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www.ildialogo.org Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2016,di Centro Studi e Ricerche IDOS

Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2016

di Centro Studi e Ricerche IDOS

Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2016 – Un settore con numerose eccellenze
Il MoneyGram Award, come viene illustrato nel Rapporto, è una iniziativa promossa da MoneyGram che mira a segnalare le realizzazioni eccellenti dell’imprenditoria immigrata, coinvolgendo nella giuria anche la Cna e Idos.
Il premio nasce nel 2009, nel secondo anno della crisi che ha comportato per l’Italia effetti durissimi, sia in termini di lavoro dipendente che imprenditoriale. Il Paese, che anche negli anni precedenti non si era distinto per un elevato tasso di sviluppo, perde posti di lavoro e vede chiudere numerose aziende, non sempre sostituite da nuove attività.
In un’ottica incentivante, il premio ha quindi previsto diverse categorie, così individuate: crescita e profitto, innovazione, giovane imprenditoria e responsabilità sociale. Dal 2015 viene assegnato anche uno speciale riconoscimento, attribuito finora a un imprenditore di seconda generazione (2015) e a un immigrato che si è distinto a livello artistico (2016).
Il premio consiste nel riconoscimento sociale e non in un’assegnazione pecuniaria, ma questo non impedisce alla manifestazione di catturare l’interesse e l’attenzione degli imprenditori immigrati. Ogni anno si iscrivono al concorso più di 150 imprenditori stranieri, interessati a far conoscere la loro attività. Tra di essi vengono scelti tre finalisti per ciascuna categoria, tutti invitati a Roma per la premiazione; quindi, tra le rispettive terne viene individuato il vincitore e tra tutti i finalisti la giuria indica l’imprenditore dell’anno.
I premiati nelle varie categorie hanno avviato la loro attività in diversi contesti territoriali, mentre le collettività di appartenenza sono ancora più numerose e svariati i comparti lavorativi in cui si sono distinti.
Gli imprenditori finora selezionati provengono da numerosi Comuni e Province, alcune dei quali (come Roma, Milano e altre grandi città) sono stati più volte coinvolti. È il caso soprattutto dei territori del Nord e del Centro Italia, dove il numero degli imprenditori immigrati è più consistente, ma non sono mancati i rappresentanti del Meridione e man mano aumenta il numero dei contesti coinvolti.
Il Premio in questi otto anni di attività ha spaziato tra i vari continenti: la provenienza dei finalisti ha infatti superato i 30 Paesi. In proporzione, alcune collettività (il Marocco, la Cina, il Bangladesh e da ultimo anche la Romania) sono maggiormente rappresentate, ma anche quelle che lo sono di meno (come ad esempio le Filippine o il Madagascar) mostrano, seppure con differenti sensibilità, come l’iniziativa imprenditoriale coinvolga trasversalmente tutti gruppi nazionali. Ogni immigrato è un ambasciatore del proprio Paese all’estero, ma ciò vale a maggior ragione per gli imprenditori che nel loro impegno esprimono anche l’“impronta” socio-culturale caratteristica del contesto origine (gli stessi imprenditori di seconda generazione sono quasi sempre orgogliosi del legame con la terra dei loro genitori, condividendone il bagaglio valoriale, integrato con quello più prettamente italiano).
Queste persone, che si potrebbero definire una “nuova generazione Italia” per il dinamismo che stanno dimostrando, per la loro tenacia e numerosità, non raramente si distinguono anche per la preparazione. Spesso si tratta a pieno titolo di operatori bilaterali che, oltre a essere attivi in Italia, sono anche di sostegno ai Paesi di origine, non solo attraverso l’aiuto assicurato alle rispettive famiglie, ma anche attraverso progetti e iniziative di stampo transnazionale. Non è insolito, inoltre, che questi imprenditori, caratterizzati da una forte sensibilità sociale e da una certa predisposizione alla solidarietà (e spesso anche leader delle loro collettività), finanzino strutture solidaristiche in patria.
Attraverso le centinaia di storie che questa iniziativa ha raccolto ed esaminato viene restituita una immagine autentica degli imprenditori immigrati in Italia, che aiuta a completare quella descritta dalle statistiche e contrasta le visioni pregiudiziali e stereotipate più diffuse.
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Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2016. I dati principali
