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www.ildialogo.org RELAZIONE E REPORT SU LAMPEDUSA,dell’Avv. Alessandra Ballerini e di «Terre des Hommes»

RELAZIONE E REPORT SU LAMPEDUSA

dell’Avv. Alessandra Ballerini e di «Terre des Hommes»

[divulgata da Paolo Farinella, prete]


Il documento che segue è stato realizzato dall’Avv. Alessandra Ballerini che è tornata di nuovo a Lampedusa e diffuso da Paolo FArinella prete. Il documento è composto di due parti, una relazione ed un Report realizzato insieme all’associazione francese «Terre des Hommes». Si tratta di informazione diretta e non manipolata dal governo e dalla Lega.

 

RELAZIONE SU LAMPEDUSA

dell’Avv. Alessandra Ballerini

In queste settimane a Lampedusa si assiste al più completo fallimento politico in materia di immigrazione di questo governo. Quando cominciarono ad arrivare i primi profughi tunisini  sulle coste dell’isola di Lampedusa il governo indugiò troppo prima di aprire il centro  di primo soccorso e accoglienza e prima di iniziare il trasferimento negli altri centri di accoglienza italiani. Così da settimane migliaia di profughi sono costretti a dormire all’aperto in una banchina al freddo e nella sporcizia, senza  materassi nè coperte con pochissimi servizi igienici e con una scarsa distribuzione di cibo e acqua. E senza alcuna informazione sui loro diritti e sulle nostre leggi. Queste migliaia di persone non sono neppure state identificate. Solo le poche centinaia di stranieri che accedono al centro di accoglienza (con un criterio quasi casuale) sono sottoposte ad esami fotodattiloscopici.

A nessuno delle migliaia di migranti presenti è permesso di fatto di lasciare l’isola per proseguire il viaggio verso i parenti regolarmente soggiornanti in Italia o in altri paesi europei (per lo più Francia)

Di fatto queste persone sono “sequestrate”“ sull’isola senza alcun titolo giuridico e senza che ad esse sia stato notificato alcun provvedimento amministrativo. Anche su questo punto però vi è pochissima trasparenza. I media riferiscono che tutti i migranti approdati in queste settimane sono state iscritte nel registro degli indagati per il cosidetto reato di clandestinità (art. 10 bis t.u. Immigrazione, introdotto dalla legge 94/2009 così detto pacchetto sicurezza) e la stessa notizia giunge dai giuristi siciliani, ma le forze dell’ordine presenti nell’isola sembrano non essere a conoscenza di questo dato. E neppure di molti altri.

Di sicuro alcuni migranti, i primi ad essere sbarcati nell’isola in questo “esodo”, hanno subito la notifica di decreti di respingimento differiti. Provvedimenti di dubbia qualificazione giuridica specie se i destinatari sono scelti senza alcun criterio apparente e nella totale (illegittima) discrezionalità. Il governo italiano di fatto sta sottoponendo i migranti oggi presenti nell’isola a trattamenti inumani e degradanti (in violazione della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo) costringendoli a vivere per settimane al freddo, con enorme rischio di diffusione di epidemie mettendo anche a rischio la salute dei lampedusani (dopo averne già compromesso l’attività turistica).

Gravissima è anche la condizione in cui sono costretti a vivere i circa 350 minori non accompagnati (e continuano a sbarcarne sull’isola quasi ogni giorno) presenti a Lampedusa. Ammucchiati prima in un museo (ricovero di fortuna offerto dal comune non dal Governo) senza materassi nè coperte, nella sporcizia, senza possibilità di lavarsi e con soli due gabinetti (ormai quasi inagibili) a disposizione e poi trasferiti e rinchiusi un po’ in una ex base militare e un po’ in un centro convegno della Curia dove vivono in promiscuità con adulti. Tenere dei minorenni non accompagnati (alcuni di dieci o undici anni) in condizione di totale insicurezza per settimane e non disporre prese in carico in loro favore costituisce gravissima violazione della Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo. Violazione ancora più grave se si tiene conto che almeno 200 di questi minori non sono stati identificati e che 150 da due giorni mancano all’appello. Neppure si sa né è dato sapere se la presenza di questi minori è stata segnalata alle autorità competenti: Prefettura di Agrigento, Comitato per i minori stranieri, Tribunale dei Minorenni e Giudice Tutelare.

