolazione di Riace ha dimostrato di saper dare agli immigrati, innesca meccanismi di ulteriore solidarietà, legami sociali e reti conviviali, che si allargano a macchia d’olio ed in modo spesso imprevedibile. Ne è una ulteriore prova quello che è successo venerdì scorso: nell’anfiteatro costruito dove c’era una discarica (grazie anche all’impegno dell’ex assessore Tripodi, come ha voluto ricordare il sindaco), più di mille persone provenienti da tutta la Calabria e da varie parti d’Italia, dal Piemonte fino alla Sicilia, erano lì fino a notte fonda per essere vicini a Domenico Lucano, senza che alcun partito, sindacato o altro soggetto avesse organizzato questa manifestazione.
Perché anche questo insegna questa storia: quello che le persone trovano a Riace è una grande dose di umanità, a partire da Domenico Lucano che riesce a parlare al cuore della gente senza cadere nel populismo e nella demagogia. Quello che molti di noi cerchiamo e di cui abbiamo bisogno è di Restare Umani, come scrisse prima di venire barbaramente ucciso Vittorio Arrigoni, un martire della pace, che cercava di unire le fazioni palestinesi in lotta.

Infine, la terza cosa che merita una riflessione seria sull’esperienza di Riace riguarda l’uso di quello che Lucano chiamabonus” e che vengono usati per pagare i negozianti di Riace da parte dei migranti ospiti. Di che si tratta? Di una sorta di moneta locale che ha esattamente la stessa funzione dei “buoni pasto” che dipendenti pubblici e privati (grande aziende) usano per fare la spesa. Il vantaggio per l’economia di Riace è evidente: i migranti possono spendere questi bonussolo all’interno del paese e nei negozi convenzionati con l’amministrazione comunale. Questo fa sì che aumenti il legame tra i rifugiati e la popolazione locale e, inoltre, offre a loro la possibilità di fare acquisti di beni alimentari (e non solo) in base ai loro bisogni, cultura e tradizioni. Ed ancora: grazie a questo sistema l’amministrazione Lucano è riuscita a far risparmiare al progetto Sprar decine di migliaia di euro che sarebbero serviti per pagare gli interessi alle banche per avere gli anticipi di cassa con cui acquistare i beni per i migranti ospitati a Riace, mediamente duecento persone.
Un sistema virtuoso che è stato accettato dalla Prefettura per sette anni e che improvvisamente quest’anno è stato messo in discussione.
Un sistema che è stato ripreso e replicato anche in altri Comuni e che forse anche per questo diventava pericoloso perché dava un’autonomia agli enti locali che da diversi anni viene sempre più ridotta, grazie anche ai tagli nei trasferimenti dallo Stato ai Comuni che dal 2011 ha fatto registrare un taglio di ben 11 miliardi di euro.

Questa straordinaria storia di Riace non può finire nel macero per ragioni burocratiche o di bassa cucina.
Bisogna che tutte le autorità e i rappresentanti delle Istituzioni (a partire dalla Giunta regionale) comprendano che in questo momento stare a guardare significa solo essere complici dello smantellamento di un modello di accoglienza apprezzato da tutte le persone che non hanno perso la loro umanità, che ancora credono che è possibile costruire un mondo migliore, senza muri e fili spinati, un mondo in cui la diversità – di culture, etnie, religioni – sia un valore e non un terrore.
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agenzia.redattoresociale.it
"Ero straniero":
oltre 70 mila firme raccolte per superare la Bossi-Fini
Immagine incorporata 1
Successo della campagna per la proposta di legge popolare che porterà all'abolizione della Bossi-Fini.
Promossa da Radicali italiani, Casa della Carità, da oltre 60 sindaci e numerose associazioni.
Il 27 ottobre la consegna delle firme alla Camera dei deputati.
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La piazza di sabato è stata solo l'inizio
di Filippo Miraglia, Vicepresidente nazionale dell'ARCI
VEDI VIDEO SU:
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Da: moreno biagioni
Date: 24 ottobre 2017 19:40
Oggetto: Manifestazione anti-razzista del 21/10
Una giornata di sole e di calda umanità
(con qualche nuvola)

