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www.ildialogo.org Mediterranean Hope. Di prossima apertura la "Casa delle culture" di Scicli (RG),di Agenzia NEV del 26/11/2014

MEDITERRANEAN HOPE: Lo sguardo di Lampedusa
Mediterranean Hope. Di prossima apertura la "Casa delle culture" di Scicli (RG)

di Agenzia NEV del 26/11/2014

Roma (NEV), 26 novembre 2014 - Un luogo di accoglienza, ma anche e soprattutto di scambio culturale e di integrazione: questo è quello che vuol essere la nuova "Casa delle culture" di Scicli (RG), un'iniziativa che si colloca all'interno del progetto "Mediterranean Hope" della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e che comprende anche un "Osservatorio delle migrazioni mediterranee" operativo a Lampedusa sin dallo scorso maggio.

L'inaugurazione della "Casa delle culture" avrà luogo il 12 dicembre alla presenza delle autorità locali, dei rappresentanti delle chiese e delle comunità di fede della Sicilia, del presidente FCEI pastore Massimo Aquilante, del moderatore della Tavola valdese pastore Eugenio Bernardini, e dei rappresentanti di alcune chiese evangeliche estere.
A spiegare la particolarità dell'iniziativa il presidente FCEI, pastore Aquilante: "Il nostro progetto non è rivolto solamente agli immigrati ma a tutta la popolazione di Scicli. Con essa, con le associazioni che già operano sul territorio e con le istituzioni locali vogliamo costruire percorsi di integrazione interculturale".
La "Casa delle culture" si trova al centro della città di Scicli, a pochi passi dalla chiesa metodista, e consta di tre appartamenti di circa 100 mq ciascuno, nonché di un ampio salone di circa 500 mq, che verrà adibito ad attività di incontro e integrazione.
Il progetto "Mediterranean Hope" è finanziato dall'otto per mille delle chiese metodiste e valdesi e, per alcune attività, dalla Chiesa evangelica della Westfalia.