Preoccupa non conoscere minimamente quali saranno le determinazioni future del Governo. Dove intende trasferire i minori? Dove i migranti adulti? Che status giuridico intende attribuire loro. Perché dei richiedenti asilo (soggetti evidentemente vulnerabili) da mesi ospitati (e perfettamente integrati) nei vari Cara italiani sono stati trasferiti a forza, senza la notifica di alcun provvedimento presso il Centro di Mineo? Davvero il governo pensa di svuotare tutti i Cara italiani delle decine di rifugiati per trasformarli in CIE da riempire dei profughi sbarcati a Lampedusa? In che tempi e modi le Regioni dovranno farsi carico di nuovo dei 50.000 immigrati che stanno sbarcando in Italia? Perché il Ministero non ha ancora chiarito i suoi obiettivi alle Regioni? I migranti che sono già trasferiti nel mese di febbraio nei Cie verranno espulsi verso la Tunisia? Sono stati comunque colpiti da decreto di espulsione? Di sicuro alcuni di loro come detto hanno subito la notifica del decreto di respingimento.

Occorre peraltro ricordare che espulsioni o respingimenti di massa sono vietati dal protocollo n. 4 della Cedu. Inquietante appare anche il fatto che nessuno dei profughi risulta avere presentato domanda di asilo. In realtà le forze dell’ordine presenti sull’Isola non sono assolutamente in grado di prendere in considerazione le situazioni individuali dei migranti (e nella maggior parte dei casi in molti casi neppure di identificarli). Qualunque provvedimento espulsivo eventualmente adottato nei loro confronti costituirebbe quindi una palese violazione della direttiva Ce 115/2008.

Infatti  molte norme italiane sui provvedimenti amministrativi di espulsione e di trattenimento sono inapplicabili perché violano le disposizioni immediatamente della direttiva comunitaria sui rimpatri del 2008, che non è stata attuata nell’ordinamento italiano entro il termine per il recepimento scaduto il 24 dicembre scorso, come confermano le numerose pronunce giurisdizionali e le questioni pregiudiziali inviate alla Corte di giustizia dell’UE . Di questa confusione normativo è sempre responsabile il nostro Governo.

Il lassismo del Governo italiano nel gestire l’attuale afflusso di immigrati non è assolutamente giustificabile. Il diritto europeo e la normativa nazionale italiana prevedono infatti già da tempo tutti gli strumenti per tentare di governare in modo razionale e rispettoso dei diritti fondamentali l’attuale emergenza umanitaria. Le misure di “protezione temporanea” di cui alla direttiva 2001/55/CE, attuata in Italia col decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85  dovevano essere attivate immediatamente a livello nazionale con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in base all’art. 20 del Testo unico delle leggi sull’immigrazione. Queste norme sono state elaborate proprio allo scopo di gestire situazioni di emergenza per proteggere le persone che fuggono da una situazione di grave instabilità che si è prodotta nel loro paese e “il cui rimpatrio in condizioni stabili e sicure risulta momentaneamente impossibile in dipendenza della situazione nel Paese stesso” (direttiva 2001/55/CE art. 2 lettera a).

La situazione attuale in Tunisia, paese che, a differenza del nostro, ha saputo accogliere con rapidità ed efficienza ha accolto oltre 160 mila persone in fuga dalla Libia (come ci ricorda l’ex Ministro tunisino Bedoui), è tutt’altro che tranquilla ed è economicamente “provata.” Peraltro in Tunisia  il Governo provvisorio ha sciolto tutti i corpi di polizia e ha congedato i loro 150mila agenti (improvvisamente disoccupati) e ha affidato il mantenimento ordinario dell’ordine pubblico alle Forze armate, composte di militari di leva e del tutto impreparate a operazioni complesse di controllo del territorio o delle sue coste. Non  solo. Il repentino e ripetuto cambio di ministri dell’Interno (3 in tre mesi) rende instabile e poco affidabile anche nei rapporti bilaterali, l’interlocutore istituzionale tunisino e comunque incapace di provvedere efficacemente al controllo delle proprie coste.