Secondo l’Indagine sulle Forze Lavoro di Eurostat, a fine 2015, escludendo il settore agricolo, i lavoratori autonomi stranieri nell’Ue-28 sono aumentati del 52,6% rispetto a dieci anni prima (e de 53,7% in Italia), e rappresentano il 6,3% di tutti gli autonomi complessivamente attivi nell’Ue. In Italia i non comunitari rappresentano la maggioranza (69,9%). Un sesto di essi ha dei lavoratori alle dipendenze (15,8% vs una media del 25,7%).
Sono più di 550mila le aziende a guida immigrata registrate in Italia alla fine del 2015, il 9,1% del totale, e producono 96 miliardi di euro di valore aggiunto, il 6,7% della ricchezza complessiva.
Tra il 2011 e il 2015 sono aumentate di oltre il 21% (+97mila), mentre nello stesso periodo il numero delle imprese registrate nel Paese ha fatto rilevare un calo complessivo dello 0,9%.
È netto il protagonismo delle ditte individuali: 8 casi su 10 (79,9% vs il 50,9% delle imprese guidate da nati in Italia). Le imprese a gestione immigrata, quindi, rappresentano quasi un settimo di tutte le ditte individuali del Paese (13,6%) e meno di un ventesimo delle società di capitale (4,1%).
Il commercio, in continuo aumento, rappresenta il principale ambito di attività (200mila aziende, 36,4% vs il 24,5% delle imprese a guida autoctona); segue, seppure fortemente provata dalla crisi, l’edilizia (129mila, 23,4% vs 13,1%). Notevole è anche il comparto manifatturiero (oltre 43mila aziende, 9%), caratterizzato come l’edilizia da una forte dimensione artigiana. Sono artigiane, infatti, oltre 4 imprese edili immigrate su 5 (83,2%) e oltre 2 su 3 di quelle manifatturiere (68,4%). Proprio nell’edilizia e nella manifattura, infatti, si concentrano i tre quarti (76,0%) delle aziende immigrate artigiane (180mila in tutto). Ma cresce soprattutto la partecipazione nei servizi. Dai dati di Unioncamere risulta che alla già consolidata presenza immigrata tra imbianchini e carpentieri o nel trasporto merci e nella confezione di abbigliamento, si affianca una crescente partecipazione alle aziende (per lo più individuali) che nella sartoria, nel giardinaggio, nelle pulizie, come pure nella panetteria o nella ristorazione take away.
Più in generale, si affermano le attività di alloggio e ristorazione (41mila, 7,5%) e i servizi alle imprese (29mila, 5,3%).
I dati Sixtema/Cna sui responsabili di imprese individuali confermano il protagonismo di specifici gruppi nazionali. I più numerosi sono i marocchini (14,9%), seguiti da cinesi (11,1%) e romeni (10,8%) e, quindi, da albanesi (7,0%), bangladesi (6,5%) e senegalesi (4,4%): sei collettività che, da sole, ne raccolgono più della metà del totale (54,7%).
Ciascun gruppo si concentra in peculiari comparti di attività: il commercio nel caso di marocchini, bangladesi e soprattutto senegalesi (attivi in questo ambito rispettivamente per il 73,3%, il 66,8% e l’89,2% del totale); l’edilizia per i romeni (64,4%) e gli albanesi (74,0%); il commercio (39,9%), la manifattura (34,9%) e le attività di alloggio e ristorazione (12,9%) nel caso dei cinesi, che mostrano insieme a un’accentuata vocazione imprenditoriale, una maggiore diversificazione degli ambiti di attività in cui, nel tempo, tale capacità si è distinta e radicata. Ne consegue che sono cinesi la metà di tutti gli immigrati responsabili di ditte individuali manifatturiere (49,3%), come pure un quarto di quelli dediti al comparto ristorativo-alberghiero (25,0%). Quasi la metà di quelli attivi in edilizia, invece, sono romeni (27,1%) o albanesi (20,1%); e quasi 3 su 5 di coloro che operano nel commercio sono marocchini (26,7%), cinesi (10,9%), bangladesi (10,7%) o senegalesi (9,5%).
Operano al Centro-Nord 8 imprese immigrate ogni 10 (77,3% vs il 66,0% delle aziende autoctone) e quasi un terzo solo in Lombardia (19,1%) e nel Lazio (12,8%). Seguono la Toscana (9,5%) – in cui si rileva anche la più elevata incidenza delle imprese immigrate sul totale (12,6%) –, l’Emilia Romagna (8,9%), il Veneto (8,4%) e il Piemonte (7,4%) e, quindi, la Campania (6,8%), prima regione meridionale di questa graduatoria.
Questi dati, selezionati tra quelli presentati nel Rapporto, consentono di concludere, con il Sottosegretario Luigi Bobba, che è possibile passare dall’imponente crescita dell’imprenditorialità immigrata a una fase di piena maturità, con grande beneficio per il “Sistema Italia”. Una fase che includa non solo l’aumento delle imprese, ma anche la crescita dell’innovazione e della dimensione transnazionale. La stabilità del soggiorno, come ha evidenziato una indagine dell’Ocse, favorisce questo sviluppo.
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Rapporto Immigrazione e Imprenditoria - Scenario e prospettive