La manifestazione del 21/11, nonostante tutto (l'oscuramento dei media, lo scarso impegno di alcune autorevoli organizzazioni, un senso comune piuttosto ostile ...), è stata bella, vivace, partecipata, animata in buona parte da richiedenti asilo, profughi, migranti ed esponenti di quel tessuto sociale che ogni giorno agisce perché "si resti umani" (con una presenza più ampia e "ricca" dal Sud che dal Centro-Nord).
Sui giornali qualcuno ha fatto il paragone fra i ventimila di Roma e i centomila di Milano a maggio.
Bisogna però considerare che nel frattempo la situazione si è ancora di più deteriorata e che la piattaforma di Roma è molto più puntuale e precisa nell'individuare le responsabilità rispetto a quella di Milano. Fatto questo che non è estraneo rispetto al disimpegno a cui ho accennato in precedenza. Ed è proprio su tale aspetto che vorrei soffermarmi, riferendomi ai comportamenti della Camera del Lavoro CGIL, dell'ANPI, dell'ARCI di Firenze (che pure hanno aderito alla manifestazione), tre organizzazioni a cui sono iscritto e che vorrei vedere sempre in prima fila nella lotta contro l'intolleranza, la xenofobia, il razzismo (e, naturalmente, il fascismo, sotto qualsiasi veste si presenti).
A parer mio, hanno perso un'occasione per sensibilizzare e far discutere i rispettivi corpi sociali su un tema che risulta, e risulterà sempre di più, centrale per la vita democratica di questo paese.
Può darsi che un impegno a fare iniziative con i dirigenti delle Case del Popolo, con i delegati sindacali, con gli associati ANPI, non si sarebbe tradotto in una maggiore partecipazione alla manifestazione romana, ma avrebbe sicuramente prodotto maggiori conoscenze e prese di coscienza su argomenti che denotano un "incarognimento" generale, a livello di società e di istituzioni (per cui il "restare umani" sta diventando un obiettivo prioritario per tutti coloro che intendono davvero attuare la Costituzione). Inoltre, l'ANPI, che a livello nazionale non ha aderito, dovrebbe rendersi conto che antirazzismo e antifascismo sono profondamente intrecciati tra loro (in quanto il razzismo è una componente essenziale di ogni fascismo, di ieri e di oggi).
Dovrebbe anche prendere atto, chi vuol difendere la democrazia costituzionale, che non sono sufficienti generici pronunciamenti anti-razzisti, ma che occorre prendere posizione sulle politiche che vengono portate avanti in ambito istituzionale (non si può, cioè, se si vuole essere coerenti con le affermazioni di principio, che contrastare provvedimenti come i decreti Minniti-Orlando e gli accordi con la Libia - e denunciare la mancata approvazione dello jus soli).
La manifestazione di Roma voleva essere, ed in buona parte è riuscita ad attuare tale proposito, un forte momento di visibilità della parte d'Italia che si contrappone alla deriva razzista, stimolando lo sviluppo di un percorso che faccia recuperare, sul piano politico-culturale, il terreno perduto (prima che sia troppo tardi). Mi auguro che anche chi ha mancato, in toto o in parte, l'occasione del 21/10 si dia da fare su questo terreno, con un impegno di carattere straordinario, come viene richiesto dal clima grave e preoccupante che pervade la società intorno a noi.