Gli accordi bilaterali di riammissione con la Tunisia (accordi peraltro conclusi , come ricorda L’Asgi (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione), in forma incostituzionale non essendo stati sottoposti mai a preventiva legge di autorizzazione alla ratifica ai sensi dell’art. 80 Cost.), non sembrano quindi ad oggi attuabili.  Le norme comunitarie sulla protezione temporanea avrebbero consentito ai migliaia di migranti gia sbarcati a Lampedusa e consentirebbero ai prossimi di ricevere fin dal loro sbarco accoglienza regolare, un titolo di soggiorno di durata non superiore ad un anno, prorogabile per non più di un anno, che permetterebbe ai cittadini tunisini di lavorare regolarmente nel nostro Paese o di raggiungere i familiari regolarmente soggiornanti negli altri Paesi europei (la maggioranza residenti in Francia e Germania).

Vietare a questi migranti la possibilità di un soggiorno regolare non solo viole le convenzioni internazionali citati ma contrasta assolutamente con la tutela della sicurezza dello Stato. Il governo della tolleranza zero dovrebbe temere ed evitare che migliaia di migranti non identificati vaghino per il nostro Paese senza alcuna tutela costretti a vivere di espedienti e costretti quindi ad ingrassare le fila dei lavoratori in nero o meglio degli schiavi delle nostre campagne, ingrassando le mafie locali.

REPORT SU LAMPEDUSA

dell’Avv. Alessandra Ballerini

Missione con «Terre des Hommes»

Lampedusa 1 Aprile 2011. In tutta l’isola pare siano presenti  oltre 3.000 migranti, di cui 350 minori e tra questi almeno 200 non identificati; 150 minori ad oggi sono dispersi ovvero non presenti all’appello; 120 minori si trovano nell’ex base militare Loran, circondata da filo spinato e da carabinieri decisamente poco amichevoli. Rispetto alla visita sull’isola effettuata due settimane fa, i minori oggi hanno un letto, composto da una rete e da un materasso sporco in gomma piuma. I letti sono attaccati gli uni agli altri senza spazio in mezzo. I bagni sono esterni. Cinque moduli composti ciascuno da tre wc e una doccia.

Non ci è possibile parlare da soli con i minori, siamo seguiti e sorvegliati a vista da carabinieri e personale dell’ente gestore, la Lampedusa Accoglienza, che non ci lascia mai. Ci riferiscono che ci sono adulti nella base: 6 donne somale ed 1 adulto nigeriano. E che prima erano presenti anche diversi bambini in tenera età poi portati via. Chiediamo dove, alzano le spalle e dicono che non sanno rispondere.

Intanto, mentre noi effetuiamo la visita ufficiale del Centro i ragazzi parlano con Karim il nostro interprete e si lamentano: hanno freddo, hanno addosso sempre gli stessi vestiti che gli hanno dato i lamedusani o la caritas appena sbarcati e li hanno addosso anche da venti giorni. Non mangiano adeguatamente: il cibo è immangiabile: sempre pasta al sugo da quando sono  arrivati sull’isola (alcuni anche dal 13 marzo) due volte al giorno, fredda e semi cruda. A volte la rifiutano a volte la vomitano subito. Si lamentano anche della sporcizia. Hanno poche docce e l’acqua calda si esaurisce subito. E poi non riescono a chiamare casa: è stata consegnata loro solo una scheda di cinque euro ed finita subito.