ANTEPRIMA
Roma (NEV), 26 novembre 2014 - A pochi giorni dall'inaugurazione della "Meditarranean Hope-Casa delle culture" di Scicli (RG) (vedi notizia in questo numero), il direttore di "Riforma" Luca M. Negro ha intervistato il pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Proponiamo in anteprima l'intervista in uscita sul prossimo numero del settimanale delle chiese battiste, metodiste e valdesi.
Una «Casa delle culture» per testimoniare che l’integrazione è possibile
Intervista al pastore Massimo Aquilante, presidente FCEI, sul centro di accoglienza di Scicli (Rg)
di Luca Maria Negro
La Casa delle culture di Scicli (Ragusa) è in attesa dei primi immigrati che saranno ospiti della struttura, creata nell’ambito del progetto Mediterranean Hope ("speranza mediterranea") della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). L’inaugurazione ufficiale del centro è prevista per venerdì 12 dicembre. Su Riforma abbiamo già dato notizia dell’apertura e delle reazioni negative di una parte della cittadinanza: a fine ottobre le saracinesche del centro sono state imbrattate con la scritta "Vergogna! No, no, no". Con il pastore Massimo Aquilante, presidente della FCEI, facciamo il punto della situazione e cerchiamo di mettere a fuoco le caratteristiche del progetto.
Che cosa è successo dopo la comparsa delle scritte?
La Chiesa metodista di Scicli e gli operatori di Mediterranean Hope (MH) hanno indetto un’assemblea cittadina che si è svolta il 31 ottobre per spiegare in che cosa consiste esattamente il progetto, rispondendo ad alcune delle obiezioni sollevate, in particolare da parte di un gruppo neofascista appartenente a "Forza Nuova" ma anche di altri, soprattutto sul fronte della destra politica. Ma ci sono state anche tante attestazioni di solidarietà trasversali: a me piace sottolineare soprattutto il piano ecumenico, in particolare da parte della parrocchia cattolica e del vescovo di Noto. Abbiamo redatto e diffuso un volantino per rispondere puntualmente alle obiezioni che fino a quel momento erano circolate. Nel frattempo un gruppo di commercianti si è riunito e ha dato luogo a una raccolta di firme contro l’apertura della "Casa delle culture", come abbiamo voluto chiamare il nostro centro di accoglienza. A questo punto abbiamo organizzato una seconda assemblea pubblica, a cui ho sentito il dovere di partecipare personalmente. La seconda assemblea si è svolta il 4 novembre con una buona partecipazione dei cittadini di Scicli – anche se purtroppo la parte contraria era assente (con i commercianti c’è stato però un incontro alcuni giorni dopo). Da varie parti è stata ribadita la solidarietà e la fiducia nel nostro progetto, anche con affermazioni impegnative, come quella del presidente del consiglio comunale che non solo ha tacciato di vigliaccheria gli assenti ma ha affermato: “Ancora una volta la chiesa metodista di Scicli fa la storia della città”. Un’affermazione forte che porta in sé la memoria della testimonianza che i metodisti hanno dato in quel territorio in oltre un secolo di storia.
Certo, basta pensare al pastore Lucio Schirò (1877-1961), antifascista e per due volte sindaco della città. Tornando alle obiezioni sollevate contro l’apertura del centro, qual è stata la vostra risposta?
Anzitutto che noi certamente non “lucriamo” su questo intervento, in quanto esso è interamente finanziato dall’otto per mille delle chiese metodiste e valdesi. Questo vuol dire che non abbiamo nessuna necessità di concorrere ai finanziamenti pubblici secondo la normativa regionale. In secondo luogo lo spirito del progetto è, come in tutte le iniziative di azione sociale delle nostre chiese, quello di una testimonianza, non di una “impresa” a sé stante. Certo, si cerca di fare un lavoro fatto bene, con personale preparato, ma non tutto si esaurisce lì; c’è un appello alla popolazione locale a farsi coinvolgere in questo tipo di azione in prima persona (per esempio attraverso il volontariato), collocandosi dentro lo spirito del progetto. Come strutturiamo esattamente l’intervento a Scicli? Non è un caso che lo abbiamo voluto chiamare “Casa delle culture” e non “centro di accoglienza”. Per quanto faremo effettivamente dell’accoglienza negli appartamenti che abbiamo preso in affitto, il punto caratterizzante è che l’accoglienza vuole essere veicolo di qualcosa di più ampio, di un incontro tra culture, sensibilità, spiritualità diverse. Questo è il senso dell’ospitalità: quello che nel gergo delle nostre chiese esprimiamo con la parola “integrazione”, che non è assimilazione ma un reciproco arricchimento.