Moreno Biagioni
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"L'Indifferenza che non è solo delle istituzioni,
è penetrata nel nostro sangue e scorre nelle nostre vene."
corriereirpinia.it
20 ottobre 2017 - Quotidiano del Sud
Migrazione, un unico destino
di Domenico Gallo
Dopo la Germania e la Catalogna, con le elezioni in Austria di domenica scorsa altre nubi minacciose si sono addensate sui cieli d’Europa.
Quello che fa specie non è solo l’avanzata elettorale del partito protonazista di Heinz-Christian Strache, che ha conquistato il 26% dei voti, ma il fatto che il partito di governo, il Partito popolare, ha ottenuto un notevole successo elettorale rubando le parole d’ordine xenofobe al partito di estrema destra.
Nella campagna elettorale i partiti si sono contesi il consenso promettendo immigrazione zero ed espulsioni massicce di immigrati.
La storia ci insegna quanto sia pericolosa una situazione in cui la politica risponde al malessere sociale trasformando in capro espiatorio un gruppo sociale. In fondo a questa strada c’è il genocidio. Non dobbiamo avere ritegno ad utilizzare questa parola. Il genocidio sta ritornando ad essere una modalità accettata dalla politica, basti pensare allo scambio di minacce nucleari fra la Corea del Nord e gli Stati Uniti, ai massacri compiuti dall’Isis e da altri attori nei vari conflitti del Medio Oriente.
Per quello che riguarda l’Europa, il genocidio a bassa intensità, che nessuno vuol vedere, è quello del popolo dei profughi che si verifica ogni giorno nel Mar Mediterraneo. Per questo è di eccezionale valore “Un unico destino”, il film prodotto da Espresso, Repubblica e Sky.
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E’ un documento contro l’oblio, che ci fa vedere quello che noi non vogliamo vedere, quella realtà di sofferenza umana che c’è dietro ogni migrazione e che viene rigorosamente bandita dal discorso pubblico. Ciò avviene ripercorrendo la storia di tre chirurghi siriani fuggiti da Aleppo, che hanno visto i propri figli perire nel Mediterraneo a causa della nostra indifferenza. Sì, perché i loro figli sono morti senza una ragione, solo per la nostra indifferenza, l’indifferenza delle autorità italiane che hanno giocato al rimpallo con Malta per scongiurare lo sbarco dei migranti portati da un’altra carretta del mare.
Indifferenza che non è solo delle istituzioni, è penetrata nel nostro sangue e scorre nelle nostre vene.
La visione di questo film può essere un potente antidoto per combattere la malattia dell’indifferenza, sempre che non sia arrivata al punto da devastare le coscienze. Dopo aver visto “Un unico destino” possiamo meglio comprendere la sortita del sindaco di Palermo, che è stata gelidamente ignorata da tutti i media.
Leoluca Orlando, dando il loro nome alle cose, accusa di genocidio gli Stati che mandano a morire i migranti:L’Europa (come Alice) ogni tanto si sveglia dal proprio sonno criminale e scopre quello che sta accadendo: una vera e propria strage degli innocenti che è frutto di un sistema europeo criminogeno che aumenta la criminalità organizzata in danno dei diritti degli esseri umani, dimenticando che il finanziamento dei dittatori – ieri in Turchia, oggi in Libia – produce soltanto un incentivo al business criminale, e dimenticando che l’Europa è responsabile di un vero e proprio genocidio. Io voglio provare ad essere preciso quando faccio l’accusa di genocidio, perché la faccio essendo giurista; non mi riferisco alla distinzione tra i migranti economici e i richiedenti asilo, cui io non consento, che non accetto, che considero un enorme errore; è l’Europa che dice che bisogna distinguere i migranti economici, che possono pure morire – vergogna! – mentre dice che bisogna garantire il diritto all’asilo, ad esempio di chi viene dalla Siria o da altri luoghi di guerra riconosciuti internazionalmente. Ebbene, l’Europa in base alla propria legislazione riconosce il diritto all’asilo dei siriani, però poi non li mette in condizione di raggiungere il continente in maniera umana e normale, li costringe a vendersi a mercenari di morte, a pagare 5 o 6.000 dollari quando potrebbero viaggiare in aereo, atterrando a Berlino piuttosto che a Madrid, a Roma piuttosto che ad Amsterdam, senza morire, senza finanziare il crimine, senza dover scegliere sui barconi tra la propria vita e la vita del vicino.”
Di fronte alla disumanizzazione della politica che produce mostri, dobbiamo ringraziare il sindaco di Palermo che ha il coraggio di alzare una voce perché possiamo restare umani.
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Dossier genocidio
L’EUROPA DENUNCIATA PER GENOCIDIO
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26 ottobre 2017
Presentazione del Dossier Statistico Immigrazione 2017
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FiglioDì
VEDI VIDEO:
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A VICOFARO (Pistoia)
Pizzeria Dal Rifugiato
Una buona pizza in compagnia contro razzismi e fascismi!
Prezzi popolari, il ricavato per una buona causa.
Il prossimo sabato - dalle 19.30 - vieni a trovarci!
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Sabato 28 Ottobre,2017 Ore: 20:24
 
 
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