Ma la cosa che li tormenta di più e non sapere cosa sarà di loro: nessuno gli dice nulla.L’unica parola che viene ripetuta loro all’infinito è: “aspetta”. Ma non sanno cosa aspettare: dove li porteranno; in Tunisia, in Sicilia o nell’altra Italia? Alcuni di loro dicono di avere parenti in Francia o in Italia. Hanno tutti storie uniche e simili: un viaggio di paura e speranza, stipati in barche lunghe pochi metri (nove metri per 74 persone ci dice un ragazzo), con il coltello in tasca o la bomboletta al peperoncino per difendersi dai più grandi, perch quando il mare crea problemi e bisogna alleggerire il carico, loro, che sono i più piccoli son quelli che rischiano di più.

Alcuni sono orfani. Alcuni bimbi sono davvero piccini, avranno dieci o undici anni. Non riesco a non abbracciarne uno che mi siede accanto. Si chiama Khalil e ha dieci anni. E’ bellisimo. Gli chiedo dove sono i suoi genitori , se sono vivi, se sono partiti con lui. Lui mi dice che sono vivi ma sono in Tunisia. Gli altri lo prendono crudelmente in giro: dicono che i genitori si sono voluti liberare di lui. Si offende, gli si velano gli occhi neri di lacrime e scappa via.

Tutti hanno dovuto lavorare per guadarsi il viaggio: le tariffe variano da 500 a 1100 euro. Chi conduce la barca paga un pò meno o viaggia gratis. Chissà chi ha pagato il viaggio di Khalil.

Hanno paura, sono stanchi e confusi. Alcuni si toccono la testa e dicono che stanno perdendo la ragione. Passano le giornate a far niente. Dormono e appena le guardie si distraggono scappano dal centro scavalcando un’alta rete. Perchè l’assurdo è questo: gli è vietato uscire dal centro ma possono scappare rischiando di rompersi ossa o ferirsi nella grata. Nessuno li rincorre e nessuno gli vieta di scappare. Fanno tutti finta di non vederli.

E così vagano sull’isola per ingannare il tempo, per cercare del cibo commestibile distribuito dall’accoglienza (quella vera) dei singoli lampedusani e del prete. Oppure tentano di telefonare a casa. E poi vanno al porto per vedere se arrivano le navi che dovrebbero portarli via da questa prigione a cielo aperto. E se sentono notizie di possibili partenze si mescolano agli adulti, si fingono più grandi per poter imbarcarsi con loro. Poi proviamo a visitare la casa della fraternità: un edificio della curia normalmente utilizzato per convegni oggi adibito a dormitorio. Qui ci dormano duecento persone: molti bambini, ma anche adulti. E’ impossibile avere notizie certe sui numeri. Chiediamo ai carabinieri di entrare in visita, abbiamo l’autorizzazione del prefetto ma solo per ntrare nella base Loran: Il carabiniere inflessiile ci nega l’accesso. Gli chiediamo alcuni dati: quanti sono i minori, di quale nazionalità, se ci sono richienti asilo. Non sa rispondere a nulla. Solo quando gli parliamo dei sopravvisuti all’ultimo naufragio in cui è sono morte undici persone ed un neonato ci dice che di queste notizie non ci sono prove (anche se sono confermate dalla capitaneria e sono state pubblicate su tutti i giornali) perchè secondo lui spesso gli stranieri mentono per suscitare pietà.

Andiamo via.  Proveremo ad entrare il giorno dopo.

Lampedusa 2 Aprile 2011

Nella casa della fraternità ci sono circa duecento persone tra adulti e bimbi. Ci fanno vedere delle specie di tende costruite con cartoni e plastica. Hanno dormito lì dentro stanotte i minori perchè hanno paura dei “grandi”: Molti di loro di notte vengono rapinati di tutto il niente che hanno: pochi spiccioli, i più fortunati un cellulare e una scheda telefonica. Hanno freddo. Di notte l’isola è fredda e l’umidità di bagna i vestiti. Ma non hanno scelta. Per questo i bimbi non dovrebbero mai dormire in condizioni di promiscuità con gli adulti, per tutelarni l’incolumità. Ma anche questa legge di buon senso ancor prima che giuridica viene disapplicata a Lampedusa.

