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www.ildialogo.org “Caro Presidente Mattarella, sono il capitano del GSD Lampedusa calcio…”,da Agenzia NEV del 04/03/2014

“Caro Presidente Mattarella, sono il capitano del GSD Lampedusa calcio…”

da Agenzia NEV del 04/03/2014

Lampedusa, Agrigento (NEV), 4 marzo 2015 - Il campo è di quelli di periferia e questa storia che vi raccontiamo è una bella storia. È una storia particolare, di un campo di calcio polveroso dove se cadi ti sbucci le ginocchia. È particolare non solo perché è a Lampedusa e vicino al molo Favaloro dove i migranti approdano. Lo è perché questo campo è stato fatto dai lampedusani che si sono rimboccati le maniche da soli, e in modo autorganizzato hanno ricostruito le reti, rimesso a posto le porte e permesso ai loro giovani di sentirsi meno “isolati”.
Oggi il GSD Lampedusa è terzo nel campionato allievi e potrebbe anche provare ad arrivare primo. Qualche settimana fa, dopo un’altra tragedia in mare, il capitano della squadra, Christian Cucina, ha scritto una bellissima lettera al Presidente della Repubblica. Una lettera che dovrebbe essere letta e ascoltata, perché se c’è un luogo in questo paese che non deve essere confinato nell’indifferenza questo è senza dubbio Lampedusa.
Caro Presidente della Repubblica,
sono il capitano. Il capitano di una scuola calcio di Lampedusa, la G.S.D. LAMPEDUSA.
Mi rivolgo a lei perché oggi, come in altre occasioni, siamo catapultati sullo scenario sportivo in contrasto alle tragedie a cui noi assistiamo, purtroppo, troppo spesso. Di fronte a tanti morti rimaniamo tutti sconvolti e le nostre problematiche diventano nulla a confronto.
Più volte avremmo voluto rivolgerci a lei per sottoporre i problemi di noi giovani lampedusani sportivi e non, ma abbiamo sempre abbassato la mano, perché davanti alla interminabile sequenza di morti, noi e i nostri problemi, rimaniamo nell’ombra.
Oggi però alzo la mano e vorrei parlare, credo, a nome di tutte le centinaia di bambini e bambine, ragazzi e ragazze che affrontano nel quotidiano l'emergenza di volere vivere una vita uguale a quella di amici incontrati nelle varie esperienze sportive che i nostri dirigenti ci hanno fatto e ci faranno continuare a vivere. Abbiamo visto mega strutture sportive in erba sintetica, palestre coperte con tribunette, campi di basket all'aperto, teatri, centri sociali, ecc. Da circa dieci anni frequento questa scuola calcio e ho ricevuto rimproveri ed elogi, affetto e condivisione delle problematiche, sentendo troppo spesso i nostri dirigenti che si dannano perché ci sono sempre problemi di soldi per potere andare a giocare ed il rischio di non poter partire per la prossima gara.
Già, fra il dire e il fare per noi ci sta sempre, davvero, il mare.
Presidente, lei è isolano come noi e più di altri può capire meglio il significato di isolano. Ogni anno per noi partecipare ad un campionato è una battaglia, finirlo è una vittoria.
Quest’anno è stato bellissimo, perché abbiamo giocato nel nostro bellissimo, brullo, polveroso, fangoso, senza tribune, STADIO, con la visita di squadre provenienti dalla Sicilia. Nuovi incontri, nuove amicizie, sempre calci a prenderli e darli. Ogni gara è una finale di coppa del mondo che ci spinge ad andare avanti e seguire ancor di più i consigli che i nostri stupendi dirigenti ci indicano nel quotidiano.
Abbiamo tantissimo bisogno di NORMALITÀ. Non so il costo, ma ce ne serve tanta.
Normalità sarebbero tante cose, che so la nave che arriva sempre, il costo dell'aereo basso, un ospedale, una scuola normale, una bella palestra. I nostri dirigenti è da tre anni che ci parlano di volere realizzare una struttura (un pallone); quando chiediamo come mai non si è ancora fatta, ci sentiamo dire “LA BUROCRAZIA NON VUOLE”.
Quando vedo, per ora, in giro per le vie del mio bellissimo paese questi giovani dai denti bianchissimi e dal volto nero, con dei lineamenti puliti, negli occhi lo sguardo triste e rassegnato, mi chiedo: “ma chi glielo fa fare, mettere a rischio la vita per arrivare qui?”. Se un giorno l'Africa divenisse la prima potenza economica mondiale ed a Lampedusa non ci fosse lavoro, non mi arrischierei a mettermi su un gommone per raggiungere l'Africa, perché conosco il mare. Il mare esige rispetto ed io ho paura.
Presidente, la venuta del Papa per noi è stato un momento meraviglioso e ci ha lasciato un bel ricordo, anche se ci hanno distrutto il campo di calcio. Noi la invitiamo a venirci a trovare per condividere con lei i momenti del nostro vivere quotidiano. Questa volta però la incontreremo in un altro posto, ma non al campo, non si sa mai! I dirigenti hanno fatto salti mortali per rimetterlo in sesto alla bene e meglio. Ce lo teniamo stretto.
Grazie per tutto quello che potrà e vorrà fare per noi, perché in Sicilia fu detto: “QUI SI FA L'ITALIA O SI MUORE”...... mi pare fu Garibaldi. Noi non vogliamo morire, ma vorremmo essere felici di potere giocare con felicità anche insieme ai giovani di colore che i nostri anziani chiamano turchi, anche perché lo abbiamo già fatto e danno pure dei bei calci e non solo al pallone..... Le mie caviglie ne hanno viste di tutti i COLORI.
Ancora grazie.
Il capitano.
Ed altre centinaia di Carusi che la ammirano.
NEV - Notizie Evangeliche, Servizio stampa della Federazione delle chiese evangeliche in Italia - via Firenze 38, 00184 Roma, Italia tel. 064825120/06483768, fax 064828728, e-mail: nev@fcei.it, sito web: http://www.fcei.it .


Giovedì 05 Marzo,2015 Ore: 22:20
 
 
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