Concretamente, abbiamo messo in campo una serie di idee che sono anzitutto sul piano della cultura: l’organizzazione di incontri festivi con musica, danza, gastronomia, aperti a tutta la popolazione. L’ampio locale che abbiamo a disposizione ci consente di svolgere questo tipo di attività, ma anche interventi culturali più impegnativi come convegni, incontri di studio e seminari. Prevediamo anche di organizzare, in collaborazione con altre realtà locali, corsi di studio della lingua italiana per i nostri ospiti, anche in vista del conseguimento della licenza media. Poi interventi sul piano del lavoro: contatti con artigiani o associazioni professionali per inserire gli ospiti in circuiti di formazione professionale. Proprio la presenza di giovani immigrati intenzionati a imparare certi mestieri potrebbe rappresentare la rinascita di certe professioni, di certe manualità in ambienti in cui si vanno perdendo. Infine lo sport, attraverso contatti con le associazioni sportive. Insomma, tutta una serie di percorsi che rispondono alla linea fondamentale: una testimonianza costruita insieme.
Di che tipo di locali è dotato il centro?
Si tratta di ampi locali in affitto al centro della città, a pochi passi dalla Chiesa metodista. L’attività di ospitalità vera e propria si farà in tre appartamenti di circa 100 metri quadrati ciascuno, che potranno ospitare fino a una quarantina di persone. Nello stesso stabile, a piano terra con doppio affaccio sulla strada, c’è un ampio salone di circa 500 mq, che verrà adibito ad attività di incontro e integrazione. Per la mensa abbiamo previsto una convenzione con la vicina Opera diaconale metodista.
Chi saranno gli ospiti?
In un primo tempo la prefettura ci aveva detto che avrebbe utilizzato la nostra disponibilità essenzialmente per i minori. Ma prevediamo di ospitare anche delle famiglie: una presenza “mista” di minori e famiglie è certamente preferibile. Naturalmente tutto può cambiare, può essere che fra qualche mese ci siano altre priorità, per esempio donne con bambini piccoli.
Il centro potrà quindi rispondere in modo flessibile alle esigenze del momento?
Tutto sarà coordinato dalla prefettura. Ci sarà una convenzione con il Comune di Pozzallo, dove c’è il centro statale di prima accoglienza; con il Comune di Scicli non avremo un rapporto formale, ma verrà costantemente informato dell’arrivo di nuovi gruppi di ospiti. Ma quello che vorrei che fosse chiaro per i lettori di Riforma è che non stiamo creando un nuovo “istituto” isolato nel sud-est della Sicilia: la Casa delle culture di Scicli è l’altro versante del progetto Mediterranean Hope, partito alcuni mesi fa con un “osservatorio” a Lampedusa. L’originalità del progetto sta nel fatto che da Lampedusa parte un’informazione che attinge anche al “laboratorio” di Scicli per raccontare che, se è possibile a Scicli fare delle esperienze di integrazione, perché non deve essere possibile altrove? Il lavoro che si fa a Scicli non è fine a se stesso ma rientra in questa prospettiva di un laboratorio, di fornire degli input a chiunque nelle chiese e fuori dalle chiese voglia avere una comprensione del fenomeno migratorio realistica e seria. Vorrei anche sottolineare che, accanto alla presenza a Lampedusa e Scicli, stiamo per impiantare a Roma, presso il Servizio rifugiati e migranti della FCEI, una sorta di “relocation desk” che consenta di trovare un percorso di vita per gli ospiti, caso per caso.