Ci parliamo attraverso le grate perchè la polizia non ci fa entrare e non li lascia uscire. Possono, così come gli altri minori rinchiusi nell’ex base militare Loran, solo scappare scavalcando una grata a loro rischio e pericolo, mentre gli agenti fingono di non vederli. Hanno sonno, paura e freddo. E, come tutti i migranti sull’isola ci chiedono cosa ne sarà di loro. Lascia sgomenti il fatto che sembra che nessuno abbia infomato i migranti, neppure i minori dei loro diritti e delle procedure legali che li riguardano. Neanche loro sono stati identificati ed è difficile pensare che uno Stato si prenda cura di bambini invisibili.

Hanno anche fame perchè sono le 11.30 del mattino ed ancora nessuno è passato a distribuire la colazione ovvero un pò di latte freddo ed una merendina. E poi sono sporchi. Ci sono pochi servizi e solo acqua fredda per lavarsi. Uno di loro è magrissimo, sgrana gli occhi e quando tento di fare delle foto ai loro giacigli mi avverte con gli occhi che gli agenti si stanno avvicinando. Siamo già complici.

Li salutiamo, senza promesse e con poche speranze.

Andiamo al Molo commerciale dove vivono e dormono centinaia di tunisini in attesa della nave che dovrebbe portarli via da ques’isola bellissima e odiosa. Vediamo del fumo nero. Qualcuno per protesta ha incendiato una roulotte. Gli altri ragazzi lo fermano subito e lo consegnano alla polizia. Sono stanchi e nervosi Sono settimane ormai che aspettano al freddo questa nave che non parte mai. Ci fanno vedere le tessere che ha dato loro la Lampedusa Accoglienza, l’ente gestore dell’ex Cie (centro identificazione ed espulsione) che ha il compito di gestire l’emergenza sbarchi ovvero di  distribuire qualche coperte, cibo immangiabile e un pò d’acqua alle migliaia di migranti sbarcati sull’sola. Il tutto alla modica cifra di 33 euro a migrante al giorno. Un appalto milionario. Nelle tessere viene indicata la data dello sbarco, i pasti di cui ha usufruito ed il nome dello straniero (senza che venga fatta nessuna vera identificazione).

Alcuni dei migranti sono qui da venti giorni. Sono esasperati dall’attesa e stremati dal freddo, dalla fame e dal sonno e dalla sporcizia. Dormono all’aperto. Hanno gli stessi vestiti addosso da quando sono arrivati. Ci sono pochissimi servizi igienici, ormai inagibili. E l’odore sulla “collina della vergogna” appena sopra il molo è quello di una latrina a cielo aperto. Lampedusa Accoglienza, penso tra me... Sono settimane che aspettano di conoscere il loro destino e le loro destinazioni. Hanno paura di tornare in Tunisia perchè, ci dicono, “lì problemi, lì gran casino”. E tra me  e me penso: non è che qua... E poi in Tunisia vige il reato di emigrazione clandestina e loro sanno che se dovessero essere rimpatriati oltre il peso di una sconfitta rischierebbero anche mesi di carcere. Vorrrebbero andare in Francia ma si accontenterebbero di andare via da quest’isola. Ripetono come in un’escalation di desideri: Sicilia, Italia, Francia.

Ma il mare è ancora un pò agitato e soprattutto c’è troppo vento e il porto è troppo piccolo. Troppo rischioso tentare di fare entrare la nave. Dovranno aspettare ancora. Provo a spiegarglielo. Mi rispondono: “vedessi com’era la barchetta che ci ha portato qui e com’erano alte le onde. Le vostre navi sono enormi e potenti e avete paura di un pò di vento. Se ce le ridate le nostre barche ce ne andiamo via da soli”. Già, fosse così facile. Vaglielo a spiegare che ormai sono impigliati nelle nostre leggi illogiche e razziste e nell’a nostra politica scellerata, amministrata da ministri incompetenti e xenofobi che gestiscono un’urgenza umanitaria a colpi di “föra da i ball...”.

