Roma (NEV), 1 dicembre 2010 - Applicare l’iniziativa nel rispetto dei diritti umani, del diritto internazionale e degli stessi principi della Costituzione. È quanto chiedono la Federazione delle chiese evangeliche in Svizzera (FCES) e la Conferenza episcopale svizzera (CES) in un appello congiunto rivolto alle autorità elvetiche dopo il referendum sull’espulsione degli stranieri che si siano resi autori di crimini gravi, quali l'omicidio, la rapina o lo stupro, ma anche la frode ai danni dell'assistenza sociale. Le due chiese si erano da subito espresse contro l'iniziativa che però è stata approvata con il sostegno del 53% dei votanti. Le motivazioni addotte da protestanti e cattolici insieme riguardano il fatto che la nuova legge introduce norme penali diverse per svizzeri e per stranieri colpevoli degli stessi reati, discriminando i secondi rispetto ai primi. Una discriminazione che in più tende ad alimentare l'idea che ogni straniero sia un potenziale criminale.

“La FCES e la CES prendono atto del risultato della votazione” ma chiedono alle autorità federali e cantonali di vigilare sull'applicazione della norma. “Ogni caso va trattato con la massima attenzione”, afferma il comunicato congiunto. In particolare, l’espulsione deve essere sospesa se la persona oggetto della misura dovesse rischiare nel proprio Paese di essere perseguitata, torturata o abusata in altro modo. “Per la FCES e la CES è importante che non si radichi nella popolazione una percezione negativa dei migranti e degli stranieri. La Svizzera deve rimanere uno Stato affidabile, nel quale i diritti umani costituiscono un riferimento centrale per ogni azione di governo”.