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www.ildialogo.org Le missioni anti-migranti di Frontex ed EUNAVFOR MED nel Mediterraneo,di Antonio Mazzeo

Le missioni anti-migranti di Frontex ed EUNAVFOR MED nel Mediterraneo

di Antonio Mazzeo

C’è una foto che descrive bene la sporca guerra che l’Europa ha scatenato nel Mediterraneo contro decine di migliaia di rifugiati in fuga da altre guerre guerreggiate in Africa e Medio oriente. L’ha scattata il fotoreporter Enrico Di Giacomo nel porto di Messina il 22 settembre 2015. Sulla nave della guardia costiera britannica “Protector”, missione Triton di Frontex, due marines della Royal Navy, il volto occultato da maschere anti-epidemia ed occhialoni neri, indossano tute bianche contro le contaminazioni da guerra nucleare, batteriologica e chimica NBC. Pistole ai fianchi, imbracciano, entrambi, fucili mitragliatori. Freddi, terribili, anonimi cani da guardia di un gruppo di giovani migranti subsahariani seduti stretti, uno accanto all’altro. Volti stanchi, tirati. Solo un senso d’incertezza generale per quello che adesso potrà accadere. La precarietà di vite sospese, l’assenza di empatia e di ogni forma di comunicazione con l’altro, il marine senza volto, l’invisibile armato. Immagini identiche ai selfie nelle prigioni-lager per presunti “terroristi” in Iraq o Afghanistan o nelle navi-prigioni per i “pirati” del Corno d’Africa e del Golfo di Guinea. A bordo della “Protector”, quel giorno, c’erano però 122 persone soccorse su un gommone alla deriva delle coste libiche, tra essi anche tre giovani donne in avanzato stato di gravidanza e cinque bambini. Moderni criminali contro cui spianare le armi, clandestini – terroristi – pirati –scafisti – schiavi, bottini della guerra globale. Non persone da recludere, deportare, annientare.
L’Europa fortezza dei diritti violati
La stazione di Budapest come Auschwitz, i treni dei rifugiati bloccati, sequestrati e piombati dai poliziotti e dall’esercito in tenuta antisommossa. Un nuovo filo spinato costato 21 milioni di euro, lungo 175 km e alto 4 metri, al confine con la Serbia, protetto da tank, cingolati, carri armati e dalle truppe d’élite addestrate per i conflitti Nato del Terzo millennio. La costruzione di un altro muro d’acciaio è stato annunciato dal primo ministro ungherese Viktor Orban, stavolta al confine con la Romania, “contro l’immigrazione di massa dal Medio Oriente che rappresenta una minaccia alle radici cristiane del Vecchio continente”.
Chi fugge attraverso i Balcani dagli inferni di guerra mediorientali e africani non deve arrivare in Austria o in Germania. Così, altri treni sono stati bloccati dalle forze armate della Repubblica Ceca, mentre gli avambracci dei profughi, bambini compresi, sono stati marchiati con numeri indelebili. Le autorità di Praga hanno ordinato il trasferimento di 2.600 militari ai valichi di frontiera sud-orientali oltre ai 1.500 schierati in estate. Anche Vienna ha deciso di affidare all’esercito il controllo delle frontiere con Italia e Ungheria, mentre il 20 ottobre il parlamento sloveno ha approvato una legge che dà poteri straordinari alle forze armate – per tre mesi, rinnovabili - per la gestione dell’emergenza rifugiati, compresa la possibilità di “limitare temporaneamente” la libertà di movimento ai confini. Qualche giorno dopo, il governo di Lubiana ha ordinato il dispiegamento dei carri armati sul valico doganale di Harmica, al confine con la Croazia. Anche in Macedonia è stato decretato lo stato d’emergenza: agenti di polizia ed esercito sono autorizzati a utilizzare armi pesanti per disperdere i migranti ed ogni straniero sospettato di essere entrato illegalmente nel paese può essere arrestato o deportato. Pugno di ferro anche in Bulgaria, dove il 15 ottobre le Guardie di frontiera hanno sparato contro un gruppo di rifugiati, uccidendo un cittadino afgano. I cingolati dell’esercito sono stati schierati ai valichi con Macedonia, Grecia e Turchia, e altri muri elettronici e barriere di filo spinato sono stati innalzati in tempi record a presidio dell’Europa lager-fortezza.
Cariche, idranti, pallottole di gomma e gas per i migranti che tentano di attraversare il Canale della Manica violando le enclave spagnole di Ceuta e Melilla, dove dal 2005 Madrid ha speso più di 72 milioni di euro in sofisticati sistemi elettronici d’allarme. Manganelli e idranti anche per i disobbedienti a Ventimiglia, per i richiedenti asilo reclusi nei centri di Berlino, Parigi e del sud Italia e per migliaia di rifugiati approdati nell’isola greca di Kos o nelle coste meridionali della Turchia. Il mare Egeo è divenuto teatro di spericolati inseguimenti, speronamenti e abbordaggi delle imbarcazioni di migranti da parte di unità veloci della marina militare ellenica e turca e perfino di misteriosi commandos di mercenari e/o paramilitari in tuta mimetica e superarmati.



Venerdì 20 Novembre,2015 Ore: 19:16
 
 
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