E poi le loro barche non sono più utilizabili. Sono state tutte ammassate in un piazzale che dovrebbe ospitare le giostre per i bimbi. I serbatoi ancora pieni di gasolio sversano liquidi ovunque: Il naso e le scarpe restano impregnate della puzza di benzina. Potrebbe bastare una scintilla per incendiare tutto. Per questo qualche giorno l’esercito presidia  il piazzale ormai soprannominato il cimitero delle barche. Brutta fine per un Luna Park. Sul molo torna una calma precaria. I ragazzi si rassegnano ad aspettare ancora. Alcuni hanno organizzato uno sciopero della fame. Digiunare è facile vista la qualità del cibo. Fa schifo, ci ripetono, e poi ci fa dormire. Le strade dell’isola sono ricoperte di maccheroni al sugo buttatti a terra Non fanno gli schizzinosi, hanno molta fame, ma quel cibo è così vecchio che puzza. I migranti si lamentano e porgono i piatti agli agenti.

Ed è un poliziotto che dopo aver annusato un piatto invita tutti a buttare via il cibo e non mangiarlo. Teme si possano avvelenare. E così si cammina sui maccheroni. Nonostante la loro esasperazione i migranti sono con noi educatissimi. Ogni vola che incrociano i nostri sguardi salutano. Io vengo sempre fatta passare avanti e un pò protetta perchè donna. Per qualsiasi cosa ci ringraziano e ci chiedono di ringraziare i Lampedusani. Sanno distenguere tra il nostro governo e il nostro popolo. Conoscono bene e ripetono una parola di italiano: “animali”, chiedo perchè, mi rispondono che è il nome che gli affibiano gli agenti quando li mettono in fila.

Ci chiedono come funzionano le leggi italiane. Se hanno diritto ad un permesso di soggiorno o se finiranno rinchiusi da qualche parte. Se portanno raggiungere i loro parenti in Italia o in Francia. Impossibile rispondere con certezza: le nostre abnorni leggi in materia di immigrazione contrastano con direttive europee e convenzioni internazionali e non è dato sapere che via sceglierà il nostro confuso governo se la tollernaza zero o l’accoglienza legale o la strategia tutta italiana della testa nella sabbia: spostare i migranti fuori dall’isola, far finta di rinchiuderli e lasciarli evadere e vagare senza diritti e senza permesso ovunque vogliano, pronti a fare gli schiavi in nero nelle nostre campagne e fare ingrassare il piccolo o grande mafioso locale.

Nel pomeriggio entriamo di nuovo all’ex base Loran a trovare i minori non accompagnati. Questa  nostra seconda visita spiazza i gestori del Centro. In fretta e furia tentano di dare una ripulita. Alcuni ci intrattengono mentre altri armano i ragazzini di mazze e palette e li fanno ripulire. Ma lo sporco resta ben visibile ed odorabile. I ragazzini sono contenti di rivederci e si raccolgono subito intorno a noi. Parlano con l’interprete. Ci chiedono anche loro delle nostre leggi. Voglio sapere   se verranno di nuovo rinchiusi, hanno paura che saranno  gli ultimi a lasciare l’isola anche perchè non sono stati identificati. Li rassicuriamo: se è per questo neanche la maggior parte degli adulti è stata sottoposta ad esami fotodattiloscopici. Tutti fantasmi. Eppure i fantasmi bambini avrebbero dovuto essere i primi a lasciare e l’isola e essere portati in un luogo “protetto” e non gli ultimi. Ci chiedono, in base alle nostre leggi, che sorte seguiranno i minori, se verranno collocati in altri centri con polizia e filo spinato o in case di accoglienza o famiglie. I più grandi sono anche anche preoccupati di sapere cosa accadrà loro quando  compiranno diciotto anni. Vogliono sapere se verranno espulsi e come verrà stabilita la loro età. Hanno sentito dire che potrebbero essere sottoposti alla radiografia del polso e ci chiedono di parlargli di questa procedura. Hanno sete di risposte anche più di quanto abbiano fame di cibo.