 

Un’isola per i diritti di tutti
Lampedusa si tinge ancora di iniziative belle e importanti per la popolazione dell’isola. La stagione estiva è finita ma c’è ancora la presenza di associazioni ed eventi che coinvolgono gli abitanti. In questi giorni il lavoro intenso e ispirato di IBBY Italia ha riacceso la passione e la speranza di riuscire ad avere una biblioteca per bambini e ragazzi in questo luogo nel cuore del Mediterraneo, decisamente affamato di conoscere il mondo anche attraverso la lettura. IBBY (International Board on Books for Young People) è un’organizzazione internazionale no-profit che si impegna a far incontrare i più giovani con il mondo dei libri, difendendo il diritto alla lettura, una lettura di qualità in grado di far conoscere ai più piccoli altre realtà e tradizioni per sviluppare una cultura del confronto, della pace e della tolleranza. Come si legge dal sito ufficiale di IBBY Italia (bibliotecasalaborsa.it) “i libri possono aiutare un bambino che cresce in un contesto difficile ad avere una migliore qualità della vita”, ed è proprio a partire da questa idea che è nato il progetto di una biblioteca a Lampedusa.
Una delle responsabili, Deborah Soria, racconta il percorso di questi anni in un’intervista a Mediterranean Hope: “Quando c’è stata la crisi del 2011 sentivo dell’arrivo di tante persone tra cui sapevo esserci tanti minori, quindi ho iniziato a pensare alla loro accoglienza. Siccome IBBY usa la letteratura in modo che i ragazzi soffrano di meno nei cambiamenti e nelle differenze nella loro vita, lavora anche con i migranti, con le persone che hanno subito grandi traumi come un terremoto, pensando che la lettura possa diventare un luogo sicuro” (vedi canale YouTube di Mediterranean Hope). Inizia così una raccolta internazionale di libri “senza parole”, in grado di parlare e interagire con bambini di tante lingue diverse, alcuni dei quali fanno parte di una mostra che sta girando il mondo - “Libri senza parole. Destinazione Lampedusa” - e altri sono nella biblioteca dell’isola. Ma il progetto si è poi andato ampliando con la scoperta che a Lampedusa non era presente una biblioteca per ragazzi, nonostante i bambini fossero più di mille. Considerando l’impegno di IBBY per garantire ai più piccoli il diritto di leggere è iniziata quindi una fase per istituire una biblioteca che contenesse libri per i bambini italiani oltre che di altre provenienze. “L’idea - continua Soria - era quella di fare una biblioteca nel centro del Mediterraneo e dai cui partissero nuovi modi di accogliere attraverso la letteratura i bambini di quest’area”. Da più di due anni un gruppo di energici volontari è impegnato per lo sviluppo di questo spazio vitale di lettura, confronto e crescita e svolge diversi camp in cui attraverso iniziative pubbliche e nelle scuole venga diffusa la cultura e l’amore per i libri.
L’impegno e la passione sono grandi, ma le difficoltà non mancano. Lo spazio adibito alla biblioteca non è ancora del tutto pronto ad accogliere i bambini in un luogo che sia sano e bello, e nonostante il Comune detenga in fondi adeguati per il progetto ancora non si sa con precisione quando inizieranno i lavori e quindi quando si potrà avere una biblioteca funzionante a tutti gli effetti. La determinazione di IBBY è forte ma non è sufficiente per portare avanti un impegno che deve essere sentito prima di tutto dal territorio e dalla popolazione di Lampedusa. Sono i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze dell’isola i primi a pagare l’assenza di una biblioteca, sono i primi a cui viene negato un diritto che deve essere di tutti, quello di leggere, imparare, sognare attraverso uno spazio che sia pubblico e di tutta la cittadinanza.
Il lavoro di IBBY in questi giorni non è stato solo di offrire iniziative guidate da preparatissimi volontari con i più svariati talenti, non è stato solo quello di consigliare con passione i libri ai diversi piccoli lettori che si sono precipitati ogni giorno nella biblioteca, ma è stato anche quello di intessere relazioni con il territorio, le associazioni, i genitori, gli insegnanti, affinché questa diventi una battaglia di tutti i lampedusani per il futuro dei propri figli. Deborah Soria sottolinea l’importanza della lettura in un luogo come Lampedusa: “crescere con i libri significa essere capaci di conoscere i pensieri degli altri e percepire che gli altri sono come noi e quindi avere molta meno paura della vita. Nascere su un'isola e non avere accesso a nessuna altra forma di pensiero è gravissimo, da qui quindi questa voce è più forte perché si percepisce che Lampedusa è un posto speciale”. L’impegno dovrebbe quindi spettare prima di tutto agli adulti, per permettere ai propri figli di accedere a diverse forme di pensiero e aprirsi al mondo al di là di queste coste bellissime. La forza prorompente di IBBY e dei volontari, ma anche gli occhi luccicanti dei bambini e ragazzi che in questi giorni si sono recati in biblioteca ha dato la spinta per creare un gruppo di volontari che nei prossimi mesi continuerà a tenere il servizio attivo. Speriamo che l’iniziativa possa estendersi sempre di più alla popolazione e assumere un carattere continuativo nel tempo.
Proprio in questi giorni da Lampedusa è partita anche un’altra importante iniziativa, una carovana italiana per i diritti dei migranti, per la dignità e la giustizia (carovanemigranti.org) nata in sinergia con i Movimento Migrante Mesoamericano e le madri del Centroamerica che cercano i propri figli scomparsi nella pericolosa e mortale traversata del confine tra Messico e Stati Uniti. Un altro evento per difendere i diritti dei più vulnerabili, affinché possano vivere in condizioni umane e dignitose. Colpisce in modo feroce la testimonianza di Mounira Chagrani, portavoce delle famiglie tunisine che cercano i parenti scomparsi dopo le primavere arabe. Mounira cerca disperatamente da anni il figlio sfuggito alle persecuzioni politiche nel 2011, e con lui altri giovani che sono approdati a Lampedusa e di cui non si ha più traccia. Sono tanti i percorsi di difesa dei migranti e di quanti sfidano i più tremendi pericoli per costruirsi un futuro migliore. Lampedusa diventa quindi nuovamente luogo simbolico in cui poter chiedere la difesa dei diritti dei più deboli, madri che cercano i propri figli dispersi, o figli più fortunati che però non sanno di avere il diritto a crescere in un mondo di confronto, apertura e tolleranza.
Mediterranenan Hope ha come obiettivo di essere al centro di tutte queste iniziative, di portare una testimonianza viva e appassionata affinché non ci si limiti a difendere i diritti di alcuni e non di altri, perché è solo superando le barriere del “noi” e del “loro”, del diverso da me, che si può costruire un fronte comune per la difesa dei diritti che devono essere garanti a tutti, grandi e piccini.
NEV - Notizie Evangeliche, Servizio stampa della Federazione delle chiese evangeliche in Italia - via Firenze 38, 00184 Roma, Italia tel. 064825120/06483768, fax 064828728, e-mail: nev@fcei.it, sito web: http://www.fcei.it .


Venerdì 28 Novembre,2014 Ore: 21:52
 
 
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