On. Luigi Bobba, Sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali
Dal Censimento del 2001 la presenza immigrata ha conosciuto un incremento straordinario. Non meno sorprendente è l’aumento delle imprese immigrate, arrivate a superare le 550mila unità. Nel corso della crisi, altresì, le imprese immigrate sono aumentate, in controtendenza con il dato generale .
Rimane vero, dunque, che gli immigrati hanno dimostrato, e continuano a dimostrare, una maggiore capacità di “resilienza”. Inoltre, sono stati fatti molti passi in avanti e diversi imprenditori di origine straniera si distinguono per numero di dipendenti e per lavorazioni innovative ad alta tecnologia, come pure vengono maggiormente curati i rapporti con l’estero, a partire dai Paesi di origine.
Probabilmente sono ancora incipienti gli indicatori delle potenzialità che si legano alla crescente presenza immigrata nel mondo imprenditoriale, delle quali bisogna farsi carico, non essendo conseguibili automaticamente.
Le difficoltà che si presentano nel contesto imprenditoriale italiano riguardano tanto gli italiani quanto gli immigrati, e anzi su questi ultimi pesano maggiormente diversi fattori: adempimenti burocratici, assistenza, credito, rapporti con la burocrazia. Ne deriva la necessità di fare di più per superare queste difficoltà, che rendono l’Italia meno incentivante rispetto ad altri contesti nazionali, dove essere imprenditori è più facile e anche più redditizio.
I limiti che riscontriamo nell’imprenditoria a gestione immigrata rimandano a quelli che caratterizzano in linea generale il “Sistema Italia”. Non si può fare a meno di ricordare che da noi gli investimenti per lo sviluppo ammontano all’1,9 % del Pil, mentre nell’Ue l’incidenza è del 2,3% (dati del 2014). Stando così le cose, non desta sorpresa che per numero di brevetti l’Italia venga dopo non solo dopo i grandi Stati membri, ma dopo Stati molto più piccoli. Questo svantaggio va a detrimento della competitività, ma può essere superato, con conseguente beneficio sia degli imprenditori italiani che di quelli immigrati.
Il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2016, giunto alla terza edizione, è un sussidio utile perché offre uno spaccato preciso della realtà imprenditoriale immigrata. Non si tratta solo di numeri ma anche di considerazioni incentivanti, che aiutano a conferire a questo comparto la dovuta attenzione.
Maria Fermanelli, Vice Presidente Nazionale CNA
“Ogni volta che una piccola impresa nasce è una piccole fonte che comincia a produrre energia, lavoro e reddito. Un progetto che mette le gambe e cammina. Questo vale anche per gli immigrati che diventano imprenditori in Italia. Oltre 550mila imprese che generano ricchezza ogni giorno. In otto casi su dieci sono ditte individuali. È una spinta incessante a fare impresa che non si è arrestata nemmeno negli anni duri della crisi: tra il 2011 e il 2015 sono cresciute di oltre il 21 per cento. Ma è anche un segnale forte e positivo di integrazione, insieme alla emersione dal sommerso e alla complessiva crescita socio-economica di chi ha scelto il nostro Paese per costruire la sua vita e il suo futuro”.
Massimo Canovi, MoneyGram Vice Presidente per il Sud Europa e il Mediterraneo
“Con oltre mezzo milione di PMI, gli imprenditori immigrati rappresentano ormai una solida base del tessuto economico nazionale.
La loro attitudine al lavoro e alla crescita si è contraddistinta anche negli anni più duri della crisi ed è per questo che con il MoneyGram Award vogliamo ogni anno premiare e riconosce le eccellenze straniere in Italia: gli imprenditori con le loro storie e i loro profondi profili umani”.
Ugo Melchionda, Presidente Centro Studi e Ricerche Idos
“Dall’inizio del 2008, l’Italia non è riuscita a crescere o lo ha fatto in una misura così ridotta da non riuscire a recuperare i posti di lavoro persi e i livelli di benessere precedenti alla crisi, con il conseguente allargamento del divario nella ripartizione della ricchezza. Questo problematico scenario porta ad apprezzare maggiormente il dinamismo espresso dagli imprenditori nati all’estero. In Italia il percorso ascensionale degli imprenditori immigrati non si è lasciato scoraggiare dall’inflazione delle norme e delle disposizioni applicative, dalla burocrazia eccessiva, dal credito difficoltoso e da altri molteplici fattori frenanti. Ora si tratta di valorizzare al meglio questo apporto”.


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Rapporto imprenditoria

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Mercoledì 14 Dicembre,2016 Ore: 13:45
 
 
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