Nelle stanze, avvolti da coperte, altri ragazzini dormono. Nel cortile incontriamo anche 6 adulti tra cui una donna, sono loro i sopravissuti dell’ultimo naufragio. E’ dunque evidente che le notizie che ci avevano fornito gli operatori il giorno prima sulle presenze degli adulti erano errate. In realtà ogni nostra domanda su numero tipologia e destinazione dei migranti “ospiti” resta totalmetne priva di risposta certa o almeno affidabile.  Incontraimo due donne tunisine sedute attorno ad un tavolino di plastica che parlano con i bimbi più piccoli di dieci o undici anni. C’è anche Khalil. Oggi sorride e mi saluta timido. Le donne non sono le loro mamme ma almeno non sono uomini e non sono in divisa e condivodono coi bimbi la sorte e la lingua. Visito i servizi igienici: sporchi ed inguardabili. Condizioni igieniche inaccettabili soprattutto perchè ad utilizzarli sono i minori.

Salutiamo e ce ne andiamo.

Mentre usciamo tre ragazzini ne approffittano per scavalcare sul retro  l’alta rete metallica e scappare in strada. Ci raggiungono subito e aspettiamo insieme l’autobus che ci porterà in centro a diversi chilometri da dove ci troviamo. Il conducente non vuole che io paghi i biglietti per i ragazzini, vuole regarla lui quella piccola gita. Quando scendono i ragazzi ringraziano e lui si commuove.

Sul molo c’è di nuovo tensione. Il mare si è calmato e gli agenti predispongono l’imbarco dei tunisini sulla nave. Tutti o quasi vogliono salire a bordo. Ma potranno partire solo 500 o 600 persone. Tocca agli agenti scegliere e la scelta è del tutto casuale. I tunisini si arrabbiano. Tutti credono di avere un diritto di prelazione. Ed alcuni effettivamente ce l’hanno. Si potrebbe adottare un criterio di anzianità di permanenza sull’isola per decidere chi impìbarcare per primo: chi è da più tempo sull’isola ha diritto ad andarsene prima. Sarebbe un criterio sensato e di facile verifica perchè sui tesserini rilasciati dalla Lampedusa Accoglienza è segnata la data dello sbarco e il nuemero dello sbarco. Ma la razionalità non è evidentemente un metodo  utilizzato nella gestione di questa emergenza migratoria.

Altri fanno vedere le ferite che hanno sul corpo e cercano di muovere a compassione gli agenti per salire per primi sui pullman che li porteranno alla nave. Chi viene scelto si attira le ira degli esclusi. Alcuni lanciano sassi sui pulman. Gli agenti, tutti in assetto antisommossa alzano gli scudi  si preparano  ad uno scontro che per fortuna  nessuno vuole veramente. I tunisini restano stretti tra un corridoio di  scudi e il mare.  Gli animi a poco a poco si calmano. Altri ragazzi stanno in disparte, si sono accesi un fuoco e si scaldano un pò. Rinunciano a partecipare a questa assurda lotteria. Anche perchè neppure si sa bene dove porterà questa nave. I telegiornali hanno parlato di Napoli ma resta la paura di essere rimpatriati in Tunisia.

Di notte torniamo al molo perchè hanno detto che breve ci sarà uno sbarco. I ragazzi rimasti a terra cercano un riparo dal freddo: alcuni si infilano come gatti nelle barche dei pescatori, altri in un camion, ma vengoro tirati via a forza da alcuni agenti un pò troppo sbrigativi. Altri agenti al bar poco prima si lamentavano del fatto che a Malta la polizia può sparare sui migranti mentre loro, sfortunati poliziotti italiani, non hanno neppure il diritto di picchiarli un pò. Più avanti si sente della musica. In una tenda di fortuna alcuni tunisini fanno festa per gli amici che sono partiti e per loro stessi che forse partiranno l’indomani. Intanto dei ragazzi stanno col naso appiccicato ai vetri di una balera dove alcune coppie di isolani ballano il liscio.

Ridono e per un attimo si alleggeriscono l’anima.

Paolo Farinella, prete

Parrocchia S. Torpete - Genova

www.paolofarinella.eu



Mercoledì 06 Aprile,2011 Ore: 11:48
 
 
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